Giovani socialisti unitari - Matteotti : 10 giugno 1925 - 1966

nella civiltà delle grandi contese ideali, se dopo un anno nel Suo Polesine rappresaglie barbariche, atroci lutti e quotidiane umiliazioni sono inflitte ai suoi concittadini, nessuno di noi bestemmi che Egli è morto invano; tanto varrebbe credere che il male vince definitivamente sul bene, la violenza bruta sul diritto, l'errore sulla verità, la storia (con buona pace dei modernissimi negatori degli apostolati che non possono intendere gli apostoli) la storia sa deviazioni soste ritorni, ma la linea sintetica non é che progressiva conquista di diritti, ascesa di umanità: le tempeste coprono il sole e le stelle, non le spengono, perché la forza delle luci é eterna. Morto sarebbe invano solo se gli Italiani lo credessero, se noi disertassimo la sua battaglia. Se la vittoria non sia attuale, se sia anche lontana, vuol dire che la battaglia é più lunga e più dura: ma che quando noi assumemmo di essere i candidati del popolo, chi ci ha garantito le battaglie brevi, le vittorie facili, gli ozii di Capua? La politica non é vacanza, é milizia, non solo diritto, è dovere. Bisogna avere in noi la certezza del criterio di verità e la conseguente certezza della vittoria: uomini veramente uniti, devoti a oneste e chiare idee, devoti fino al sacrificio, con indomata energica volontà sono una forza che non si abbatte. Ma bisogna essere noi i servi primi del diritto e della libertà, bisogna costringere gli avversari a vivere essi palesemente nella illegalità e nell'arbitrio. Noi non siamo gli arbitri della storia, non possiamo fissare le date, ma possiamo fissare i limiti dei nostri doveri: Giacomo Matteotti ha bene testimoniato di questo. Se non si abbia il Bene basta conoscere le vie del Bene. Battaglia non nostra o signori perchè non c'è diritto nostro che non sia di altri, non c'è libertà nostra che non sia di altri: hodie meum, cras tuum! Battaglia per l'onore d'Italia, perchè non c'è vita onorata di un Paese se non BibliotecaGino Bianco sia rispettato il suo patto costituzionale, se il legislatore non sia l'augusta espressione della più alta sovranità popolare, se non siano eguali le leggi per tutti, se non sia libero il pensiero, garantita la casa e la vita, assicurato il diritto di censura agli uomini di governo. Battaglia per l'onore d'Italia, o signori, perché i delitti possono non disonorare tutto un paese se siano il gesto dei delinquenti che nessuno esalti, che tutti dispregino, che la giustizia persegua: ma tutto un paese é disonorato se i delitti rientrino ne/l'attività di zelatori di un regime, se siano eccitati prima, esaltati dopo da uomini responsabili del partito che tiene la somma dei poteri e la custodia delle leggi e la giustizia sia troppe volte una parola vana se non anche una irrisione alle vittime. Allora se alcuno reagisca con ardente amore di verità e con sacrificio e rischio personali, si levi ad accusare chi è in tanta libertà e facilità di difendersi, quegli, se anche non gli arrida la sorte dei giudizi, ha opposto al disonore una riparazione, ha bene confessato una passione di giustizia del suo paese. La così detta questione morale è ben questa, o signori, oltre la questione giudiziale delle prove per una specifica responsabilità personale, oltre i limiti di un capo d'imputazione giuridica, investe tutta un'attività di partito, un metodo e una moralità di governo. Per l'assassinio di Giacomo Matteotti, fin dal giorno in cui denunciammo alla Camera lo strazio della prima certezza, il fatto atroce era in questi termini: Che Egli era stato aggredito in Roma, sede del Governo e del Parlamento perché deputato dell'opposizione, anzi, perché aveva coraggiosamente esercitato il suo diritto contestando in radice la legittimità di questa legislatura (e la contestazione fu ratificata dal sangue!). Che troppi deputati della maggioranza e la stampa ufficiosa del Governo fino al giorno del delitto lo hanno investito di minacce e designato alla vendetta partigiana. 13

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