Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Il Banco di Roma e la ubia 1 Il Bastone giornale saunco clericale di volgarità universalmente deplorata pubblica intorno alle manovre fatte dal Banco di Roma per ottenere la spedizione di Tripoli, queste notizie assai significative, dato il colore politico e le fonti d'informazione del giornale: Bisogna sapere che a decidere il Governo perché fosse fatta la guerra in Libia, fu precisamente un espediente del comm. Pacelli, quel buon commendatore di cui il Santo Padre suole talvolta sorridere esclamando: " Quel buon sor Ernesto I... " Or dunque un bel giorno il sig. Pacelli parte, e dove va? Va a Parigi a trovare il suo carissimo amico Tommaso Tittoni, potente uomo politico, specie in ramo di politica estera, ambasciatore a Parigi, azionista del Banco di Roma, moderato, ex ministro, sincero consigliatore di Giolitti, a quando a quando... o forse troppo spesso. A Tittoni il comm. Pacelli tiene un discorso su per giu cosi: " Noialtri del Banco di Roma abbiamo ricevuto una vantaggiosissima offerta da parte di una società tedesca, ben sovvenzionata dal Governo di sua maestà prussiana, la proposta se noi vogliamo vendere tutti i nostri, possedimenti in Tripolitania e Cirenaica, con annessi e connessi! " Fin qui il ragionamento non comincia ancora ad essere chiaro. Ma sentite appresso. Pacelli aggiunse: " L'affare finanziario propostomi è di quelli che non si possono rifiutare leggermente, se no dovrei renderne stretto conto agli azionisti ed a tutti coloro di cui io amministro. il denaro. Ma tutti capiranno che - date le vecchie aspirazioni dell'Italia in Libia - io che sono italiano non voglio dare alla ingordigia tedesca una cosi bella e ricca colonia; tanto varrebbe quanto dire: fra un anno verrà la Germania ad appropriarsi di queste terre I " Cari lettori, qui ci pare che il discorso fili bene, e fu in seguito ad un tale discorso che girarono per l'Italia le voci di un'aspirazione tedesca in Libia, aspirazione che forse... non c'è mai stata! Ma il bel discorso pacelliano non finisce. Esso continua: " Noi del Banco di Roma in un solo caso potremo rifiutare un magnifico affare; e cioè nel caso che il Governo italiano si decida subito a conquistare la Tripolitania e la Cirenaica. Non ci vorrà niente, per siffatta impresa: una passeggiata militare, una semplice dimostrazione navale bastano, perché gli arabi aspettano chiunque sia che voglia liberarli dai turchi, e riceveranno gli italiani a braccia aperte." In base, dunque, ai consigli del Banco di Roma, che faceva credere imminente il pericolo d'una intromissione tedesca in Libia, e in base anche ai rapporti degli incaricati, la guerra fu decisa e si vide a Sciara-Sciat come gli arabi aspettassero a braccia aperte gli italiani salvatori! ... Chi venne a guadagnare in tutto questo affare fu precisamente il Banco di Roma che ebbe dal Governo appalti di lavoro, incarichi di forniture, aiuti, esclusività e particolarità che compensavano le offerte della società tedesca... forse esistita solo in mente di chi ha la direzione degli affari. E fu cosi che il Banco di Roma allargò il suo prestigio, aumentò la sua potenza, accrebbe la sfera degli affari, si abbandonò a speculazioni ed a industrialismi incompatibili, cominciò a comprare il silenzio di quelli e il beneplacito di questi alienandosi cost per sempre l'appoggio del Vaticano, che nc;m può e non ha mai approvato criteri di banchiere mercante I 1 Pubblicato in "L'Unità," a. I, n° 29, 29 giugno 1912, p. 115. [N.d.C.] 193 Biblioteca Gino Bianco

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