Francesco Saverio Merlino - Il socialismo senza Marx

Resta la risorsa della rivoluzione. Ma i socialisti democratici, pur dichiarandosi qualche volta rivoluzionari, non agiscono rivoluzionariamente, anzi spesso protestano di voler marciare per la via della legalità. Dunque, essi sono in contraddizione con se medesimi. Se, come crede il Turati, il programma minimo non è un programma socialista, che diritto hanno i socialisti di propugnarlo, e che cosa può valere un'agitazione fatta con un programma contrario ai princìpi che il partito intende ad affermare? L'errore è· di credere che le riforme propugnate nei programmi minimi siano qualcosa di distinto e di diverso dal socialismo. Questo errore fa sì che i socialisti non sappiano a quale criterio ispirarsi per distinguere le riforme utili dalle dannose. I loro programmi minimi sono mosaici. A :fianco ad una proposta d'indole democratica e liberale ve n'è un'altra d'indole perfettamente opposta. E poi le varie riforme sono propugnate dai socialisti svogliatamente e con poca fede (come ha confessato il Bebel a riguardo della giornata di otto ore) e non senza .un certo loro rimorso di contraddire alla teoria pura ma!xista, che è essenzialmente rivoluzionaria e fonda la speranza di una rivoluzione nell'acuirsi della lotta di classe per effetto del crescere dell'opulenza dei capitalisti e della miseria degli operai. Frattanto il programma minimo, imposto ai socialisti d~lle esigenze della vita politica, si va continuamente allargando. Ma i socialisti non hanno compreso -=- o non vogliono ammettere - che la forza di questo programma dev'essere nella sua completezza. Le riforme isolate spesso, benché ottenute, rimangono lettera morta, o non producono gli effetti desiderati; bisogna inve- . stire da tutte le parti l'ordinamento sociale attuale con riforme di vario genere che· si sostengano e rafforzino a vicenda ( « L'utopia collettivista », 1898, pp. 31-34 ). Lottando per ogni so~ta di riforme pratiche, non si rinuncia affatt~ all'ideale, non si accetta neppure una sola delle attuali istituzioni, non si compromettono i princìpi né l'avvenire. E mi pare che non si acquisti la tendenza a conservare l'ordine di cose attuale, come crede il Ferri: anzi si apprende a mutarlo, ma a mutarlo nel fatto, non nell'immaginazione, non sulla carta, non 298 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==