DITTATURA DEL PROLETARIATO. COLLETTIVISMO. La scuola marxista urta appunto in questo scoglio. Uno dei maggiori suoi torti è quello di aver sostenuto che il quarto stato o la classe operaia debba impossessarsi del potere e della ricchezza, esercitare una dittatura, per socializzare l'una e abolire l'altro. Ma una classe, come un individuo, qualunque si sia, giunto ad_accaparrare il potere o la ricchezza (che stanno sempre insieme), non se ne spoglia poi mai volontariamente, anzi tende ad accrescerli e perpetuarli nelle proprie mani. Vi può essere qualche eccezione a questa regol3: per gl'individui, non per le classi. D'altronde, supposto anche che la classe operaia s'impossessi del potere in qualunque modo, chi lo eserciterebbe davvero in suo nome sarebbe un piccolo numero di persone che tende- ·rebbero à divenire nuovamente classe dirigente e possidente, sicché si ritornerebbe allo stato attuale. Il « Manifesto comu- ·nista » è viziato da questo errore fondamentale, che consiste nel credere che il potere possa essere posseduto realmente dalla moltitudine, e che la classe operaia, o chi per essa, afferrato il potere, lo distruggerebbe poi abdicando a beneficio della società tutta quanta. La « dittatura del proletariato » di cui parlano i socialisti democratici, non sarebbe nel fatto che la dittatura del partito, o piuttosto dello stato maggiore del partito. A~traversato pure il periodo rivoluzionario, i marxisti ritengono necessario un governo od un'amministrazione centrale (il nome non muta la cosa), che tracci il piano generale della produzione, che faccia il bilancio sociale.8 Fatto questo piano, l'amministrazione centrale o nominerebbe dei funzionari nelle · varie località, i quali destinerebbero su per giù a loro talento gl'individui ai vari mestieri, nominerebbero i capi d'arte, ecc.; oppure, volendo evitare codesta tirannide burocratica cento volte peggiore della tirannid~ capitalistica, l'amministrazione centrale dovrebbe dividere il lavoro fra i corpi di mestiere, imponendo 8 Bebel, « La donna e il socialismo», ediz. it., pag. 334. 207 Biblioteca Gino Bianco
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