F.S. Merlino - Questa è l'Italia

LA BORGHESIA 199 del paese si oscurò, il sole che lo illuminava si ritrasse. ~fazzini e Garibaldi erano politicamente morti. L'uno occupò i suoi ultimi giorni a maledire l'Internazionale. L'altro si fece 1netter in pension~ dal governo. Alla generazione che aveva combattuto e seminato, ne succedette una ansiosa di raccogliere. Giovanotti, che avevano uno stato di· servizio per aver fatto parte di associazioni costituzionali e della stampa .ufficiosa, aspettavano l'età legale per « conquistare il loro collegio elettorale. » Inviati a Roma dalla pietà, o dall'indifferenza dei loro concittadini, cercavano di soddisfare le loro aspirazioni nei saloni arfatocratici, come un tempo, a Torino, i loro predecessori facevano dalla Signora Adele. Chi è vissuto, anche per .breve, tempo, tra quei « primi cittadini» può ripetere: Roma veduta, fede perduta. Ah! non è questa l'Italia che avevamo imparato ad amare nella nostra giovinezza. Ricordiamo ancora con commozione i oei giorni trascorsi all'Università di Napoli, il bel sogno di Jibertà e di giustizia da noi fatto allora, sogno che durò, ahimé, come le rose, lo spazio di un mattino. Vi insegnavano uomini già condannati a morte o all'ergastolo, combattenti, perseguitati di un tempo, testimonianze viventi dell'ingiustizia dei governi; ~ gl'Imbriani, i Settembrini, i De Sanctis, i Dall'Ongaro, i Tari, i Zuppetta. Stavano sdegnosamente in disparte dalla politica e dal nuovo governo, che scivolava rapidamente sulla vecchia china. La loro eloquenza, il loro aspetto da galantuomini, il racconto che aleggiava intorno ad essi delle loro gesta e dei loro martirii, tutto ciò colpiva le nostre immaginazioni, trasportandoci in una regione superiore e modellava i no:>tri sentirneP-t!i, insegnandoci a prediligere la libe-rtà e a disprezzare il dispotismo. Accorrevamo da tutte le facoltà, , per ascoltare la loro parola ispirata; perché, allora, la libertà degli studi non era ancora soffocata dal regolamento a oltranza: si fraternizzava nell'amore di tutto quello ch'era bello e sublime. Il Settembrini festeggiava l'anniversario della sua condanna a morte, e, alla lezione seguente, ci raccontava, con semplicità, ciò che accadde nel piu intimo dell'anima sua, nei momenti in cui aspettava l'esecuzione dell'iniqua sentenza. P. E. Imbriani portava perpetuo lutto per suo figlio Giorgio, nostro compagno, caduto sul campo a Digione; e ci aveva tutti cari, corne se gli tenessimo luogo del suo figliolo diletto: e, quando tuonava dalla cattedra, mostrava il polso, gonfiato dalle catene che aveva tanto a lungo sopportate. Tari inetteva tutta l'anima nelle sue lezioni di estetica e ci rapiva BibliotecaGino Bianco

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