Aldo Garosci - Carlo Rosselli e il movimento "Giustizia e Libertà"

. . i I \ QUADERNI DELL'ITALIA LIBERA 37. · ALDO GAROSCI CARLOROSSELLI E IL MOVIMENTO ~ "GIUSTEIZLIIABERTA P A R TI T O o· A Z I O N E 81blJoteca V lv Olèll 11;0

Fondazione Alfn;d Lewto Biblioteca GinO BiaUC<!> Fondo GinO Bianco J ,11 r; l,

La storia di una organizzazione antifascista, condensata rn poche pagine, riesce di necessità schematica e incompleta. Si devono per forza sopprimere non solo i dettagli, ma le sfumature, le resistenze· inter:1e, i contrasti composti in armonie diverse che fanno la vita di una organizzazione libera, e fissarla in uno o pi~ atteggiamenti capitali che perdono di umanità. Parlando di « Giustizia e Libertà» il compito è però facilitato dal fatto che, durante un grande periodo dc:ila vita dell'organizzazione essa si riassume nell'opera di un capo che sovrastava di gran lunga gli altri dell'antifascismo: Carlo Rossclli; e dal fatto che nell'ultimo periodo della vita internazionale parecchi di;i componenti deH'organizzazione hanno operato un ritorno su sè stessi e un.a revisione che facilitano in certo modo la schematizzazione. La data uHìcialç della nascita di « Giustizia é Libertà» si pone all'autunno del 1929 dopo che, il 27 luglio dello stesso anno, tre confinati politici, Carlo Rosselli, Emilio Lussu, Francesco Fausto Njtti erano evasi da Lipari a bor--lodi un motoscafo mandato a_ cercarli dalla Corsic;i e diretto in Tunisia. Ma già la stessa organizzazione della fuga e altri fatti precedenti permettono di anticipare al ·momento ·della crisi aventiniana i' motivi· che diedero, _quattro anni dopo, origine a un nuovo movimentò. B1b1otecaG no Bianco

Anzitutto, chi erano gli uomini che avevano progettato ed eseguito l'audace fuga dall'isola di confino? Chi erano gli uomini che, in Italia e all'estero, li avevano aiutati nella loro impresa? Carlo Rosselli, nato a Roma nel 1899, apparteneva a una famiglia toscana amica del Mazzini e che aveva intensa!llente · vissuto gli ideali del risorgimento. Irr casa di uno zio di Carlo Rosselli era morto, a Pisa, Giuseppe Mazzini. I Rosselli erano pure imparentati con i Nathan (i figli di Sara Nathan, la grande amica del genovese) molto noti nt:lla storia della congiura mav ziniana, e poi della vita politica della nuova Italia. Cresciuto in Toscana, sotto le cu°re della madre Amelia, nota scrittrice di novelle e di teatro, Carlo Rosselli aveva assorbito gran parte di quegli ideali, ma la guerra (nella quale cadde, al Pal Piccolo, il fratello maggiore suo, Aldo Rosselli), il contatto con i suoi soldati, con il popolo, aveva profondamente rinnovato, in un .nuovo sluancio umanistico, quegli ideali già stanchi. Durante il periodo tumultuoso del 1919, Carlo e Nello Rosselli avevano un giorno proposto alla madre di abbandonare la cospicua sostanza familiarè, per vivere unicamente del loro lavoro, e solo dopo meditazione avevano accettato il consiglio materno di dedicarla, essi, al riscatto comune. Carlo Rosselli si accostò quindi, nel dopoguerra, al socialismo riformistico. In Filippo Turati vedeva l'anima poetica, che era stata capace, agli i~izi del moto di riscatto delle plebi, di fare del partito socialista un grande partito nazionale. Aveva per lui una affezione filiale, del resto ben ricambiata. Anna Kuliscioff, la rivoluzionaria russa, compagna di Turati, riconosceva in Carlo una di quelle anime come sorgono all'inizio delle grandi rivoluzioni morali. Ripugnò sempre, però, fin dal primo momento, al socialismo marxistico, e presto accettò molta parte delle critiche di Salvemini, professore a Firenze, -281b,oteca G no Bianco

che fu forse il suo principale maestro, contro l'esclusivismo operaio e proletario del movimento socialista. È del resto prova di quanto incerte fossero allora le divisioni politiche, e immaturi gli ideali rivoluzionari, il fatto che Carlo Rosselli, nella crisi del 1919, quando la guerra civile insanguinava la Toscana, sia ri_masto, se non neutrale, almeno fuori della vita politica attiva. Molti, come R=!li, posti a scegliere tra una violenza di plebe in cui non riconoscevano ancora i caratteri di una società nuova e una violenza di stato che si ammantava dei caratteri nazionali, non potevano che rifiutarle ambedue. L'ingresso di Rosselli, e di molti altri come lui, nella vita nazionale, fu invece pieno e completo con il fascismo al potere. È questa una epoca breve, compressa ed interrotta, durante la quale si pongono le premesse della grande crisi morale del 1924 e di un quindicennio almeno di lotte successive. È l'epoca in cui la rivista di Gobctti Rivoluzione liberale si trasforma da rivista eclettica in organo di battaglia; è l'epoca in cui sorgono un po' dapertutto, a momenti vari, gruppi ài giovani, raccolti attorno a riviste e a nuovi capi: Pietre a Genova, Studi politici a Roma, il Caffè a Milano, ecc.. Rosselli in ·quell'epoca ipizia la sua collaborazione a Rivoluzione liberale, conosce Gobetti e Matteotti, lavora intensamente a cercare relazioni in tutta la penisola. A Firenze lui, Ernesto Rossi, e Marion Cave (più tardi moglie di Carlo Rossdli) fondano, con l'appoggio di Salvemini, un cc Circolo di Studi sociali» che verrà distrutto dai fascisti al momento della prima grande reazione fascista (1° gennaio 1925). Quando Matteotti fu assassinato, Rosselli, che fino allora aveva rifiutato di entrare in un partito, entra con altri nel « Partito Socialista Unitario », il partito di Matteotti, di Treves e di Turati. -381b1otecaGino Bianco

L'« Aventipo », e cioè il rifiuto, da parte dei deputati di opposizione, di partecipare, dopo l'assassinio di Matteotti, alle sedute della Camera fascista, ha due aspetti. Nel suo aspetto immediato e politico, esso è guidato dai deputati dei vecchi partiti, conta sull'intervento regio e su soluzioni legali, prepara la successione parlamentare e governativa senza disporre la guerra civile. Ma nel suo aspetto profondo rappresenta l'opposizione intransigente di ogni elemento politico italiano contro la ti1annia, rappresenta la rivolta della coscienza morale del paese contro il totalitarismo, è sostenuto da un moto di masse popolari e da quel moto di giovani ai quali abbiamo accennato. Né le masse né i giovani riescono però a prendere la direzione della lotta. È quel che faranno solo dopo la vittoria fascista e nella cospirazione. Carlo Rosselli, infatti, all'indomani del 3 gennaio, quando la stampa libera venne soppressa, non si rivolse ai vecchi partiti, ma insieme con Ernesto Ros~i diede origine al primo foglio clandestino antifascista, il Non mollare. Era un foglio di battaglia, che fu appoggiato da. Salvemini, redatto con mezzi di fortuna, distribuito in tutta Italia. Invitò la popoiazione fiorentina a boicottare la visita del re, che aveva firmato i decreti mussoliniani di soppressione della libertà, e ottenne una impressionante dimostrazione di unanimità cittadina. Pubblicò il memoriale Filippelli. L~ polizia riuscì ad arrestare uno dei distributori, l'avvocato Consolo. Più tardi, per denuncia di un tipografo, venne arrestato Saivernini e Ernesto Rossi, denunciato, dovette porsi in salvo, all'estero. Salvemini, posto in libertà provvisoria, attese l'amnistia, che fu concessa nel luglio di quell'anno, ed emigrò in Francia. Durante la prima seduta del processo di Salvemini, una folla di squadristi, dopo aver percosso e ferito gravemente avvocati e testimoni, sacc_heggiòla casa di Rosselli. -4B1bioteca G no Bianco

Durante la prigionia di Salvemini e l'assenza di Rossi, Rosselli continuò a stampare il Non mollare da solo, .:'.~a testa di un gruppo di valenti compagni suoi. Il settimo numero del Non mollare pubblicava il memoriale di Cesare Rossi, in cui Mussolini,. più esplicitamente che nel passato, veniva accusato, dal suo ex-segretario, di s;omplicità nell'assassinio di Maetteotti e di altre violenze. La polizia di Mussolini, allora assai inesperta, ,era persuasa che il Non Mollare non potesse essere sostenuto che dalla Massoneria, che invece non diede mai un soldo né fece mai niente per il foglio clandestino. Da ..questa persuasione vengono le stragi di Firenze, nell'ottobre del 1926. I massoni furono picchiati e le loro case saccheggiate. I distributori noti del Non mollare, l'avvocato Consolo e Pilati uccisi; uno dei compagni del Non mollare, Becciolini, che aveva voluto difendere un massone suo amico, linciato sul posto. Rosselli interrupp~ allora la stampa clandestina e s1 dedicò a una nuova impresa: il Quarto Stato. Abitava, non più a Firenze, ma parte dell'anno a Genova, dove aveva una cattedra di economia, che gli aveva fatto avere Cabiati, di cui era stato assistente all'Università «Bocconi)), a Milano; e parte dell'anno a Milano. Si sposò e si trasferì a Milano, dove pubblicò una rivista di coltura socialista, a cui diede il nome di Quarto Stato. Il Quarto Stato si proponeva, in polemica con la Critica sociale, organo ufficiale del partito socialista unitario, cui Rosselli apparteneva ancora, di esaminare le cause della sconfitta soci,ilista e insieme di rinnovare il partito attra,~erso una fusione dei suoi due rami, il massimalista e il riformista, e una alleanza con i repubblicani. Era costretto sotto il peso delle leggi eccezionali già promulgate, che non proibivano però ancora l'opera ideologica, ed ebbe vita breve. Ma in quel breve periodo riuscì a -581b 1oteca G no Bianco

lanciare l'idea dell'unità tra i due partiti socialisti e della concentrazione socialista-repubblicana (che si attuò poi fuori della volontà dell'azione p0litica sua, nell'esilio); e soprattutto riunl un gruppo di collaboratori e prese contatti che gli servirono nell'opera sua più tardi. Schiantato il Quarto Stato dalla. bufera deile nuove leggi eccezionali promulgate nel novembre 1926 in seguito all'attentato Zaniboni (vi furono violenze a Milano, e Rosselli raccolse nella sua casa non ancora nota molti eminenti socialisti), Rosselli, insieme con Ferruccio Parri e Riccardo Bauer, si consacrò a faciliure e.organizzare la fuga ali'estero di personalità politiche minacciate. Capitale fu la fuga di Filippo Turati, suo maestro e patriarca del socialismo italiano, organizzata da lui e da Parri nel dicembre 1926. In una avventura durata quindici giorni, Turati venne portato a Savona e di qui, con una barca a motore, in Corsica. Al suo ritorno in Italia, Rosselli, insieme con Parri, venne arrestato. La magistratura di Savona lo condannò a dieci mesi di prigione (dopo un processo nel quale gli imputati avevano violentemente accusato il fascismo di aver sovvertito le bàsi della vita civile, e Rosselli aveva rivendicato · 1a disoendenza ideale tra Risorgimento e antifascismo, tra lui e il suo antenato che aveva ospitato Mazzini morente). Dopo la prigione venne inviato al confino, a Lipari. Nel confino di Lipari, Rosselli scrisse l'essenziale del suo libro Socialismo liberale, che pubblicò poi nel 1930, in francese, nel suo esilio d1 Parigi. I concetti principali del suo libro sono questi: 1°) La critica moderna ha corroso il marxismo, almeno nei suoi aspetti fatalistici e determinist.ici, nel suo rigoroso ridurre tutto all'economia; e tuttavia, da una parte i cnt1c1 nei partiti socialisti fanno capolavori di acrobazia per « interpretare >> il marxismo in modo che non ha più nulla -6 81b;otecaG no Bianco

del suo originale fatalismo e totalitarismo; d'altra parte i partiti nella ]oro ortodossia vivono su una filosofia invecchiata e intoccabile, deridendo e svalutando come mezzo tattico qualunque appello ai profondi valori morali. 2°) Il socialismo pu·ò rinascere solo facendosi liberale, attraverso una pratica di liberalismo, riconoscendo che la socializzazione non è meccanica adeguazione delle condizioni e statalizzazione, ma un complesso e delicato meccanismo che deve rispettare molte iniziative 'individuali, che non deve impiegare la violenza ma riconoscere il diritto della minoranza a diventare maggioranza e prendere il potere con mezzi legali, governando a sua volta nella legalità. 3°) Il fascismo non è una crisi occasionale, ma l'espressione di debolezze secolari della nazione italiana, l'espressione anche di inappagati sentimenti della gioventù, ai quali i partiti sovversivi non hanno saputo offrire a tempo, nella crisi, sacrifizi, valori ideali, rispetto. La battaglia contro il fascismo va condotta con assoluta intransigenza. È solo attraverso la posizione presa in questa battaglia che il socialismo si può affermare portatore di una civiltà nuova, di valori morali, di libertà, e che può dichiararsi non superficialmente socialismo liberale. Insieme con Carlo Rosselli, fuggiva da Lipari Emilio Lussu. Questi, sardo, era stato nella guerra valoroso combattente della « Brigata Sassari», capitano amato dalle sue truppe e noto per prod,igi di valore. Al ritorno della guerra, trovata l'isola in fermento di rinnovamento, aveva capeggiato il moto del « Partito d'Azione», partito di combattenti, di contadini, di operai, con principi democratici e federalisti e aspirazioni repubblicane. All'avvento del fascismo, mentre una parte del partito, quella più conservatrice, si accorda_ya all'ideologia nazionalistica del vincitore, Lussu raddoppiava di combattività, teneva testa alle violenze fasciste, era rieletto con le opposi- -7 Bib1oteca G no Bianco •

.. zioni in parlamento, diventava in cer~ modo il simbolo della resistenza sarda all'oppressione. All'epoca delle violenze fasciste dopo l'attentato Zanibni (1926) la casa di Lussu venne assaltata da una folla fascista, capeggiata dai più noti squadristi. LussIT si barricò in casa ed attese. Un fascista diede Ìa scalata al balcone. Quando il primo degli assalitori si affacciò al davanzale, Lussu cop molta calma· sparò. L'assalitç,re cadde morto. La folla degl~ attaccanti scappò impaurita in tutte le direzioni, lasciando sul terreno non solo il morto ·ma, svenuto, un noto capo fascista, segretario del fascio locale e emerito ammazzasette. Lussu venne arrestato più tardi dal commissario, ve·nne trattenuto a lungo in prigione (r), tentando il. governo di farlo rinviare a giudizio- presso il tribunale di Chieti come « assassino per brutale malvagità >>. Ma due volte la magistratura lo assolse in istruttoria per legittima difesa. Fu mandato al confino di Lipari, dove, conseguenza della sua detenzione, una tremenda .pleurite lo tenne a lungo tra la vita e la morte . Il motoscafo che venne a raccogliere, al largo di Lipari, e dopo due tentativi falliti, i fuggitivi dal confin~ fascista, che avevano nuotato lontano dalla costa, era stato comprato a nome di un inglese, padre di Marion Cave, moglie di Rosselli; e l'impresa era stata organizzata da Alberto Tarchiani, già redattore capo del Coniere della Sera, emigrato nel 1925 / in Francia. Chi sappia quale fatica occorre per la minima impresa, e chi tenga conto che al tentativo riuscito di Lipari (1) Intensa è stata, in esilio, l'attività letteraria di Lussu che ha rivelato grandi doti di scrittore. I fatti suesposti sono· raccontati nella « Catena l> e -in « Marcia su Roma e dintorni l). I suoi ricordi di guerra vennero riuniti nel bellissimo « Un anno sull'altipiano». A11a parte militare ,!ella rivoluzione si riferisce il _libro « Teoria dell'insurreziona ». -8BibiotecaG noBianco

/ altri ne precedettero, falliti, i quali obbligarono a cambiar interamente l'organizzazione, può rendersi conto di quale somma di lavoro essa rappresenti. · Ma non era impresa privata, fatta per la salvezza di alcuni ùomini, sia pur notevoli; bensì impresa politica, destinata a dare frutto di organizzazione.' Rosselli, Lussu e Tarchiani formarono all'estero il primo comitato di « Giustizia e . libertà»: Capi dell'organizzazione all'interno furono, nello stesso periodo, E~nesto Rossi (che, compagno di Rosselli al Non mdllare, emigrato prima di Salvemini, era, dopo l'amnistia, tornato in Italia e andato direttamente a Roma, ove, grazie· alla diffusione del suo cognome, passando inosservato, aveva vinto un concorso di economia politica per le scuole medie, stabilendosi a Bergamo), Riccardo Bauer (mandato per qualc}le mese al confino dopo essere stato arrestato come complice nel tentativo di fuga all'estero dei giornalisti Ansaldo e Silvestri) e Francesco Fancello (sindacalista e sardista che in concorso con ·Bruno e coi giovani repubblicani creò l'organizzazione dell'Italia centro-meriçlionale). Sotto l'impulso di Rossi, di Bauer, di Fanceilo, con il valido concorso del comitato estero, ·« Giustizia e Libertà » si diffuse in breve in tutta Italia. Essa lavorava con un metodo nuovo, audace, qualche volta improvvisato o temerario, cercando di creare un vuoto di tutte le classi della nazione e di stringere in un solo nodo forze che erano state in certo senso l:ìsciate in libertà d~i partiti tradizionali e non riuscivano a trovare un centro. « Giustizia e Libertà » si present~va allora essenzialmente come una concentrazione socialistica-repubbljcana-democratica. <e Repubblicani, socialisti e democratici - diceva. la prima_ dichiarazione del movimento - archiviamo per ora le tessere e formiamo un fronte d'azione. Ci battiamo per la libertà, -9B1b1otecaG no Bianco

per la repubblica, per la giustlZla sociale.. Non siano più tre espressioni differenti, ma un trinol}lio inscindibile ». Ma la novità di questa concentrazione antifascista stava in questo che, a differenza dell'altra formata all'estero, essa non era una lega o un cartello di partiti, ma una accolta di uomini, in parte provenienti da quelle tendenze (v'erano molti giovani, che avevano proprie posizioni originali, come quelle degli autonomisti sardi e dei « rivoluzionari liberali» di Torino) che, almeno per il periodo attuale della lotta antifa- " scista, rinunciavano a quelle posizioni di• partito e pretendevano sintetizzarle o comporle· nella nuova formazione. L'altra · concentrazione, formata degli uomini che avevano diretti i vecchi partiti dell'Aventino, era una facciata di propaganda ,mantenuta a Parigi con lo scopo di ricordare all'Europa, e in certa misura anche all'Italia, che quei partiti, i quali avevano formato la classe dirigente dell'Italia democratica, reclamavano una parte del suo avvenire. Gli organismi che la formavano (p;,utito socialista, partito repubblicano, lega dei diritti dell'uomo) s( mantenevano distinti; e non era loro estraneo qualche pensiero di successione quando il fascismo, per naturale evoluzione interna, avesse incontrata una crisi. « Giustizia e Libertà» era invece un organismo che si proclamava italiano, agente in Italia, che rifiutò a lungo di farsi un'organizzazione all'estero, che credeva nell'in~urrezione e nella lotta armata contro il fascismo, che sperava di rovesciarlo violentemente. Nella lotta contro il fascismo sia Bauer e Rossi che il Comita~o estero di « Giustizia e Libertà » cercarono di introdurre parole d'ordine e metodi nuovi, quale più, quale meno felice. Si deve presumibilmente a Rossi l'aver' introdotto la parola d'ordine del « non pagare le tasse» preso dal Risorgimento, destinato a interessare, nella lotta contro la tirannia statale tutte. le classi della popolazione. Ma è precisamente pa- - 10 - B1b 1oteca G noBianco

• rola d'ordine che suppone uno stato già in semisfacelo, o per lo meno sulla difensiva, mentre proprio nel 1929 lo stato fascista (fra l'altro con il successo del Concordato e del Trattato Laterano) cercava di far ammettere decisamente nel diritto pubblico europeo l'esistenza con parità di diritti di uno- stato totalitario permanente, e vi riusciva in gran parte; era cioè non in via di sfacelo ma· di cons0lidamento. Questo aver concepito la lotta come a scadenza troppo breve portò a delusioni e in parte alla sconfitta della prima organizzazione del movimento. Il richiamo, invece, alla necessità di una nuova tecnica, di ingegnosità, di iniziativa nel campo della propaganda per battere la propaganda fascista, fu pieno di 'insegnamenti. Al vecchio e pesante principio della distril.>uzione di stampa e manifest_ini a mano venne sostituito il tentativo di portare il movimento a conoscenza del pubblico attraverso mezzi nuovi e spettacolosi. L'anno dopo che Lussu, Rosselli e Nitti erano fuggiti da Lipari (impresa attorno alla quale la stampa fascista stessa fece notevole pubblicità) Giovanni Bassanesi volava su Milano a bordo di un piccolo aeroplano di turismo, gettando migliaia di manifestini di ccGiustizia e Libertà». (Questo volo di propaganda diede ispirazione a quello compiuto nell'ottobre 1931 su Roma dal poeta Lauro De Bosis, morto nel Tirreno). Parecchi attentati si sHccedettero, all'estero e àll'interno. La propaganda di « Giustizia e Libertà » diretta agli ufficiali veniva spedita entro buste del << Nastro Azzurro». Un giorno riuscì al movimento di far pubblicare dalla Tribuna e dal Corriere della Sera il proprio stemma (cioè la spada fiammeggiante, inquadrata dal G. L.) con la scritta: ccil vero _ricostituente, il vero rigeneratore», come se fosse un réclame. L'educazione all'audacia, all'iniziativa, cadendo in temperamenti audaci, trovava terreno fertile: Ernesto Rossi, arrestato, si but- - 11 - 81b,otecaG no Bianèo

tava dal treno con le manette e riusciva a sfuggire durante quasi ventiquattr'ore ai carabinieri; M. L., arrestato alla frontiera svizzera dalle guardie confinarie, si gettava nel fiume che segn'a in quel punto il conii.ne tra i due paesi, -e lo ritraversava a nuoto sottraendosi all'arresto. Renzo Giua traversava le Alpi in pieno invérno, restando due notti all'addiaccio. In generale, il modo nuovo, moderno, ardito, di fare la propaganda ne moltiplicava l'efficacia. In poco più di un anno, « Giustizia e Libertà » era divenuta la seconda organizzazione clandestina italiana, di poco inferiore al Partito Comunista, che aveva predisposta un'organizzazione illegale fino dai tempi dello stato liberale, che aveva mezzi non indifferenti e che lavorava da anni. Gli stessi successi di « Giustizia e Libe~tà » dovevano senza dubbio contribuire a rendere difficile· un'organizzazione rigorosa e permanente, a stabilire una prima e una seconda linea di resistenza. Il 30 ottobre 1930, in tutta Italia e specialmente a Milano avvenivano arresti, soprattutto di «intellettuali», arresti a cui il governo di Mussolini diede pubblicità con un. comunicato in cui p:r la prima volta ·è menzionata l'O.V.R.A. Mentre è poco probabile che questa organizzazione fascista, la sola veramente nella quale il regime sia riuscito a trasfondere un poco della sua vantata efficienza, sia stata creata apposta per combattere il nuovo movimento, è certo che i successi rapidi di questo non devono essere stati estranei alla decisione governativa. Un movimento come « Giustizia e Libertà», il quale in gran parte usciva dai quadri della politica tradizionale, per rivolgersi a uomini giovani, a ambienti nuovi, non era suscettibile di facile sorveglianza da parte della vec~hia polizia politica, del resto sempre incertissima nel muovere i suoi passi in casa di intellettuali. Analogamente più tardi, e cioè dopo l'entrata dell'Italia nella guerra mondiale, un altro movimento, - 12 - Bib ioteca G,no Bianco

11 liberalsocialista, doveva compiere un esperimento sul tipo di « Giustizia e Libertà». Quando la congiura esce dagli ambienti politici per diffondersi nella società, ben brava è quella polizia che riesce a spezzarla. La « Giustizia e Libertà >> del 1930 aveva però ancora troppi aspetti attraverso i quali era facile colpirla e si prestava troppo agli attacchi, per poter resistere ef!icacèmente contro l'O.V.R.A. e moltiplicarsi malgrado le repressioni. Quel che « Giustizia e Libertà » fece, fu difendere ostinatamente le posizioni materiali, cercando nello stesso tempo di rassodare e approfondire le sue basi morali e intellettuali. Rimase sempre alquanto stretta tra le due ipotesi dell'azione pratica e ddl'azione intellettuale, senza scegliere a volte con perfetta chiarezza. Ma non abbandonò il filo trovato. La condotta di Bauer, Rossi, Fancello, Traquandi dinnanzi al tfibunale, che li condannò a pene gravissime, stabilì i fondamenti morali dell'organizzazione. Nel 1931 furono arrestati altri gruppi a Milano, a Torino, a Roma; ma dapper- • tutto si ebbe contegno fermo e, tranne che in Milano, ove l'organizzazione non tornò più quel che era- stata nei tempi del suo primo fiorire, nuovi nuclei si crearono, che contribuirono non poco anche all'evoluzione di Rosselli e dei suoi compagni all'estero, alla formazione colà di un gruppo dirigente nuovo, e all'elaborazione di nuove idee e programmi. Nel 1932 si concluse un accordo tra la «Concentrazione>> e « Giustizia e Libertà >>. La « Concentrazione», come abbiamo accennato, era un cartello di partiti democratici: il repubblicano, il socialista, la Lega dei diritti. dell'uomo, la Confederazione- Generale del Lavoro in esilio. Con i successi conseguiti da « Giustizia e Libertà », con la permanenza di un nucleo dirigente all'estero, con la dimostrata possibilità di una azione di cospirazione in Italia, era, impossibile che i due or- - 13 - B1biotecaG no Bianco

ganismi non venissero a contatto. Potevano accordarsi o contrastare; non potevano ignorarsi ufficialmente, come avevan fatto sin allora. J dirigenti esteri di « Giustizia e Libertà>> conclusero perciò un accordo ai termini del quale la Concentrazione ri- -eonosceva « Giustizia e Libertà » come solo suo rappresentante in Italia; d'altra parte « Giustizia e Libertà JJ ·accettava ' di aumentare il suo comitato direttiy9 con altri tre dirigenti nominati di comune accordo tra i partiti e « Giustizia e Libertà» (uno repubblicano, uno socialista, uno della Confederazione del Lavoro) e si impegnava a non costituire una sua organizzazione all'estero tranne che nei limiti indispensabili alla sua azione verso l'Italia. Tale accordo con forze tradizionali non era popolare tra i gruppi italiani e si può dire che anche per il comitato estero esso era piu un matrimonio di conve~ienza che di amore. Per bilanciare la possibilità che si apriva quindi che « Giustizia e Libertà JJ venisse confusa con vecchie forze prefasciste, fu deciso di redigere e pubblicare uno « schema di programma », che venne infatti pubblicato agli inizi 'del 1932 insieme con il primo dei «quaderni>> di « Giustizia e Libertà JJ. Il programma di « Giustizia e Libertà JJ del 1932 comprende una parte politica e una parte economica. Il c6llcetto fondamentale della parte politica consiste nella richiesta di una repubblica democratica, la quale sia fondata su larghe autonomie locali, ma insieme prenda disposizioni di « salute pubblica JJ sia per l'eliminazione del fascismo e delle vecchie forze monarchiche, sia per i primi necessari provvedimenti economici. _La parte economica è assai più profonda e ariginale, dovuta in gran parte allo studio di Carlo Rosselli e di Gaetano Salvemini. Essa propugna essenziali riforme industriali e agrarie. Socializzazione della grande industria, con sopravvivenza - 14BibiotecaGinoBi'anco I

della piccola e media in forma privata; la terra a chi la lavora, mediante una moderata indennità; provvedimenti sociali. Pro-- gra.rru:n.i.per i tempi molto ardito, e basato essenzialmente sul coiicetto dell'economia a « due settori» (il privato e il socializzato, quest'ultimo dominante) e della varietà delle forme di socializzazione. Alla luce degli sviluppi successivi, quel programma si èdimostrato fecondo (essendo stato varie volte riprodotto nei suoi elementi sostanziali come programma di vari fronti popolari o della libertà); ma restava allora in « Giustizia e Libertà >>non chiarito del tutto il nuovo elemento ideale, più che politico, che faceva l'originalità del movimento; elemento ideale che Rosselli pose in grandissimo risalto successivamente, dinnanzi agli incalzanti eventi della tragedia europea. Comunque, con il programma, presero origine i « Quaderni di Giustizia e Libertà », pubblicazione della quale uscirono in tutto dodici fascicoli, dalle cento alle duecento pagine ciascuno, e 'in cui il movimento, e specialmente Rosselli, cominciò a esprimere una dottrina originale. Quando, nel 1933, Hitler venne al potere in Germania, Carlo Rosselli pubblicò nei « Quaderni » un articolo profetico, dal titolo: « La guerra che torna». Mentre i socialisti e comunisti déi vari paesi, persuasi bensì del pericolo hitleriano, ma non abbastanza coraggiosi per . modificare, di fronte ad esso, un atteggiamento politico che datava dalla prima guerra mondiale, continuarono ad affermare, la loro indifferenza dinnanzi ai vari regimi borghesi, a sostenere la necessità di difendere « la pace>> - non cioè, l'ordine e il profondo rapporto umano tra i popoli, ma la materia della pace - e nello stesso tempo a reclamare, con evidente contraddizione, dai governi un atteggiamento più energico riguardo al fascismo, Rosselli prese risolùtamente un contegno oppasto. Affermò che, -15- ,Btb1otecaG no Bianco

-con la Germania e l'Italia sottoposte a ·regimi totafoari, la guerra sarebbbe fatalmente ritornata. Che · il disarmo, i ·patti bilaterali o plurilaterali, gli strumenti diplomatici erano definitivamente svaniti. Che l'unica politica virile e efficace per una democrazia europea degna di questo nome (e sulla cui esistenza dichiarava del resto di non farsi illusioni) sarebbe :stata una politica di deciso intervento in Italia e in Germania a favore della rivoluzione, la quale sola poteva evitare la guerra europea. Questa polemica contro il « non intervento ll, prima an- <:ora che questo diventasse la formula tristamente famosa della invasione fas.cista della Spagna; questa affermata sfiducia nella possibilità di porre come barriera all'espansione fascista il puro e semplice legalismo del « rispetto allo statu quo ll, che doveva infatti provarsi così fragile al tempo della guerra di Etiopia, furono potentissimi strumenti di rinnovamento dell'ambiente dell'emigrazione italiana e contribuirono moltissimo alle gesta successive. Tanto è sbagliata la credenza di molti uomini cosiddetti « d'azione ll, che poi fanno l'azione soprattutto a parole; e cioè che le idee siano trascurabili e inefficaci escogitazioni di intellettuali. Le guerre si fanno forse più e prima con le idee, che con i mezzi di combattimento. Questa e altre polemiche (tra le quali una ·famosa sul « neosocialismo ll ), un articolo di .Lussu sulla scarsa resistenza opposta in Italia dai partiti tradizionali al fascismo (articolo che fu criticato dal partito socialista tradizionale) portarono -alla rottura tra e< Giustizia e Libertà ll e « Concentrazione ll, e allo scioglimento di quest'ultima, In realtà, il legame, che era stato soprattutto contingente, si spezzò _di fronte alla nuova situazione: un fascismo all'offensiva dappertutto in Europa (il febbraio del r934 vide ·le cannonate di Dollfuss contro gli -operai austriaci a Vienna e un tentativo di colpo di st;to fa16 - B1b 1otecaG,no Bianco

i· scista parzialmente riuscito a Parigi); la situazione di guerra; l'impossibilità per la socialdemocrazia di salire al governo incSiemea Parigi a Londra e a Berlino e di concludere così una qualche unità europea; l'impossibilità di distinguere più tra ,<.< l'Italia >>e «l'emigrazione)), dato che la lotta passava dal terreno italiano a quello europeo. Anche la mutata poli~ica del Partito Comunista, che fino allora era stato ostile, come a « socfalfascismo )), a tutte le forme di antifascismo diverse dal suo, e adesso fercava accordi con tutte le forze più a destra, .contribuivano a imporre alla politica dei gruppi emigrati e dei gruppi clandestini un carattere più dinamico e quasi caotico. In queste condizioni « Giustizia e Libertà>> si affermava, 11el 1934, movimento politico.indipendente, pubblicando un suo .settimanale. Come fino allora aveva cercato di· accomodare la parte più originale e sovversiva delle proprie idee ton la neccssit!t dell'alleanza democratica e della propria affermata natura di coalizione tra diversi elemen·ti, così ora prese a sviluppare, sotto la guida di Carlo Rosselli, proprio gli aspetti più originali e a volte più paradossali della propria dottrina. Bisogna pure precisare che in questo periodo Carlo Rosselli •si trovava aneli.e in condizioni particolari' per prendere questa iniziativa date due circostanze nuove. . La prima è che, del vecchio nucleo dirigente estero, egli -solo finì, dal 1934, per trovarsi in primo piano. Per grave malattia Emilio Lussu (conseguenza della vecchia pleurite presa in prigione, che ~i vollero anni a guarire), per ragioni famigliari Tarchiani, che erano stati con lui alla direzione della prima « Giustizia e Libertà>>, furono costretti ad allontanarsi. D'altra parte gli arresti che, sia nel 1934, sia ·al tempo della guerra etiopica, colpirono il gruppo di Torino e quello di Roma, che erano stati nei più attivi negli ultimi tempi, provocarono nuove emigrazioni e aggiu•nsero così a Rosselli e al - 17B1boteca G no Bianco

suo fido collaboratore Alberto Cianca (che era già stato collaboratore di Amehdola e direttore del Mo,ndo) un gruppo di collaboratori venuti da nuovi strati intellettuali italiani, con una grandissima dose di sfiducia verso le vecchie forze di opposizione prefasciste, desiderosi di rinnovamento intellettuale. È questo il periodo nel quale Nicola Chiaromonte, Umberto Calosso (che era stato con l'Ordine Nuovo di Gramsci), Garosci (Magrini), F. V. (Gianfranchi), M. L., A. C., con differenza di sfumature intellettuali e di presupposti culturali ma con propositi in molta parte analoghi, si consacrano a sviluppare l'ideologia di ((Giustizia e Libertà» quale Rosselli aveva abbozzata molti anni prima in Socialismo liberale, senza osare però di imporla come teoria fondamentale del movimento quando lo si fondò come movimento di coJizione. ((Giustizia e Libertà» si diede pure in questo periodo una ossatura di organizzazione all'estero, ossatura di organizzazione alla quale contribuirono parecchi dei migliori 9perai emigrati; ma che, appunto per farsi questo sforzo all'estero e non in Italia, e per non trovarsi all'estero operai giovani, ~ncora più o meno vergini da precedenti partiti, non si estese ·. mai al di là di un gruppo scelto (dove sono compagni di origine repubblicana, libertaria, socialista e comunista) con la prevalenza degli originari della Toscana, dello Spezzino, del Carrarino (fratelli Biso, fratelli Pierleoni, Tonarelli, ecc.) e cioè di paesi che lo -spirito di Rosselli meglio comprendeva e con i quali meglio la ·sua storia passata si armonizzava. I punti fondamentali su cui si basò la propaganda di << Giustizia e Libertà» nel periodo tra il 1934 e il 1936, m cm Rosselli partecipò più intensamente alla direzione del movimento, sono: a) vastità del crollo prodottosi con il fascismo, e necessaria corrispondente vastità del rinnovamento che le opposiziòni - 18 - Brb~otecaG noBianco

debbono sostenere. Se sono evidenti i caratteri di classe del fascismo, diventa semplicemente puerile ridurre il fascismo a reazione di classe, quando è certo assieme, e forse prima, crollo verticale di una società; b) necessità di un profondo, religioso rinnovamento di idee, se ci si vuol contrapporre al fascismo non come forza politica a forza politica (punto sul quale il terreno si re_stringe sempre piì1 sotto i piedi agli opPositori) ma come forza morale superatrice. Come scrisse, in quel tempo uno dei migliori collaboratori del giornale: « Quando gli u~mini aspettano un Messia, i Simon Maghi pullulano. e fanno ottimi affari»; ma ciò non vuol dire che non ci sia del vero e del giusto nell'ansia- che fa aspettare il Messia; e) lotta contro il fascismo non a breve ·scadenza per l'instaurazione di un cc altro governo», ma a lunga scadenza, con il pÌ-oPosito di rinnovare intégralmente la società europe_a. Non erano queste affermazioni platoniche, ma verità profondamente sentite, che Rosselli cercò di compenetrare in ogni punto della sua azione, anche a costo di isolamento, anche in Polemica con gli altri gruppi antifascisti, con i quali .Rosselli, senza rompere mai la fraternità necessaria, non cessò mai di discutere. Cosl, al tempo della guerra etiopica, mentre tutti gli altri gruppi antifascisti affermarono la loro fiducia nella Lega e si accodarono alla Politica delle e< sanzioni » (delle cc sanzioni » dalle quali era esclusa la sanzione delle sanzioni, quella in cui si fa 1~ prova definitiva di forza: la guerra) - Rosselli sostenne che la lotta contro la guerra etiopica dovesse essere fatta sulla base ·dell°'interesse del PoPolo italiano, dimostrando che la guerra di Etiopia non solo non era una guerra profittevole nazionalmente, ma che neppure era una guerra <e imperialista»; che era « impresa privata della dittatura», e cioè guerra - 19 - Bit 1oteca G no Bianco

fascista di avventura, da Mussolini intrapresa che spinge i regimi cominciati coll'avventura di << fuga in avanti», a un dinamismo sempre ritmato. per la legge a una sorta , I più rapido e La sua sfiducia nella pura politica di « risposta all'aggressione », senza sol_u~ionedei grandi problemi ·interni e morali che conducono all'aggressione, si provò giusta. Mussolini riuscì ~llora a trasformare, grazie all'inabilità degli avvers~ri, che gli avevano lasciato l'iniziativa sul terreno ideologico, su quello della forza, la sua avventura privata in guerra nazionale. E il paese sconta oggi amaramente quel suo successo. Al tempo della guerra etiopica, l,\osselli lanciò un grande manifesto da lui redatto in associazione con Calosso, manifesto in cui affermava la necessità di questa contrapposizione religiosa al fascismo, accettava il socialismo come forma di una società ové nuove disuguaglianze (o distinzioni) più reali si fonderebbero, e ove le libertà nascerebbero fondendosi sulle istituzioni sociali « il Comune, la libera fabbrica, la scuola emancipata ». Se sul terreno ·pratico la propaganda di « Giustizia e Libertà » non ebbe i risultati che vennero sperati ciò si dovette, oltre che alla rapida vittoria d'Etiopia, anche al fatto che l'organizzazione in Italia ricevette un gravissimo colpo con la caduta di un altro nucleo fondamentale a Torino, tra i cui membri vennero arrestati Michelé Giua, Vittorio Foà, Massimo Mila, Augusto Monti. Ma le lezioni di questa sconfitta non andarono perdute più t:Ùdi. Pochi mesi dopo che le truppe di Badogli°' furono entrate in Addis Abeba, i generali congiurati iniziavano il loro colpo di stato contro la repubblica spagnola '.e, sotto il contraccolpo della risposta delle masse popolari di Madtid e Barcellona, il paese entrava istantaneamente tutto intero in rivoluzione.· Era la guerra europea, in una forma nuova, im- - 20,- B1b1otecaG•no Bianco

pensata, che offriva per la prima volta un problema generale agli antifascisti e ai mov.imenti operai di tutti i paesi. Rosselli non ebbe, fin dal primo momento, la minima esitazione di interpretazione del conflitto. La natura di questo era tale che la rivoluzione· poteva battere in Spagna il totalitarismo. Bisognava quindi, e ad ogni costo, tentarlo. Non importava nulla di sapere se Mussolini si preparava o no all'intervento. A parte ogn'i informazione, si deve sapere che gli attacchi o meno dei totalitari non sono determinati dalle ~osse o dalle «provocazioni» dell'avversario, ma soltanto dai loro piani e dai loro interessi. C'era, negli altri partiti, molta esitazione, dapprincipio_ I socialisti, sull'es_empio dei socialisti francesi e di Léon Blum (questi si decise un po' più tardi per il « non intervento ») esitavano. I comunisti, in attesa di precise istruzioni, esitavano anch'essi, e non volevano andare più in là dell'invio di medicinali. Rosselli _fu di parer diverso. Che .importavano le esitaz,ioni degli stessi spag;Qoli? Bisog~ava intervenire: Proprlo mentre i primi volontari italiani antifascisti traversavano la •frontiera, gli· aeroplani mandati da Mussolini a Franco facevano il loro atterraggio nel Marocco francese. La tesi di Rosselli era confermata. · Il 28 agosto 1936 una piccola colonna di volontari italiani antifascisti, mmbattendo sul fronte aragonese, respingeva un violento attacco dei franchisti, molto superiori di numero. Al comando di questa colonna, che comprendeva molti compagni di « Giustizia e Libertà», erano Rosselli e l'avvocato repubblicano Mario Angeloni, il quale cadde sul campo, consacrando con altri italiani in terra di Spagna la missione internazionale dell'antifascismo italiano. Quel combattimento, quell'intervento, ebbero effetti grandissimi, sia per aiutare a trasformare e a_ far evolvere la tecnica delle ancora grezze truppe rivoluzio- - 21 - 81b1otecaG no Bianco

narie spagnole, sia per sottolineare il carattere internazionale del conflitto spagnolo e per precipitare in forme concrete l'intervento internazionale a favore della Spagna reubblicana. Poiché non si scrive qui l'epica della vita di Rosselli, ma un abbozzo dei principali problemi pratici e politici che egli e gli altri di « Giustizia e Libertà » si posero, non ·entreremo adesso nei dettagli dell'opera di Rosselli in Spagna, della -storja della sua colonna, ecé. Tutto questo, del resto, è già stato raccontato. Ricordiamo solo quello che fu il pensiero costante di Rosselli: far sl che la rivoluzione, ideologicamente e militarmente costretta alla difensiva, passasse -all'offensiva, -e più specialmente all'offensiva contro Mussolini, che era insieme il nodo e il centro più debole della infezione totalitaria. « Oggi in Spagna, domani in Italia » è il motivo fondamentale dell'appello di Rosselli ai volontari di Spagna. Egli cercò di impedire che, per cautele diplomatiche, si nascondesse nella propaganda il •vero volto della rivoluzione d"i Spagna, arrivando quasi a farne una pura guecra di copservazione dello statu' quo e privandola perciò di molto fascino sulle masse proletarie. Egli _cercò di sottrarre l'Aragona al ristagno della guerra di •trincea, progettando divisioni mobili, tecniche, ben equipaggiate, capaci di spostarsi e di far la guerra di movimento. Soprattutto cercò, da quando una flebite riapertasi alla sua gamba lo obbligò a ritirarsi dal fronte, di organizzare una grande offensiva dell'antifascismo in Italia, appoggiata da mezzi spagnoli, e, quando il tempo fosse maturo, da sbarchi di vo0 lontari internazionali in Italia. Per tutte queste ragioni Rosselli (e con lui « Giustizia e Libertà») era diventato il primo nemico di Mussolini e del fascismo sui terreno internazionale, come quindici anni prima Io era stato Matteotti sul terreno interno italiano. L'assassinio di ,Rosselli segna una delle crisi più gravi della politica inter- - 22 - 81b,otecaG noBianco

nazionale e fa prevedere la grav1ss1ma crisi della Francia dinnanzi all'aggressione alcuni anni più tardi. Il 9 giugno 1937 Carlo Rosselli si trovava con il fratello Nello (il quale viveva la più parte del suo tempo in Italia, esule in patria, e dedito agli studi storici, di cui ci restano monumento il Pis11Cane un libro su Mai&zinie Bak_unin), a Bagnolcs de l'Orne, luogo di cura di fanghi in Normandia. La macchina nella quale erano i due fratelli venne fermata con qualche pretesto, e Carlo e Nello vennero assassinati a pugnalate. Gli assassini appartenevano alla famosa organizzazione segreta dello C.S.A.R., sovvenzionata da Hitler e da Mussolini, protetta in Francia in alto loco, e perfino dall'attuale pupazzo hitleriano: Pétain. Essi vennero arrestati - almeno alcuni tra di loro - dalla polizia francése, ma, per non compromettere nessuno, il processo venne rimandato alla fine della guerra, quando, dopo la vittoria di Hitler, gli assassini sono stati rimessi in libertà. Il ministro degli interni francese di allora, che fece arrestare gli assassini, Marx Dormoy, è stato a sua volta assassinato, dopo che la Francia perdette la sua libertà. L'assassinio di Rosselli si colloca nel piano dell'aggressione hitleriana contro l'Europa. « Giustizia e Libertà » <;bbe dalla morte di Rosselli un colpo grave. Essa venne salvata dalla fede del nucleo che si era stretto attorno a Rosselli nel momento della lotta, dal1' adozione di nuovi giovani e dal ritorno all'azione politica di Emilio Lussu, a cui la rinnovata salute permise di riprendere posto tra i capi del movimento. Malgrado questo, essa non poté sottrarsi ad una cns1. L'assassinio di Rosselli non significava solo la perdita di un capo. Significava anche che, durante un certo tempo, la rivo- - 23 - B1bioteca G no Bianco

luzione non poteva vincere il fascismo sul suo terreno, con le sue forze; che la guerra antifascista, ormai nei fatti, si sarebbe dapprima iniziata fuori dal terreno ideologico, e perciò con corrispondente debolezza tra gli avversari del fascismo. La nuova « Giustizia e Libertà» da una parte completò ed estese la sua organizzazione all'estero, fondendo con sé una organizzazione repubblicana-socialista ed accentuando il proprio carattere socialista. D'altro canto cercò con ogni mezzo, attraverso l'opera di giovani (come Gianfranchi e Vittorelli), il contatto con le nuove generazioni di giovani cresciute nel paese, in clima fascista . Questi contatti erano impostati, sostanzialmente, con visione giusta. La nuova « Giustizia e Libertà» fu il solo dei vari movimenti fuorusciti a intuire l'importanza del pensiero sociale e religioso che stava travagliando la compagine del fascismo, dissolvendola fino ad un certo grado e in ogni caso puntando decisamente contro il mito del fasèismo « regime di giovinezza ». Questi contatti furono poi utilissimi alla revisione di principi che parecchi membri di « Giustizia e Libertà » intrapresero in piena guerra, e che li ha portati ad affermare le linee sicure di una ideologia liberalsocialista. Ma se ci fu influenza del pensiero sviluppatosi all'interno dell'Italia, tra i giovani, sul pensiero dei fuorusciti, non altrettanto grande, viceversa, fu il _rapporto corrispondente. Fino alla guerra europea, i gruppi che lavoravano in Italia furono sempre molto restii (d'altronde in parte con ragione) a mettersi sulla strada della cospirazione e del rischio che, nella cospirazione, implicava la relazione con i fuorusciti. Preferirono (e gli eventi han dato loro in buona misura ragione) il metodo di dissolvere e disgregare dall'interno il regime fascista, corrodendone le basi morali, in modo che, di fronte all'urto, esso mostrasse, come ha mostrato, il suo vuoto e la sua inef- - 24 - Bib ioteca G no Bianco

ficienza. Naturalmente, quando la guerra scoppiò, quando cioè queste forze giovani vennero messe in moto dalla situazione, il concetto diretto con il lavoro di critica e di collegamento inrernazionale fatto all'estero sarebbe stato molto desiderato, ma era praticamente impossibile stabilirlo. Anche la dispersione delle forze dell'antifascismo avvenuta in Francia dopo la vittoria hitleriana segnò un punto di interruzione nell'attività di « Giustizia e Libertà». A differenza di altri movimenti politici, i cui aderenti quasi tutti vennero consegnati a Mussolini e rientrarono così in Italia: quelli di « Giustizia e Libertà » riuscirono nella loro maggioranza a passare in territorio dominato dagli alleati o a sottrarsi all'arresto rimanendo in Francia. Questa lontananza, mentre favoriva la visione più ampia dei problemi, diminuiva le possibilità di contatto immediato con l'Italia. A partire dalla caduta della Francia « Giustizia e Libertà JJ non ha perciò mantenuto all'estero un unico centro di direzione; sarebbe stato assurdo che un movimento il quale ha sempre tratto dall'adesione alle condizioni del paese, dalla novità delle posizioni antifasciste la sua ragione d'essere avesse conservato immutata etichetta e bandiera in condizioni tanto diverse. Ma, prima di tutto in Francia occupata, ad opera di Trentin, di Lussu, di compagni operai e intell~ttuali che restarono nel vicino paese a continuare la lotta in unità con i francesi, non solo l'organizzazione ha continuato ad essere attiva, ma ha esercitato, sia nel movimento francese « Justice et liberté » sia in quello « Libérer-Fédérer », una non trascurabile influenza. In Egitto, in Inghilterra, in America, nel Messico, i suoi uomini o i suoi gruppi han continuato a dare il loro contributo alla revisione delte ·idee a cercare contatti con l'opinione italiana, a difendere, per gli italiani tutti, il diritto all'indipendenza nazionale •e all'iniziativa europea. - 25 - 81biotecaG no Bianco

Il gruppo del Cairo ha diretto un quotidiano italiano, ha pubblicato edizioni di opere letterarie e politiche, rivolto emissioni radio all'Italia; i gruppi di giovani attorno ai « Quaderni italiani » negli Stati Uniti (in cui sono stati pubblicati per la prima volta ali'estero gli scritti dei liberalsocialisti italiani) ·hanno elaborato una teoria politica socialista in cui la distinzione è posta come elemento fondamentale dissolvente del totalitarismo ; una radio clandestina di ((Giustizia e Libertà» si è per qualche tempo rivolta ((da un angolo segreto d'Italia» ai rivoluzionari italiani. Attività tutte di attesa e di preparazione per un contatto con l'Italia. E quando (dopo che già Lussu, dai paesi alleati, era tornato in Francia per riprendere il contatto con l'Italia) un gruppo di uomini di <( Giustizia e Libertà )) decisero che il momento fosse venuto di riprendere la lotta sul suolo italiano, allora si riunirono ancora sotto la comune denominazione che li aveva riuniti nelle passate battaglie e accettarono dei comuni principi d'azione in cui si rifletteva l'esperienza dell'intenso sommovimento europeo. In vario modo, con varie forme, l'azione di « Giustizia e Libertà )) prendeva così contatto con quella che si 'era andata sviluppando in Italia. Quasi integralmente, gli uomini che avevano fondato « Giustizia e Libertà )) nel 1929, i liheralsocialisti che « vevano scosso la posizione di monopolio fascista sulla vita pubblica italiana e avevano fatto passare sul terreno dell'azione politica la gioventù delle scuole, erano intanto confluiti nel « Partito d'Azione », il cui programma iniziale ricorda quello di « Giustizia e Libertà )l del 1932. Così, pur attraverso le differenze psicologiche e le divergenze teoriche, dovute soprattutto alla diversa esperienza della crisi europea, l'azione di « Giustizia e Libertà)) è venuta, nel suo aspetto politico a identificarsi con quella del partito « nuovo», del partito « giovane » che ·solo nella varietà delle tendenze poli- - 26 - Bib 1otecaG no Bianco

tiche italiane non si richiama a tradizioni prefasciste, bensì a quella formatasi nella lotta contro il regime. E il Partito d'Azione· ha scritto il suo· nome e il simbolo di Giustizia e Libertà sulla sua bandiera rossa, sulla testata delle sue pubblicazioni regionali e giovanili, ha dato il suo nome alle er.oiche formazioni partigiane che tanto contributo d!edero alla resistenza. Restano tuttav·ia dei problemi che questo ritorno e questa congiunzione non. ha interamente risolti, ma che via via si risolvono man mano che maturano nuove situazioni politiche. Indubbiamente, il « Partito d'Azione» rispetto a « Giustizia e Libertà )> si presenta come una formazione in cui meno accentuato è l'aspetto ideale e ideologico, più aLcentuato l'aspetto politico e di ·governo. Ora, nella presente crisi italiana, ambedue questi aspetti debbono essere accentuati, sviluppati e congiunti. Se problemi <li governo e di diplomazia sono posti all'ordine <lei -giorno dalla necessità <li ricostruire la vita democratica <lei paese, tra il disorientamento provocato da tanti anni di totalitarismo e <lai problemi internazionali dell'Italia, d'altra parte il crollo presente è <li quelli a cui non si rimedia senza una intensità di fede che impone l'accettazione di nuovi presupposti ideali. Sotto questo aspetto, la formulazione teorica di << Giusti~ia e Libertà )l e quella specifica del liberalsocialismo-socialismo antitotalitario - hanno, nella varietà delle tendenze che si sono unificate nel « Partito d'Azione », un accento particolarmente vicino. I problemi che si sono posti a « Giustizia e Libertà » in esilio dopo il 1932 per passare dallo stadio di movimento di coalizione a quello di movimento rivoluzionario originale - si pongono ora, con ampiezza diversa e con v~ianti importanti dovuti alla nuova situazione al « Partito d'Azione ». Delineare, ·nella libera discussione, un programma chiaro in cui - 27 - 81b ioteca G no Bianco

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