La rosa e l'usignolo

h-x - -1 - - L! ROSAE L' USIGTUOLO ALLEGORIA. ORIIJEI?l'f ALE PUBBLICATA L& PRIM..l VOLTI. PERLEBEN!UGUR!TENOZZE DELL' E&. LL. IL SIGNORCONTE CESARE ALBICINJ ELEN COLLACONTESSA GUAR ·N, , -~-1 ,. . ✓~ .i o~ -o- DU,I,>. 'l'IPOGUFI.I. CA.S!LI

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Gcceffc t t~'-" ..Acn/4c da fa-u an,n,,e' /'<ff. V: -nu· onoia e/e~ dact cMnec~a , to non /lo/ca mancan a/ ck~i"o t/4· adc/4~nMka id', con a-dun df;Yno, & mta dtnceia ;d«~?Jja _/l6t d det6 m7n(fé/fe n9f_fe coR'?A?ta ecl o&ema .51?noia ~n~a 0d'na yaa-t<nt·. 0 ve,n,u/om-e·/zeé ooi/e a,4{ mane· u,n, ~«dcod lkjen/4:d e -efè/o a;?omcn- /o, · /4acltt;1tonccld'..s4meno tfr.l?'Stf',/Z,u fff o/1/'e&.ie· no- /o a~ /N~a dlleiw;<,ea /zei mo.de o./teie et«tk~, ·(1/ CW'l,ltdClt 0 ~ o/1_/lo.i/4memcn/e dCf/l,l,t1, Ct O /i~ a/ mto en/en/o.. ._/2 cOde-' ,n/accoidctva d /«atko comune, ~ ne/- /' ,(UUÒ.?16 t/4· r/4e ,t~d/4/ e co<f/ztéue !i)fani,ejk rc/4 d ,retcwzJa tk0 //,f(Jcl&J<e, & !!lfto ,meice: addtcuia/o. ✓/id .&'co /c,ne /zet ,k)'a dei-tè rfr·/j,d,· ,non avena{,,~· /a d7eute d'e d' r/4:i/en/e e ,ta,n ,vdlà rfr , :fe/JU/o.tt; ,non; meno o/fe 7d a/l,l.e" ma/eéno e /ia/etno; /' uno e

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Da gran tempo nelle regioni dcli' Asia, nella sdtiaua del gran monarca Nuovo-giorno od fogresso-di-l'rimavera, eravi un re di assai dolcezza, beneficenza e bontà, nominato il re Aprile (•). AYevaquesti una figliaadorna di bellezza maravigliosa, a cui l' uguale non s' era vista mai sulla terra. Era come la regimi di tutt' i fiori. I).osa incorruttibile n'è il nome. Suo padre I' amava teneramente e pensava a conservarla sempre fresca, sempre viva, come couvenivasi alla sua magnifica bellezza e al suo eccelso grado di regina. l1er questo egli costruì una città, che nominò Rosaj'O: edifizio, abbellimento, aspcllo, che ha del portentoso; cd a cui non puossi trovare I' uguale sotto il sole. Acciocchènon v'entri nessuno straniero circondò tutta la ciuà di l.Jianchepietre di diaspro e vi fece uua sola porta in mezzo di uua ,•alle a fior d'acqua sopra un rapido fiume, che sgorga dalla Città. Nessuno vi può entrare od uscire senza passarlo a nuoto e con pericolo di annegarsi. Ha collocato il cipresso, altissimo e di rami sempre ,,erdcggianti, come fedele portinajo: nessuno senza la permissione di lui può entrare nella ciuà. Inoltre ha posto in ordine considerabili schiere di gramigna con decurioni, centurioni e generali, eh' egli con leggiadra mostra schierò, come tuttociò che incomincia a vegetare, alheri C' piante. Aggiunse loro, tra i più fiorenti, a colori i più vaghi, un grande numero di uffiziali e di giovani donzelle, brillanti per bellezza, e di ancelle destinjltc a differenti impieghi per servire alla regina in ogni genere di serviµio. Quando la città di Rosajo con tutta magnificenzafu preparata, tutto previsto, il re Aprile sollevò al regio trono I' immarcessibile Rosa sua figlia, (") J u :armeno le;g_esiil re Prim°' 1era, perchè in quelP idioma il nome prinuwerd è i.nascoliuo. Io in.,ece ho creduto bene <li 10• slituirvi il nome Aprile, per togliere lo non• cio, che in italiano produrrobbe un nomi: fem• minino attribuito a quel re.

-2comandando ai soldati, al capitani, agli ufflziall, alle ragazze, d'esserle obbedienti e di servirla colla maggiore prontezza. Alla porta del palazzo della regina pose, come ut1 particolare custode, lo Spino, armato di tagliente spada; sentinella attenta a prevenire qualunque impresa temeraria, che avesse potuto cagionare alcun male alla Rosa. Il. La Rosa, ancor nella sua boccia; cioè, tra le delizie dell' infonzia; seduta sul tro110reale, passava il suo tempo In gioconde festé soltanto ed in danze, partecipando colle sue donzelle a tutta la giocondità de' suoi piaceri. Un gioruo in sull'aurora, vestita dell'ampio suo manto di porpora, adorea de' suoi pendenti alle orecchie, de' suoi rliadr.mi, delle sue collane intrecciate di smeraldi, comanda alla fontana mitigatrice del calore, che le dipinga il suo fulgirlospecchio. Ella contempla i bellissimi suoi lineamenti r.d attonita esclama: -- Oh quale impareggiabilebellezza, qual piacevoleaspetto mi ha comunicato il mio creatore! Si trova mai chi sulla terra mi uguagli? Son io la sola posseditricedi questa bellezza? No, non crederò mai, che si trovi alcun essere vivente, che mi pareggi in grazie ed in beltà. -- Ciò dicendo s' insuperbì per tal guisa, che 110nseppe trattenersi dal chiamare. Zeffiro suo corriere, a cui comandò di recarsi a scorrere con ogni diligenzada un angolo ali' altro la terra, per esaminare se vi fosse bellezza uguale alla sua; e di recartene poscia la notizia. Subito il corriere, obbediente ai comandi di lei, partì velocissimo, e scorrendo dall'oriente ali' occidente e dal settentrione al mezzogiorno, rccossi a tulle le città, nelle abitazioni nelle pianure e nelle montagne, e in tutti gli angoli della terra, per i mari e pei continenti, per le acque e per I' aria, invesligandoda per tutto con uno sguardo scrutatore: ma non trovò neppure una creatura, che la uguagliasse. Ritornò quindi alla sua Signoraad informarla. III. Passando Zeffiro pre~souna selva udi i gorgheggi di un cantore, il quale con voce soavecd armonica modulando canti di amore faceva cchei;giare la selva. Arrestatosi alquanto ad ascoltare, talmente fu rapito da mara,·iglia, cht!gli agili suoi piedi intorpiditi non potevano più progredire nemmeno di un passo. Fu costreuo perciò ad entrare nel bosr.o, per vedere chi fosse il cantore, e vide in un angolo un essere spregicvole, infelice, debole, meschino, di secchegambe, il quale non guardava mai 11èa dritta nè a manca; ma continuamc11teramingo, saltellando modulava r.anti di amore. Dop9_di essere stato alcun poco ad ascoltarlo gli si avvicinò, e salutatolo cortesemente gli disse: -- O giovine amoroso, dimmi, te ne prego, chi sei? d' onde sci~ r.om' è il tuo nome? per chi sei così acceso di amore, che fai risuonare questa selva della tua armonica voce? come sei divenuto così miserabile e meschino? Ti prego, 1101m1 i celare la passione del tuo cuore, perciocchè il mio mi assicura, cbe tu sei 11atoda illustre schiatta, e il tuo misero aspetto mi amareggia per compassionedi te. ~-

-3- -- o essere sensibile e benefico, rispose il cantore.; giacchi:tn, per se11• tlmento di pietà verso 1111 povero straniero errante, chiedi chi eglisia, ti dirò chi sono, e ti scuoprirò i secreli del mio cuore. lo ~rmofigliodi un gran re, nato nella li berta, e il mio nome è l' am.oroso Usignuolo. I miei genitori m'hanno allevato nella castità e nella libertà; ma pre.sentcmenteio sono schiavo Ira le catene indissolubili dell'amore, perché in et.;'i appena di poter intendere, ìl mio cuore prrcipitò nella fornace ardente dl un amorr eccessivo, rapito da una bellezza immaginaria, che non ho veduto giammai. Non conosco qual ella sia: ne ignoro il nome: ne so dove si trovi. Soltanto io so, che il mio cuore è infiammato e si eonsuma per essadi un amore intellettuale, come se fosse dall'immagine di essa perseguitato.L'idea di quest'immagine sconvolge la mia ragione. Ho abbandonato ogni cosa; I miei genitori, i miei conoscenti, il domestico tetto, la mia eredità; e mi sono dato a scorrere per le pianure e pei monti in cercadcli' oggettodell'amor mio. Disperando ormai di poterlo trovare, non che di conoscerlo, mi sono separato dal mondo, e traggo i miei giorni in questa disabitata foresta. Soffrendo la farne, la sete, la nudità, ho rinunziato a qualunque divertimento: languisco qui senza consolazione, senza sostegno, e non \)o altro pensiero, non ho altra occupazione ruorcbè passare la trista mia vita cantandonotte e giorno l'amore, nella speranza che giunga l'istante, in cui possederò la calma del cuore. lo ti ho detto tutta la mia situazione: ti prego c1uindi, che tu pure sveli chi tu sia, e quale uffizio ti occupi e perchè ne tuoi viaggi ti sii innoltrato a scorrere questa foresta. -- -- Il mio nome è Zeffiro; rispose. il viaggiatore; ed appartengo in qualita di corriere al servizio di una grande regina, la quale appellasi Rosa incorrutibile, figlia del re Aprile, cd abita 11elladeliziosa citla di Rosajo. Questa regina è la più bella tra tutte le creature. l\1ira11dosuin dì nel suo speccljio, trovò sè medesima superiore ad ogni beltà; e quindi s'invogliò di sapere, se in tutto il mondo si trovi una bellezza sua pari. liii comandò di andare ad ogni estremità del!' universo e di perlustrare in ogni angolo della terra e con diligentissima osservazioneesplorare se vi sia chi la somigli. Obbediente agli ordini suoi, percorsi da un angolo ali' altro I' intiero mondo; e adesso, non avendo trovato cosa uguale a lei, me ne ritorno ad informarla. -- Ali' udir I' Usignuoloqueste parole delviaggiatore, esultòben tosto di ardentissimo amore, e quasi fuori di si:, con una voce ancor più armonica, ripigliò le sue modulazioni e i suoi canti, come se da gran telllpo ardessegià di amore per la Rosa. Al nome di lei intuona cantici giocondissimi; si volge iniorno sul suolo, e fa risuonar la foresta dei più soavi concerti. Ciò vedendo Zeffiro, maravigliato gli disse: -- Tu dunque avevi udito anche prima il nome della Rosa; oppure l' avevi veduta?... poichè sci così acceso dell' amor suo?... -- -- Non l'ho mai udito; soggiunse I' Usignuolo; né mai I' ho veduta. ~la fu tanta per me la soavità delle tue parole, che il mio cuore subito mi assicurò esser questo l'amabile oggetto, che da sì gran tempo mi arde <' mi consuma per lo suo amore. -- -- Assai piacevolmente t' illudi; ripigliò Zeffiro. 1\laella 11011ti conoscé per auco, e tu non potrai giungere giun1111aiconoscerla. --

-4- -- L'amore, disse I' Usignuolo, me la fa presto conoscere, e quaml' an• che io non ,1 arrivassi, mi basta di avere 1111 amol'e di simpatia ed il cn11• forto di rammentare il nome di lei. -- -- A che giovano; ripigliò Zeffiro; il tuo amore e la tua simpatia finché non conosce ella il tuo amore, né ha veruna simpatia? -- Rispose I' Usignuolo: -- Sei tu du11q11scì ignaro della forza dcii' amorr.? s• ella non avesse veruna simpatia per me, sarebbe cosi ardente il mio amore al solo udirne il nome, senza averla mai veduta? 'Canta è la forza e l' a• zione dcli' amore sul vero amante, che questo, a guisa della calamita, attrae il simpatico oggetto amaùile, lo fa conoscere e lo fa amare . -- Soggiu11scZeffiro: -- Te lo ripeto: t' illudi di buone speranze: ma ella è di condizione assai più sublime di te, ed è a te difficile I' entrare nella sua città. -- Ripiglio I' Usignuolo: -- L'amore può tutto. Aùbassa r.iò eh' è sublime, avvicina ciò eh' è lontano, e rende necessario ciò d1' è impossibile. -- -- È penosa e stretta la via, disse Zeffiro; cd esile come sci 1101p1otrai trasrerirviti. -- Rispose I' Usignuolo: -- Reputo vita per me il morire sulla strada, clic conduce a lei. -- -- Ella è cinta; soggiunse Zeffiro; da guardie assai severe, le quali se te ne avvicini," ti faranno solTriresupplizi orrendi. -- -- Tu non conosci, ripigliò l' Usignuolo, che il perfetto amore scacr.ia il timore; cosicchè verur1supplizio né veruna pena può separarmi dall'amore di lei? -- li corriere, scorgendone la fermezza, gli disse: -- Vedo, che tu o deliri di un folle amore o sei un ambizioso, il quale aspiri troppo allo. l\la se fedele ama11tetu sei, il r.ielo ravorisca i voti del tuo cuore. -- Ciò dello; lo lasda, e se ne parte. Giunto nella città, presc111asialla regina I'- l'assicura, che in tutto il mondo non si trova una beltil simile a lei. Le raccontò ant:he tutto ciò che aveva udito e veduto; particolarmente ad una ad una le cose che aveva dette coli' Usiguuolo. La Rosa giubilò assai di allegrezza nel suo cuol'e; ma senza dir 11ullari• pigliò le feste e i divertimenti colle sue ragazze. IV. Dopo la partenza del corriere, I' i11feliceUsiguuolo s'immerse ancor più profondamente nel!' a\'Vampantefornace dcli' amore; né potendo più tratte• nersi, risolse di porsi in viaggio verso la città di nosajo, sperando dì potervi in qualche guisa l)Cnetrare, e l)Crmezzo della soavissima sua voct: fJrsi conoscere dalla vezzosa regina. Dopo molti stenti e fatiche, giunse alla fine in una deliziosa e verdeggiante pianura, ed ivi mirò da lungi le magnifiche mura riclla città. Pie110 ù' inesprimibile gioja, si avvicinòa tentaTl'i I' ingresso per la porta_;ma conobbe, che nè uccello a volo, nè serpente strisciand;i potrcbbevi penrtrore. Dall'una ali' altra sponda del rapido fiume, che sr:orre dalla città eù irriga la fertile pianura, non si può passare che a nuoto ed altulfandovisi. U11 isla11testette a pensare; ma finalmente I' intrepido e caldo amore, cheùi tutto

-5trionfa, gli fa sprezzare il 1>erlcolodi sommergersi l! ùi morire. GeUossi t1uinclinella rapida corrente del fiume, ed a gran pena giunse ali' altra sponda. Colà semivivo e senza fiato cadde sdrajato tra il folto fiorito stuolo delle sentinelle del portinajo, le quali anebbcro potuto ben tosto incatenarlo e cacr.iarloIn prigione. Ma poiché senza l'ordine del portinojo Cipresso non è lecito avvicinarsi a veruno straniero, perciò annunziarono a questo I' arrivo dello sconosciuto. Accor~oviil port inajo Cipresso, lo ,ollcvò e e-oninterrogazioni i11Icstigò r.hl egli fosse, d' onde venisse, e perché si fosse recato alla sacra città dillo5ajo. Appena l' Usignuoloebbe sn•lato il nome suo e di suo padre, la schiatta e la città, conobbe tosto il Cipresso, esser lui figlio del suo primo padrone, aHa cui porta era stato lungo tempo nell'uffizio di portinaio, cd averlo molte volte portato sulle sue spalle. Presolo a m11110e, onorevolmente lo pose a riposare nel!' alta sua stanza; lo incoraggì a non avereverun timore ili chicchessia, promettendogli in ogni evento la sua protezione. A qur.ste i11aspe1tateconfortatrici parole del portinajo e~ullò di allegrrzza il cuore dcli' Usiguolo. 111quell'albergo si occupa nella rontemplazlone del suo amore: fuggì il sonno dagli occhi e dalle sue pupille il riposo: e stava tutta la notte in grandissimo affanno. Non potendosi contenere, si leva allo spuntar dell'alba, e dall'alto della sua stanza inco111int:ias,econdo il suo pristino costume, a modulare gorgheggir.osi soavi di amore, che attoniti ad ascoltar se ne stavano tutti della citta. Nessunoperò conoscevachi fosse , e donde venisse questa modulazione, essendochène il portinajo ne le sue sentinelle lo manifestarono a chicchessia. V. L' Usignuolo, acquistato alquanto di confidenza, si mise a far ogni matli11aeccheggiare Rosajo dei più soavi concenti. li 1>erehéa tulli egualmente i 1·i1tadini11egiunse la iama. Senza però curarsi tampoco di sapere chi fosse o per rhi ardesse di amore, lo ascoltarnno con piacere, ammaliati dalla soavitii della sua voce. La bellissima Rosa-incorrutlihile conobbe dal racconto di Zeffiro esser giunto quello stesso amoroso Usignuolo, e n'esultò. llla dissimulando ogni cosa, <'hiamò il corriere e gli disse: -- Che cosa é questo movimento suscitato nella mia città? .•. e r.hi i• costui, che cou tanta temeriti.iogni mattina fa risuonare Rosajo? Credè Corse, che questo sia uu luogo disahilato ?... Vattene sollecitamente ed indaga e scopri rhi sia, e perché proclami così liberam<'nle il suo amore: te ne i11forma bene, e \'ientene a me. -- Partì Zelfiro, e dopo molte indagini lo tro\'Ònel!' alta stanzadel portinajo. Lo riconobbe s·ubito, e salutandolo disse: __ Sii tu il ben ,·cnuto, o innamorato gi111'ine.Come trovasti questa città:•... come hai potuto entrarvi? ... o piutlosto, come anlisti di mostrarvi ti e di cantare? ... Non te 'I diss' io, che avresti dovuto inconlrare molte fatiche?... E sehhem•io goda, che sii giunto in buona salute, temo però, che tu 11011 debba soffrire molti castighi. Ecco infatti un grande tumulto è nellacittà, ed a11chela mia Siguora sdrgnata vuol sapere chi sia colui, il quale osa spargcn i tautu scompiglio.~--

-- nuo11sii;norc; rispose l' Usignuolo; so11i'o forse venuto qui da me solo? L'onnipotente amore mi vi ha strascinato: e chi avrebbe potuto resistere alla sua legge? Esso mi diede forza a sostenere queste fatiche; esso mi fu sicurissima scorta; ed et:coal suo comando mi sono assoggettato. -- li corriere, non m•endotempo da dialogare ulteriormente, ritornò a rag• guagliarr. la regina, che que~to amante è appunto quel desso, che aveva veduto nel bosco. Beuchèse ne rallegrasse la regina, tuttavolta per esperimentare la costanza del suo amore disse al corriere in aria d' indilfercn:ra: -- va ad intimargli da parte mia, che desista dal tendere tant' alto e dal pronunziare il mio nome. E poichè la pietosa mia indole non comporta, eh' io faccia trattar con supplizj chi è ycnuto per me, gli comando di tacere e di contenersi urbanamente; acciocchè, rendendosi oggetto di turbolenze, non abbia a suscitare qualche sollevazionecontro di sè • Vl. L' Usignuolo, ricernto quest'ordine vagoe indeterminato, restò al((t1a1110 perplesso,nè sapeache risolvere.Tacere? 11011 può: cantare? teme: resistt-re? 1wu ha forza. Suo malgrado gli è d'uopo intanto obbeorrc ai roreri della regina. Stretto dal comando di )('i se ne sta alcuni giorni in silenzio; sospira•nelprofomto del cuore, geme lamentoso tutta la notte, e medita come uscire dal- !' imharazzo. Vede alla fine, che tacendo e pazientando nuRa si concbiude, e quindi risolve di scril·erc una lettera e di maudarla alla regina, la quale, tocca forse di compassione. gli concedt'febbe la grazia di potere almeno passar~ i ~uoi giorni cantando. Prende a lai uopo una foglia di giglio, cd inting~ndo.la penna della lingua nell'inchiostro sangttigno delle lagrime scrive la sua lettera in questi accenti= -- O Signora della mia vita, luce e on'lameuto det mondo.. Tu, che sei il r,iaccredegli occhi, la delizia dei cuori, la vitalitir dcli' odorato per mezzo del tuo ol('zzosoave, mira ai miei affanni, abbi compassione della mia miseria. Sino dalla mia fanciullezza,fatto prigioniero di amore, ho rinum.iato al domo~ticotetto e all'eredità, e· mi sono abbandouato alle campag11e, ai monli, allfrforeste in cerca dell'oggetto dell'amor mio, cui amo senza conos1,'t!rloì.\la ora, che ho trovato rtuestOreale oggetto,delle mie affezioni, e ue ho resph'ato la soave fragranza, che di ardente <lcsideriomi struggo, se non sono degno di coutcmp.larcla bellezzadel tuo viso, permeH i almeno, che, cantando il mio amore verso di le, sollevi il mio spi.rito vicin0, giù ad .1llllruciarsinel fuoco dcli' amore. La mia vita e la mia morte sono nelle tue maui c<l a' tuoi cenni. Comandamio eh' io viva o eh' io muoja. Ad'dio. - Scritta e suggellata la lettera, fu consegnò al Gi[Jlio, cancellierndella regina; il quale, avendo sempre per le mani ro{;lictli, era destinat0, a questo ulfrzio; e lo pregò di portarla alla rcgic,a. La Rosa, ricevula la Jettcr,1dell' Usignuolo, si compiacqui}a rispondergli; e presa una fogliavermiglia,.i scrisse sopra queste tenere parole: -- Assicurati, o prode rivale degli amauli: è mite e bcnefit:a t• indole mia; OS!litale condiscendenteverso chi viene a mc, e più ancora V('rsochi ne' miei detti confida. Chiunque spera òi avere corrispondenza cou 1110 de,·c mostrarsi rassegnato, docile e mite, cd aspettare pazicntemc11tcsollo la mia

ombra iJ tempO'detra.ricompensa. Sii dunqµe prudente e circospetto in ogni ruo audamento: acciocchè non abbi a soffrire· qualche nocumento dalla malv.igia invidia. Sta sano. -- Sugellata.questa. lettera, la consegnò.al Giglio, ac• eiocchè la portasse· ali' Usignuolo.i. L' Usignuolo,, ricevuta. la lettera della Rosa,, si ritira- in, disparte,. e tutto inebriato. dai profumi. del soave suo odore-, come- dall: esalazione ciel,.ino ► la fiuta, ra pone sul cuore e-sopra i suoi occhi,, e dice:. -· Eccoti. dunque il sommo, rimedio, ari ogni. piaga,, la fulgida: luce degli Ol'Cbi •· ·- Poi senza tregua baciandola. ec1· adi>randofu la, minava,. nè sapevadetenninarsi ad aprirla .. Finalmente apertala con mano tremante, la legge: e rinforzato dalle confortatrici parore di essa ,.impazzito si getta a terra; poi alzatosi, e per somma sua gioja rapito. fuori, di sè, fa risuonare tulla la notte Rosajodi un. soavissimo canto., che re11dea· ltolliti e sbalorditi lutti gli abitatori. V.li. A questo schiamazzo il' mitilare Spino, eh' è armato di ~~dir, ehlMnò assai turbato la Sentinella N arei so, che sempre ad occhi aperti sta in guardia di Rosajo, e gli comanda di recarsi a vedere chi sia costui , il quale inquieta la ciltà. Ordiua a Il che· al fiore11le f,iacinto, eh• era la spia della città, di prendersi il suo ruantello bruno e di esplorare la nolle chi sia costui, donde v.enga, per chi. sia tanto, iru1amorato da. turbare· il 11ostroriposo: e dopo di essersi. bene assicurato di tutto. questa, ne informi lui stesso. Qu.indi per ordine dello Spino, il Narciso e il Giaciuto si dispongono ad indagare in ogni angolo e· luogo di Rnsajo, e diligentemente te11gonodievroali' Usi{;nuolo. per vedere-cd accertarsi òLtulle le sue azioni. I.." inlèlice-Usignuùlb,. ignaco afJàtt'o di queste, insidie, e confidand'o nella protezione· della Rosa, discende la notte a vagare e solazzarsi in Rosaj.o. Mentr' egli passava:, il Narciso in un aago.lo di una via lo adocchia, e dice con bassa voce al Giacinto: -- Sembrami, che sia costui fo sttalliero, del quale ro,.Sl)ÌllOI,militare della Rosa, rnol avere informazione. -- E poicbè il. Gfacinto al' bujo della notte col sao, mantello bruno restava inosservato, l' Usignuolo senz' avvedersene gli passò da vicino. Allora lo scaltro Giacinto gli si fa incontco, e· salutatolo dolosamente, comiucia a poco a poco ad i11terrogarro. 11 buono e schietto Usignuoro,. ignora11dol.'astuzia del Giacinto, con ing~mro cuore, gli dice-clii egli sia,. e come-sin.o dalla sua l"aaciulezza egli sia caldo d'amore, senzn sapere per chi. i>osciag. li narra, come- avendo, udilo a. caso il nome della Rosa si sentisse spù1to ad amarla, e come per lo stesso amore egli sia venuto a. cercare· asilo, in. Rosaio: tutto i?li narra. - -- Infotice·amante! risposr. il Giacinto:. ti compiango, percliè in: r.mo lo cerchi. Tu sei mia meschina e· povera creatura; e· fa Rosa, essendo wia eccelsa e grande regina,. si abbasserà ad annodarsi con 1c? -- .. Nel punto di amore, soggiunse I' Usig11uofo,n. on v' ha distinzione tra povero e ricco, tra grande e piccolo; poiche il cuore ge11trusoe il \'Cracea• more tolgono qualunque distilizionc e stal,iliscono I' uguagli.inza tra il 11adro11e.e lo schiavo. •·

-8- -- Donde nasce ella dunque cotesta rorra potente dcli' am1m:,, -- rirrigliò il Giacinto. -- L'amore, disse l' Usignuolo, è causa ed autore di ogni u11io11el.'cr una emanazione dcli' amante e dcli' oggetto amalo slabiliseti tra lorn delle relazioni, essendo appunto il nodo e H viucol<► che uuiscc. Per la possanza de11asua azione egli penetra nell'amante e nel:' amata;. s'immedesima co11 loro, e diventano tutti e tre un solo ~ulto inseparabile. -- -- Quale vantaggio, sfrggiunse il GiaciHlo J te ne dcrirn, se Ll Rosa non li conosce nè ti ama? -- •. Mi basta, rip·iglrò t' Usignuolo, V amarla con tutto l'ardore dcli' animo mio; perci"occbèla forza dcli' amore, simile aHa calamita, attrae I' o.,- geuo a111atn, lo fa conoscere ali' amante, e Ji lega di un solo nodo. -- -- i-: a~~aidilfrcile questa impresa; disse il Giacinto; e molle pene li cagioneril. l\lcglio faresti a scacci-arequeslo desiderio cd abborrire la sorte, d1e si prende giuoco del tuo ripnso e della tira felicità. -- -- li mio riposo e la mia felicità; rispose l' Usiguuolo; consi~touonel conoscere t~ nel vedere la Uosa. -- -- Infelice straniero r me ne dispiace per te; imrchè se la Ilosa venisse a sapere J.-. tua strana tcrnerttà, comanderebbe subito clii' fo5s• castiga:o. -- -- lo sono prcparntu ai suppHrj; e qualunque castigo da lei mi \'Cllissc, · lo ane i per un favore. -- -- Convien dire, che ne abbi avuto qualche moiirn di sperama per css~ re così fermo nel!' .1111otruo. -- -- La mia frrlc è mia speranza~ e questa mia speranza è gr.1nde, e non mi lascia dubhiQ, rrè mai mi l'-.is1.,iedràeluso. Credo, che un giorno vedrò esauditi i miei pricghi, ed arriverò alfa meta delle mie brame. -- -- E per quale caparra tanto speri e credi? -- -- Sooo certissimo, soggiunse I' Usignuolo, eh' ella di me si compiace, artrimenli sino daHaprima volta, ali' udire la ,·ore de' miei canti, e di canti d'amore verso di lei, mi avrebbe sull'istante o punito- o scacciato dalla sua cii tà di nosajo. -- Dasta11Lcio' gnizioni avendo raccolto l'astuto Giacillla, dissegli in aria di r.onvincimento. -- Avrò molto p'iacere se re tue speranze non andcrauno giammai fallite. -- Ciò detto, lo lascia e ritorna a narrare di•s!intameute allo Spino t•Jl10 ciò che da lui aveva udito. vm. Furibonllo Io Spino si a1Tretlaa recarsi arra porra del pal.izro delta Rer sa p-er rarne -tendctra ali' avvicinarsi dcli' Usrgnnolo a quei dintorni. L'amoroso Usignuolo, come dicemmo di sopra, avendo qualche appoggio uel fiiture della regina, s'accosta al palazzo, sperando dr poter cro,'are umr 11ualc-hcmaniera di ,edere la famosa bellezra dei llneamcntì della Ro~a. Ma lo Spino, Insidiosamente sangurnario, alzando 11111' a un tratto la sua spada yibra un colpo nel petto dcli' infelice, e senza uccidt'rlo lo ferisce e lo 111e11inc fuga. Poi, recatosi alla rc~iua, dice: -- Signora! Suppia la mae~lit tua, ehe qu-cl furfa111e,quel 111alamlri11o,

-9- -qnello scellerato dalle gamlic secche e spolpate, per le sue Invenzioni e per la colpevole condiscendenza del portinajo Cipresso, trO\"Òil modo di entrare in Rosajo. Gridando e cantafl'do tutta la nolle, non lascia riposo ai cittadini. Per colmo di temerità fa udire continuamente canti amorosi diretti al tuo nome, e si vanta persino di essere amorosamente rapilo dalla tua esimia beltà. Questi canti audaci turhnno lo spirito di chiunque gli ascolta, e fanno supporre mia compiacente condiscendenza anche per parte tua. Ora, se di ciò giungcsS<' notizia alle orecchie de.t 1·emio Signore e tuo padre, quale risposta gli potrei dare io mai? Io, chr In qualita di militare venni da lui stabilito a custodia della tua porta, per impedire che si rechi verun' onta al tuo nome immaculato? ... EgU è perciò, che, ferito il furfante colla mia spada, 1·• ho messo in fuga: ma senza comando tuo non volli ucciderlo. Ora, se vuoi, comanda e gU torrò la vita. -- Si sdegnò assai la r('gina e disse: -- Qua~ crudeltà! quale barbarie ascolto da te! Do,·e si vide mai o si udì, chr. uno straniero venuto a cercare asilo in una città, ali' ombra dclii\ protezione di un re, ubbia ad essere, senza esame nè giudicatura, ingiustamente perseguitato? Quale delitto ba egli commesso, per cui s'abbia ad avere l'audacia di ferirlo e scacciarlo? S'egli intuona con dolci e soavi armouie canti amorosi e lodi al mio nome, quale delitto commelt' egli? Quale onta al mio nome] Non è ella forse una legge universale, dal principio del mondo sino alla consumazione dei secoli, che si todi ciò eh' è lodevole, che si disprezzi ciò eh' è dispn·1:zcvole, che si ami ciò eh' è amabile? Commette egli dunque l'uomo un delitto, se lodando lo sple'1dore e la beJLitdel sole, si sente trasportalo di amore e di brame al sorgere della sua luce? lleca egli un qualche oltraggio al sole od una qualche macchia al suo nome? Convlen dire, ('.he lu sia dominato dallo spirito dcli' invidia e dcii' ingiustizia per commettere ·questa malvagi là. Affrettali a medicare la sua ferita; guardati d' 'Ira in poi dal proibirgli di vagare liberamente qua e colii, e di darsi spasso i.ella mia Rosajo. Guai a chiuuque avrà l'ardire <li turbarlo od inquielarlo?-- IX. Irritato lo Spino da queste parole della regina, andò a denunziarla e calunniarla dinanzi al re, e disse: -- Signore mio re. l'cr comando della maestà tua militare e custode fu stabilito il tuo servo alla porlll riel palazw della regina tua figlia, perchè nessun temerario venisse ad operare alcun che, da r.ui rimant•ssr. olfuscato lo splendido nome della regina. J\la ecco è da alcu11i giorni, che uno di gambe secche e spolpate, un malvagio, un furfaut<', uni; sracccndato che s' abbandona ai piaceri della sorte, trovò ingresso iu Rosajo per la poca vigilan• za del portinaro: modula canti di omore al nome della grande regina: la notte disturba la città collo strepito della sua roce: si vanta di essere inamorato della regina. Da questi discorsi iusorgono dubbiezze ed ambiguità: le ciarle passano di hocca iu ti or.ca. luformato di ques1 i m·venimenli ed acceso tJi sdegno, ho trovato Il vagabondo, e senza ferirlo a morte, l' ho messo in fuga. Poi presentatomi alla regina ne la informai, chiedendole permissione di urri1lerlo. Ma ella, invece di gradire il mio operalo, mi caricò di

rlmproveri e m1 ordinò tutto li contnll'io. Perciò ,-ennl, -ecco, a manifostlrr il tutto alla tua maestà ed a pregare che si perdoni :llla temerità mia di non avrre anito rlguMdo a dire, che la rcgiua tua figlia non è phì quella chiusa boccia di fiore, cNne quando la i1111alzasatil trouo.; ma presentemente il-suo contegno e Je forme di lei sono aperte: ella è propensa a compiacersi degli oma~L SolT.reper ciò, che costui le dfriga fiducialmente e Ubcramcntc canti di amore, e che -si vanti d' cs;;erleamante. In verità io diC'opalesemente, che con silTattacondisrenòcuza di lei la città di Rosajo s' cmpirà assai presto ui amanti ignobili e ·villani: Ecco infalli per adempiere al mio dovere venni a farne delllm.zia, acciocdiè Ja tua maestà non s' abbia ad isdegnare di me e dirmi: Perchè nori mi avvisasti per tempo? -- Ciò udendo, il giurl~ioso monarca conobbe I"' insidiosa calunnia di costui; 111aYolcml,,<'!lUstesso assicurarscue colla regina, disse allo Spiuo : -- Dov'è egli adesso questo fosulen1c? -- Rispose lo Spino: -- lo credo, rhc ~:i I uttora jn Rosajo, pere.hè tanto è innamorato e confida uel favore ddla regina, che nè colll' pcr<:o,se, 11è colle minaccie, anzi nemmeno coi tormenti della morte lo può ùisturre diii:- chessia dall'amare e dalle pretese sue: e non ne so il pen,hc. -- Còmandò allora il monarca ni suoi uccrJlatori di rccar:sJa tcudcrc le reti e di condurglielo sano cd incolume. Andarono gli uccellatori, slcsero le reti, e geuato del grano as1>c.ttano il momento, C'llccada ncll' insidia l' iufelice l'signuolo. Questo disgraziato, rJ1cin quei giurni era stato sile111:iosor,istabilito .1lquanto in salute e guarito dalle rei-ire, paur-0soe guardingo girava per llosaju, ove scoq,;endo il grano si avvicinò per saziare la fame del suo ventre. Ma I' ineauto cadde rrell' insidia dei cacciatori, i quali Il• prendono e lo collducono al re. Questi comandò, che lo si tenesse prigioniero ju uua gabbia di ferro, finché informato delle relazioni della regina ne isliltdsse giudizio e ne facesse giustizia. La regina, informala anch'essa della denunzia dello Spino e del carceramento dcli' Usignuolo, ne fl1 afililtissima. Attende r.on impazienza I' istaute rli parlare col re suo padre, e di manifestare per mezzo di una giudicatura l'innocenza dell' Usignuolo, e di vendicarsi dello Spino. X. llla siccoml\ le cose del mondo sono simili al giro di una ruota e sono sempre \'arianti cd instabili, sitcome LUlligli oggeui di quaggiù sono solloposti a moltissime viceude, e bcu presto, a guisa del baleno, prendono una piega non preveduta; così in questi giorni si sparse tutto ari un tratto sulla rillà di Rosajo una funesta sciagura e desolazione, sicchè svani ogni bellezza e pace della città e de' suoi abitatori. Trovavasi in quc' dintorni l'imperatore Luglio. Avendo udito parlare della bellezzae delledeliziedi Rosajo, arse d'invidia e divampò a guisa di forna- <'P.. Comandò al Sole, suo generale, di nllestire e prendere le infuocate sue armi, e di rovesciarle sulla cilti1 di Uosa.io. -- Un fuoco vigoroso piova e consumi 111lto:un ardente calore alihrn- ~tolisca: Rosajo sia ridot la un deserto, come un c:1rnpomietuto, ro111cuna pianura inaridita dal ven10. --

-,11A seconda dell'ordine dell'imperatore Luglio, il gran generale Sole, munito delle sue armi da ruoco dalle regioni della zona torrida, suo con• sueto soggiorno, venne a sc.-.agllarsisopra Rosajo. Incominciò dal suscitare col fuoco della sua artiglieria un eccessivo caldo per consumare tutto: sitf.hè per la forza di questo calore il pampino annerì, il pero e l' abicocco ingiallirono, il ciliegio diventò del colore di sangue, la verdura de' vegetabili disseccò. Tutte le piante, novelle e vecchie, appassiscono e languono: si sforza il re Aprile a combattere con esso r e radwia le truppe e i suoi r.:ipitanl, cioè, i fiumi e le fonti. Distribujsce in varj punti le schiere de' suoi combattenti, cioè, le gocciole di rugiada e di pioggia: rinvigorim: le acque cristalline, le esorta a rinfrescare gli eserciti delle piante ramifere e gli ullìziall civili carichi di fiori a mille colori, acciocchè siano in grado a combattere contro l' impeto del Sole infuocato. l\la non polè resistervi: perciocchè abbrucctava lutto e consumava chiunque gli si faceva incontro. Non pochi de' capitani, i quuli, come I fiumi, prestavano le loro armi cristalline, e, come le rugiade e le pioggie, rinfrescavano le truppe, sono posti in fuga, a guisa di vapori e sono sbaragliati. Parecchi, come I ruscelli, muojono inariditi, sicchè consumasi abbrustolila anche una gran quantità di uffiziali fiorenli, di decurioni a foglie aperte, di scelte truppe: altri appassiti per lo ardore si curvavano a terra . Gll. abilatori della ciltà per le molte sciagure si sommergono in mezzo ad tln mare di sudore. Alla vista di così disastrose vicende il re Aprile,, perduta ogni speranza, prende la Rosa-incorruttibile, sua figlia, e senza lasciare nemmeno traccia fugge da Rosajo: nè v' ha chi possa sapere ov•egli sia andato a nascondersi. Ma il Sole, generale dcl1' imperatore Luglio, allunga ancora per qualche tempo la sua dimora colà; e, dopo di avere vie più ridollo a desolazione Rosajo, lasciando il resto degli abitatori delfa cii La in mezzo ali' ardore e all' abbattimento, ritorna indietro e se ne m per la sua via. XI. Udì tulle queste vicende di Rosajo li duca Autunno, il quale, a guisa di principe i11dipendenlr., abitava in Europa, tra il pone11Le il settentrione del globo (*); ed assicurato della fuga del re Aprile e della partenza del grangenerale Sole, riputò momento opportuno ad impadronirsi di un paese, che non ha padrone. Chiamò il suo generale Sfronda:tore, personaggio di accortezza e di spirito r e gli diè ordine di prender seco ogni sorta di provigioni, di merci, di frulla, di bevande; e poi alla testa de' suoi perfidi r~pitani e soldati, di recarsi a pigliare il possesso de1lacittà di Rosajo . Ivi da J>rimacoli' ajuto di un' astula liberalità, di una finta amicizia e dolcezza guadagnarsi gli animi degli abitanti. Poscia con sagacita spogliarli e impoverirli tutti. Abbia però I' avvertenza di starsene in pronto a fuggire ogni qual volta fosse per iscagliarvisi un qualche piu polente sovrano. 11 generale Sfrondatore, ricevuti dal dura Autunno questi ordini, e disposti tutti i preparativi a tenore del1e ammonizioni del suo signore, entrò, (•) Chi scri-t·e è uu armeno, t! l'Europa rehti.,amente ill1 Armepi~ è ;a1norJ-o.-c,t.

-12sòuo apparenza di dolcezza nella città di Rosajo, e comandò agli scaltri suoi capitani di guadagnare da prima con lusinghevoli parole ra moltitudine, di rinfrancarla e di toglierla dalla sua distruggitrice alter:izione. Poscia-aprentlo le pesanti casse delle derrate, sì di frutta e sì di bevande, empi abbondevolmente i magazzini e le cantine dei cittadini; e con silfatle sr.alttczze concilia a sè i loro cuori. Di poi si accinse a metter mano sui più fronzoli :ilberi , e a poco a poco totalmente li spoglia. llla perchè non si levasse tra gli abitanti della città un qualche tum1Ìlto, per distrarli, adorna di oro le vie e il suolo di Uosajo. Dopo di averli tutti spogliati, comandò alle sue truppe di tormentare la notte questa moltitudine col gelido :ircordo dei loro canti, e di spaventarla, acciocché non mediti veruna ribellione: ma in sulla sera poi carezzarla e adescarla, perché si abbandoni ai divertimenti. Per tal guisa tutto il popolo nelle case si trattiene la notte in solazzi, e il giorno Yegent.esi prepara ai divertimenti. Con sì folti strattagcmmi il generale Sfrondatore si rende propizi"J la moltitudine; ora trattandola con dolcezza, ora con tlurezza; e giunge a comandare senza opposizione nella cillà di Rosajo. Xli. llla il tempo, die-, sempre ravvolgendosi sulle sue iootc, cangia :id ogni istante il suo aspetto nei momenti più impreveduti, e che, cagionando 11011 aspcllati accidc111i,muta lo stato delle cose, ,•iene anch' esso a si rasl'inare un'altra disgrazi:i, la quale sconvolge la tenue calma, di cui godevano gli abitatori di nosajo. In que' giorni il monatca Inverno, nominato il possente e tremendo gran re AquiloM, ebbe notizia della fuga di Aprile e della susseguente partenza del generale Sole, e del dominio del J>rincipeAutunno nella famosa città di Rosajo. Se ne adirò asJOi: -- Qual convenienza ( sciamò.) che un luogo s·•bello e sì delizioso resti in potere di Autunno, principe d'infimo ra11go?-- Chiamò il suo freddissimo generale nominato Neve$ e risolutaTAt!ntcgli diede ordine di raccoglier subito le truppe del gelido soffio invernale ed i andare n<'lla città di Rosajo a farla quartiere 61.' in\'Crno pc' suoi soldati, e di non lasciare in essa hro-govacuo; ma empirne di essi tutti gli angoli e i nascoud!gla. -- Se taluno degli abitanti ardirà temerario di otturare le porle, entrisi per le fcneslre; se queste fossero chiuse, si passi per le fessure. Vi si entri e colla forza si occupi la piazza; il freddo dcli' orsa ne circondi gli abitatori; ar.ciocchè tutti conoscano il supremo potere e influenza del dominio dell' tnyerno. -- RicCYutoquest'ordine d'all' impcratvre Inverno, il freddo generale- Nl'\'C radunando l'innumerevole moltitudine de' sokl'alì, si atTrella a scagliarsi vi·- gorosamente <li notte tempo sopra Hosnjo; cd a tenore dcli' ordine del suo Signore empie con gagliardo vento la città di crudelissima soldatesca e non vi lascia rncuo neppure lo spazio di un piede, ove possa chicchessia ricoverarsi. Si svegliarono sul far del giorno gli abitanti della ciuà e videro I' innumerevole rnoltiludine delle truppe, splendenti per la bianchezza detl' aspetto

-13dena ne,e, le quali simiii a tapeti, del chiarore di luna, stavano da per tutto distese al suolo. Tremanti si abbandonarono al terrore e allo spavento: e s' afJ'retrauotutti a chiudere le porte, le finestre, le fessure delle loto case ed a serrarvisi dentro. Ciò scorgendo lo Sfrondatore,. generale del duca Autunno, abbandonà possedimenti e bagagli, e a grande stento se ne fugge nascostamente. Allora divenuto assoluto padrone il nevoso e freddo generale,. feoe in ogni angolo fii: Rosajo appostamenti de' suoi militari di gagliardo s01f10, i quali, essendo figli de' ghiacci, di quanti dann~ ed angustie caricassero qur.lla moltitudine non è possibile descrivere. n perchè tutti oppressi dal timore si chiudono nelle loro case, come in una ben fortificata prigione. Le crudeli truppe negano persillo il sentiero a que' che troYano fuori di. Gasa; e a guisa di legno secco li agghiac.ciano.Nè contenti di silTattadurezza si sforzano di ponettare nelle abitazioni e di agghiacciareq__uanttorovano rinserrato. In breve 11011 resta più agli abitatori altri mezzi di. ajuto ~ fuorchè radunar le~na e brucciarla: s'armano della fiamma di essa contro il gelidosoffiùdelle truppe; ne collocano nelle loro r.amere;·acciocchéappoggiali ai focolari vi abbiano retugio. Per tal maniera gli avari e crudeli soWativendono la legnaa prezzodi fuoc.o.. Se taluno ha bisogno di. uscire di cas:i; i poveri lrcmanti di paura si danno fretla, come veloci corrieri; i ricchi simili a chi porta dc' pesi in ispalla, caricih.id.cli&pelli di volpi, di lupi,. di. orsi , vanno in giro, per sottrarsi dalle acute punture degli strali. Le fonta11ce i fiumi della e-ìttàie delle campagne assediati si nascondono per la paura sotto i m'.l3Smi armorei dei loro, cristalli. Se alcuni de' braYicombattenti si presentano nello steccato, l' indomabile soltlatesca,. per farne oggcuo di scherno, rende i loro mustacchi somiglicvolial ramoscello, cui la scure non poté troncare, e i peli della Loro barba assomigliano a, perle di. ghiacciuoli, come per beffarsi di simili av- \ler.sar.j. Rimasti così gli abitatori di llosajo in mezzo a tante sciagure e tormenti,,. aspettavano vigore unlc.amentc dal!' alto. XIII. Nella ser.ied~ tanti, cambiamanti e dill'ereme di tempo it re Aprile, il quale colla regina sua figlia la Rosa-incorrullibie era fugito in Orientepresso la gran Corte di Primaycra, a mi è strt>tlOi,o allraoza, aspell~ il tempoopportuno a ristabilirsi gloriosamente cd a fissare autorevolmente il dominio uclla sua Rosajo. lnl>antospedisce-i suoi fid~ ad esplorare per l'universo.. Vengano essi ad informarlo, che si sta per conchiudcre un' aUean:ra tra l'imperatore Estate, e r·imperatore InYerno,.e· che il gran-goneraleSole, uscendo dallo Zodiaco, ordinaria sua residenza, si avvanzaverso,il selte11trio11eper attemprarlo. Laonde anche il wonarClll' iiverno, disw-atloda dilfcrc11ti cure, non aveva più tempo d'inviare nuove truppe alle parli di Rosajo. -- Ecco dunque €dissero) egli è 1' istante per vosLramaestà di audare-a Rosajo e di dominare sulla propria sua terra .. -- 11 re Aprile, venuto a consiglio col mon.irca Priman1ra, suo C61mazionale, raduna per l'oriente e pel mezzodì le sue truppe di caldo alito e di soave sollio, e alla testa di un uumeroso stato-maggiore si mette in viaggio.LO •

\ -14stesso generale Solr,, onde riparare ai precedenti danni da lui cagionalia nosajo presta loro il soccorso delle sue armi riscaldatrici. Uscito con tutti questi preparativi, circonda nosajo. Le circostanti piauure sono adacquate; dall'alto e ncll' interno si scaricano acque a rovesci, e sommergono le trnppe dell'imperatore Inverno. Indarno il freddo generale Nevesi srorza a dar coraggio ai suoi soldati per rintuzzare valorosamente il nemico. Essi per la maggior parte periscono soffocati dalle acque, parte si dileguano sbaragliati. Laonde, senza speranza di veder giungere nuove truppe in suo ajuto, senza speranza di salvare neppure sè stesso, a guisa del ghiaccio, che dinanzi al ruoco si scioglie, egli pur si dilegua e perisce, cd è costretto, senza lasciare veruna traccia di sè, a vedersi cacciato di là col piccolo rimasuglio delle sue truppe. Allora con magnifica gloria e con grande trionfo il re Aprile entrò nella città di Rosajo, ed offerendoal Sovrano e alle truppe, che lo avevanoajutato, le spoglie del nemir.o; quanto di ghiacci aveva lasciato l'Inverno; andò al possesso de' suoi stati tra i contras~egni della riconoscenzae del rispello. In somma, non ,·• ha nulla di più interessante quanto il rinnovare le mura di nosajo, il riordinare le truppe e capitani e con essi gl' impiegati, le giovani donzelle e II seguito. Adorno sontuosamente del più vivo risalto e più luminoso di prima, prendendo per mano sua figlia la Rosa-incorruttibile, con tutta la magnificenzadi sua possanza la ristabilisce sul trono. XIV. Dappoichèfu salita gloriosamente la regina sul trono e n' ebbe resteggiato colle sue giovani ragazze il felice avvenimerrto, si ricordò dcli' Usignuolo suo amante. l\:lasaJ)endo, che in mezzo alle gravi calamità molte a11gustie stringono i miseri, non potè frenarsi e volle assicurarsi dello stato di lui. Chiamatoperciò lo Zeffiro, suo corriere, gli dice: -- li mio povero Usignuologeme c~rtamente ancora in prigione. Voglio che tu vadaa vederlo; e se egli è sano, che t'informi del suo stato e li affretti a recarmene la notìzia. -- Andò il corriere e lo trovò imprigionato in una gabbia, gravemente ammalato e senza forze, come se fosse stato sul finire della sua vita. Lo salutò e gli disse: -- Come te ne stai, o nobile amante? La bellissima Uosa mia n~gina vuol sapere lo stato tuo. -- L' Usignuoloali' udire il nome clellaRosa, come se rosse stato un morto che risorgesse, aperti gli occhi, disse: -- Vivo io dunque ancora nella momoria della mia regina? -- nispose lo Zeffiro: -- Ella ru, che a te mi spedì. -- -- Ohimè! soggiunse l'U~ignuolo, tu vedi me e la mia debolezza.Se ancora qualche istante tu avessi tardato, io avrei reso ii mio ultimo respiro. !Ila il dolce suono dcli.i tua voce, nel proferire il nome di lei, mi ha donato la vita, e credo, che da quind' innanzi 11011 morrò. -- -- Rinforzati; gli disse lo Zeffiro; datti animo, perchè la Rosa regina ti ama e si rallegrerà della tua esistenza. Rimanti ora e sta lieto: ella con impazienzam' aspelta per udire tue notizie. --

-15Così dicendo ritornò alla regina, e le narrò tutto. La Rosa intenerita soggiunse: -- È mio dovere adunque, eh•io vada :i lui, perchè il visitare gli ammalali è azione Yirtuosa. Suvyia, Zeffiro: audìamoYi assieme. -- Disse: es' aYviòalla Yoltadella prigione. Lo Zeffiro, corso innanzi, ne diede l'annunzio all' Usignuoloe gli disse: -- Coraggio, o nobile amante: ecco la bellissima tua Signora, che Yiene a visitarli . -- E mentre ciò pronunziava, comparvela llosa scintillantedi gloria, e fiammeggiante per la bellezza, ed empi la gabbia dellasoavità del suo olezzo. L' usìgnuolo al vederla, ravvivalo dalla bellezzadel suo aspello e dall'olezzo dei suoi profumi soavi, si sente pieno d' indicibile allegrezza, e, riavutosi dcli' a11imo,tanto acquista di forze, che, se 11eavesse avuto licenza, avrebbe rotto la sua gabbia per gettarsele ai piedi. Nel trasporto dellasua gioja esclama con una voce la più sonora: -- Sogno io adunque o sono desto? D' onde a me, che la mia Signora si abbassi persino a visitare un suo servo? -- -- Esulta, rallegrati, o 11obileamatore, gli risponde la Rosa. In yerità molte pene e aOlizioni ti cagionò il mio amore ! È Lempoadesso, che tu riceva il premio della tua sofferenza. Io me ne vado al mio padre per iscongiurarlo, che si compiaccia di donarli a me. Un istante ancora abbi pazienza, e liberalo dal carcere sarai meco nei piaceri della giocondità. -- Ciò detto, la Rosa cone a suo padre, e gli <lice: -- Rammenta, o mio padre, cbeper le accuse dcli' invidoSpino, comandasti, che quel!' innocente e fedeleamante, l' Usignuolo, si custodisse in carcere, fiuchè tu ne avessi formalo il processo, e ne avessi fallo giustizia. Ma per la serie de' varj avvenimenti accaduti l'infelice sLa tullora in prigione. Ora, clw io gloriosamente ed autorevolmente fui rislabilita sul mio trono, ti sup1,licoa tenere giudicatura dell' Usignuoloe dello Spino, ed a trattare ciascuno secondo i suoi meriti, perchè voglio, <'bedove son' io meco siano anche i miei fidi amici, ed alla mia presenza godano dei miei piaceri e della mia gloria. -- -- JUiaamatissima: le rispose il re: ho conosciuto ad un punto stesso l'invidiosa perfidia dello Spino e l'innocenza dcli' Usignuolo: ma non v' ha più luogo a processi'..Oggi ho ordinato il generale giudizio: tu distribuisci loro la ricompensa o il castigo. -- Comandò quindi ai cacciatori di trar fuori della prigione l' Uslgnuolo,e di farlo comparire col suo avversario ali' udienza della Rosa. La Rosa tosto radunò i generali e gl' impiegali suoi, e poscia in una solenne assemblea chiamò ad esame le azioni di ambidue, slccbèl' Usignuolofu giustificato e proclamato degno di premio; lo Spino fu condannato ad essere bruciato in un'ardente fornace. Allora disse la Rosa ali' Usignuolo: -- su,•via, nobile e redele amante, entra nella gioja di perenni delizie per godere della mia presenza e de' miei piaceri. -- E sull' istante, fattolo vestire di un ampio manto di porpora, dovutogli per la regia sua origine, e postagli in capo la reale corona, splendente per le gemme, lo dichiarò suo cantore amoroso e suo compngnodel regio trono, a godere insieme gloria e allegrezza scuza limite ne' confini.•

-U- ( ·) Sancl i Nersetis Armeniorum Catholici, opera Voi. 2. in-8- Veneliis 1833. Panegirico di s. Barlolommeo Apostolo, secondo i documenti storici det;li armeni. Milano 1839. Eliseo storico armeno del quinto secolo; Versione; volume u11ico in-8. ,·enezia 1840. Mosè Corencse, storico armeno del quini o secolo; Versione; volume unico in-8. Venezia 184 r. L' Armeni,,: volumi 3. in-8. con rami. Firenze 1841. Ossem1zioni Storico-Crilico-Teologiche sulla tragedia l'Arnaldo da BreJria di Gio. llattisla Niccolini. Venezia T844. La Storia rcclesiaslica armena, inserita Dèlla Storia del Cristianesimo <lell' abate di Berault Bcrcastel. Firenze 1842. Le Chiese d' Italia. Venezia 1844-45.

Forolivii]30 Augusti 1850, Imprimatur Fr. A. Ferrarini O. P. V. S. O. Die 31 ejusdem Imprimatur -- J. Belli Pro-Vie. Gen. G. Avv. Alberi Rev. Gov.

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