ALESSANDRO SCHIAVI LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI OPERENUOVE - ROMA
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LA VITA E 'L'OPERA - DI GIACOMO MATTEOTTI Biblioteca Gino Bianco
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ALESSANDRO SCHIAVI LA VITA. E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI OPERE NUOVE Biblioteca Gino Bianco
Prima edi;done: maggio 1957 © Copyright 1957 by Editoriale « Opere Nuove » Editoriale Opere Nuove • Casella Postale 211 - Roma-Centro BibliotecaGino Bianco
PREFAZIONE Non vi è città grande o piccola o borgo o villaggio in cui non ci sia una strada, un corso o un viale intitolato a Giacomo Mattèotti, il quale tiene il posto, per l'intitolazione viaria, dei santi ai quali era, nel lo.ntano passato, ded.icata una cattedrale, una chiesa, r0 una cappella. A Matteotti, infatti, come a quei santi, va il pensiero, la devozione e l'affetto di moltitudini di anziani e di giovani, non per invocarne aiu~o e intromissione per grazie dall'Altissimo, ma per esprimere gratitudine, per trarne esempio, per consolidare la fede nell'Idea per la quale egli dette consapevolmente la vita. Di esempio egli fu, si può dire, sin dalla puerizia, quando, sulla traccia del fratello maggiore, guardandosi attorno tra le folle dei campagnoli, sentì tutto il rammarico della· loro condizione di abitazione, di lavoro, di salario, che ne faceva degli esseri inferiori · per tenor di vita, per soggezione e indegnità, a una minoranza di possidenti la terra sconoscenti fin dei diritti elementari dell'uomo, idealmente a loro pari, ma realmente sfruttato come una cosa senza. anima. BibliotecaGino Bianco
8 LA VITA E ll'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI Quegli aspetti della condizione sub-umana dei suoi fratelli del Polesine .così desolato, così povero ed ingrato, si impr.essero nella sua mente e determinarono il suo proposito missionario di dedicarsi alla causa dei diseredati per svegliarli alla comprensione dei loro diritti, per sost.enerli nelle lotte di cui avevano avuto anni prima qualche esempio infausto nell,esito degli scioperi ma fecondo nella diffusione dell,idea, per difenderli, istruirli, educarli alle esigenze della organizzazione. A questa missione egli si dedicava in due modi. Primo: rivedere i patti colonici e tariffarii in cO'nfronto ai padroni della terra e proporne la revisione, col migliommento delle paghe, la limitazione delle prestazioni orarie, presupposto iniziale per alleviare la sottonutriziowe f,orz.ata delle famiglie; suggerire i meizzi di lotta per ottenere i miglioramenti richiesti, .escludendo sempre le f-0rme violente, sia collettive sia individuali, contro chicchessia degli iwversari, anche se provocatori e persecutori. Secondo: organizzare i lavoratori in associazÌO'ni di mestiere, in cooperative di lavoro e di consumo, e partecipare personalmente, nelle ,ore serali o festive, all,ammaestramento della tenuta dell'amministrazione, p.er evitare errori, sp•erperi e incongruenze nella contabilità; preparare i cittadini elettori alla gestione della cosa; pubblica nei Comuni, sia oome consiglieri che come ass.essori o sindaci, e dando egli stesso l'esempio, nei consessi di cui faceva parte, di esperienza e di pratica •amministrativa p·er il bene della comunità. Su questo terr.eno della realtà per le conquiste di ogni giorno, egli era prodigo della sua intelligenza, della sua esperienza, del suo c,oraggio, ben più che norn sul terreno della te,oria e della dottrina politica, BibliotecaGino Bianco
PREFAZIONE 9 Sebbene, anche in quest.o, allorché fu chiamato alla Segreteria del Partit•oSocialista Unitario staccatosi dai comunisti e dai socialisti massimalisti, egli non mancasse di aff ermare i principii ,di libertà e di democrazia del socialismo democratico in confronto dei comunisti prima, dei fascisti poi. Ed è contro questi ultimi, in essenzial modo, che egli, fuori e dentr.o al Parlamento, nella stampa su giornali ed opuscoli e alla tribu1'1!a,senza .ost1:ntazione, senza rettorica, ma con un coraggio istintivo, naturale, denunciò fin dal giorno della formazione de.Z primo Fascio• in MilaJno, i fini, i metodi incivili, antidemocratici e quindi 'rltegativi per la causa dei lavoratori. . Qui rifulse, tm l'alfr,o, eletto che fu deputato, la sua dote di .attento, vigile finanziere, sia nella Commissione Finanze e Tesoro della Camera come nei dibattiti in aula e di formulatore, nella stampa, di veri atti di accusa contro la politica fascista, sia denunciando le mernzognere affermazioni di sicure riforme del Governo fascista, come dimostrando la inanità dei provvèdimenti adottati. E quando, in ogni p(J)rted,ltalia, incominciò a scorrere sangue di antifascisti, di qualsiasi c,olore politico, egli, ad altissima voce denunciò, caso per caso, ·i delitti che si venivano .consum(J)ndo,e le inv·asioni di comuni, e di cooperative socialiste, e la loro distruzione o il loro accaparramento. E sempre, in ogni forma ed occasione di lotta, egli fu di p.ersona in mezzo ai suoi compagni, e anche tra gli ·avversari armati e minacciosi, fermo, calmo, irremovibile, disposto ad accettare e subire qualunque violenza verbale o fisica, pur di non piegare alle s,òpraffazioni avversarie. BibliotecaGino Bianco
10 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI Né fu meno esigente, quale segretario del suo partito, - verso i suoi compagni deputati, spronandoli, eccitandoli, rimproverandoli, accorandosi della loro incomprensione dei doveri dell'ora dentro e fuori del Parlamento, pago soltanto, quale compenso, d<ell'affett,o paterno del suo maestro ed amico Filippo Turati. E come tanti ,di quei martiri venerati dai cre,denti sugli altari, anch',egli ebbe la prescienza che colle sue demmcie, e con le sue ac,cuse, egli si preparava il martirio, e si accingeva a pagar oolla vita la sua crociata contro la dittatura mussoliniana. Come è stato detto di Gesù che, dolce e umile di cuore, ha fatto sibilare una frusta sul dosso dei mercanti immondi, che furono le maledizioni che risvegliarono nei Farisei il primo desiderio di ucciderlo, c.osì, fin da quando Matteotti oominciò ,a notare, elencare, denwnci:are gli errori, le prepo_- tenze, le violenze, gli omicidi dei fascisti, senza tregua, colla promessa e la minaccia di ulteriori, continue denuncie ed . accuse davanti all'opini one pubblica del morr,;do intero, nacque nelle alte gerarchie il pensiero di eliminare dalla scena un avversario così disposto e deciso a nulla perdonare e a nulla dimenticare dei misfatti di Mussolini e d.ei suoi oomplici. Quel che c'era in lui, Matteotti, era soltanto fame e sete di giustizia, ma non fame e sete di vendetta, disposto · com'-era, per indole e per formazione ed educazione mentale, a soffrire persecuzioni per la giustizia, ma non mai a perseguitare chicchessia in nome della giustizia. Nella sua lotta contro i potenti, i ricchi, i dominatori dell'ora o di sempre, contro coloro che confondono la mistica colla politica e credono di coonest,are così la, loro condotta BibliotecaGino Bianco
PREFAZIONE nei riguardi dei pi,ccoli, Matteotti. non fu mai animato dal piacere ,di raggiungere l'avversario, di dominare, di essere il più forte, né mai si lasciò guidare dall'irritazione, dalla collera, dal disprezw, se non proprio dall'odio, di cui erano compenetrati i suoi avversari e che ,essi prodigavano contro chiunque non obbedisse all',ideologia di cui avevano fatto il loro idolo. E così venne, per lui, il fatale pomeriggio del 10 giugno 1924. Ed e,cco che l'opinione pubblica italiana si sveglia come dinnanzi ad un ,evento soprannaturale che è f,oriero di un rovesciamento della situazione politica per un ritorno ad un regime di libertà, e ansiosa attende che le rappresentanze antifasciste, e, più in alto ancora, quelle dinastiche, di fronte ad un così orrend,o scempio della personalità di un eletto del Paese, fuori e dentro al Parlamento muovano e sommuovano le acque putride del regime e lo spazzino via, in nome del rispetto della Carta statutaria. Frattanto, mentre si cercava il corpo trafugato del povero ucciso, si armeggiava sottilmente negli organi di Governo e di polizia per togliere al misfatto il suo vero carattere crimin'oso, per eludere le accuse denunciatrici degli assassini e, quel che più conta, dei mandanti, anzi, del mandante, lo smarrimento, la paura, il desiderio di fuga, l'ansia di rinnegament,o della « cimioe », invadevano e percorrevano le file dei militi e degli iscritti al Partito, e, .all'incontr~, propositi di esecuzione del « Capo », stringevano assieme gruppi di antifascisti pronti à sc,endere nella capitale. I deputati e i senatori· d.ell'Opposizione disertarono le aule del Parlamento e si ar11occaronosull'Aventin,o, confidando di rappr.esentare così davanti al Paese il segnacolo in vessillo della rivolta e lasciando libera la parola e l'azione BibliotecaGinoBianco
12 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI al Governo dentro e fuori dell'Assemblea nazionale, e contando sul passar dei giorni, delle settimane, dei mesi ... senza che alcun att:o capace di mettere in movimento la massa dei cittadini per una forma risolutiva della situazione, si fosse potuto compiere. E non fu nulla. La protesta, sì, fu impetuosa, clamorosa, sd,egnosa, ma non fu sufficiente a sommuovere l'opinione pubblica sino all'.azione. Fu però una protesta che si incise nei cuori come un formidabile ]'accuse, sempre viva, sempre in attesa di una risposta, di una confutazione; fu, com.e affermò Turati in esilio, un Calvario su cui l'Italia fu inchiodata alla sua croce, presenti le due immagini di Matteotti e di Amendola, invendicati. Parve per un momento che dovessero ridar olio alla fiamma i processi contro gli assassini in Senato e in Corte d'Assis,e, ma essi non furono .che una farsa, wna brutta farsa la quale, anzi, ridette .ad alcuni colpev,oli cariche, prebende e prestigio sotto l'uniforme n,,era della milizia fascista. E gli italiani che avevano sp,erato nel sussulto liberatore, che, braccati in patria. e suggellat,e le bocche, dovettero fuoruscire in volontario esilio, e sempre fiduciosi nella risposta che inconfutabilmente la storia finisce col dar;e alla accusa in nome di quell'assassinato ancor vivo, sempre vivo, prodigarono tutte le loro energie a far oonoscere ai popoli vicini e lontani che li ospitavano, chi era stato Giacomo Matteotti, chi era Benito Mussolini, ,e qual' era il suo regime, e, confutando le menzogne colle quali si ammantava e inorpellava, e le illusioni che facevamo, lor travedere le cose d'Italia politici responsabili di elette Nazioni, misero BibliotecaGino Bianco
PREFAZIONE 13 in guardia i popoli stessi contro il pericolo che il modello italico trovasse imitatori, sovvertendo e travolgendo democrazia, libertà, giustizia fino alla guerra fatialmente dissolutrice della dittatura ,e, pur tra il sangue e le rovine, ultima ratio della redenzione. Quq,nto è qui adombrati) in sintesi, viene documentato in questo libro, che è come un mosaico di tessere foggiate e colorate, tratte ,da articoli, discorsi, lettere, dove parlano direttamente gli attori della grande tragedia, e i testimoni che vi assistettero, e dal quale apparirà al lettore la figura di Giacomo Matteotti il quale, ognor più che il tempo passa, grandeggia nella coscienza pubblica dei paesi civili, per condannare definitivamente tutti i totalitarismi dittatoriali e rivalorizzare gli istituti purificatori della . civiltà moderna. E dalle targhe sulle strade di ogni città d'Italia, come dalle immagini dei santi sugli altari di ogni chiesa, il nome di Giacomo Matte,otti rimane e rimarrà a ricordare che i grandi ideali si conquistano, si .conservan•oe si servono colla devozione, colla dedizione, e col sacrificio della persona fisica per il b,ene non proprio pàsonale, ma per quello di tutti i fratelli che lo abbiano dimenticato o perduto. ALESSANDRO SCHIAVI BibliotecaGino Bianco
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I COME DIVENNE SOCIALISTA Biblioteca Gino Bianco
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I PRODROMI DEL MOVIMENTO Quando il 22 di maggio del 1885 nacque a Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, Giacomo Matteotti, in tutta la valle padana l'atmosfera era arroventatà dal movimento dei braccianti combattenti per conquistare una lira di più di salario al giorno, movimento contro il quale autorità e proprietari mossero tutte le forze di cui disponevano: polizia, soldati, giudici di corte d'assise. Vale la pena di rievocare quegli avvenimenti che prepararono l'atmosfera sociale entro la quale doveva crescere e formarsi il futuro condottiero di quel movimento. Intorno al 1881, le idee socialiste « che già nel 1876, per mezzo dell'Associazione· Generale dei Lavoratori, avevano cominciato a diffondersi nella campagna, si propagarono rapidamente tra i contadini del basso mantovano » i quali, disoccupati ed esasperati « decisero di imporsi ai padroni sfruttatori che pagano 60 centesimi al giorno», come si scriveva su « La Favilla» del 30 marzo 1882.1 Il 28 marzo di quell'anno i lavoratori delle risaie di Moglia di Gonzaga, dopo aver chiesto che la paga giorna1 Le notizie qui esposte, citando anche brani fra virgolette, sono attinte da uno studio di CLARA CASTAONOLI: Il movimento contadino nel mantovano dal 1886 al movimento de « La Boje », in « Movimento operaio», maggio-agosto 1955, pp. 405-419. 2 - Giacomo Matleolli Biblioteca Gino Bianco
18 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI liera da L. 0,60-1,50 fosse portata a L. 2,50, si misero in sciopero, il quale, di lì, si estese ai comuni limitrofi, eppoi nella provincia di Cremona e di Parma, tendendo a propagarsi fin nel bresciano e. nel piacentino. Nel 1884 « larghe proporzioni il fermento andava assumendo anche tra i contadini di Rovigo. "La Boje " era il grido dei braccianti del Polesine, ammalati di pellagra, malnutriti, con salari di fame. Vasti arresti furono operati tra gli scioperanti del Polesine ». « I proprietari, allarmati dalla rapida organizzazione dei contadini, non vedendo in essa che un movimento inteso a rovinarli, si posero sulla linea di una resistenza cocciuta e irremovibile », e riunitisi in una società di conduttori di fondi, alla quale aderivano quattromila proprietari ed affittuari, tra cui il Conte d'Arco e il Conte Arrivabene, stabilivano una tariffa di L. 1,30 al giorno, alla quale peraltro i proprietari erano. liberi di non attenersi, ma non vollero mai trattare con i rappresentanti dei contadini, e, all'approssimarsi della data del 1 ° aprile 1885 da essi prevista come l'inizio di una vera e propria rivoluzione, per impedirla e prevenirla, togliendo a pretesto valido per la repressione l'atto di alcuni irresponsabili che procedettero al taglio di viti a Revere, ottennero che la mattina del 26 marzo 1885 la forza pubblica procedesse all'arresto dei capi del movimento contadino, in tutto 168. « Ma i contadini non si arresero. Sostituirono subito i capi-sezione arrestati e con dimostrazioni chiede.vano la liberazione degli arrestati; a Gonzaga sulle porte dei negozi chiusi scrivevano: " Contadini state uniti, non temete le baionette " ». A Mantova, . il 3 dicembre 1885, si teneva il Congresso operaio straordinario dove veniva presa in esame la organizzazione dei contadini e si riconosceva in un ordine del giorno, come unica soluzione, la « rivendicazione del suolo come proprietà comune dei lavoratori della terra»; e si BibliotecaGino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 19 mcancavano tutte le sezioni di contadini di diffondere e organizzare la resistenza nelle campagne, di applicare le tariffe, di promuovere un'agitazione per ottenere che i beni patrimoniali dei comuni fossero divisi fra le famiglie dei contadini. Finalmente, dal 16 febbraio al 27 marzo 1886, veniva celebrato alle Assise di Venezia il processo contro 22 imputati colpevoli « di aver fondato tra• loro in Mantova le due associazioni di contadini e di avere con statuti, regolamenti, tariffe, discorsi in adµnanze ed articoli scritti sulla " Favilla " e sulla " Libera Parola " e con eccitamento allo sciopero, attentato alla sicurezza interna dello Stato mediante atti tendenti al saccheggio e alla strage in Comune di Mantova. « Ma nessun indizio di colpabilità diretta risultò a carico di nessun imputato : solo sospetti e denunce false o eccessive. Venne invece riconosciuta da quasi tutti i testimoni l'onestà e la rettitudine degli accusati e la legalità della loro azione; mentre dei medici documentarono la squallida miseria in cui vivevano i braccianti, la loro alimentazione insufficiente, e la malaria, la scrofola, la pellagra da cui erano colpiti ». · Gli avvoc~ti difensori, fra i quali era Enrico Ferri, chiusero le loro arringhe chiedendo la completa assoluzione degli imputati. E il verdetto dei giurati, emesso il 27 marzo 1886, fu di « completa assoluzione per "tutti». « Il giorno stesso vennero liberati dal carcere; accolti a Mantova entusiasticamente dalla popolazione, vennero portati in trionfo per le vie della città ». La risonanza di questi avvenimenti non si spense tanto · presto, ed anzi si può dire che il movimento di « La Boje » fu come segnacolo in vessillo che alimentò per i decenni successivi la fe~bre della organizzazione proletaria e socialista, e nella quale Giacomo Matteotti, giovinetto, eppoi studente e laureato, trovò dapprima lo specchio per la. BibliotecaGinc-Bianco
20 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI imitazione, e quindi il campo per l'azione diretta da lui svolta sino alla sua scomparsa. Il padre, Gerolamo, di una famiglia di calderai del nativo trentino, trasferitosi a Fratta Polesine ed esercendo un negozio di mercerie e ferramenta sito in una casa - che poi divenne di sua proprietà - nel centro del paese, riuscì ad accumulare una cospicua fortuna che investì in terreni e fabbricati, ciò che gli permise di far percorrere il corso degli studi superiori ai suoi tre figli Matteo, Silvio e Giacomo. Silvio, dedicatosi all'amministrazione delle aziende agricole familiari, moriva a soli ventitrè anni, di poco preceduto dal primogenito prof. Matteo, morto a trentun anni. BibliotecaGino Bianco
GLI INSEGNAMENTI DEL FRATELLO MATTEO Era questi uno studioso di pr<;>blemisociali, e tra i suoi vari saggi, notevole è L'assicurazione contro la disoccupazione (Torino, 1901, Fratelli Bocca, pp. 276), pel quale trasse ispirazione dall'angoscioso spettacolo che, a quel tempo, presentava il problema della disoccupazione nella sua regione. Scrive Matteo nella prefazione al suo studio : « Pensare innumeri braccia poderose, che altro non chieggono se non lavoro umano e buono ed affermano la loro potenzialità produttiva, pensare immense forze naturali che altro non domandano se non di dare il loro generoso aiuto agli umani, ed assistere allo spettacolo -delle braccia inoperose e delle energie naturali inattive, pensare a questo ed assistere agli stenti, alle privazioni, alle torture fisiche e morali, alle miserie inaudite, assistere alla rovina di tanti esseri, nell'intimo dei quali forse ferve _:_ insoddisfatto - il bisogno dell'azione, dell'operosità, del bene, è cosa infinitamente triste». E siccome dubita che si possa quandochessia, o almeno a grande distanza di tempo, eliminare il triste fenomeno, pensa come lenitivo a una forma di assicurazione, la quale « viene ad essere come il complemento naturale e necessario delle assicurazioni_ già esistenti; essa viene a portare · Bib11otecaGino Bianco
22 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI un'altra pietra all'edificio meraviglioso ed imponente che già esiste e dal quale hanno qualche ristoro le m1sene infinite della classe operaia ». Di qui lo studio « paziente » delle vane forme di assicurazione contro la disoccupazione in atto in alcuni paesi, sorretto dalla speranza di non fare opera inutile e animato dal pensiero « della più terribile piaga sociale presente : della disoccupazione». Nel testo del volume l' A. cita fra l'altro « il diritto al lavoro», proclamato per primo da Charles Fourier e definito da Rudolf Singer, citato, « un diritto inerente ad ogni cittadino capace di lavorare, e disoccupato, d'ottenere dallo stato o dagli aitri corpi pubblici (comune, provincia) la somministrazione di lavoro (qualificato e non qualificato) atto a garantire un'esistenza sufficientemente sicura all'individuo stesso ». Ma, osserva il Matteotti, è questa una definizione che mostra la piena inconsistenza di quel diritto nell'odierna costituzione economica. Infatti, esso presupporrebbe che chi non trova lavoro presso un imprenditore privato, ha diritto ad esigere questo lavoro dallo Stato, ma siccome a tal fine « lo Stato, e ciò specialmente in tempo di crisi, sarebbe costretto a trasformare la produzione privata in produzione pubblica, trasformazione alla quale precisamente tendono i socialisti», ciò che implicherebbe la istituzione di « un'amministrazione gigantesca, la quale distruggerebbe, nella ripercussione esterna, tutta la: economia delle industrie libere», ne conclude che « da ciò pare evidente come il diritto al lavoro, nel senso di un'occupazione di tutti i disoccupati a mezzo dello stato e dei corpi pubblici, s~ trova oggi in contraddizione col presente organismo economico, nel quale impera amara la legge della libera concorrenza ». E qui cita l'esempio della Svizzera dove la questione del diritto al lavoro principiò ad essere dibattuta al conBibliotecaGino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 23 gresso operaio di Berna del 1888, ponendosi esso, nel programma della classe· operaia, « come fondamento di una esistenza degna dell'uomo di tutti i cittadini ». Ed esso fu oggetto di una petizione all'Assemblea federale che il Consiglio nazionale, nell'aprile 1894, raccomandò ai cittadini di respingere col loro voto, come infatti avvenne. Ma « tutta la pròpaganda pro e contro il diritto al lavoro contribuì intensamente a risvegliare l'attenzione degli svizzeri sulla necessità di venire in aiuto della disoccupazione involontaria, di creare istituti che potessero, almeno, lenire in parte la miseria fisica e morale causata alla classe operaia dalla disoccupazione ». « Senza questa propaganda - conclude - difficilmente si sarebbe avuta nella Svizzera tutta quella fioritura di nuovi istituti e di progetti sempre più perfezionati per la soluzione del grande e difficile problema sociale, dell'assicurazione contro la disoccupazionè ». Entrando poi nell'esame dei modi di far funzionare l'assicurazione, Matteo .Matteotti pone preliminarmente il principio dell'indicazione di un conveniente lavoro ai disoccupati, mercé « una perfetta organizzazione dell'ufficio di mediazione di lavoro, un'organizzazione su basi tali, da poter acquistare la fiducia più completa degli ophai e degli imprenditori», ufficio di mediazione che dev'essere « la base, il substrato della cassa d'assicurazione contro la disoccupazione». E cita, fra gli altri, l'Ufficio di mediazione municipale di Monaco, uno dei meglio organizzati della Germania e già da lui studiato in un articolo sulla « Riforma Sociale » (15 novembre 1899). Dopo aver esaminato « come si svolse a poco a poco l'assicurazione contro la disoccupazione nelle associazioni professionali »; riconosciuto che se quest'assicurazione non poté « estendersi ed allargarsi e diffondere i suoi benefici » a tutta la classe operaia, non fu in causa della deficiente Biblioteca Gino Bianco
24 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI organizzazione dell'assicurazione stessa, bensì solamente perché « non tutti gli operai sono capaci di contribuire al pagamento dei premi, necessari per attuare queste assicurazioni », Matteo Matteotti propone· di « rendere ufficio dello stato anche quest'ultimo compito delle associazioni professionali, serbando la medesima organizzazione che queste associazioni professionali posseggono ». Qui sono in nuce i vari aspetti del problema della disoccupazione e i rimedi escogitati e gli istituti che nel 1919 vennero creati per l'assicurazione contro la disoccupazione. Giacomo, allora sedicenne, sia conversando con lo zio, sia leggendo gli scritti sulla « Riforma sociale » diretta da Luigi Einaudi, sia meditando sul volume qui citato, e guardandosi attorno al suo desolato Polesine, trasse motivi di convincimento sullo stato della popolazione e sui rimedi da apportarvi? È quasi certo, se, appena quattordicenne, racconta Aldo Parini, partecipò al movimento giovanile del Partito Socialista e poi, ventenne - nel 1904 - si iscrisse alla sezione adulti, seguendo l'esempio del fratello Matteo. Al ginnasio e al liceo « Celio » di Rovigo si fece notare come alunno studioso e diligente, si fece stimare e benvolere dagli insegnanti e dai condiscepoli : studioso, non sgobbone, frequentava la biblioteca dei Concordi, attendendo a studi storici e letterari. Ottenuta la licenza liceale, ·continuò gli studi a Bologna nella facoltà di giurisprudenza, frequentando con assiduità le lezioni di diritto penale avendo, come maestro prediletto, Alessandro Stoppato del quale frequentò lo studio, continuando negli studi di diritto penale sotto la sua guida e valendosi anche dei consigli del fratello Matteo. Durante le vacanze scolastiche e dopo conseguita la laurea, viaggiò molto in Italia ed all'estero, un po' per svago ed anche per studio, visitando Germania, Austria, BibliotecaGino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 25 Svizzera, Francia e Inghilterra e impratichendosi nelle rispettive lingue. Nel 1910 - a 25 anni - pubblicò il suo primo libro, un poderoso lavoro, frutto dei suoi diligenti studi di diritto penale: La recidiva - Saggio di revisione critica con dati statistici, edito in Torino dai Fratelli Bocca (Biblioteca antropologico-giuridica, serie I, voi. XI, pp. XVI-439), dove notevole è l'ampiezza della concezione socialista e la visione degli aspetti della vita sociale e del fenomeno della delinquenza, che definì un triste fiore che nasce prevalentemente dal terreno dei fattori economici e sociali. Altri studi penali e di procedi.i'ra pubblicò su « La Rivista di diritto e procedura » diretta dall'on. Eugenio Florian, ed altrove. Era sua intenzione conseguire la libera docenza in diritto penale e stava preparandosi per conseguirla. Non esercitò mai l'avvocatura, però sostenne brillantemente le ragioni dell'on. Galileo Beghi presso la Giunta delle elezioni in contraddittorio con illustri avvocati del Foro romano, ottenendone la convalidazione a deputato per il collegio di Rovigo (XV legislatura) invece del comm. Maneo già proclamato eletto. BibliotecaGino Bianco
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L'AMMINISTRATORE E IL GIORNALISTA Ma né la scienza, né la professione valsero ad attrarlo, di fronte al quadro della grande miseria che regnava sovrana nel suo Polesine e alla voce di quella moltitudine di contadini e di braccianti fra i quali già uomini come Nicola Badaloni 2 diffondevano la parola risvegliatrice e confortatrice del socialismo. Si può affermare che il movimento cooperativista, le Leghe, la Camera del lavoro di Rovigo, le sezioni politiche del Polesine vissero e si svilupparono per il suo impulso e per la sua opera, non trascurando egli mai nella sua attività di propagandista e di organizzatore il soddisfacimento del bisogno profondo dell'elevazione umana, materiale ed economica, dei lavoratori. Una particolare competenza si venne formando come amministratore degli enti locali. Giovanissimo, esordì come amministratore comunale a Villamarzana nelle funzioni di Sindaco e fu poi, prima e dopo la ·guerra, consigliere comunale e assessore a Fratta Polesine ed in un'altra decina di comuni della provincia : Rovigo, Lendinara, Badia, S. Bellino, ecc. Partecipò assi2 Si può leggerne una succinta biografia di A. SCHIAVI, nel volume I pionieri del socialismo nelle campagne, Ed. Opere Nuove, Roma; "Biblioteca Gino Bianco
28 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI duamente ai lavori del Consiglio Provinciale di Rovigo come consigliere per il mandamento di Occhiobello, quale leader della minoranza socialista. Ricoprì la carica di presidente della Deputazione provinciale nel breve periodo di amministrazione socialista durante il 1914. Al Consiglio provinciale pronunciò un discorso contro la guerra il 5 di giugno 1916, che gli valse la denunzia e la condanna per disfattismo. Fu poi assolto in Cassazione dove, col patrocinio di G. Guamieri-Ventimiglia, sostenne la tesi dell'immunità dell'oratore in sede di Consiglio provinciale. Esclusone per sopraggiunte sue incompatibilità, vi ritornò con- le elezioni dell'autunno 1920 che diedero ai socialisti 38 seggi su 40. I problemi scolastici furono oggetto del suo assiduo studio, ed opera diligente ed assidua diede in favore della scuola nel Consiglio provinciale scolastico di Rovigo. Il Congresso dei Comuni socialisti - tenutosi in Bologna il 16-17 gennaio 1916 - gli diede occasione, con due discorsi, di farsi conoscere ai compagni di tutta Italia per la profonda competenza ed esperienza dei problemi ammi- . nistrativi degli enti locali. In questo Congresso, dove erano rappresentati 450 Comuni, Caldara, sindaco di Milano, riferì sulle finanze locali e sulla riforma tributaria, e Zanardi, sindaco di Bologna, sulla politica dei consumi. Quindi altri svolsero relazioni sulla ripresa economica dopo la guerra, sulla autonomia dei Comuni, sui problemi della beneficenza e dell'assistenza, sugli organi di consulenza tecnico-politica e sul credito e gli enti locali. Alla discussione di parecchi di questi argomenti partecipò Giacomo Matteotti colla competenza che gli era propria, ciò che gli valse la nomina a segretario del Comitato direttivo della Lega dei comuni socialisti. · Pubblicò anche parecchi saggi sulla finanza comunale e un piano completo di riforma. La « Critica Sociale», l'« Avanti!», « La Giustizia»,. « La lotta» di Rovigo, il Biblioteca Gino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 29 « Comune moderno», la « Nuova Antologia» lo ebbero a collaboratore assiduo. Nel 1920, egli istituì l'Ufficio di consulenza legale e di ispezione amministrativa per i 63 Comuni del Polesine allora tutti conquistati dai socialisti, facendone affidare la direzione al deputato provinciale Enea Ferraresi, già sindaco di Stienta, competentissimo in materia. Fu appassionato dei problemi della pubblica istruzione. La fondazione di biblioteche popolari e scolastiche e il riordinamento delle scuole primarie dei comuni rurali del Polesine furono precipua opera sua. BibliotecaGino Bianco
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L'ORGANIZZATORE Ma più ampia e più profonda fu la sua opera nell'ordinamento agricolo che è preminente nel suo Polesine, promuovendo la revisione generale dei vigenti rapporti di lavoro in agricoltura, per unificarli in un unico contratto collettivo, rapporti che, nel 1919, erano ancora regolati da ben 70 patti di lavoro su 63 comuni della provincia di Rovigo. Fra il 1919 e il 1920 Matteotti condusse una energica campagna per porre rimedio alla situazione c_reata dai co~duttori di fondi ai lavoratori, aumentando. i salari e diminuendo le ore di lavoro, e per iniziativa della Federazione Nazionale dei Lavoratori della Terra pose due problemi: l'imponibilità della mano d'opera (un lavoratore per ogni 5-6 ettari di terreno catastale) e il collocamento della mano d'opera affidato agli Uffici di collocamento. La lotta fu dura ma venne coronata da successo e il 16 di giugno 1920, a Roma, presso il Ministero dell'Agricoltura, dai rappresentanti dell'associazione proprietari e fittavoli e della Camera del lavoro di Rovigo veniva stipulato un patto agricolo per l'anno 1920-1921.3 3 Purtroppo, ancor oggi, nell'anno di grazia 1957, dobbiamo accertaré nelle zone depresse del Delta Padano, del basso Veneto, del Mantovano, in base alla Inchiesta parlamentare sulla miBibliotecaGino Bianco
32 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI seria (1953), voi. VII, « Aspetti della miseria nel Delta Padano», pp. 69-81, condizioni come queste: Si è riscontrato che a Porto Tolle (Rovigo), vi sono casi di 11 e 12 persone che abitano in uno stesso vano: alla periferia di Rovigo si possono trovare due famiglie in una sola stanza. A Contarina, in 30 vani abitano ben 120 persone. In conseguenza dell'estrema umidità che si riscontra nelle abitazioni e della mancanza di acqua potabile, ricorrenti ·sono tra le malattie il rachitismo, la poliartrite, la gastrite, il tifo, le affezioni polmonari. Il lavoro gravoso e spesso in zone insalubri dà un triste contributo, specie nell'elemento femminile, alle malattie, alla vecchiaia precoce ed alla decadenza fisica. Dalla difficoltà di metter su casa, e dall'insufficienza di abitazioni derivano l'alta percentuale di illegittimi, la promiscuità che favorisce gli incesti, la prostituzione e la miseria. E attingendo all'altra Inchiesta parlamentare sulla disoccupazione (1953), voi. III, tomo I: « La disoccupazione nel Veneto», si legge: « Sono proprio certe zone di campagna ed in particolare quella del Delta Padano che, nonostante la possibilità di guaidagni marginali, presentano, per la loro secolare povertà e la loro arretratezza culturale, i peggiori aspetti della miseria dei disoccupati. Nella bassa Padovana, per es., la zona più ,disagiata della provincia di Padova, a causa della denutrizione si sono raddoppiati, in circa due anni, i casi di tubercolosi ». Nella provincia di Rovigo, anche nel mese di settembre, c1oe nella stagione della campagna saccarifera, rimangono disoccupati circa 6.000 manovali generici, che nei mesi invernali, quando non esistono possibilità di lavori pubblici, aumentano a 11-12 · mila. Si tratta qui, secondo l'Ufficio provinciale del Lavoro di Rovigo, di una mano d'opera priva di qualsiasi qualifica professionale. L'unica disoccupazione agraria è quella bracciantile, a cui si unisce, in tutta la regione, una rilevante sottoccupazione. Finalmente, dopo millenni anche il Delta Padano sta per essere redento dalla sterilità e dalla miseria per effetto della riforma agraria ora in atto. BibliotecaGino Bianco
L'ultimo ritratto di Giacomo Matteotti. BibliotecaGino Bianco
LA MADRE « ... Quando nella scialba mattinata, dentro il borgo che era tutto silente come un camposanto, il feretro fu portato, a braccia di compagni, dalla stazione alla casa, il salotto a terreno era già convertito in cappella ardente. Poco dopo, annunciata da un ansioso mormorio degli astanti, scendeva, barcollando, la signora Isabella ... ». (Turati, v. p. 318) BibliotecaGino Bianco
UN GIUDIZIO DI PIERO GOBETTI Sulla caratteristica personalità di Matt~otti e sulla sua specifica attività in questo periodo preparlamentare, durante le lotte agrarie nelle campagne, scriveva peFSpicuamente Piero Gobetti prima sulla rivista « Rivqluzione liberale » da lui diretta, del 1 ° luglio 1924, eppoi in un suo volumetto,. intitolato Matteotti: osservazioni e giudizi che meritano di restare per la meditazione dei lettori sulla figura del Nostro. « Eretico e oppositore nel partito socialista, poi .tra gli unitari una specie di guardiano della rettitudine politica e della resistenza dei caratteri : sempre alle funzioni più ingrate e alle battaglie più compromesse. Combatté tutta la vita il confusionismo dei blocchi, la massoneria, l'affarismo dei partiti popolari. Era implacabile critico dei dirigenti e si ricorda che giovanissimo in una riunione socialista un nume del socialismo locale aveva dovuto interromperlo: " Tasi tì, che ti ga le braghe curte!" ». « Per la sua energia eccessiva, invadente, pex: il suo spirito critico lo accettavano senza troppo entusiasmo; il suo disprezzo per il quieto vivere e per le abitudini di sopportazione gli alienava i tanti furbi che se ne sentivano umiliati : lo accusavano di ambizione, non lo capivano. Invece, nel momento dell'azione aveva il consenso di tutti, .e riu3 - Giacomo Matteotti Biblioteca Gino Bianco
34 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI scivà a sacrificare anche i più pacifici mostrando come sapeva sacrificare se stesso ». « Anche di questa apparente arroganza e severità la spiegazione è nella sua ascetica solitudine. La sua difficoltà di conoscere le persone e di essere riconosciuto per quel che valeva, rientrano in un austero culto del silenzio, in una ferrea sicurezza di sé. In lui era fondamentale la difficoltà di comunicare, il disagio di esprimersi, proprio di tutte le anime religiose o etiche; che si traduceva in una indifferenza per le opinioni correnti, audace sino ad assalire le fame più inconcusse. In realtà l'audacia della sua critica dissolvente era piuttosto indifferenza e impassibilità verso le contingenze ». « Non ostentava p~esunzioni teoriche: dichiarava candidamente di non aver tempo per risolver:e i probleini filosofici perché doveva studiare i bilanci e rivedere i conti degli amministratori socialisti. E così si risparmiava ogni sfoggio di cultura. Ma il suo marxismo non era ignaro di Hegel, né aveva trascurato Sorel e il bergsonismo. È soreliana la sua intransigenza. La concezione riformista di un sindacalismo graduale invece non era tanto teorica quanto suggeritagli dall'esperienza di ogni giorno in un paese servile che è difficile scuotere senza che si abbandoni a intemperanze penose. Egli fu forse il solo socialista italiano (preceduto nel decennio giolittiano da Gaetano Salvemini) per il quale il riformismo non fosse sinonimo ·di opportunismo. Accettava da Marx l'imperativo di scuotere il proletariato per aprirgli il sogno di una vita libera e cosciente; e pur con critiche non ortodosse non repudiava neppure il collettivismo. Ma la sua attenzione era poi tutta a un momento d'azione intermedio e realistico: formare tra i socialisti i nuclei della nuova società : il comune, la scuola, la cooperativa, la lega. Così la rivoluzione avviene in quanto i lavoratori imparano a gestire la cosa pubblica, non per un decreto o per una rivoluzione quarantottesca. La base della Biblioteca Gino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 35 · conquista del potere e della violenza ostetrica della nuova storia non sarebbe stata vitale senza questa. preparazione ». Come si è accennato, e continuando a citare il Gobetti, nel Polesine « i problemi da risolvere erano : l'imponibilità della mano d'opera (ossia attribuzione di un carico di mano d'opera per ciascun· fondo), e il collocamento, che si voleva libero dagli agrari e dai socialisti, invece, affidato agli uffici di collocamento». « Intorno a questi problemi concreti la lotta fu incerta nel dopoguerra. Gli agrari tutti, nel 1920 - quando si riuscì a sostituire uno schema unico di patto agricolo, variabile solo nelle applicazioni, ai 70 prima vigenti nei 63 comuni della provincia - reagirono con l'ostruzionismo e prepararono i fasci per dominare i lavoratori con la violenza ». « Matteotti è stato uno dei protagonisti di questa lotta ». « Egli cercò di regolare le direttive politiche sulla base di queste premesse economiche». « L'opera di Matteotti trascurava quasi deliberatamente i circoli e si svolgeva nelle Leghe. Consulenza alla cooperativa agricola, aiuto nella creazione delle cooperative di consumo, tendenza a fare in tutte le sedi questioni pratiche di realizzazione. Le sue predilezioni per le scienze giuria diche ed economiche trovavano qui l'opportunità di inserirsi nella sua fede di socialista, e non fu solo il più dotto dei socialisti che scrivessero di economia e di finanza, ma il più infaticabile nel lavoro quotidiano di assistenza amministrativa ». · « Matteotti organizzatore: l'ossessione delìa semplicità, della chiarezza, della praticità. Esemplificava nei particolari, proponeva modelli di statuti, di regolamenti, parlando coi contadini come uno dei loro. Trattandosi di fondare una cooperativa pensava a tutto, consigliava, disponeva, BibliotecaGinoBianco
36 LA VITA E L'OPERA DI· GIACOMO MATTEOTTI dava l'esempio, dai modi di servire al banco alla contabilità dei registri. La sua severità di amministratore era addirittura paradossale in un socialista: sentivi in tanta rigidezza il padre conservatore. Così era diventato - pur senza mandati precisi - l'ispettore volontario di tutte le cooperative e di tutte le leghe, l'incubo degli amministratori per la sua implacabile incontentabilità di spulciatore di conti e di bilanci, il carabiniere dei facili e tolleranti impiegati ». · « Sdegnava le parate, la febbre degli scioperi. Ma a Boara durante uno sciopero, quando si decise contro il suo parere di cacciare i crumiri dall'Alto Veneto, ad affrontare la forza pubblica che li proteggeva non si videro più i rivoluzionari, ma primo tra tutti Matteotti, che pagava di persona anche in quel caso, disciplinato e audace. Perciò la sua autorità fu sempre grande tra le masse che sentono d'istinto il valore del sacrificio. I contadini dei paesi sperduti che egli visitava la domenica invece di partecipare alle feste ed ai banchetti di città~ non se ne dimenticavano più. Gente semplice, ma che sa discernere dove si nasconde una serietà interiore e dove risuonano soltanto discorsi d'obbligo ». « Giacomo Matteotti vide nascere nel Polesine il movimento fascista come schiavismo agrario, come cortigianeria servile degli spostati verso chi li pagava; come medioevale crudeltà e torbido oscurantismo· verso qualunque sforzo dei lavoratori volti a raggiungere la· propria dignità e libertà. Con questa iniziazione infallibile Matteotti non poteva prendere sul serio le scherzose teorie dei vari nazionalfascisti, né i mediocri progetti machiavellici di Mussolini: c'era una questione più fondamentale di incompatibilità etica e di antitesi istintiva ». BibliotecaGinoBianco
IL SUO CORAGGIO E LA SUA FERMEZZA « Il 12 marzo 1921 Matteotti doveva parlare a Castelguglielmo. La lotta si era fatta da alcuni mesi violentissima; s'era avuto in Polesine il primo assassinio. Quel sabato egli percorreva la strada in calesse e Stefano Stievano, di Pincara, sindaco, gli era compagno. Ciclisti gli si fanno incontro dal paese per metterlo in guardia : gli agrari hanno preparato un'imboscata. Matteotti vuole che lo Stievano tomi indietro e compie da solo il cammino che avanza. A Castelguglielmo si nota infatti movimento insolito di fascisti assoldati; una folla armata. Alla sede della Lega aspettano i lavoratori e Matteotti parla pacatamente esortandoli alla resistenza; ad alcuni agrari che si presentano per il contraddittorio, rifiuta; era di costoro una vecchia tattica quando, volevano trovare un alibi per la propria violenza : parlare ingiuriosamente ai lavoratori per provocarne la reazione facendoli cadere nell'insidia. Matteotti si offre invece di seguirli e di ·parlare alla sede agraria; così resta convenuto e dai lavoratori riesce a ottenere che non si muovano per evitare incidenti più gravi». « Non so se il coraggio e l'avvedutezza parvero provocazione. Certo, non appena ebbe varcata la soglia padronale Biblioteca Gino Bianco
38 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI - attraverso una doppia fila di armati - dimentichi del patto, gli sono intorno furenti, le rivoltelle in mano, perché s'induca a ritrattare ciò che fece alla Camera o dichiari che lascerà il Polesine ». « - Ho una dichiarazione da farvi : che non vi faccio dichiarazioni ». « Bastonatp, sputacchiato non aggiunge sillaba, ostinato nella resistenza. Lo spingono a viva forza in un camion; sparando in alto tengono lontani i proletari accorsi in suo aiuto. I carabinieri rimanevano chiusi in caserma». « Lo portano in giro per la campagna con la rivoltella spianata e tenendogli il ginocchio sul petto, sempre minacciandolo di morte se non promette di ritirarsi dalla vita politica. Visto inutile ogni sforzo, finalmente si decidono a buttarlo dal camion nella via». « Matteotti percorre a piedi dieci chilometri, e rientra a mezzanotte a Rovigo dove lo attendevano alla sede della Deputazione provinciale per la proroga del patto agricolo il cav. Pietro Mentasti, popolare, l'avv. Altieri, fascista, in rappresentanza dei piccoli proprietari e dei fittavoli; Giovanni Franchi e Aldo Parini, rappresentanti dei lavoratori ». « Gli abiti un poco in disordine, ma sereno e tranquillo. Solo dopo che uscirono gli avversari, rimproverato dai compagni per il ritardo, si scusò sorridendo: "I m'ha robà ". Aveva riconosciuto alcuni dei suoi aggressori, tra gli altri un suo fittavolo a cui una volta aveva condonato l'affitto: ma non volle farne i nomi. Invece assicurò che mandanti dovevano essere il comm. Vittorio Perà di Castelguglielmo e i Finzi di Badia, parenti dell'ex-sottosegretario di Mussolini ». « .Poiché si parlò e si continuò a parlare di violenze innominabili che Giacomo Matteotti avrebbe subìto in questa BibliotecaGino Bianco
COME DIVENNE SOCIALISTA 39 occasione è giusto dichiarare, con. testimonianza definitiva, che la sua serenità e impassibilità - conclude il Gobetti - di cui possono far testimonianza i nominati interlocutori di quella sera, ci consentono di concludere il fatto e di ridurlo ad una ignobile vanteria fascista ».4 4 La «Giustizia» del 19 giugno 1924 riportava da un articolo di Léon Blum sul « Quotidien » del 18: « Io ricordo un fatto che egli stesso mi aveva raccontato a Roma, un anno fa. « Dei suoi amici, durante la campagna elettorale del 1921, presi e legati, dalle bande fasciste erano stati gettati in fondo a,d una cantina, dove furono lasciati quattro giorni senza nutrimento, e poi furono portati di notte lontano e deposti a cento chilometri, su una strada vicino ad un bosco. « Questo ricordo mi ossessiona e alimenta in me, non so perché, un resto qi speranza». BibliotecaGino Bianco
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II IL PARLAMENTARE Biblioteca Gino Bianco
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COME LO VIDE ODDINO MORGARI Scoppiata la guerra, Matteotti che vi era contrario per ragione di principio, per istintiva repugnanza alla violenza fisica, in seguito a un discorso contro la guerra da lui pronunciato al Consiglio provinciale, venne processato e condannato. La sentenza fu poi annullata in Cassazione, ma l'autorità lo internò nel campo di concentramento inglese e ve lo tenne sino alla fine della guerra durante la quale fu per tre anni. soldato semplice. Nel 1919, Matteotti, a 34 anni, fu eletto deputato per il collegio di Ferrara-Rovigo e rieletto nel 1921 per il collegio di Padova-Rovigo, mentre ne,! 1924 fu eletto in due circoscrizioni : Veneto e Lazio. A questo punto cerchiamo di rappresentarci la figura del tribuno quale l'ha delineata un suo devoto ammiratore, Oddino Morgari, durante l'esilio, su « Rinascita socialista», quindicinale del P.S.U.L.I., Parigi, 1-15 maggio 1930. « Chi riesce a richiamarsi esattamente alla memoria la figura di Matteotti - scrive il Morgari - nonostante il tempo trascorso, lo vede così : piuttosto esile, snello, slanciato, molto distinto; gli occhi grigi bene aperti, la fronte piccola ed energica; il volto giovane, sempre rasato all'inglese, per lo più sorridente, altre volte distratto; il passo BibliotecaGinoBianco,
44 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI svelto ed elastico che lo faceva superare di volo i corridoi e le scale ... ». « Ciò per l'aspetto fisico. Quanto al morale era un buon figliuolo, un buon marito e un buon padre. Finita la seduta parlamentare correva a casa, impaziente di rivedere i suoi tre bimbi, di voltolarsi al suolo, sul tappeto, con essi, per animarne i giuochi. Uno dei suoi colleghi, entrato all'improvviso nel domicilio del Martire, ne riportò questa fotografia: Matteotti carponi sul pavimento portante in giro, a cavalcioni sul dorso, uno dei suoi figlioli, folle di gioia ... ». « Era un analizzatore ed un documentatore: specie rara in Italia, ed a chi ci segua attentamente in queste righe apparirà che egli è morto per questo. Passava ore ed ore nella biblioteca della Camera a sfogliare libri, relazioni, statistiche, da cui attingeva i dati che gli occorrevano per lottare, con la parola e con la penna, badando a restare sempre " fondato sulle cose ". Credeva che il fare così fosse un debito di probità intellettuale verso se stesso, il nemico ed anche verso le masse, le quali hanno diritto di pretendere che i loro condottieri non le illudano, ciò che è poi un modo di tradirle, anche se involontario». « Era uno spirito di realtà e di misura che aveva dedicato la propria vita ad un'idealità. Era "l'idealista-pratico", l'uomo completo secondo Spencer, inquantoché il realismo e l'idealismo non si contraddicono necessariamente, ma nei temperamenti equilibrati si integrano, il primo impedendo al secondo di evaporare nel sogno ad occhi aperti ed il secondo scaldando il primo e trattenendÒlo dal degenerare in basso utilitarismo ». « Egli era dunque un odiatore della demagogia dovunque la incontrasse, tra i fascisti e tra i nostri, cosicché, se i fascisti lo odiavano, non pochi fra i sovversivi d'estrema sinistra che l'onorano, a denti stretti, ora che è morto, lo Biblioteca Gino Bianco
IL PARLAMENTARE 45 avrebbero, vivo, schiaffeggiato coll'epiteto di " vile riformista ". Ed era infatti iscritto al .partito che raccoglieva questi " vili " : ne era anzi il segretario politico ». « ... Era un lavoratore instancabile, onnipresente, a ciò facilitato - è giusto riconoscerlo - dall'agiatezza che gli permetteva di dedicare alla causa abbracciata il terripo e le energie che tanti sono ~ostretti a consumare per la maggior parte nella lotta pel pane. Il metodo fotografico conduce a queste precisazioni ». « Compulsava e sforbiciava libri, giornali, pubblicazioni ufficiali per ricavare, come dicemmo, il materiale da far servire alla lotta; scriveva lettere ed articoli, correggeva bozze di stampa; diramava circolari; accorreva nascostamente nei luoghi dove più imperversava il fascismo; alla Camera parlava in riunioni, in commissioni e nell'aulà, mentre occorrendo - una lastra ce lo prova :-- con un pentolo di colla in mano, girava per Roma per affiggere dei manifesti elettorali antifascisti con pericolo di vita. Lo ricordiamo al lavoro in quell'immondo bugigattolo di Piazza di Spagna, un'ex " casa da thè" dove la Direzione del Partito aveva dovuto rifugiarsi, avendole tutti i· padroni di casa chiuso le porte per timore di un'invasione da parte delle camicie nere. Una delle nostre fotografie ce lo presenta curvo sul tavolo e col soprabito sulle spalle per il freddo rigido, non essendo il locale provveduto di mezzi di riscaldamento». « Ed era anche un animatore, che rampognava gli inerti, offriva incarichi ai colleghi di gruppo disoccupati e soprattutto incoraggiava col proprio esempio ». «In· un periodo nel quale quasi ogni altro giaceva prostrato di spirito e di nervi per la situazione d'incubo, la sua incomparabile energia, la sua fredda e sorridente audacia gli permettevano di rimanere a galla su quel mare pieno Biblioteca Gino Bianco
46 LA VITA E L'OPERA DI GIACOMO MATTEOTTI di orrore. Questo spiega perché Matteotti - da figura secondaria nel movimento socialista italiano, così ricco di ingegni - fosse passato ad esserne il protagonista, e come di conseguenza, e per così dire automaticamente, si fossero accentrate nelle sue mani le due massime cariche di segretario della direzione del partito socialista dell'ala destra e di segretario del gruppo parlamentare connesso. Onore tremendo! ». BibliotecaGino Bianco
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