LA BORGHESIA 201 pellanza alla Camera, si occuperà dei commercianti di liquori e non degli affamati pugliesi, o di quelli del suo paese. Oggi. finalmente, i nostri poeti cantano l'eterno femminino regale e la scienza proclama l'eroismo delitto e il genio follia! La letteratura ha avuto anch'essa i suoi bei di prirna del 1860. Una miriade di poeti. di letter~ti, di polemisti alternavano la penna col fucile e viceversa. Scuole, gruppi artistici indipendenti si affacciavano sulla scena ed ognuna di quelle apparizioni eran lampi rischiaratori delle tenebre. Ogni libro era una battaglia:· ogni circolo studentesco una congiura. Era l'età eroica della nostra letteratura moderna, la quale fu un grido di dolore col Pellico, col Foscolo, col Leopardi; una voce di rivendicazione con il Grossi, il Guerrazzi, il Niccolini; un grido di indignazione col Parini e col Giusti. Tali voci penetravano ben piu lontano della semplice riforma politica in senso borghese; erano aspirazione alla libertà e alla giustizia complete e per tutti. I nostri rivol uzion.ari e i nostri scrittori non erano politicanti, alchimisti del sistema parlamentare. Vasco, Russo. Pisacane, Cattaneo, Quadrio, Vanini, Ferrari furono tutti piu o meno socialisti. E precorsero assai il loro tempo. Dopo il 1860, la .letteratura ebbe ancora qualche sprazzo e ci fu perfino un momento, in cui parve che volesse lanciarsi e rendersi interprete delle rivendicazioni popolari. Era il tempo, in cui il Carducci cantava Satana e la « forza vindice della ragione », in cui Guerrini invitava i borghesi all'impiccagione; in cui Rapisardi scriveva « Giustizia », quel prolungato grido di dolore del popolo lavoratore, quel volumetto di liriche che vale tanti volumi d'inchieste, e Giobbe, capolavoro stilistico di audacia. E Onofrio, Fontana e cento altri giovani scrittori parevano volersi ispirare alle nuove esigenze delle mass·e, rispondere all'appello del popolo, suonare la squilla della sua emancipazione. Tutto quel movimento, salvo qualche eccezione, oggi è cessato. Il Carducci, dopo aver chiamato vile l'Italia, compone inni per la regina e per il principino: e i suoi discepoli riserbano gli accordi della loro lira agli orizzontali. Il Carducci attraversa, a quanto mi è stato detto, un periodo di transizione. di ricerca. La sua poesia è rivolta piuttosto al passato che all'avvenire. Egli chiede la sua forma poetica all'antichità come Cossa chiedeva ad essa gli argomenti dei suoi drammi. BibliotecaGino Bianco
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