Luigi De Muneri - Martiri sconosciuti

zr_, , Jlk l31Bf~l0'1;ECA PATRIOTTICA DI LUIGT DE 1\TlìN~~RI ROMA E l)() A R [)o pER l N o, TIPOCTRAFO•EDlTORR Via de/ Lavatore, 88 (S'fABILF. PROPRJu) l 8 8 7 (

MARTIRI SCONOSCIUTI l CAPITOLO I. Alcuni nl.lilometri .lontano da Belluno, verso occtdeute, e di là dal Piave, c'è, su un poggetto ameni~s1mo, un boego assai bello e considerevole, chiamato Zuccaja. Dicono 1 suoi abitanti essere tal nome derivato dalle molte e grosse ~ucche un tempo quivi coltivate ; non così gli abitanti de' villaggi vicini, i quali affermano, invece, esser derivato dagli abitanti stessi per la grossezza dei loro cervelli; la qual congettura mi sembra essere la .più verosimile, perchè, anco al giorno ·d'oggi , i zuccaj n i sono talmente zucconi, che pa-re non abbiano tralign~to d1 molto dai loro antenati. Il sito all' intorno è vago e piacevole molto, poich~ la campagna si allarga un buon tratto piana e unìforme, tutta sparsa di colti, di pomi, di viti, indi poggi boscosi e balze e colline verdeggianti, e valli e valloncelli e di tratto in tratto qualche villag-

6 ' gio mezzo nascosto dal fitto fogliame degli alber1 cir(·ò · stanti Uno di que -ti villaggi, forse Jl migliore, è Tul'lu- · riana . ed è distante da .Zuccaja un chilometro e mezzo , o p.,co più; e la strada, che lo congiunge aL borgo, è tor· tuosa e m0lto malagevole, perchè tutta piena di erbacce che vi ere 3con(> rigogliose, e di sassi, che sporgendo a · guzzi eli sotto ad esse, insidiano le punte de' piedt ai pove d viaggiatori. Da ambo i lati di essa ci sono campi ~ este~i di grantu1•co, interrotti di tratto in tratto da lunghi filari di viti, con i tralci piegati vagamente a festoni;· e qua e · là, lungo le prode, qualche melo, qualche J>ero, qualch1 pesco, qualche susino. ' . , Cinque anni or sono, in sulle prime ore d'una bella . notte di viaggio, in un trifogliaio, poco discosto dalla steada, giaceva supino un giovane di forse venticinque anni, con ambo le mani sotto il capo incrocicéhiate, e le gambe mezzo nascoste nell'erba; teneva gli •occhi fissi al c1elo pueo ed azzurrino, in ·cui le stelle brillavano di ltìce mitissimtt. misteriosa, e alcune· nuvolette brune· e cinerine v~gavano qua e là, pigre . pigrt\ come amanti persi nel dolce oblìo di se stessi : e la bocca di lui, soc~ . . . chiusa graziosamente, esprimeva alcunchè di beata e malinconica vJluttà sentimentale, di cui era forse cagione, o u~ dolce pensie~o, o un grato ricordo. Si chiamava Nanni, ed era d'aspetto gentile, d'animo nobile, buono e· modesto, oltre ogni dire, d'indole dolcisS'ma e ordinariamente malinconica; sia che tale ultima· . l • quatità a vesse sortito da natura, sia r~e prodotta fosse dalle circo:itanze. Perciocchè bisogna pur notare che fin . da bambino ,era rimasto orfano del babbo, il quale, in ~~etag~io, ~li aveva !~sciato molto onore, molta probità'

Martiri sconoscttdi ma anche molta povertà~ gli ri mane va però la mamma' chiamaia Lisa, che egli amava con tutto il cuore, e con tutto il cuore era da lei amato. Sebbene modesto egli aveva, tuttavia, un'alta idea della sua dignità, alla quale rife· riva ogni sua azione, e, quasi qna8:i, ogni suo pensiero· E perchè questa dignità, fortemente sentita, impedivagli d'usare certi atti di rispetto ad uomini o volgari o indegni, egli non era da tutti amato; anzi da p( chi, pereh è pochi son quelli, che am i no la verità anco in cose di poco o niun conto. Il suo intelletto, versatile, se non pl'ofondo, era adatto ad apprendere di molte cognizioni; e approfittando di tale vantaggi o, i n ve ce di studiare profondamente per conoscere in modo chiaro e appieno, l'origine, il carattere, le ragioni e le rel~zioni di qualche di~ sciplina, gli b3astava conoscer·la tanto o quaDto. Da solo erasi istruito: eppdrò quello che aveva studiato egli sapeva benissimo, perchè · non v'ha, io credo, miglior maestro di sè medesimo. Eppu-re lo studiare, a luj, povero ' ee t malagevol cosa: poicbè, per vivere, la madre aveva dovuto porlo presso un callolaio; e lui vi si era adattato, benchè a malincuore; e, quando poteva, andava rubacchiando al deschetto qualche momento per dar~i allo studio: ottimo esempio per tutti i giovani e, segnatamente, per quelli, che avendo e libri e m~e stri e agio di studiare, nol fauno per pigrizia o per darsi all'arte cotanto veL·gognosamente in 3ulsa e futile dei damerini o ad altr·i peggiori vizi i. N è si creda, ch'ei fosse vano del proprio sapere. Tutt'altro. Di rado fac€1va conoscere ciò che sapesse: giacchè, oltre che sembrargli vanità il farlo , te m~va sempre d'essere o di parere da meno di quello che geneealmente era da tutti reputato; o di guastare, per ' '\

' ' 8 Biblioteca Patriottttca ignoranza, la scienza, di cui avesse discorso: aveva in somma la timidità del vero sapiente, ancorchè, per vero dire, tale non fosse, nè si reputasse. Egli, generoso quanto mai, e1~a lieto ogni qualvolta avesse potuto essere ad altri giovevole; e forse fu per questa sua generosità pura e grande, che si decise a farsi maestro di scuola. Parrà . strano ch'ei si adattasse a così modesto e bistrattato ufficio; ma non parrà strano se si pensi, che lui, amando moltissimo il popolo, non potendo ad esso giovare altrimenti, voleva in tal modo giovargli tanto o quanto. Se non che questo suo desiderio sommo fu deluso dai suoi nemici: poichè lui, che non aveva quasi difetti nonchè vizii, e adorno di chiare virtù, era da moltissimi in vi~ diato, o~iato da molti, noncurato da tutti. Eppur si di· rebbe, che lui, meglio di tutti, avrebbe dovuto andar esente da tal peste, che attrista l 'uma~ità~ perchè altro mai non lodava che il merito, e di rado biasimava, sapendo essere al _mondo quasi tuttu biasimabile. N o~ sa~ l peva, 1 nè voleva esset~e uno sciocco; non sapeva, nè p ·;· teva soffrire l'ipocrisia di qualsiasi .specie; non sapeva n è voleva inchinar.:~i al ricco arrogante, nè compiacere al presuntuoso ignorante::e da ciò l'odio di molti. I qual pertanto non ristettero dal nuocergli tutte le volte, ~fie in qualche maniera, fu loro poss:bile; e avondo egli aspirato, in parecchie riprese, a posti -vacanti fuor del comune di Zuccaja, e nel comune stesso, eglino, con male arti, feeero in modo, che mai fosse eletto. E quanti affanni e quanti dispiaceri 1acrime costassero a lui quelle ripHlse, non è a dire! Vedeva preferiti certuni che, o non avevano attitudine allo insegnamento, o conoscenza a luna di pedagogiche discipline, o affatto ignoranti, e pre· ..

Martiri sconosciuti 9 feriti soltanto, perchè protetti da coloro, che lui avversavano. E si avrebbe disperato a vedere negli uomini tanta nequizia, se non avesse trovato, in fondo a se ste.;s,>, la forza di non curarsi e di sprezzare sì biechi nemici, o, megli(l, se non avesse avuto la sua buona madre, nel cui seno versare tutto l'affanno dell'animo suo. E come ogni uomo, che sente in cuore affetti forti e gentili,, e quindi potenza d'amare, come non tutti amano, lui, che tutto avrebbe amato, amò immensamente una giovane bellissima e virtuosissima, chiamata Gigia, le cui bellezze e virtù erano di gran lunga inferiori all'amorosa tenerezza e ai rari modi, con cui ella leniva i suoi ma1i. E ogni sera, o quasi ogni sera, si recava a Tulluriana, ove lei dimorav~, le si assideva al fianco, e beandosi ne' suoi belli occhi, pieni di languida volutta, posando il capo sul seno suo mobilissimo, fra le sue braccia grassotte· or languide mollemente, or fervidamente nervose, o blt ava le proprie pene, i nemici, le speranze, i tirr1ori, il mondo o • se stesso, tutto.... era beato, veramente beato. Anche quella sera era stato da lei, e accanto a lei si era inebbrlato delle sue grazie, e tornando a Zuccaja, passo passo, si sentiva al cuore una gran pienezza di giubilo ; ed essendo notte, e notte sì bella ; si era messo a sedere su quel trifoglio, a godersi voluttuosamente il giubilo intern._, ·n fresco della notte e il sorriso magnifito della natura. E sarebbe rimasto lì, a quel modo, non si sa quaato, se non avesse udito uno, che a passo frettoloso si avvicinava. Alzò il capo, e ravvisando in colui, che era. il ~ursore del eomune, un suo giovane amico, s1 alzò a sedere e gli diede una voce. TI cursore ~i fermò , tutto a un tratto, si guardò intorno, come sorpreso, e disse : - O N anni, sei tu ?

\ l 10 Biblioteca .Patriottica l - Sì; . son 10; o dove va' tu. a -quest'ora, con tanta pressa? - In cerca di te. - Di me? - 'Ì, proprio di te. Ho cercato da capo a fondo tutta Zuccaja; poi c'è st~to qualcuno, che 1n'ha detto · che tu l l ri a TuHuriana ; e ora ve n i va a cercarti anche là. - E ora che tu m'hai trovato, che cosa vuoi ? - Indovina. - C'è forse qualche disgt·azia ? - Tutt'altro. - Che cosa c'è, dunque ? - Indovina, ti dico. - O senti; tu mi fai perdere la pazienza. - Davvero? ci avrei proprio gusto , p .n·chè, a dire ìl Vclro, t'ho veduto poche volte stizzito. - O andiamo, P.picciati una buona volta. - fh quanta pressa ! Aspetta, ch'io mi sieda, e poi ti dirò tutto; -e si mi ie a sedere accanto a lui soggiungendo: - ma che ben~ che si sta qui! ... Ti vo' dire una buona nuova. - Bene, sentiamola, - eispose con un certo fare da in cee dulo. - Sappi che il povero maestro di Tulluriana, che da un pezzo in qua, come tu sai, è un coccio fesso, oggi ha rinunciato il posto. - Davvero~ Oh povero m~esti·o! - Sì, povero proprio ; ma è un pezzo sai, che ~li è così sulle ventitre e tre quarti : anche un mese fa voleva rinunziare, ad ogni costo, ma la sua rinunzia non fu accettata; ora che ,.egli è quasi moribonda, dovette ro però accettarla. '

Jl. !larti·ri sco1~osciut,i 11 - Me ne dispìace proprio... Povero ma.esteo ! - Anche ~ me mi dispiace molto; ma, giacchè al suo male, pur troppo, non c'è rimedio, penso, c3e non tutti i mali vengono per nuocere, e che restando .. l suo posto vacante, tu potra'i concor1·ere... - Io~ non sono mica un matto, sai ! - O perchè ~ - Perchè farei scorum_essa, che a quest'ora, Ceucio ha già concorso. - Si dice di sì, ma ciò non vuoi dir nulla. - E vuol dir molto, an~i ; perchè lui ha. quasi tutti 1 consiglieri dalla sua ; io, invece, non ho nessuno. ' - E ve.co che non hai nessuno dalla tua ; ma, scusa, la colpa è tua, tutta tua: perchè io so, che molti ti veggono di buon occhio, e sarebbero contenti, se potessero farti del bene, ma tu non ti vuoi piegare in nessun modo, e.. · - E ho ragione: pel~chè, caro ·a mi co, chi ha un peottettore di cattivo gonere, vole "e o non volere, non è più padrone di sè stesso ; ed io, sai ben~, . povero quanto vuoi, ma liber-o : èh~ non vo' buscar benefizi a prezzo della mia libertà. - Con tutto ciò i' penso, che tu potresti concorrere lo ·stesso,' vada come la sa andaee: perchè so, per cosa certa, che alcuni hanno Cencio sulle corna ; .e quanto a te' ti sanno compatire cotesto tuo temperamento, un po' stravagante, com'essi dicono, ma buono. E poi i tuoi meriti .. - Ma a che cosa giovaHo i meriti al giorno d'oggi~­ interruppe ·N:tnni un po' stizzito - dimmi un po' a che giovd.no ~ - A poco, è vero .. .

/ 12 B1.blioteca Patriottica - Di' a niente, ch'è meglio. E bisognerebbe, vedi, esset~d un pochino ciarlatani, perché giovassero ; ed io, il cia1·latano, noi p-osso fare. -- Tu hai ragione ; ma tutto sommato, volere o non volere, i meriti in fin de' conti sono meriti ; e poi. .. - E poi.... che ? Ab, ah, ti capisco ; tu vuoi dire, che sono in cattive acque, e che i patres conscripti avranno riguardo a ciò, ma ti sbagli, caro amico, ti sbagli di gL'OSSO, Sai. - Dunque, non concorri ~ --~· No. - No, davvero' eh, via! - No e poi no. - Senti, Nanni, questa volta fa a modo mio: concorr1 Pensaci su, stanotte, e vedrai che ho ragione. - Farò a modo tuo, non dubitare : ora non ne ho proprio idea, ma ci penserò su, stanotte, come tu dìci. Ad ogni modo, domattina, verrò da te, e saprò dirti qualche cosa. Ora andiamo. - E dicendo così si alzò, lesto lesto, si dètte una stiratina per lungo e per largo, e dato il bt·accio all'amico, che si era di già alzato, s'incamminarono tutt'e due, bel bello, verso Zuccaja, disco1~rendo sempre. Giunti sulla piazza del borgo separaronsi con una stretta di mano, e con un : Dunque ci siamo intesi, eh 1 ' •

Martiri sconoscùtti 13 CAPITOLO II. Eppure - diceva tra sè Nanni, mentre s'avviava a cp.sa col capo chiuso e con le 1uani dietrù il dorso - eppure lo aspirare al posto di maestro di Tulluriana non sarebbe micft cosa malfatta, ve' ; m · Angiolino ha un bel dire : concorri, concorri : non sa mica, lui, che molti mi vogli Q n male, e che i consiglieri saranno q nasi tuéti per Cencio, perchè lui è i suoi hanno molte arlerenze. Ma, _ad ogni modo, vo' provare, la vada come la sa andare. Ci avrei gusto a mettere nell'imbroglio questi signori, questi magnanimi padri della patria, che tengono il mestolo del comune in mano : percbè, messi fra me e Cencio, gli è come essere fra l'incudine il martello, e ·quindi vorrei un po' vedere, come farebbero a cavarsela con onore. Ma che onore? Costoro sono una massa di birboni, che non hanno nè onore, nè vergogna. Egli è vero che non dovrei metterli tutti in nn mazzo, poicbè tra loro ce n'è qualcuno che ha buon cuore; ma, fidarsi! sono buoni, ma deboli e vili... Ho detto vili ? via ! non saranno tali, ma pusillamini e' son di certo. Ad ogni modo e' non hanno . la ferma volontà nei propositi7 come i birboni sono tali, ch'io mi sento di dover sprezzare più di chiun que altro, per la loro dappocaggine : non voglion fa l e

------------~~-,---.~--~--,-------~~----~~----~· 14 Biblioteca Patriottica l il male, e non Ranuo, nè si sforzano di fa"'e il bene; sì c· eh è, in fin de' conti, si vede, chd, senza sapere, ten '5o no il sacco alle male azioni dei birbanti. E dire, che la mag_ gior parte degli uomini, ch'io conosca, ~ono di questo conio ! l Era giunto intanto dinanzi aH'uscio di casa sua. Essa era una casetta meschina, d'aspetto poverissimo, e quasi fuori del borgo: i muri un po' spiombati, erano divenuti nericci dal tempo; non intonaco, e l'arricciatura, scrostata in molte parti, lasciava vedere i sassi ; le finestre piccole e rade avevano le imposte tarlate, sc'lnnesse, sbilenche, e qualcuna anche mezzo arrovesciata obbliquamente sul muro, minacciando di cadere, ad ()gni momento, e non cadendo mai L'uscio, pericol~so assai, aveva le imp t)ste meno in disordine, perchè di fattura più recente, e su di esse, qua e là, vi si vedevano cer•t.i pezzettini d t carta rossa, gialla, verde, bianca e via via, gli uni soprapposti agli altri e su di una, un pò' più grande, c'era ancor stampato a grossi caratteri: ·votate per·. . e li, la carta strappata. impedtva di conosdere, per chi era stato raccomandato di votare. Erano le vestigia \ dell~ pa~sate alezioni generali. Nanni, tutto ·occupato n e suoi pensieri. fec~ per aprire, premendo il saliscendo ~ ma, trovando chiuso, ricor-dossi .d'avet• preso con sè la chiave. Ger~ò in una tasca del farsetto, palpò nel..'altra, e, non trovandola, palpò, l'una do po l'altra, in quelle dei calzoni; e, non trovandola nepprtre, mormorò fra sè .: Oh questçt sì, che è bella ! cheme l'abbia p erduta? N?' ente di più facile. Vediamo un po', se mai l'avessi qui nel panciotto. E d1fatti, cercando in uno dei ~aschi n i di esso, la trovò, e aprì l'uscio. Si fermò un momento sulla so-

!Afct1"ti1 i sconosciuti 15 glia di essa, con l'orecchio jntento a un certo rumore, che veniva di lontano; poi, non potendo capire che cofa fosse, teatennò il capo, ed entrò serrando l'uscio. La. casetta aveva due piani; pianterreno e primo piano. 11 pianterreno consiste v-a in due stanzette, separate da un corridoio stretto e buio, in fondo al quale, c'era una scaletta, che menava. al piano superiore, compost() parimente di due stanzette c di un corridoio. Delle due stanze a pianterreno una era cecina., l'altra · bottega, le altre due del piano superiore una. era camera per la marlt•e (assente in quella sera), l'altra, camera e studi o assieme, per lui. Egli salì la scaletta accendendo un cerino per n on dare, se bbena pratico del luogo, qualche capata; sospinse l'uscio deH-a sua camerétta, e andò ad a~cendere uno dei becchi d'una bugia d'ottone vecchia e ammaccata, ma forbita e lucida. La camera· di lui, come pure le altre stanze, era poveramente mobiliata, ma oltremodo palita, e sulle pareti bianche e sul palco non c'era nè polvere, n è ragnatele, un letto bianco, pulito, fà~to ammodo, era di rincontro all'uscio; una sedia di p ·tgli~ faceva le veci di tavolino da notte; una cassapanca vecchia e logora accostata alla parete, di contro ad essa un tavolino di noce, che avrà a vuto la bellezza d'un sec ,)lo e mezzo, carico di libi·i, di carte, di . qu \derni, m ez'lo scritti . spiegazzati ; e qua e là alla rinfusa, qualche gazzetta politica, qualche periodico letterario o didattico. Presso al tavolino una sedia pure di p1. glia col piano un p_o' logorato, talchè vi si vedeva della stianta sfilaeciare qua e là, in picroli ciuffettj ; dotto -alcuni libri accatastati un mucchietto di (·artacce scarabbocchiate, spiega1.zate, stracciate. Na tni si sedette;

l . \ . ' 16 Biblioteca Patriottica posò i gomiti sull'orlo del tavolino, il capo fra le mani; e stette lì, a quel modo, parecchi minut1, fermo, senza parlare, nè pensare: aveva la mente affannata e abbondata da un subbisso.enorme di pensieri, che, ~utt' insieme, contrastandosi a vicenda, facevano in modo, che ei non potesse pensare .a nulla, come da un fiasco pieno d'acqua, che sia sturato, ma capovolto non v'esce nulla, o misere gocce pel t-roppo peso dell'acqua stessa. Ma non potendo reggere a lungo a quell'oppressione dello spirito, si alzò e si mise a passeggiare per la· camera, ed a poco a poco si rinfrancò, e senza nea.nche accorgersi . / quando avesse cominciato a dire, diceva tra sè: « Eh, a dir il vero, non avrei a caro a mettermi a ·c,u per tu con quel figuro di Cencio, poicb è lui, che è capace di tutto, non vorrei, che o in un modo o nell'altro, 1ne l'impattasse... Pure, voglio provare... Il popolo, in generale, mi ama, percpè sono disgraziato e ·tnalvisto da tutti questi birboni, e potre~be darsi . benissimo, che i consiglieri, per timore d' irritarlo di più, perchè sanno che è già stufo de' fatti loro, mi eleggessero me, in vece dell'altro. E' vero, che una elezione, avuta con tante brighe, non mi piacque mai ; e se fossi al tempo dei tempi, cioè quando avevo molte illusioni e punto cono- , scenza degli uomini, non me ne sarei .curato, se la non , fosse stata spontanea e in relazione a' miei meriti, se ne ho; ma oggi come oggi, non guardo tanto p~J sottile: l io sono stufo di tirare innanzi con questa vita senza costrutto!. .. E, pur troppo, per ora non veggo, come farò a mutarla ! Oh venga , la elezione, venga; venga come vuole, la sarà sempre la benvenuta. » E incrocic-:' chiate le braccia chinava il ca-po ·sul petto, silenzioso;, ' l

Martiri sconosciuti 11 stette così pochi momenti ; poi riprese : « Veramente, a pensarci bene, i modi per buscarmi il pane, meglio che non a fare il maestro, forse ci sarebbero; ma non mi ci posso adattare per tante e tante ragioni, e più di tutto perchè non posso staccarmi dalla mi~ Gigina. Oh cara la mia Gigina ! » E qui incrocicchiando di nuovo le braccia, si dava una forte stretta al cuore, come se avesse avuto a strlngersela davvero «Cara! cara! cara! » andava esclamando; e guardava in alto, con gli occhi aperti, spalancati, pieni di letizia, la bocca soavemente socchiusa, le narici dilatate; sembrava che la vedesse aleggiare, là in alto; e diffatti nella sua immaginazione e' la vedeva smagliante di bellezza e di grazia sorridergli dolcemente; e il sangue, dalle più rimote parti del corpo, gli rifinì copioso e caldo al cuore, facendolo fremere in maniera deliziosa. Passato quel po' po' d'or... gasmo amoroso che durò un momento, riprese il passeggiare dicendo : « Sì debbo concorrere, e concorro : se mi eleggono, bene : se no, io non perdo, tutto so m~ mato, nulla del mio, e rimango quello di prima, e tutto il male; che mi faranno, o che tenteranno di farmi, ricadrà su loro. Vo' proprio mettermi con le mani e coi p;edi in questa r faccenda; voglio far vedere a que' si,Q gnori, che non mi debbono poi prendere por un baccellone, per un buont a nulla, che; quando voglio mostrar i denti, li son ben mostrare anch' io : chi pecora si fa il lupo la mangia. » E presa questa risoluzionQ, sentena dosi stanchezza e sonno, andò a letto. Intanto che Nanni dorme, noi faremo un po' di conoScenza con Cencio. Aveva l'età di Nanni; era altino e snello, ma sgraziato della persona, e d'aspetto assai vol· 2 - MARTIRI .

18 13iòlio·teca Patriottica -·--·---~ ............. -----------------__;....,.,~.:....-.:.. ........ gare; pieno di vanità e d'insolente albagìa. e~ oltr·e ogni dire, prosuntuoso. Suo patire, rieco possidente di Zucc<lja, avarissimo e pari al figlio nell'ambizione, avevalo man· tenuto parecchi anni in un seminario coll'intenzione di farne un pr3te: se non che, Cen~io, il quale d t far·e i. prete non aveva nessuna voglia, terminato bene o male il quinto anno di gj nnasio, torr1ò a ca.sa., con g,.n.n do·. lore della madre di lui, che, poverina, aveva sempre so- ~~-· gnato di vede r e, un gi0rno o l'altro, il suo fl[/ liuolo con la chierica. E fJ. buona cosa: perchè lui, con qu(·lJa su:t inclule invidiosa e ma.l vagia, avrebbe disonorato vergognosamente il santo ministerio del sacerdozio. La disci- , p l in a austera del seminario, in vece di migliura .e i co- , stumi di lui e l'istinto perverso, li aveva peggiorati di molto; ( lJ venne fLtori ~barazzino quanto mai e pieno di atnbizione sfrontata, di pessima ipocrisia, e tale da non arrossir~, nè .dare ad.Jietro d1nanzt a una eatti va azione. Non era senza jngegno, e degli stuJi si era giovato tanto o quanto; ma e' ne faceva una pompct tale, ehe se fosse stato un Pjco della Mirandola, non avrebbe potut · ~ farne di pi1ì. Eppure egli · non era nemmeno da ~onfrontare, ' quanto a sapere, con Nanni, perchè ci avrebbe scapitato di molto, come ~i molto ci scapita un lumicino a o l io, di fronte a una lampada a luce elett1·ica. Con tutto ciò sebbene la differenza d'indole fc sse somm~, tuttavia ave vano contratto un po' d'amicizia; non forte, non vela, perchè tale la non poteva essere, ma v1va assai. Se non che Cencio non istette molto a guastarla: perchè, essenùo t1i incapricciat ~ della vezzosa e casta Gigina, Ja qu'i.le amava di già Nanni. ed eisendo da lei con di.gnitosa fierezza ributtato, egli concepì un odio talmente accanito l

" Ma1~ tiri sconosciuti 1~ - ------------- contt·o let e Nanni, .che giurò di vendicarsi; e da quel g1orno in poi non ci fu sgat·ba~zza, o insolenza, o dispotto, o peggio, che non faces -·e ad ambedue. Tale era Cenc.o. E Nanni, che fin allora non aveva conosciuto odio, ne sentì le pun ture amare a cagione d t quel discolaccio; e, se non potè veramente odiare, peL'chè e' non era da ciò, pure gli è certo, che nemmeno potè più compal.iee, nè· scusare le ribalder.ie di lui. La dimane, Nanni, si alzò a bruzz;co, si vestì in fretta, e s'avviò a casa dell'amico; ma giunto lì presso, vedendo le imposte della camera di lui tuttor chiuse, andò a fa,. e una giratina, un po' fuor dell'abitato . Passatta una mezz'oretta, o così, tornò inçlietro, e trovò l'amico sulla so. glia dell'uscio, appoggiato con le spalle a uno sttpite: 8e ne stava lì a guardare il tempo · e a godersi il f.cesco mattutino col sigar·o in bocca e le braccia conser·te al seno. Costui, appena scorse Nanni, ·gli sndò inc9ntro, sempre con le bJ•accia conserte, e gli disse: - E dunque? - Dunque ho deciso. - Hai df'ciso, e va bene; ma come? - Di concorrere, - rispose piano Nanni. - Bravo! bravo, Nanni! O che non avevo detto, io, che tu ci pensassi su? La noln si sbaglia: la notte è la madre dei pensieri. Senti; ha' tu preparato tutto? Se non hai preparato, · prepara: perchè hai a sapere, che al tocco gli a'3sessori si uniscono per isbrigare la faccenda; vedi che non c'è tempo da perdere. · - Gli attestati gli ' ho tutti con me, e non mi manc~ n.ltro che l'instanza; ma a questa non ci penso più che tanto, percbè in un flat te Ja scrivo. ..

• 20 . ' • y) j l Biblioteca ratr·tottzca - ----- So, che stai poco, tna è meglio pcepararla per tempo. Va là, scrivi!/, fa a modo mio; e poi pottarnela a me, insieme agli attestati. - Ebben~· corro subito da sor Tonino a prendere un ' foglio di carta bollata; - era il t~baccaio di Zuccaj ~ - e frettoloso se n'andò dal tabaccaio. :l ·cursore gli tenev.t dieteo con gli occhi; e se... 1tiva, in cuor suo, una cert ·t soave compiacenza: perciocchè il poter fare all'amico una , ~ finezza, poteP giovargli in qualche modo, era per· lui un piace1· grande; e, per meglio riuscire nel suo intento ge - ner•oso, ci metteva tutta la sua buona volontà, come se avesse fatto per se stesso. Tutto a un tratto e' vide, che Nanni, art·i vato dal tabaccaio, e messo piede sulla soglia della botteguccia,. si era fermato un momento, come i n· deciso, e aveva scrollato il capo, e poi, dato di volta, tornava v~rso lui. Gli andò incontro; e quando egli fu appresso, vedevdolo con un risolino sulle labbra, gli chiese, un po' meravigliato:- O perché torni tu indietro? - Perchè mi mancano i quattrini. Ieri avevo una li · retta :figlia unica di madre vedova, e la diedi a mia ma· dre; sicchè.... - Ebbene te ne presterò una io, - e tirato fuori il borsellino, ne tolse una lira, e gliela diede, soggiungendo: - Se ne vuoi di più, dillo. - No, no, mi basta, e me n'avanza; - e tornò dal tabaccaio. Un momento dopo uscì fuori, col foglio bollato in mano, e fece cenno con esso al giovane cursore, come per significargli: . Eccolo il foglio; vedrai, che que sto saprà d' amar o a Cencio, e andò a casa. ,

Martiri sconoscùdi 21 CAPiTOLO III. Egli era un bel pezzetto, che Ja campana maggiore di Zuccaja ave•a sonato mezzogiorno, e ancora, oè sindaco, né assessori erano giunti al Municipio. Allato alla porta della ca.sa municipale, se,futo sopra un sedile di pietra, se ne stava· il giovane cursore, con le braccia consarte e con un mozzicone di sigaro in bocca, guardando sbadatamente gli sbruffi di fumo che cacciava fuori le spire vorticose, che féiceva esso furao salendo in nlto, e i globi e le volute bizzarre, che nAlla Hua fantasia 'andavano pigliando figure e formo sva ,·iate. Finalmente venne il sindaco, il quale era un vecchino piccolo piccolo, m~grolino, tutto bianco e con una cert··aria jn volto di contentezza abituale, che ci voleva poco a intenrJere esse~e 111 i compia..;entissimo di se stesso. Egli· non era cattivo, ma deboluccio e vano e ignorante oltr·e ogni dire; talchè le birbe sconsagrate di Zuccaja, che del Municipio avevan fatto il covo loro, lo raggiravano come volevano Se!lza niuna fatica, come il burattinaio co' suoi burattir~i· Il cursore, appena lo vide venire, si alzò, si scoperse\ e fece un profondo inchino, come dee fare ogni buon uffi - çjf+le goverqativo o rounfcip~le che sappia un po' il vk

• 22 Biblioteca Patriottica ver\j del mondo; e il sindaco rispose dignitosamente, con un piccolo cenno del capo, come doveva fare un ufficiale ùello Stato, nonchè Sindaco del feli~issimo comune di Zucc8ja. Poeo appresso giunse anche un assessore; di Jì a poco u 1 altro, e poi un altro ancora, ai qu~li il cursore fece pure de' profondi inchini. S'avviarono costoro, in- ' sieme at Sindaco, alla Sala del Consiglio, la quale serviva pure da segreteria, da archivio, . e non so a quanti . • altri usi. I vi il segretario, un pezzo di spilungooe tanto alto, brun'J e magro, con un paio, di baffi da granatiere, che gli nascondeano aff<itto la bocca, e Ull pizzo, che somigliava molto a un granatino, stava raccogliendo, e man mano ordinando, alcune caJ•te, che una folata d'aeia aveva spdrpagliate qua e là pel solaio. Entrarono i mes~ seri; egli salutolli col miglior garbo che seppe; e avendo finito di raccogliere le carte, posolle, tutte insieme, sur un angolo della scr~vania, vi pose sopra il calcale'ttere, e calcando forte con la mano borbottò fra' denti: Maledette carte; vorret@ star qui si o no!.... - Senta, sor Segretario, - disse il sindaco, sedendosi - coteste carte sono forse i documenti di Vincenzo Macci? ' - Nossignoru; i documenti del Macci eccoli qui; - e, prese alcune carte in mano, gliele mostrò, sfogliandole ad una ad una · - Va bene, va bene, - soggiunse il sindaco, dopo averci dato un'occhiata, così, tanto per. par~re; e volgendosi agli assessori, che uno di qua, un ~ltro di là stavano leggendo, o guàrdando r.on so che carte, riprese: - Dunque dobbiamo procedere alla nomina del nuovo maest.ro di Tulluriava, eh?

JYJartiri 8conosc;inti 23 - Pvh! o che non siamo veauti qui per cotesto'? - ìnter1·uppe 11n :;\Ssessore. che se ue stava ad. una finestra a guae.Jare nella via. Costui ePa un ce.i~to Recchialli, avversaeio del sindaco, sebbene questi nol meritasse, poichè gt)udtavasi di compiacerlo in tutto e pe~ tutto, anche jn ciò che non a ·,es~~ potuto, facendo tacere, di sovente. non la p1·opria volontà, chè, pr·opriarnente parlando, e' non n'aveva., ma la coscienza. Il I{ecchialli, notaio di Zuc1 caja, ricco. dauaioso, epperò sommamente stimato dai zuccajni, era un'ipocrita finissimo; e quando dico ipocrita. dico tutto: poi~hè l'ipoctita tal~ non sarebbe, tie non avesse moltissime mattagne da nascondere. - Eh, certa :nentt; dicevo co ~ ì tanto per dii e - borbottò il Sindaco, un po' confuso; iudi continuò: - Ebben~. cari colleghl, sedetevi, e procediamo con ordine. Sulle labbra del Recchialli · fece capo li no un sorriso di compas1 sione, udendo la raccomandazione del sindaco; e pareva volesse dire: Teme, sor ~indaco, che veniamo alle mani? La non si spauri, sa, che non sarà niente. Tutti seaettero. 11 sindaco ·dichiarò aperta la seduta, e chiese al segr·Eltario se c'erano altri aspiranti oltre a Cene o, e il segttetario gli rispose di no: allora e' propose ai colleghi di eleggere il Macci, a tempo, oppure chiedere al Consiglio Bcolascico un altro maestro - Il Macci, lo dico chiaro e tondo, non mi piace -- disse un assessore giovane, piacevole e ardito, nomato Fabrise, il quale, sovente, da so lo, si metteva di fronte a tnt t a la cricca, che mi scorda va quasi di dirlo, era composta dei birboni più scaltri del paese, e avéva per eapo 11 Recchialli. - La sua v1ta - continuava il Fabrise non è da maestro; ai nostri figliuoli si dee dare un buon educatore, non un dist;olaccio.

l 24 Biblioteca Patriottica - ·Già - confermò il sindaco, mettendo ambe le·mani sulle ginocchia e dondolandosi sul seggiolone sindacale, - la dice bene, ma preprio bene, sa ella 1 si dee dare, ai nostri figliuoli, un buon educatore, non un discolaccio. Recchialli, udendo il sindaco, si strinse nelle spalle, can un certo fa.re sprezzante, poi, volgendosi a~ Fabrise, disse un po' brusco ~ - Non mi pare, che il Macci debba esserd trattato con tanta severità: gli è vero che nun è uno stinco di santo, ma pure. .. pure, non credo... cioè credo, dico, che in una scuola e' potrebbe far benino, potrebbe... che so io? il do~ere, la responsabilità potrebbero fargli fare de' miracoli. - Sì f o che ci crede davvero ella ai miracoli? Io, veda, ci credo pochino, e ai miracoli, poi~ del Macci non ci credo proprio nulla. - Eppure il dovere... la responsabilità... - Inteudo : il dovere e la responsabilità ponno far·ne, ma egli è certo, che non potranno farne fare al Macci mai e poi mai. - La mi scusi, signor Fabrise, ma ella non può prevedere il futuro... - Egli è vero, che non posso prevederé, come ella dice, il futuro, perchè a dire la verità, non sono profeita, n è figlio di profeta, · nondimeno, · studiando il pas. sato di una persona, posso supporre o prevedere a un dipresso l'avvenire; ella, invece, supponendo un cambiamento, o, meglio, un miracolo, che non potrà certamente accadere in uno scostumato, come il Macci, percbè non si piega· al dovere, chi il dovere non conosce, non è un profeta, ma se non la conoscessi, · direi cne la n9p ~ pe~me~o ....un UOJllO seqsa~Q.

Marti1,.i sconosciuti 25 Il sindaco e l'altro assessore si guarJa,~ono stupefatti a tanta audacia., e il Recchialli si morse le labbra, e si tacque: la bastonata del Fabrjse era troppo ben meritata, e lo aveva fortemente colpito. . . Intanto che costoro si bisticciavano, senza intendersi, o, meglio senza volersi intendere, entrò il cursore con un gro:Jso plico in mano. Quel plico conteneva gli atte . stati di Nanni; e il cursore, mal sapendo dissimulare l' inter·na contentezza, tutto lieto in volto lo por3e al segreta-rio e uscì, soffregandosi le mani, gongolando. - O che carte sono coteste? Guardi un po' sor se gretario, dis~e il sindaco, e il segretario guardò la sopra~critta, storcignando, perciocchè Nanni , poveretto, non gli and:tva a genio neanche a lui; e, rotto il sigiJJo sciolse il :Qli~o . Tutti lo stavano guardando, ed egli disse - Le son carte di Giovanni Ampezzi. Ecco; qui c' è, mi pare, un' istanza, e qui non so che attestati. - E dan,io un' occhiat~ in pressa all' istanza, che teneva spiegata in mano, soggiunse: - E mi pare che anche c<>lui voglia concorrere al posto di Tulluriana. - Mi sembta, che ciò sarebbe un po' fuor di tempo, mormorò H Rec~hialli. - Niente affatto, signor Recchialli, - interruppe il il giovane Fabrise, - perchè l'avviso di concorso non fu mandat0 fuori, e, finora, nessuna è stato eletto; sicch~, volere o non volere, tutti possono concorrere. ·- Già, già, - confermò il sindaco. - Legga un po ' sor segretario, codesta istanza, che sentiamo, ehe cosadice. - rispose l'ufficiale ; e, ~q l •

26 Biul1'otecct Patriottica zatosi in piedi, mentre con una mano ~'andava accarez_ zando il p,izzo, con l'altra prese l' istanza, dette intorno un occh ·ata e si mise a leggere. Lo PcJ•itto era breve' chiaro, e oltremodo elegante : chiedeva il posto con gar· batezza e dignità, e conchiudeva, diceudo d'aver fiducia nel sindaco e negli assessori d'essere eletto non pe' suoi meriti, ch'erano poch.i o nulli, ma per la strema povertà della sua famiglia. - Dio, che bella istanza! - est~lamò il sindaco. · Que · sto m 1estro ba un r. erto fare, uno stile, che proprio in . .canta. Bisogna pur dire, che e' non aveva capito punto, ma tutti dicevano, che Nanni scriveva bene, e così per non p~rere da meno dPgli altri, anche Irti, come gli altr·i, diceva. Gli altri tacq ,1ero. E il sindaco: - · Propongo soggiunse, convinto, coovjntissimo, che farPmo bene di eleggere l' Ampezzi, perchè egli e un g iovanotto a modo, saputo, buono e povero. - Harà un giovanotto a modo, sarà buono, sarà po vero, sarà tutto quello che vorretd, caro aindaco, ma ei non fa per noi, - disse il Recchi~lli. L'altro a ssesso1·e, che fino allora non aveva maL parl()to, confer·rnava grave grave, le parole del Recchialli, chinando, di quando in quando leggermente il capo sul p~tto e stringendo le labbra. Era costui uno di queglì uomini, che non avendo punto cet·vel!o fanno tanto comodo alle cricche, giacchè -ponno disporre de' voti lot·o, come e quando lor piace, senza riserbo alcuno. - Mi dica un po'; o perchà l'A m pezzi non fa per noi ? -- chiese il Fabrise. -- Per tante e tante r ·agioni. - Sentiamo l e, via ! l-

Martiri sco?tosciuti 27 Recchialli prese ad esporre in maniera un po~hino hn bar-azzata, l~ sue ragioni contro l'elezione di Nanni, le quali altro non erano che malignità da lui .in bel modo colorite, ingegnandosi a tutt'uomo di farle passare per 1 vere. FJ•attanto, il cursore, prevedendo la lotta e conoscando il valore e la qualità dE'i lottatori d'ambe le parti ; ne pensò una delle sue per far pendere Je bilancie dal 3, parte dell'amico. Sapeva che fra un assessore supplente, uomo alla buona e di antico stampo, e il notaio Recchialli c'era un po' di vecchia ruggine ; e « se potessi imbattermi in colui - pensava - e indurlo a venir qui ' sarei certo che Nanni sarebbe eletto. » Andò adunque in piazza a cercar l'as~essore e lo trovò , che stava ma ngiando alq aaa~e ciriegie che aveva in mano. - Buon giorno, sor Marco, - disse il cursore a(·costandosegli bel bello, come a caso. - Buon giorno, cursore. - I-Ia ella pranzato bene ~ - Benone; e tu·? - Eh; io digiuno, oggi : c'è lassù - e accensò col (·apo la sala del consiglio - gli asse~sori, e:he ... - Che chiaccherano, di buono, m 'immagino. - Gia; ed è un bel pezzo, sa, che son lì. O perchè la non ci va ella ~ - Perchè ~ ma se non so nemmeno di 0he si trat1 j, io - Si tratta di eleggere il nuovo maestro di Tulluriana; e sembra, anzi gli è certo, almeno a quanto ho sentito a dire, che sarà Cencio Macci. - Cencio Macci ~ eh, diavolo ! - Certo, sor Marco. ~ Perdia l o che son div-entati tutti pazzi ~ Ma pe.r L~cco ! non ce n'è un altro di meglio 1 ...

28 Biblioteca Patriottica Ci sarebbe Nanni, che pure ha concors0, ma. a dirla qui, tra noi, c'è qualcuno, che non lo vuole, e accostan-r dosegli all'orecchio, mormorò : - E il notaio Recchialli meno di tutti ·; perchè... la mi capisce, ella. - Di' tu davvero 1 oh che figuri! Ma adagio, Biagio, che ci sono anch'io. Senti, Nanni, quando trattavasi, due o tre anni fa, di eleggere una mia nipote maestra di Tul-lluriana, quel birbone di Recchialli fece di tutto perchè la non fosse eletta. Fece fiascg ; nondimeno me la legai al dito, e ora è tempo di rendergli pan per focaccia. Oh che birbone l Voler eleggere Cencio invece di N8nni•.. ! Va là, Angiolino, che hai fatto proprio bene a dirmelo. Andiamo subito ; cbè; alle volte, nou facciamo anche noi come il soccorso di Pisa. Appena entrato sor Marco nella sala, ìl Recchiali, tfmendo di lui, propose d'escluderlo, dicendo che non faceva di bisogno un assessore supplente, allor cbe c'erano assessùri effettivi bastanti a deliberare, secondo la legge· - Io crede v o. che si potesse venir qui, liberamente a tutte le sedute, - rispose sor Marco, un po' st~zzito, - e non solamente quando pa.re e pi:tce al sìgnor notaio Recchi~lli; e per ciò, vedendo che egli vuol fara alto e basso qui, ove si dovrebbe essere tutti pari, me ne vo (si alzò dalla sedia, e prese il cappello), me ne vo, nè mai più metterò piede qua dentro. Il ~indaco balzò in piedi, e dis3e: - R~state, restate. caro Marco: qui c'è posto per tutti. - Va bene ; e io resto, perchè voi mi dite di restare e anche un pochino perchè veggo che qui sono una spina negli occht al signor Recchialli. aq fu spiegato rogf!etto da t?·qttqrsi ~ e do~o un ro'

Martiri sconosc~ut~ 29 di batti beeco ft·a una parte e l'altra, Nanni fu eletto maestr·o di Tulluriana a tempo. Ma gli avversari di lui non si larciarono vincet:e per ciò, ficcarono nella deliberazione, quasi di soppiatto, questa clausola: Per rendere ,l più legale la d:eliberazione si pubblicherà, soltanto nel comune, un semplice avviso di concorso scritto, ajfinchè il Consiglio comunale e le a_ltre autorità possanomeglio confermare la delilJerazione stessa. Il sindaco, .J:l'abrjse .e sor Marco non considerarono a qual fine fosse incastrata tal clausola; anzi neppure \'i badarono; e uscirono di lì, tutti e tre festosi, cianciando allegramente da:la vittoria ottenuta. Il RBcchialli, invece e faltro assessore .uscirono un po' dopo, buzzi in volto 1 e· discorrendo tra loro fitto, fitto. ... t •••. • •• • \

30 , l3iblioteca Patriottica CAPITOLO IV. . ' \ E Nanni iotant.o che cosa faceva~ Nulla. Dopo ~ve t· portato al cursore i prop1~i .ùo0umenti era tornato a casa, ed erasi rinchiuso nella s.ua camerot :a ad attendere l'esito del. concorso. Per accorciare il tempo p~ ovoss1 a ~ leggerP, ma leggere non poteva. per..;hè la sua mente occupata in ~ltre cose, a ciò non si prestava l'at·Ia de1la sua camera gH pareva pesante e afosa, e sentiva in tutto se stesso una certa ca:<~aggine, quasi insoppor·tabile ; per la qual cosa chius~, un po' dispettoso, il libr·o1 prese il eappello e andò a fare quattro passi, sperando ìn tal modo, di trovare un poco di soUievo e di scacciare quegl'importuni pensieri, che gli mulinavano pel capo. Prese una strada fra' campi, una bella stradetta erbosa om- . breggiata da belli alberi, ove godevasi una frescura de· liziosa, e ove il sole a stento poteva ficcare per entro allo spegso fogliame qualche suo raggio, il che faceva più gradito e più attraente quel luogo. Egli era un buon pezzetto, che Nanni sta1·a colà pas · seggiando, e già sentivasi un pochino rinfran<~ato, allol"- chè in un campo poco lontano udì spargersi per l'arla la bella voce armoniosa della sua dama, che cantava, con garbo, una canzone villereccia allo111 in voga.. E' non l

Martù~i sconosciuti !11 fece più un passo, ma come inca ·1tato, ste1.te ad U.St; u ltare : gli pareva un angelo sceso dal cielo in terra pet• cantare una canzone del Paradiso. E quando il canto cessò, egli si slanciò, o per meglio dn·e, si arrampicò sn per la siepe alta· e fitta, che separava la stra1etta dai campi, balzò tutto d'un salto dall'altra parte, e via pei colti, facendosi larg0 con le mani, fra le piante del gr·an · turco e delle segale, per non ischiant1rle o calpest:lrle, finchè capitò là donde aveva ascoltato la voce della Nua G1gina. Costei, accoccolata a pie' d'un ciliegio, snpra i 1 quale tentava avviticchiarsi una vite pampinosa, stava coprendo con alcune foglie verdi e fresche, nn cestellino di belle ciliegie visciole, che aveva finito allora allora ùi cogliere. Egli le fa dappresso, senza che la se n'accorgesse, e si . ristette un momento a rimirarla a suo bel - l'agio, rquasi ammaliato. E non c'è da m:1.ra.vjgUa.rsi: giacchè la era tanto vezzosa, accoccolata a quel rnoùo . fra quel verde ga.jo del granturco, sotto a quel bal,lacèhino bellissimo di pampini, e accomodava con 1 anto garbo le foglie sopra il cestellino, con le sue manine un tantino abbronzate, che tu l'avresti detta la fata benigna de' campi.... La Gigi a, pensando forse d'andare a casa, alzò gli occhi, e vedutosi davanti il da. m o, diventò tutto a un tratto rossa., lo guardò come stupita, e forrise. N anni riavutosi in un batter d'occhio fu tra le sue b · accia ' esclamando in modo tenero. - Amor mio! amor mio! - Bricconcello ! - esclamò lei scherzando - o come facesti a scovarmi qui 1 -- Non sapevo nulla, io, che tu ci fossi. Ero a J•asseggiare, di là, in quella stradetta; T'ho sentito a ca.nta1·e, h~ varcato la siepe, e son venuto via a traverso i campi. Quant'è, che tu sei qui?

Biblioteca Patriottica \ - Un'ora, o poco più. Vedi, ho c61to delle ciliegje; eccole; guarda che bellezza? T o', mangiane, via! - E mentre diceva così, mettevasi il castellino in g1·dmbo, ne rimoveva le foglie, che lo coprivano, eppoi, cing~ndo · col suo braccio il collo del damo, appressava la sua gl',aziosa testina a quella di lui; e pigliando con l'altra rnano una bella ciocchettina di ciliegie, gliele accostava ·~ alla bocca, vezzeggiando. E lui, come farebba un bambino con la mamma, le coglieva dalla sua mano, a.d una ad una, con le labbra> e le sorrideva, e la careggiava beatamente ; e chiamavala brutta! allor che lei, facendo finta di dargliene, tirava indietro con .fina malizietta sorridendo. E così giocolarono un pezzettino ; e poj, dando ambedue in un'allegra risata, si rimisero a chiaccherare. -· Sai? - le diceva Nanni, giocando coi ricciolini di lei , che, civettini, le ombreggiava.no alla fronte - oggi ho concorso di nuovo a un posto. - Di' tu davvero? Ho sentito a dire, stamani, che il nostro povero maestro ha rinunciat(l; ha' tu forse con· e orso al posto di lui ? - O brava la mia Gigina! ti sei apposta bene, tu; gli è appunto al suo posto, che ho concorso, e spero, questa volta di non fare un buco nell'acqua. La vezzosa Gigina iimenò un pochino il capo, come chi è dubbioso sull'esito d~una cosa; il sno poYero Nanni aveva concorso a tanti posti; e sempre aveva fatto bu- (·hi nell'acqua; aveva avuto tante belle speranze, che poi da ultimo erano ite in fumo; e insieme a lui, per tanti disinganni, tanto aveva ella sofferto, che proprio proprio la non ci credava piti nulla.

Martiri sconosc·iuti 33 - T'intendo - soggiunse Nanni - tu fosti scottata dall'acqua calda, e, per conseguenza hai paura anche di quella fredda; epperò, se non credi più ai concorsi, non so che dire, tu hai ragione. Io pure, se ho a dire il vero ci ho po.ca fiducia., e certamente non avrei concorso, se Angiolino m'~ vesse stimolato, dicendomi esBere io quasi sicuro del posto, e tante altre belle cose. E ho poi pensato, che non concorrendo, la gente sarebbe stata lì pronta a darmi del pigrone; perchè tu sai, com'é fatta la gente! - Eh, non dico, che tu abb :a fatto male; anzi hai fatto benissimo: dico solo, che mi fido poco di que' figuri, là, dèl comune, di quei patres conscripti , come tu li chiami., i quali, poco su poco giù, ti vedono tutti di mal occhio. Ad ogni modo staremo a vedere: chi perde meno in que· sta faccenda sei tu.~ - - Anch'io ho pensato cosi. La Gigia si alzò in piedi, e guardando il sole già declinante verso i monti, disse: - Senti, Nanni, ora bisogna, ch'io men vada, poichè vedo che il sole si fa basso, e i miei m'aspettano; ci vìeni anche tu? - Non vorrei, che... - GuaJ•da; ne' camp] e' non e'è anima viva; e, come vedi, la strada è a due passi di qui. .. - Bene, andiamo. - E, attraversati i campì, si mia0ro in via tenendosi bellamente per mano, como soglioro fare gl'innamorati; l ridendo e chiaccherando di liete e amurose cose, g1unsero a casa, che gli era quasi sull'jm o brunire. lvi, la famiglia della Gigia si stava riposa;nclo sotto alcuni alberi frondosi, ch'erano d:nanzi alla casa, dalle fatiche della giornata, aspettando che Ja wa"saia preparasse da cena. Alcuni di quest.i erano sdraiati per 3 - M .A.RTIRI.

34 Biblioteca Patriottica terra, altri seduti su panchetti; accanto all 'uscio una soralla minor~ di Gigia rispondeva alle domande insi- , stenti d'una bambina chiaccherina, e, di quand'in quando, 8e la stringeva al seno, e la baciava; poco più in là u~a f::tnciullina vi q petta ca.nterellava a cavalcioni di una vec· chia ceppaia, acconciando le sue vesti alla sua bambola, e qua e là per l'aia si r,ncorrevano due bambini facendo un chiasso indiavolato. Questa famiglia ·di campagnuoli possidenti , una delle migliori, era, r elativamente parlando; ac;;sai agiata; contut tociò e' non c'era nessuno d~i compo1enti di ess1., che disdegnasse attendere ai lavori camperecci; e tutti il facevano . volentieri, percbè i più fatico~i erano sempre fatti dali(.) opre che solevano averne sempre di molte. La Gigia, nonrlimeno era casalinga; nia perchè brava da casa, sia perchè, gracile assai della persona, non avrebbe potuto r ( sistere a lungo alle asprd fatiche de' campi. La fami glia ve~leva di buon occ ~ do il nost.ro Nanni; ed ePa li eta, e si teneva per onorata, che lui facesse all'amore con la loro Gigia. Non così il . padre di lei, che uomo freddo e di pasta grossa, non sapeva che cosa fosse vero am ·re; e gli ~apeva male che una sua figliuf)la discorresse con un giovane, che non faceva altro, diceva , che perdere il propdo tempo a lam. b1ccarsi il cervello sui libri. Secondo lui, un bravo bovaro che sapesse guidar bene l'arateo, sarebbe stato molto meglio d'un maestro senza pane; eppBrciò vedeva un po' mal volentieri l'amorosa e soavcl e pur innocentissima di. mestichezza, che c'era fra i due amanti; e talvolta borb ::ttava, stizzoso, c n la moglie, rimproverandola di tener mano ai loro amori, che a lui non piacevano affatto per- _ chè tiravano un po' troppo in lungo; e aggiungeva, .che , ..

Martiri sconosciuti 35 - - ·-·--- i scaldaseggiole non gli ePano m ai piaciuti; che le cose lunghe troppo diventan serpi, e m ili e altre rose. E qubl_ che scenata la faceva pure ctn la Gigia, la quale, poverina, non osando rispondere al padre, nPppur~ per difendersi, taceva., e in silenzio si struggeva per le amare parole, che lui diceva dietro le spalle al suo damo. Con tutto ciò quelle piccole burrasche passavan presto, e, tornando Nanni, la. fronte della bella addolorata, rasserenavasi tosto, come sub ito si rasserena il cielo , allor .. chè, cessato il temporale, compare il primo raggio del sole. Appena fu veduta la Gigia venire col ce.1. tellino delle ciriegie in braccio, i bambini, smesso di ruzzolare le corsero incontro, e con le lot10 manine paffutelle tentavaiJO di art•i v are il cestellino, di acchiapparlo, e· impadronir.. sene; e la fanciullina, balzando giù dalla ceppaìa , si cacciò la bambola sotto un b raecio, e coi·rendo incontro alla Gigja, le gridava: - Dammelo a me, il cestelli no, dam - melo a me. - A me! a me! - gridavano i bambini, tiran dola per le pieghe della sottana; e la Gigia, sorridendo, lo di0de a loro, accarezzandoli, e loro, mandando grida festo se ' lo portarono, correndo, al babbo. La fanciullina, invece si tirò da parte, imbronciata; ma poco ci stette: cbè, vedendo tutti i suoi intorno al cestelli~o a mangiarsi le eirieJ ie, lasciò il broncio, e andò a ficcarsi fra loro come un pulcino rima~to ad lietro èorre sotto le ali della ehioccia appollaiata. Un momento dopo sbucò fuori con una manata di ciriege, e si mise a gridare, tutta festosa Il cursore! il cursore! Tutti si volsero , e v~ dei o, diffat ti; vel1ir avanti il cursore, che camminando, com'era solito

36 Biblioteca Patriottica con passo frettoloso, mostrava in volto d'essere oltre· modo lieto. Tutti lo guardavano curiosa~Lente, e Nanni più di tutt'; e andatogli incontro, gli chiese, non senza un po' di timore, come fosse ita la fa,ccenda: - Beaone - gli rispose il cursore; e por•genùogli una lettera, con v\nto di bollo munic pale, svg~iun~e: To'. leggi. Nannj la prese, e lesse ammiccando allc1 dama Mua, che stava lì poco di ·~tante, r,tta, e c.ome sospesa tra il timore e la speranz~; e man mano elle leggeva, il volto dì lui s'an;- dava rasserenando; e quand'ebbe finito, si buttò in braccio all'amico, con un abbandono talmente affettuoso-, che meglio non avrebbe potuto espr·imere a lui la gioia ·sua e la sua gratitudine. E l'am· co, commosio insino in fondo al cuore, lo prese per un · braccio, e appressandosi a quei di casa, che sin allora avevano · attentamente osservato, senza U11lla compr-eudere, disse: Ecco qui il nuovo maestro di TuUuriana... E voleva aggiungere ancora qualche. altra parol11, ma poveretto, null'altro potè dire, e si voltò da un'altra parte, con gli occhi lustri lustr·i, che quasi da va n l agrime. Proprio in quel momento e.ra comparsa sull'uscio di casa la massaia, tutl·a rossa in faccia e con le man.jcbe rimboccate intino ai gomiti e le mani sui fianchi; e udendo la lieta novella, non potè trattenorsi dall' e~clamare: - Ma è egli proprio vero ? - Diamine! - r~spose il cursore, un pò piccato - o che volete, vo', ch'io venga a dir·vi delle frottole? Chiedete a Nanni, se ho detto la verità, io. - Si, è vero - disse Nanni - ecco qui: questa è la lettera di partecipazione, come si suoi dire· e domani ' ' a quanto mi si scrive, dovrò domani incominciare a dar lezione.

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