Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Ennio Quirino Alamanni e i falsi documenti crispini Diavolo! - dicemmo tra noi - se è proprio la signora Alamanni a dire che siamo stati tratti in inganno, bisogna proprio dire che... h_a ragione. Perché, allora, l'inganno? E quale credibilità meritavano le nuove informazioni che la signora Alamanni ora ci dava? Bisognava ricominciare da capo le indagini. Scrivemmo perciò al dott. Turtur di insistere presso la signora per farsi spiegare i motivi di una cosi strana sostituzione di persona; e nello stesso tempo facemmo le piu diligenti ricerche per sapere che cosa ci fosse di vero nella "cordiale e affettuosa amicizia" torinese fra le famiglie Alamanni e Camperio affermata dalla signora Alamanni nella suddetta intervista, e se la· famiglia Camperio possedesse documenti i quali avessero alcun rapporto con quelli pubblicati dalla Ragione. · Da queste indagini ci è risultato in modo perentorio: 1) che la famiglia Camperio non ha mai dimorato a Torino; 2) che la famiglia Camperio non ha mai avuto né a Torino né altrove relazione di amicizia o di conoscenza con la famiglia Alamanni; 3) che la famiglia Camperio nulla sa degli on-· ginali dei documenti pubblicati dalla Ragione. Il dott. Turtur, per conto suo, ci comunicava il 3 genna10 1912: Ho scritto alla Signora che, a quanto disse a me, è la cognata di quel tale Ennio Quirino Mario Alamanni, morto al Policlinico. La Signora non mi ha risposto. Lasciammo passare un mese, affinché le acque si chetassero. E alla fine di gennaio pregammo. un altro amico, il prof. Luigi Certo, di andare dalla signora Alamanni a chiedere l'indirizzo del... vivo. Ecco la risposta del prof. èerto, in data 12 febbraio 1912: Mi recai in Via dei Greci, 6. Nella sc~a incontrai la cameriera della Signora Alamanni, e da lei fui condotto nel quartiere, dove, chiamata dalla detta cameriera, mi apparve la Signora. Prima di darmi l'indirizzo del marito, insisteva di voler sapere quale fosse l'affare di cui si trattava; perché lei era, nell'assenza del marito, incaricata da costui di trattare i suoi affari. " Del resto," soggiunse, " riceverò presto telegramma o lettera da mio marito col preciso suo recapito in questo momento; s'intende sempre nel territorio del Comando del Corpo di spedizione in Cirenaica, al quale continua ad essere addetto. Mi dica dove posso farle avere notizie." Le detti per mio recapito l'Associazione della Stampa: La signora però non abbandonò mai, durante il colloquio, la sua aria di sospetto a mio riguardo. · Stavo poi per intervistare il portiere (che prima ch'io salissi era assente), quando questi chiamò un signore, ch'era poco lontano, sull'ingresso, presentandomelo come il Signor Alamanni. Il sospetto in costui si appalesò sotto una forma rude e insolente, e si deve alla mia rassegnata prudenza, se il dialogo non degenerò nel tragico. Mi disse, ch'egli era il fratello, Mario, del capitano Alamanni destinato al comando di Bengasi; e niente altro potetti sapere da lui. Il trucco di scambiare i due fratelli continuava. E noi cominciavamo a disperare della possibilità di venire a capo di questa strana matassa, a-Ilorché se Ennio Quirino Alamanni era morto o vivo: dimostrato che fosse vivo, ne conseguiva che il carteggio era ... autentico! [Nota aggiunta nel volume Come siamo andati in Libia.] 201 BibliotecaGino Bianco

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