Da questi e da altri sintomi io traggo l'auspicio che le diverse scuole socialistiche, abbandonati i dommi, le formule e le varie idiosincrasie, inizino e proseguano la revisione completa delle loro dottrine; perché ciò che vi è di indistruttibile nel grandioso movimento socialista internazionale - l'aspirazione ad una maggiore e più vera giustizia nei rapporti tra gli uomini - non può, non deve perire. STATO O NON-STATO* Caro Fabbri, Le vostre interminabili discussioni e polemiche - Stato o non Stato, governo o non governo, organizzazione o non organizzazione - mi paiono un. po' accademiche: intanto, mentre voi dite di no, quelli fanno di sì, e come! Abbiamo lo Stato, il governo e il resto e guai a chi non si sottomette. La questione, del resto, mi pare ne nasconda un'altra più radicale: si può fare a meno della forza nei rapporti sociali, la si può eliminare da essi completamente? e se non se ne può fare a meno, la si può almeno contenere in certi limiti, e come dev'essere organizzato, esercitato e contenuto in giusti limiti quel minimo di forza - o potere - che è necessario a mantenere in piedi la società e a difende!la dalle esorbitanze dei singoli? Perché 20 o 40 o 60 milioni di abitanti di un paese, tra ignoranti e sapienti, rozzi e civili, cattivi e buoni, ecc., ecc., aventi costumi e modi di vivere diversi e diverse opinioni e interessi, ma chiusi nello stesso spazio e costretti a vivere l'uno accanto all'altro, a sfruttare la_stessa terra, a procedere per le stesse vie, quindi ad urtarsi, ad . . . . . . . unirsi, a separarsi ogni momento, non possono essere tenuti 1ns1eme * Pensiero e Volontà, numero 11 del I luglio e numero 13 del 16 agosto 1926, che furono tra gli ultimi pubblicati dalla Rivista prima che fosse soppressa insieme con tutta la stampa di opposizione al regime fascista. Le due lettere del Merlino furono ampiamente commentate da Luigi Fabbri, valoroso scrittore e militante anarchico, il quale, non avendo voluto prestare come insegnante il giuramento di fedeltà al regime, espatriò poco dopo clandestinamente e morì dieci anni più tardi a Montevideo. 623 Biblioteca Gino Bianco
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