"Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 ha mantenuto tutti disciplinati, se non concordi negli animi." Anche tu assisti con simpatia a questo "magnifico slancio di solidarietà nella guerra." È questo un resultato benefico dell'impresa libica, di cui noi, che pur all'impresa siamo stati risolutamente avver~i, abbiamo il diritto e il dovere di rallegrarci senza restrizioni. E di questo, e non di altro, mi pare si rallegrino con noi, salvo forse qualche sfumatura di pensiero e di espressione che noi non condividiamo, il Fortunato, il Colajanni, il Di Staso. Certamente è questo il solo resultato utile dell'impresa, destinata a riescire, sotto molti altri aspetti, dannosa al nostro paese: e chi fa sperare vantaggi d'altro genere, s'inganna o vuole ingannare. Certamente questo resultato non può valere, da sé solo, a farci assolvere coloro che hanno spinto l'Italia in quest'avventura a base di bugie svergognate: perché nulla' sarebbe piu stoltamente delittuoso che provocare una guerra - e con quei metodi! - al solo scopo di mettere a prova la solidarietà e la disciplina del proprio paese: coloro stessi, da cui questa guerra è stata voluta, l'hanno giustificata con altri espedienti, cioè col miraggio delle grandi ricchezze da conquistare senza colpo ferire, con la necessità urgente di impedire il soffocamento, con ragioni di alta politica tanto piu impressionanti quanto piu imperscrutabili, ecc. ecc. Certamente è assai piu difficile dare opera con un lavoro continuo, tenace, sistematico, poco rumoroso, a tutto quel lavoro di seria organizzazione interna - senza cui non avremo mai una salda compagine nazionale, economicamente, intellettualmente e moralmente perequata in tutte le sue parti, - che non sia stato per molti nostri concittadini il lasciarsi trascinare alla guerra dalle menzogne dei giornali, salvo a fare seriamente il proprio doYere di fronte alla realtà, anche dopo che le men'zogne si sono rivelate per quel che erano. Certamente questa prova bellissima di serietà nazionale, di fronte alle responsabilità di un'impresa con tanta leggerezza assunta, minaccia di riescire causa di nuovi mali, determinando in molti una piu pericolosa presunzione sciovinista, servendo come argomento a proclamare che l'Italia oramai è un paese perfetto o quasi, precipitandosi in nuovi rischi e in nuoYe storditaggini. Tutto questo è vero, e deve renderci pensosi dell'avvenire, e deve farci sentire piu forte il dovere di contrastare a palmo a palmo il terreno ai nuovi attentati nazionalisti. Ed è per questo che pochi fra noi si sentono di seguire il nostro amico e maestro Giustino Fortunato, nell'esclamare: "Viva la guerra," anche se siamo pienamente concordi con lui nel compiacerci che attraverso tanti danni e pericoli, la guerra "qualche cosa di nuovo, di bello, di promettente ha rivelato nella nuova Italia." Ma non lasciamoci, caro Maranelli, condurre dalla nostra avversione a un'impresa dannosa al paese e dalle preoccupazioni dell'avvenire a disconoscere in alcun modo quel tanto di utile e di buono che l'impresa ha prodotto o per lo meno rivelato. Non esiste, lo so, fra te e me, e fra noi e il Fortunato e il Di Staso, nessuna fondamentale divergenza a questo riguardo; si tratta, come dicevo 240 BibliotecaGino Bianco
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