Giovani socialisti unitari - Matteotti : 10 giugno 1925 - 1966

PRESI.DENZA DEL CONSIGLIO DEI M.INISTRJ S1ruuura di mi~iooc anni,·crs..-irinazionali cd c,·emi $1)0rci\i 11azio11ali e internazionali

INDICE FILIPPO TURATI: Lui ANTONIO GREPPI: Dopo un anno GIOVANNI ZIBORDI: L'amico ed educatore degli umili CARLO ROSSELLI: Commemorazione nelpag. 3 5 l'azione 7 ANTONIO POLI: L'animatore dei giovani GIACOMO MATTEOTTI: Il dovere oggi mi comanda di restare nel 8 posto più pericoloso 9 ROBERTO VERATTI: Il segretario del partito IO Il discorso dell'on. GONZALES: Non essere vili DINO GENTILI: Partecipazione internazionale all'esaltazio12 ne di Matteotti 15 GIACOMOMATTEOTTI: Ricordiamo 16 GIOSUE' FIORENTINO: Matteotti in Sicilia 17 GIUSEPPE FARAVELLI: Matteotti e le correnti del socialismo 20 A raccolta 2 L'eroe attacchino 6 Giacomo Matteotti è martire 19 In controcopertina la riproduzione della prima pagina dell'edizione del '25. Biblioteca Gino Bianco 10 GIUGNO 1966 NEL SEGNO DELL" UNITA" DI TUTTI I SOCIALISTI di ANTONIO POLI Gli scritti comparsi in questo fascicolo si possono quasi tutti considerare inediti, in quanto il numero unico, stampato in occasione del primo anniversario della morte di Giacomo Matteotti, fu interamente sequestrato. Essi vengono ripresi dalle prime bozze di stampa, che ho conservato nei lunghi anni trascorsi e che, per varie ragioni, non furono mai ristampati. Oggi, finalmente, in un formato diverso dall'originale, ma che ne garantisce una migliore conservazione, per iniziativa dei giovani socialisti milanesi, gli scritti del 1925 rivedono la luce in una situazione politica particolarmente interessante e promettente. 1925. La data del primo anniversario dell'assassinio del Segretario del nostro Partito, si avvicinava ed il crescente declino della vita democratica e quindi anche del movimento socialista, con le prospettive di un immediato futuro sempre più difficile e incerto, accresceva, nei giovani socialisti unitari, il desiderio di fare qualche cosa, di fornire innanzitutto a noi stessi la testimonianza che il ricordo del 10 Giugno, nonostante il tempo passato e la situazione presente, non era sbiadito, ma rimaneva sempre acuto e impegnativo. Gli articoli furono quasi tutti firmati, ma il regime, in questa occasione, preferì insieme al sequestro il silenzio assoluto e non ricorse nè a denunce nè ad arresti. Sul nome di Matteotti, sulla data del 1O Giugno, sulla libertà di stampa e di organizzazione, stava per calare ancora più buia la notte del ventennio. Ma il fuoco del ricordo matteottiano non potè mai essere spento. 1966. Nella prospettiva dell'unità di tutti i socialisti, la formazione di un Partito Socialista unificato, in grado di diventare la determinante forza politica della classe lavoratrice italiana, può segnare una decisiva svolta storica. Nessuna figura quanto quella di Giacomo Matteotti, per la comune venerazione, è in grado di richiamare all'unità i socialisti italiani. Giacomo Matteotti, che fu anche definito << l'uomo nuovo,, del socialismo italiano, (segue in III di copertina)

Eredi di llatteotti di CARLO TOGNOLI A quarant'anni di distanza gli scritti riprodotti in questo opuscolo assumono un grande valore di esempio per le nuove generazioni: per il coraggio che i giovani redattori dimostrarono nel pubblicare, in un periodo di reazione montante, il numero unico dedicato a Matteotti, per la serenità con cui la figura del martire socialista venne disegnata, per la consapevolezza con cui l'opera e il messaggio di Matteotti vennero raccolti, quale eredità ideale, e rilanciati come piattaforma di azione per i giovani di allora. La figura e l'opera di Matteotti assumevano infatti in un periodo di facile massimalismo, di demagogia, di cedimenti opportunistici, un significato che è ancora attuale per la sinistra italiana: seguire l'esempio di Matteotti voleva dire affrontare realisticamente e crudamente la realtà, al di fuori dei miti, nei suoi termini concreti, senza concessioni all'improvvisazione o al settarismo. Per questo i giovani socialisti che si assumevano il compito, come dice Rosselli obbedendo all'impulso genuino del suo carattere, di raccogliere l'eredità di Matteotti, davano dimostrazione di una maturità in quei momenti assai rara nel movimento socialista, ormai ridotto all'impotenza da una pratica BibliotecaGino Bianco massimalista tanto onesta, ingenua e astratta dalla realtà, da aver dato lo spazio più ampio possibile a Mussolini e alle sue squadre. Matteotti venne colpito perchè aveva capito e non si rassegnava, perchè ricercava la riscossa del movimento dei lavoratori nell'ambito stesso della classe lavoratrice e non l'attendeva da un ipotetico, irrealizzabile scoppio rivoluzionario o dall'estendersi della rivoluzione bolscevica; venne colpito perchè contestava al fascismo, alla reazione ogni sopruso, ogni problema irrisolto sulla base di documenti ineccepibili, di dati concreti. Anche noi giovani d'oggi dobbiamo considerarci eredi di Matteotti. I tempi e i costumi profondamente mutati non hanno alterato la sostanza del le cose. Il progredire del movimento dei lavoratori, la penetrazione delle idee e del costume socialista, lo sviluppo della società su un piano di democrazia, libertà, giustizia sociale, sono la conseguenza di una faticosa, paziente, opera quotidiana che è indispensabile per trasformare, plasmare la realtà concreta, verso il raggiungimento degli obbiettivi ideali propri del socialismo. Non l'attesa passiva di un salto qualitativo che porta

alla società ideale perfetta, ma la costruzione quotidiana di una società più giusta, più libera, più umana adeguata alle esigenze di un mondo la cui evoluzione è così rapida ai giorni nostri da imporre maggiore elasticità alla ideologia, una preparazione scrupolosa alla classe dirigente socialista, un sano empirismo nell'azione concreta, ma proprio perciò un saldissimo attaccamento ai principii di libertà di giustizia di democrazia di progresso sociale, senza i quali si corre continuamente il pericolo di scadere nell'opportunismo di maniera. Il metodo, il costume di Matteotti sono validi ancora oggi per i giovani socialisti che hanno il vantaggio di poter trarre grandissimo insegnamento dalla storia degli ultimi cinquantanni in Italia e nel mondo e del ruolo che nello svolgersi degli avvenimenti ha avuto il movimento socialista. Que- :;to è lo spirito con cui i giovani socialisti debbono guardare all'unificazione socialista, come a un fatto riparatore delle sciagure scissionistiche che hanno lacerato il movimento socialista, come all'inizio di una costruzione nuova per un socialismo moderno e « matteottiano ... llllltUUIIIIUUUIIHIIIJUIIIIIIIIIIUlllJIIIIIIIHIIUIUIIIIIIUIIUUUUIIIIIIIIIIIIMJDJIIJ"llnU]ffllllTI'Ollltnlll11Hlllll11Tillll111111111 10 GIUGNO 1925 MATTEOTTI Nu,nero unico a cura dei giovani socialisti unitari RISTAMPA per iniziativa dei giovani socialisti milanesi del PSJ IIIIUIIJJWlllllllllllUIUUlllll11111111llllllllllll111111111111111111111111111111111111111111111111TI111TI111111111111'1111JlllllllllllllllJ111111111"1 Biblioteca Gino Bianco

Aveva nell'opale degli occhi buoni e verdazzurri il riflesso dei suoi campi del Polesine, dell'acqua dei fossati che riverbera il fremito dei pioppi o disseta la lassitudine infinita di quei braccianti. Nell'agile persona, nel gesto tagliente rivelava la stirpe tenace, calata dai greppi del Trentino. L'accento tenuemente dolcemente veneto, non venezievole, ignorava la sdolcinatura. Mosse e sorrisi di ragazzo, fronte, e talora cipiglio, di studioso e di pensatore. L'indulgenza che è la bontà, la severità che è il dovere, si conciliavano sul suo labbro e nel suo spirito. Animato, a volte monello, sobrio, frettoloso, sempre; come l'uomo il quale sa che, pur giovane, non avrà tempo da perdere. E ci rappresentava tutti, ci integrava tutti, faceva volontieri con tutti, faceva solo per tutti. Rapidissimo, schematico, nudo, dal discorso parlamentare all'articolo di propaganda, dal libro al volantino, dal tuffo entro un oceano di cifre al motto Biblioteca Gino Bianco I ■ epigrafico che va come un dardo, fra gli eruditi e fra i miseri, dalla tribuna o dalla spelonca, in Italia ed oltre il confine; queste cose, tutte, direi quasi in un tempo medesimo. Aveva l'ubiquità del corpo e dello spirito, di sè mai si curava; i consigli di prudenza parlavano a lui come le canzoni ai sordi. Non li ricusava: pensava ad altro, a ciò ch'era da fare subito nel minuto che fugge. Possedeva il coraggio che si ignora, che non ha pose spavalde nè si guarda allo specchio, appunto perchè si ignora. Ritto organicamente come per conformazione scheletrica del corpo e del pensiero. Anche spento dovettero sudare a piegarlo. Era l'uomo che è più raro in Italia. Giovani, sappiate imitarlo! Previde, non temette la morte, certo, per questo: intuiva che il suo cadavere avrebbe servito alla causa più di tutta la sua vita operosa. Infatti morto è più vivo. E non potranno assassinarlo più. FILIPPO TURATI

A raccolta! Torna la data incancellabile e si rinnova l'angoscia di quelle giornate di passione. E la figura dell'Eroe socialista si alza sempre più grande, dominatrice di ogni nostro pensiero. Egli era il nostro animatore. Egli era il " più forte e il più degno " e !a sua voce si era levata implacabile per rivendicare i diritti del proletariato e per incitarlo al compimento del proprio dovere. Non potendolo confutare lo si uccise... Ma si illusero gli assassini di aver soffocato la voce dell'opposizione socialista, perchè dal 10 Giugno, la sua voce parla, nel cuore degli uomini liberi come la voce stessa della propria coscienza. Operai, contadini, impiegati! Giacomo Matteotti, che al movimento socialista ha dedicato tutta la vita, è morto per noi. Il suo sacrificio dev'essere esaltato non con vane parole, ma con l'azione. La resistenza morale non è inerzia, non è rassegnazione, ma è lotta, è azione, è sacrificio. Se noi rifuggia- . 2 Biblioteca Gino Bianco mo dai metodi di violenza così cari agli esaltatori di Dumini, noi però possiamo e dobbiamo rimanere in piedi, animati da spirito di sacrificio e da ferrea volontà di lotta. Lavoratori! Il Partito Socialìsta Unitario, nel nome di Matteotti, vi chiama a raccolta nelle sue file per poter condurre civilmente, ma fieramente, la lotta fino in fondo. Poichè Giacomo Matteotti dev'essere vendicato instaurando un regime che ridia al popolo la pienezza dei suoi diritti. Aspre battaglie esige la riconquista della Libertà. Ebbene, siate voi, o lavoratori, siate voi, o giovani, voi che vedeste le vostre istituzioni devastate, voi che siete ogni giorno umiliati nella vostra dignità di uomini, siate voi l'esercito possente della riscossa proletaria, che vinca nel nome di Giacomo Matteotti, per il Socialismo. Viva Matteotti! Vìva la Libertà! Viva il Socialismo!

DOPO UNANN di ANTONIO GREPPI Lascia.mo alla delusione dei vendicativi e alla impazienza dei politicanti il macabro privilegio di alimentare la disputa intorno al bilancio dell'anno che oggi si compie. Certo è che se nessuna vendetta è proporzionata al sacrificio d'una vita umana, nessun sacrificio fu mai piLt santamente vendicato nella storia del nostro paese. E' vero. Il fascismo è ancora in piedi e detiene con più aspro cipiglio il governo. Ma chi oserebbe affermare che la lotta per la quale Matteotti ha dato la sua vita giovane e ardente era combattuta fra partiti concorrenti per la conquista del potere? Soltanto dei semplicisti insensibili e ciechi potrebbero umiliare a cotesta prospettiva a cotesta moralità il dramma che tormenta da quattro anni il popolo italiano. La lotta fra fascismo ed antifascismo-esula ed esulerà più che mai dai termini d'una disputa politica per essere sostanzialmente un'antitesi di concezioni, di epoche, di civiltà. Per incidenza ed esteriormente assume aspetti e definizioni politiche, ma essenzialmente e nella sua sintesi più vera è un fatto di coscienza. Come dunque potrebbe il bilancio di cotesta lotta, nel tempo in cui gli antagonismi morali si son fatti più profondi e meno riducibili, essere identificato con un indice rnussoliBiblioteca Gino Bianco niano di cronaca politica e giudiziaria? Noi non consumeremo codesto sacrilegio. D'altra parte soltanto se sia collocato su questo piano superiore della storia, il nostro dramma può essere sopportato senza rassegnazione e senza disperazione. Soltanto nella luce di questa moralità, il sacrificio di Matteotti ha un senso adeguato e può aspirare a capovolgere il destino di un popolo. E' vero. L'aspetto esteriore - il panorama della politica italiana - è pressochè invariato dal giugno dell'anno scorso. La Camera non è stata sciolta, funziona anzi con apparente regolarità e vota le leggi che umiliano il paese e ribadiscono le catene del popolo. Ma la Carnera fascista è ormai una sopravvivenza macabra, isolata dalle coscienze del paese. La magniloquenza dei capi e il coro epilettico delle comparse cadono in un abisso di indifferenza, dopo che il silenzio di Matteotti s'è alzato a confutarli e intorno ad esso s'è formato un più diffuso silenzio. Perchè il silenzio delle vittime è sempre stato più eloquente e più terribile della voce dei responsabili. E' vero. La milizia non è stata abolita e le sue legioni sono ancora in efficienza, ma essa è inesorabilmente condannata dalla coscienza nazionale. Quando sfila nelle città la folla si trae silenziosa e ostile in disparte, da quando ha sfidato la pietà popo3

lare e ha profanato il nome di Matteotti con le sue ciniche canzoni. Perchè il popolo custodisce nel cuore la religione dei suoi martiri. E' vero, la retorica imperialista e bellicosa continua a caratterizzare comizi e giornali, ma ha perduto ogni capacità espansiva dopo che Matteotti ha riconsacrato con il suo sangue l'eroismo della fede inerme e indomabile. Perchè il popolo ama gli eroi buoni che ignorano l'odio e non sanno maledire. Il fascismo è ancora forte; ma la sua forza è una vana parata dopo che le anime unanimi degli italiani hanno sdegnosamente rifiutato la rissa per preparare la rivincita delle idee. Un filosofo ha lanciato al mondo il grido della potenza e della saggezza fascista, ma tutti i filosofi e tutti i poeti l'hanno subissato con la voce formidabile della potenza e della saggezza italiana. E Matteotti è stato anche il segreto ispiratore di questa umana rivolta di spiriti eletti. Perchè il suo martirio è stato la riabilitazione dello spirito umiliato e vilipeso e nel suo nome si sono fuse e si fonderanno tutte le rivendicazioni civili e tutte le speranze ideali. Questa è la verità che tutte le altre sommerge ed oscura: che dopo questo anno di passione e di religione la coscienza del popolo italiano appare rischiarata e purificata. Molti che furono un tempo partigiani più che uomini hanno ritrovata intera e superiore la propria umanità. Perchè è necessario talora che un uomo muoia per tutti - per la causa di tutti - e Matteotti è morto anche per la loro causa. Solo chi ha negato il suo cuore alla commozione e all'insegnamento di quella morte, può affermarne la vanità. Ma non insegna nulla a questi sordi nemmeno l'orgasmica e scomposta paura dei nostri avversari? 4 Biblioteca Gino Bianco Nessuna sconfitta mai - la pm manifesta e la più confessata - ha conosciute fughe così ingloriose. Contro chi è, contro che cosa vanno organizzando, questi sedicenti vincitori la difesa disperata delle loro fantastiche conquiste? Che cosa significano tutte le leggi eccezionali e tutte le misure straordinarie che accumulano contro di noi? Questa, questa è l'apoteosi del sacrificio di Matteotti! Non noi diremo dunque la parola che definisce una delle tante menzogne convenzionali e risuscita negli spiriti vasti e melanconici echi di retorica cortigiana. Commemorazione, questa, non è. I morti soltanto si commemorano: i morti contesi al facile oblio dei superstiti. Giacomo Matteotti non è morto. Quanto più il giorno tragico del delitto si fa lontano nel tempo, tanto più la poesia del suo martirio e la religione della sua memoria ardono nei nostri cuori. Egli ha cessato di essere uno solo per essere tutti: l'anima di un uomo è risorta nella coscienza di un popolo. Dopo un anno egli è vivo più che non fosse mai stato: lo sanno l'amore degli innocenti non più che l'orrore dei colpevoli. Di lui come dei martiri che hanno fatto nel mondo la luce che consola la vigilia e accende la speranza dei buoni, si può ben dire chè la sua vera vita è incominciata con la sua morte. La sua vita immortale. Fra molti anni, quando quest'ora buia della nostra storia sarà lontana, il nome di Giacomo Matteotti - uscito ormai dal crepuscolo della cronaca ed emancipato dalle definizioni della stessa politica - sarà un nome di verità, vera per tutti. E per amore del suo nome, soltanto, quest'ora non sarà dimenticata.

L'AMICO ED EDUCATORE DEGLI UMILI di GIOVANNI ZIBORDI Giacomo Matteotti fu grande nel marloro battaglie con gli agrari perchè le frontò, lo volle, lo cercò come una necessità per risvegliare l'Italia. Spirito ardente e freddo - ossia ardente a fuoco continuo, e non per fiammate subitanee - temperamento risoluto senza impulsi e melodico nella tenace incessante inflessibile energia, egli si era «preparato» ai supremi cimenti attraverso una milizia di sacrificio, si era allenato all'eroismo massimo lungo una serie di eroismi minori; era arrivato mercè un costante apprestamento dell'animo consapevole, una dedizione totale di sè all'idea socialista. Parimenti, all'alto grado politico cui era giunto e nel quale rifulgevano le sue doti eminenti di parlamentare, di studioso, di uomo pubblico «preparato» seriamente, coscienziosamente, egli era pervenuto attraverso una disciplina di lavoro, un'attività oscura e preziosa, che non aveva disdegnato alcuno esperimento e alcuna pratica di umile vita proletaria. Trentino d'origine, di famiglia lavoratrice e tenacemente operosa anche dopo la conquistata agiatezza, egli aveva qualche cosa di solido e di duro, nella energia e nella volontà che contrastava con la mollezza consueta al nostro costume. Fra una Camera di avvocati, volentieri abbondanti e rétori, egli recava un'oratoria secca, tagliente, materiata. di fatti e documentata di cifre, una eloquenza proBiblioteca Gino Bianco sciugata e strizzata, con eliminazione di tutte le frangie e le parole inutili. Ma taluno che lo conobbe e lo ebbe compagno di candidatura e di propaganda, nelle campagne del suo Polesine, ricorda ed attesta che un modo di discorrere analogo Egli usava anche nei comizi affollati di braccianti e di bifolchi disposti a preferire una parola fra teatrale, tribunizia e religiosa, che toccasse e soddisfacesse il loro sentimento più che non stimolasse ed affaticasse la loro ragione. Era l'uomo incline per semplice dirittura di indole all'operosità, al dovere, alla rigidezza; una di quelle nature che noi padani, o almeno mantovani, usiamo definire l'è un todesch, in contrapposto alla volubile, chiassosa, verbosa chiassosità italica ... o gallica, un uomo che aveva potuto, libero da cure e obblighi personali, sviluppare e sistemare quelle sue doti studiando e metodicamente ordinando la sua attività. Egli, che la maligna imbecillità indicava come « il milionario » che faceva la politica socialista per sport, era uno dei pochissimi del nostro movimento, che potesse e volesse farla come una vera << professione », in mezzo a un partito dove, per fatalità dolorosa, troppi sono costretti a « praticare » la loro attività politica, e gli uffici di cui il Partito e il movimento li carica, come uno sport sui generis, sport penoso e faticoso, coltivato ai margini di altre attività più urgenti. 5

Quel giovane che aveva solidamente « studiato» e che viveva nel centro di una provincia di lavoratori agricoli, era diventato fin da giovinetto il leader della loro organizzazione di classe· ton una conoscenza, con una sedetà, con una praticità in materia di contratti, tariffe, condizioni dell'economia rurale, da stupire e da commuovere. Da commuovere perchè, fra tanti « agitatori» poco responsabili e improvvisati, era bello vedere quel giovane, che avrebbe potuto avere una cattedra d'economia, divulgare praticamente il suo utile i11segnaménto ai capilega ed ai bifolchi per le loro battaglie con gli agrari , perchè le impostassero bene, le conducessero saviamente. Come lo studioso d'economia guidava braccianti e bovari alle loro lotte per il miglioramento dei salari così lo studioso di scienza dell'amministrazione conduceva per mano i nuovi Sindaci, i neonati Assessori dei piccoli comuni rurali, perché entro le linee segnate dalla legge rinnovassero la vita municipale, perchè in quei vecchi schemi e ordinamenti versassero lo spirito giovane e il fervido sangue della classe lavoratrice. Quel professore degno di università sapeva farsi maestro di scuola per quegli « analfabeti dell'amministrazione » che dovevano affrontare tanti problemi e compiere silenziosamente una così profonda sebben capillare rivoluzione della vita _italiana. Chi ha visto Giacomo Matteotti in mezzo alle folle, pur negli anni appassionati del dopoguerra, mentre si stupiva di quel raro esempio di intellettuale che agiva nella realtà pratica, ammirava il maestro, l'educatore civile che sotto apparenze frigide e in una veste asciutta e aliena da sentimentalismi, combatteva e vinceva nelle masse la fatuità cianciona, la impulsività e il fana.tismo ingiusto e tristo, e innalzava alla ragione, alla verità, all'umanità! Questo lato men fulgido e meno noto della vita di Giacomo Matteotti, questa attività modesta, paziente, poco brillante, ch'Egli svolse per venti anni a contatto con gli umili, fratello, guida, educatore di poveri contadini, lo volli evocare ancora perchè esso ha un pregio altissimo, inestimabile, di virtù e di esempio. Troppo la nostra educazione estetica - avvezza a considerare il leone e non il bove, re degli animali, e ad ammirare il salto prodigioso e irruente della fiera e non il lento costante sforzo della bestia laboriosa - ci porta a guardare e pregiare il gesto saliente più che l'opera ignorata di ogni giorno. Utili entrambe; ma tanto più, perchè l'una avvia all'altro e ne è come la scala. Magnifiche quando un uomo medesimo aduna in sè l'uno e l'altra. 6 BibliotecaGino Bianco ·L'EROE ATTAC-CHI Le elezioni del maggio 1924 non erano lontane. Come erano state preparate nel sangue, così si sapeva che nella violenza si sarebbero compiute. I fascisti dovevano vincere e perciò solo, perché avrebbero vinto ad ogni costo, avevano già perduto. Dal posto dl battaglia che si era segnato, Giacomo Ma.tteotti operava infaticabilmente, la sua attività stupiva quanti gli erano vicini. Egli sapeva essere ovunque fosse necessario fare o rincuorare, a portare di persona l'opera, l'esempio, la parola. E non erano mancati - particolarmente in quelle giornate di vigilia - le minacce premonitrici. Egli sapeva di essere un predestinato. A chi gli dava consigli di prudenza opponeva che « tanto era lo stesso. Se dall'alto avessero voluto, lo avrebbero sempre potuto colpire». Questo sentirsi fatto bersaglio dell'ira e della forza nemica lo entusiasmava. E amava offrire la sua persona, beffardamente, quasi fanciullescamente, come non misurasse ogni volta il pericolo. Non lo misurò quella notte di vigilia in cui - solo con un compagno - guida e incita ai compagni - Egli Matteotti, il Segretario del Partito, Egli - il primo di noi - dopo aver speso tutta la sua giornata nella dura opera di organizzazione e d.i animatore, spese l'ora del riposo per faticare di più. Per dare, nel silenzio, l'esempio del coraggio e della azione. E andò per le vie di Roma ad attaccare sui muri manifesti elettorali per il Partito Unitario. L'eroe attacchino. Eroe che non disdegni la fatica più umile, e la esalti, agli occhi degli umili e degli accidiosi.

COMMEMORAZ NELL'AZIONE di CARLO ROSSELLI Siamo veramente degni, oggi, di commemorare in pace con la nostra coscienza, Giacomo Matteotti, di appellarci superbamente alla Sua memoria, che è un programma di dignità, di intransigenza, di lotta, quasi avessimo compiuto intero il nostro dovere? Quasi Gli fossimo in qualche modo assomigliati nell'azione? E quando dico «siamo» voglio riferirmi soprattutto ai giovani, perchè soprattutto ai giovani spetta il compito della liberazione. Ebbene, bisogna avere l'onestà di rispondere: no. Non fummo degni finora di Lui. Non facemmo lutto quello che stava in noi di fare. E troppo ci lamentammo dei capi e degli errori passati, e troppo cercammo negli altri, e non in noi stessi, il rimedio. Un anno è trascorso da quei giorni di vergogna, e il popolo italiano non ha saputo - io dico che non ha voluto - scuotere il niogo. Mentre allora, nella settimana di passione che sembrò dovesse travolgere ogni cosa impura, non uno dubitò che il regime si avviasse alla rapida agonia. Sotto l'orrore per l'assassinio e la forza del Suo mirabile esempio ci sentimmo veramente capaci a nostra volta di grandi cose, di forti sacrifici. Queste grandi cose, questi forti sacrifici non furono compiuti. La promessa segreta non venne mantenuta e non facemmo intero il nostro dovere. Tutti mancavamo chi più chi meno. Soprattutto mancammo per intrinseca debolezza, attendendo la liberazione da altri, da tutti gli altri fuori che da noi stessi. Mentre ancora perdura e si fa ogni giorno più feroce e più subdola, l'oppressione fascista, una sola commemorazione ci è permessa: la commemorazione colle opere, nell'azione. Fare, fare concretamente; organizzarsi e organizzare, senza attendere l'imbeccala ibliotecaGino Bianco dal centro; ]ollare sempre, con tutti i mezzi, ovunque se ne presenti la possibilità (non la «convenienza»); osare, anche quando l'osare può sembrare pazzesco ed ozioso. Non ascoltare i consigli dei politici raffinati e machiavellici, dei manovratori sapienti, dei logici puri. A tavolino e a fil di logica, in una situazione come questa, è facile dimostrare che il meglio che si possa fare è di non far nulla. Contro la logica; contro la convenienza; contro la ragione. Chi vuole muoversi ed agire solo quando è certo della vittoria, non può essere dei nostri. Bisogna che ci abituiamo a perdere per apprendere a vivere. Solo rischiando, solo perdendo le mille volte, solo perdurando ostinatamente nella lotta, si formeranno i caratteri, si tempreranno le energie morali, e si conquisterà la vittoria definitiva. Occorre che i giovani siano disperatamente intransigenti, senza concessioni per nessuno, tanto fuori quanto dentro ai Partiti, tanto verso i maggiori quanto verso i minori. A chi ci chiede il programma, il piano d'azione, rispondiamo: dieci anni di lotta, allo sbaraglio. A costo di fare i capelli bianchi nelle file dell'opposizione in noine di Malleolti. Chi non se la sente, per età, per tradizione, per temperamento, chi vive col tempo e vuole misurare coi valori relativi dei mesi e degli anni, i valori assoluti pei quali combattiamo; chi non ha ancora inteso che ogni ponte è rotto e che sempre più si restringe il campo di scelta dei mezzi di lotta e che occorre finalmente guardare in faccia la realtà, per brutta che sia, e provvedere in conseguenza: ci si levi di tra i piedi, si ritiri in disparte, taccia. L'eredità di Matteotti, passa oggi alla nuova generazione. Siamo certi che essa, prima o poi, risponderà. 7

L'animato deigiovan di ANTONIO POLI Ci fu un tempo in cui dai nostri avversari si affermò « che nessuna fede anima il Socialismo ». Eppure anche nel periodo precedente alla guerra, l'azione dei socialisti fu ispirata da grandi e nobili nassioni e non mancarono le prove di sacrificio. Certo, molti, troppi, passarono pel Parlito socialista e poichè non erano animati da vera fede nel Socialismo andarono a finire nel campo opposto. Ma l'idea socialista rimase, col suo fascino, a confortare coloro che tutto avevano dato senza nulla chiedere. Occorreva però la persecuzione attuale, perchè la fede brillasse più luminosa e nel socialismo, purificato dal dolore, fermentasse il senso religioso della propria missione. Tutti i partiti italiani sono schierati oggi contro il fascismo in una irriducibile opposizione, ma soltanto i socialisti furono sempre avversi, soltanto essi rimasero fermamente a contrastarne il passo, perchè essi non potevano cedere e più che alle loro personali fortune pensarono all'adempimento di un duro dovere verso la società. E rimasero essi la guardia giurata delle più alte idealità umane, del patrimonio sacro dell'umanità. E questo poterono fare rimanendo fedeli al socialismo. E' naturale quindi che il nostro Partito sia stato il più colpito, perchè fra le opposizioni è la forza più viva, più forte, più giovane. 8 BibliotecaGino Bianco Il Partito Socialista Unitario è giovane non perchè la sua organizzazione abbia avuto inizio nel 1922, lo è per lo spirito che lo anima, lo è soprattutto per l'afflusso continuo della migliore gioventù italiana. E se oggi nella Federazione Giovanile e nel Partito molti sono i giovani lo si deve in gran parte a Giacomo Matteotti. Perchè è lui che comprende subito che il problema dell'inquadramento delle masse nel nostro Partito è in gran parte il problema della gioventù. E' Matteotti quindi che, Segretario del Partito, stimola l'attività dei primi nuclei giovanili unitari; è a lui che si deve in gran parte se « Libertà ))' il giornale dei giovani socialisti, può uscire. E' lui, infine, che in poche scultoree parole fissa il compito dei Gruppi Giovanili quando dice: « La Sezione giovanile dovrà rinnovarsi nel senso di tornare ad essere il luogo di raccolta dove i giovani possano trovare modo di educarsi, moralmente, politicamente ed anche fisicamente, valor·z=cndo nel contempo il coraggio fisico e quello morale, per fare dei nostri giovani degli uomini fieri della fede che hanno abbracciato e capaci. al momento opportuno, di difenderla col proprio sacrificio». E' Matteotti che in un memorabile articolo apparso sul terzo numero di « Libertà )) parlando dell '« Ora dei giovani >> ha parole che non si possono leggere senza commozione, perchè in esse c'è l'offerta

della propria vita per la causa della Libertà e del Socialismo. « Tocca ai giovani - egli dice - rivendicare i diritti di vita, di pensiero, di parola, d'i cittadinanza, rivendicarli con energia, con dignità, con fierezza, con sacrificio, con pericolo. « Sacrificio inutile - diranno i prudenti - perchè i dominatori hanno tutti gli strumenti della forza e gli oppressi sono inermi. Sacrificio utile - diciamo noi - perchè tutte le grandi cause della civiltà hanno dovuto avere prima le loro vittime, i loro marliri, i loro umili eroi, che hanno aperto gli occhi e la strada agli altri». Egli era veramente l'anima del Partito ed ogni sua parola era un richiamo all'azione, era un grido di incitamento; egli era veramente il più forte. E se egli non doveva essere ucciso perchè anch'egli era uomo e la vita umana è sacra, pure egli era il più degno del Martirio. E morto fu più vivo che mai. Il suo nome divenne un comandamento. Il suo nome divenne il simbolo glorioso del sacrificio e ad esso i giovani intitolarono i loro Gruppi. Ed oggi, dal Veneto alla Sicilia, i Gruppi sono numerosi ed aumentano ogni giorno. E non si tratta di un omaggio formale. E' lo spirito di Giacomo Matteotti che anima oggi tutti i giovani socialisti italiani. Sono matteottiani quei giovani socialisti di Molinella, che, costi quel che costi, non rinnegano la propria fede. Poichè le ultime parole del giovane Frazzoni morente: « Mamma, non piangere, io muoio contento. Credi a me. Il socialismo trionferà », non sono che l'eco del grido di Matteotti: « Uccidete me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai ». Sono rnatteottiani quei giovani di Salerno, che arrestati e bastonati per aver distribuito dei manifestini con l'immagine del Martire, rispondono cantando l'Inno dei Lavoratori. Sono matteottiani quei giovani del Reggiano, che sotto le rinnovate violenze, giurano di rimanere al loro posto qualunque cosa accada. E' matteottiana la gioventù lavoratrice italiana, che, stretta nei suoi Gruppi, forte e serena, senza pose spavalde, con fede e con fermezza, lavora per il Socialismo. BibliotecaGino Bianco ""Il dovere aggi mi comanda di restare al pasta più pericolosa'' Egli era stato, prima e oltre che un uomo d'azione uno studioso: del Suo particolare amore alle discipline giuridiche aveva lasciato notevolissima traccia in un lavoro di mole sulla Recidiva. Allorquando la responsabilità di una fa. tica che non conosceva tregua lo distolse quasi totalmente dagli studi prediletti; e la febbre miracolosa di fare assorbì tutta la sua giornata, ci fu chi particolarmente si dolse - per Lui, per la scienza - che Egli non continuasse a studiare. E fu uno dei suoi maestri, il Senatore Luchini. Il quale non mancò di stimolarlo perchè ritornasse ai I i bri: e gliene scrisse ancora una volta, un mese prima che il martirio coronasse la vita dell'Eroe. L'invito era allettante e lusinghiero. Doveva essere dolce il pensiero di una riposante fatica sui libri, per chi non conosceva da mesi e da anni tregua nell'opera e nel pericolo. « Ili.mo Professore, ritrovo qui la Sua lettera gentile e non so come ringraziarla delle espressioni a mio riguardo. Purtroppo non vedo prossimo il tempo nel quale ritornerò tranquillo agli studi abbandonati. Non solo la convinzione ma il dovere oggi mi comanda di restare al posto più pericoloso, per rivendicare quelli che sono, secondo ne, i presupposti di qualsiasi civiltà o Nazione moderna. Ma quando io potrò dedicare ancora qualche tempo agli studi prediletti, ricorderò sempre la profferta e l'atto cortese che dal maestro mi sono venuti nei momenti più difficili ». Maggio 10, 1924. Dev.mo G. Matteotti 9

Il .Segretario det· Partito di ROBERTOVERATTI Il primo anniversario della morte di Giacomo Matteotti trova ancora oppressi dal giogo disonorante i Suoi fratelli di fede e di lotta, trova ancora accampati al governo del Paese i Suoi assassini. Non è quindi ancora giunto il giorno della sua commemorazione. Il nostro Martire lo commemoreremo solo quando il mandato sacro che Egli ci ha lasciato morendo sarà adempiuto, quando il popolo Italiano avrà finalmente riscattato, con la propria riscossa l'onta e l'umiliazione del servaggio. Oggi, mentre la lotta continua e si accanisce e si esaspera ogni giorno, dobbiamo solo ricordarlo, per trarre dalla Sua memoria e dal Suo esempio nuovo sprone a perseverare nella battaglia irreducibile. Ricordiamo il deputato, il giornalista, lo studioso, il pubblico amministratore, ma ricordiamo soprattutto - perchè qui veramente rifulsero in tutta la loro grandezza la Sua abnegazione, la Sua forza, le Sue eccezionali benemerenze - il Segretario del Partito. 10 Biblioteca Gino Bianco Creare ex novo un partito, in piena offensiva reazionaria, sollo la raffica delle violenze e delle persecuzioni, mentre nelle file socialiste l'amarezza della scissione si aggiungeva allo scoramento per la sconfitta, che appariva ormai irreparabile con l'assunzione del fascismo _al Governo; quando il rapido passaggio dalle illusioni del trionfo di pochi mesi addietro alla triste reallà della disfatta aveva diffuso nel proletariato il disorientamento e lo sconforto, era tale impresa che avrebbe disanimato chiunque: Matteotti centuplicò le proprie energie e riuscì nell'intento. Del partito Egli fu l'organizzatore tenace cd instancabile, il condottiero vigoroso cd impavido, l'animatore appassionato ed entusiasta. Era soprattutto un magnifico suscitatore di energie; giovane d'anni, sebbene anziano di milizia. Egli sapeva infondere in chi lo circondava un soffio della Sua giovinezza eroica. Giovinezza intessuta di austera preparazione, fornita di solida cultura, temprata dalla lotta e dal sacri-

ficio: non la giovinezza dei nostri nem1c1, fatta di rettorica, di spavalderia e di insipienza. Eroismo quotidianamente praticato come totale dedizione di sè alla causa, come sacrificio di tutta la propria vita all'Idea, come inflessibile forza morale: nòì'i l"et'òi-· smo dei nostri nemici esplicantesi ne)la;: trista pratica della brutale persecuzione , contro avversari inermi, nella brutale per- · secuzione di tutte le altrui libertà, nella sfrenata licenza ai propri crimini. Ma nella Sua òpera di Segretàrio :.del Partito ancor più della Sua infaticata .attività per la riorganizzazione def movimento, ciò che lo designò al· ·supremo .. martirio fu la Sua implacabile, irreducibile, accanita intransigenza contro il fa. scisma ed il suo duce. Oggi che il fascismo è completamente isolato, mantenersi rigidamente intransigenti nei suoi confronti può sembrare cosa naturale e relativamente facile; non così quando il governo fascista aveva ancora la collaborazione di liberali, popolari, democratici, e i soli socialisti, con pochi altri uomini politici isolati erano all'opposizione. Era il tempo in cui Mussolini moltiplicava i tentativi di adescamento verso le organizzazioni operaie, accreditando le voci di una « conversione a sinistra » del fascismo. Era il tempo in cui sembrava delinearsi e prender corpo l'equivoco di « un mussolinismo » contrapposto al fascismo e destinato a succedergli. Era il tempo delle insidiose campagne per la « normalizzazione » le quali nascondevano il tentativo mussoliniano di assidere il proprio dominio non più sulle baionette, ma sulla corruzione e sul trasformismo, attraverso l'abdicazione e la rinuncia dei propri avversari. Di tutte queste manovre - che, riuscendo, avrebbero assicurato a Mussolini l'incontrastato predominio sulla nazione italiana per almeno un decennio, e, quel BibliotecaGino Bianco che è peggio, avrebbe ad· essa precluso ogni po_ssibilità di rigenerazione politica e morale - di tutte queste manovre mussoliniane Matte'otti, dal suo posto di Segretario di quel Partito che esercitava la maggiore influenza sulle organizzazioni operaie, fu il denunziatore inesorabile e i:riclucibile. ·..In mezzo all'universale dedizione al dit- ·-tatore, _unico ed estremo _baluardo della libertà ·italiana era· rimasto il proletariato. Matteotti aveva ben compreso che quel baluardo non doveva cadere, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Erano in gioco le sorti del proletariato, l'onore del Paese, l'avvenire del Socialismo. Quel baluardo ha resistito, e attorno ad esso, nella battaglia per la libertà, alle schiere socialiste si sono via via aggiunte quelle di tutti gli altri partiti: oggi, l'avanguarda antifascista del socialismo non è che una parte del grande esercito degli itali ani che anelano alla loro riscossa. Oramai il fascismo potrà inasprire ancor più l'oppressione, potrà mantenere ancora a lungo le posizioni, ma l'esito della lotta non può esser dubbio, perchè nessun compromesso, nessuna rinuncia possono più colmare l'abisso che si è scavato fra il popolo italiano e i suoi oppressori. Nel primo anniversario della morte di Giacomo Matteotti ricordiamo tutti, e ricordino soprattutto i giovani, che dalla rinascita di oggi e della vittoria di domani Egli fu l'artefice primo e massimo, non soltanto con la Sua morte, ma anche con la Sua vita eroica, non soltanto come Martire sacro alla memoria di tutti gli italiani, ma anche come Segretario del Partito Socialista Unitario. Questo articolo nel manoscritto fu firmato R. V., poi nelle seconde bozze Roberto V. e con tale firma fu stampato. 11

NON ESSERE VILI! (Discorso tenuto a Roma il 10 Giugno 1925 dall'on. Gonzales ai Deputati aventiniani) Onorevoli Colleghi, Compagni, L'esteriorità del rito qui oggi non conta: l'ultimo può parlare per il primo, il men degno per il più degno. Siamo qui per dire che un anno dopo dal giorno in cui (per nostra sventura e per incancellabile vergogna d'Italia) fu perpetrato il delitto esecrando Egli, il compagno di fede, il collega di lotta, il Martire nostro, è nei cuori più vivo che mai e noi siamo spiritualmente sempre guidati da Lui: capo eletto dal martirio, immortalato dai pugnali assassini in una Sua ora di giovinezza e di gloria. Noi invecchieremo, Egli no, noi morremo, Egli ha vinto la morte, noi ci dividere,no domani, ma nel Suo nome ci ritroveremo uniti sempre le quante volte saremo ancora chiamati a difendere il diritto e la libertà, cioè il bene a tulli comune, a tutti necessario: il patrimonio più vero della Patria. Nè alcuno si illuda: Egli è ben vivo non solo per noi (che se lo dimenticassimo saremmo indegni di essergli stati compagni) non solo per la folla innùmere dei lavo12 Biblioteca Gino Bianco ratori (ai quali particolarmente aveva dedicato la breve vita mortale così ardente di passione, cosi intensa di opere) ma anche Egli è vivo per tutti i cittadini, per tutti gli uomini umani, poichè per tutti Egli ha testimoniato col sacrificio. Resta, immagine presente, il ricordo dei funerali di Fratta Polesine quando in uno spontaneo, incontenibile slancio, pure nella proibizione, pure nel rischio personale, la sua gente accorse intorno alla bara e in un improvvisato rito, degno degli antichi eroi, l'innalzò tre volte nel sole. Non importa se il culto del Suo nome sia oggi chiuso in questi riti segreti, nella intimità delle case, nel silenzio degli italiani; chi impedisce che si manifesti, confessa che il culto è ben vasto e profondo e... pauroso. Egli da questa universa venerazione, dalla persecuzione della Sua memoria, ha la consacrazione più vera e più storica: che veramente sacro è soltanto quello che sia consacrato dall'amore delle moltitudini dei buoni e vituperato dai malvagi. E se dopo un anno dal Suo martirio la apoteosi non sia nella restaurata libertà d'Italia, nella libera ascesa dei lavoratori, nella restituita funzione parlamentare, nella sicura giustizia dei giudici, nella pace e

nella civiltà delle grandi contese ideali, se dopo un anno nel Suo Polesine rappresaglie barbariche, atroci lutti e quotidiane umiliazioni sono inflitte ai suoi concittadini, nessuno di noi bestemmi che Egli è morto invano; tanto varrebbe credere che il male vince definitivamente sul bene, la violenza bruta sul diritto, l'errore sulla verità, la storia (con buona pace dei modernissimi negatori degli apostolati che non possono intendere gli apostoli) la storia sa deviazioni soste ritorni, ma la linea sintetica non é che progressiva conquista di diritti, ascesa di umanità: le tempeste coprono il sole e le stelle, non le spengono, perché la forza delle luci é eterna. Morto sarebbe invano solo se gli Italiani lo credessero, se noi disertassimo la sua battaglia. Se la vittoria non sia attuale, se sia anche lontana, vuol dire che la battaglia é più lunga e più dura: ma che quando noi assumemmo di essere i candidati del popolo, chi ci ha garantito le battaglie brevi, le vittorie facili, gli ozii di Capua? La politica non é vacanza, é milizia, non solo diritto, è dovere. Bisogna avere in noi la certezza del criterio di verità e la conseguente certezza della vittoria: uomini veramente uniti, devoti a oneste e chiare idee, devoti fino al sacrificio, con indomata energica volontà sono una forza che non si abbatte. Ma bisogna essere noi i servi primi del diritto e della libertà, bisogna costringere gli avversari a vivere essi palesemente nella illegalità e nell'arbitrio. Noi non siamo gli arbitri della storia, non possiamo fissare le date, ma possiamo fissare i limiti dei nostri doveri: Giacomo Matteotti ha bene testimoniato di questo. Se non si abbia il Bene basta conoscere le vie del Bene. Battaglia non nostra o signori perchè non c'è diritto nostro che non sia di altri, non c'è libertà nostra che non sia di altri: hodie meum, cras tuum! Battaglia per l'onore d'Italia, perchè non c'è vita onorata di un Paese se non BibliotecaGino Bianco sia rispettato il suo patto costituzionale, se il legislatore non sia l'augusta espressione della più alta sovranità popolare, se non siano eguali le leggi per tutti, se non sia libero il pensiero, garantita la casa e la vita, assicurato il diritto di censura agli uomini di governo. Battaglia per l'onore d'Italia, o signori, perché i delitti possono non disonorare tutto un paese se siano il gesto dei delinquenti che nessuno esalti, che tutti dispregino, che la giustizia persegua: ma tutto un paese é disonorato se i delitti rientrino ne/l'attività di zelatori di un regime, se siano eccitati prima, esaltati dopo da uomini responsabili del partito che tiene la somma dei poteri e la custodia delle leggi e la giustizia sia troppe volte una parola vana se non anche una irrisione alle vittime. Allora se alcuno reagisca con ardente amore di verità e con sacrificio e rischio personali, si levi ad accusare chi è in tanta libertà e facilità di difendersi, quegli, se anche non gli arrida la sorte dei giudizi, ha opposto al disonore una riparazione, ha bene confessato una passione di giustizia del suo paese. La così detta questione morale è ben questa, o signori, oltre la questione giudiziale delle prove per una specifica responsabilità personale, oltre i limiti di un capo d'imputazione giuridica, investe tutta un'attività di partito, un metodo e una moralità di governo. Per l'assassinio di Giacomo Matteotti, fin dal giorno in cui denunciammo alla Camera lo strazio della prima certezza, il fatto atroce era in questi termini: Che Egli era stato aggredito in Roma, sede del Governo e del Parlamento perché deputato dell'opposizione, anzi, perché aveva coraggiosamente esercitato il suo diritto contestando in radice la legittimità di questa legislatura (e la contestazione fu ratificata dal sangue!). Che troppi deputati della maggioranza e la stampa ufficiosa del Governo fino al giorno del delitto lo hanno investito di minacce e designato alla vendetta partigiana. 13

Che gli assassini erano uornini di parte troppo vicini alla sfera governativa in una misteriosa attività di mercenari ed ave. vano creduto col delitto di giovare al governo! Poi abbiamo Lello reciproche accuse e difese, rivelazioni vergognose: da ultimo abbiamo udito il de/ilio esaltato, il nome degli spietati assassini invocato nei canti partigiani. Molto forse potrà aggiungere la storia, 111anulla di questo sarà tolto; nessuna di queste incontestate verità potrebbe essere negata da sofisticazioni e limitazioni di giudizi o da intimidazioni di verdelli e queste verità bastano da sole per rendere irriducibile e sacra la nostra protesta. Ed è vano contrapporre a questo nostro Morto glorioso e alle molte ombre che gli fanno ben triste e affollato corteo, un alt rò sventurato collega ucciso dal gesto folle e criminoso di un delinquente isolato e le altre villime che purtroppo conta anche il partito al potere: i morti non si contrappongono, non si sottraggono come dei numeri: i morti si sommano e insieme uniti formano il macabro bilancio di una era di esaltata violenza, di negata libertà, di compressi rancori. L'assolutismo è impotente a vivere senza brutalità. Noi rendiamo come italiani e come uomini a tutti gli uccisi il più alto e lacrimato saluto: non siamo di quelli che recano l'odio oltre i sepolcri, che esaltano gli assassini, che profanano le tombe degli assassinati! Già nella mozione del 27 Giugno, l'alto costitutivo della secessione parlamentare, noi volevanio che « il nostro morto fosse l'ultimo morto». Chi dica che noi siamo degli speculatori bestenimia: la nostra passione è animata di fede, purificata dal dolore. Se volessimo eccitare la pietà degli italiani basterebbe evocare Io strazio indicibile della fine di Giacomo Matteotti, come fu sopraffallo e rapito dai carnefici, come dovei/e la morte (povero Eroe solo fra gli assassini!) ·come fu sepolto ed occultato alle disperate ricerche dei suoi. Strazio tale che il colpo di pistola che 14 Biblioteca Gino Bianco lo avesse abballuto all'angolo di una via, sarebbe stato opera di misericordia. Sanno gli italiani la profanazione che nel giorno di Pasqua fu consumata sui segni di pietà e di amore che la vedova aveva composto sulla prima tomba del Martire perduta nella foresta? Sanno la persecuzione della salma anche nel solitario cimitero di Fratta, dove l'avevamo portata nella ingenua speranza che avesse pace nella Sua terra, sollo la custodia della vecchia madre? ... Ancora speculazione? ... Ancora demagogia?. No. Queste atrocità vanno ricordate perchè l'orrore del delitto è propaganda contro il de/ilio e anche in questo la censura della stampa è incivile e complice. Oh, se le sofferenze dei feriti e dei morenti, lo strazio delle madri, delle vedove e degli orfani (questo più vero e grande dolore che vive oltre, indefinito nel tempo) fossero presenti a tutti i forsennati violenti, forse fermerebbero le mani fratricide, chè non si abbatte solo l'avversario, non si uccide in lui « l'idea che non muore », ma si ferisce nel profondo la innegabile fraternità degli uomini, la consustanza nostra, si disperde un comune bene supremo, si offende un princ_ipio divino. L'amore è legge, è la sorgente della vita, l'odio è la legge della morte. Onorevoli colleghi, non la commemorazione ufficiale più degna che ci fu confiscata e sostituita fatalmente dalla ufficiale constatazione di un lui/o nazionale consacrato nella chiusura di Montecitorio, ma il rito nostro di pietà che nessuno doveva contenderci, può finire. La commozione è in noi non nelle vane parole; i propositi sono in noi non nei giuramenti; bastava adunarci, rievocare la cara Immagine, l'ombra vittoriosa che sta sulla soglia del Parlamento... e nessuno può entrare: rinnovare l'ossequio dovuto alla madre ed alla vedova inconsolata, deporre un bacio sulla fronte dei bimbi ignari e rileggere sulla tomba dell'Eroe le tre sole, semplici, auguste parole che Egli vi ha scritto col sangue: NON ESSERE VILI!

Pa-tecipazione internazionale allaesaltazione diMatteotti di DINO GENTILI Quando nella immensa sala suggestiva del Trocadero, a Parigi, dinnanzi al popolo di Francia ed ai rappresentanti di tutto il mondo, convenuti alla celebrazione del X anniversario della morte Jean Jures, quando dopo Leon Blum, che portò il saluto di Parigi, dopo Jounaux che parlò per i lavoratori di Francia, dopo Paul Faure, che recò il consenso della Internazionale Operaia, dopo il tedesco repubblicano Laebe, e il laburista Williams e il nipponico Souzouky, dopo Vanderwelde, il leader del socialismo belga; ouando alla tribuna apparve il nostro Filippo Turati, a portare il saluto dei socialisti d'Italia, parve che l'applauso della folla toccasse il diapson più alto. E allorchè poi Turati, rievocando la figura gigantesca del Tribuno, associò il ricordo di Jean Jaures a Quello di Matteotti, assurto alla gloria del martirio, la folla non seppe contenere il suo grido, e nel nome di Matteotti proruppe in una formidabile ovazione. Tutto il mondo lavoratore, convenuto in Parigi per rievocare la memoria di un Grande si ritrovava spiritualmente unito nell'esaltazione di Matteotti, caduto nella patria oppressa eroe e cavaliere della libertà. Quella manifestàzione solenne, indimenticabile, aveva luogo il 30 luglio dello scorso anno. Ma prima di allora si erano avute, da BibliotecaGino Bianco ogni parte della libera Europa, manifestazioni incontenibili di condanne per l'assassinio e per gli assassini, come di esaltazione per la vittima. Così a Londra il gruppo parlamentare laburista, riunitosi alla camera dei Co• muni, approvava, il 17 giugno, un ordine del giorno di « esecrazione per il delitto» e di « simpatia per il partito socialista nella sua lotta contro le forze che stanno calpestando- i principi fondamentali della libertà e della democrazia ». Questo ordine del giorno era votata alla presenza e col consenso di Mac Donald, allora premier d'Inghilterra. Nè valse l'incidente fatto sorgere -poi ai Comuni per togliere alla manifestazione significato ufficiale di governo. Tutta l'Inghilterra, senza distinzione di partito, non poteva non esecrare quel delitto - ultimo di una serie di delitti terribili dei quali il sistema fascista è direttamente responsabile. I compagni laburisti in particolare, che avevano conosciuto Matteotti, e, anche nella sua ultima visita a Londra, ne avevano apprezzato il coraggio morale e le doti intellettuali, manifestarono ancora in un nobilissimo messaggio « la loro profonda indignazione per il fatto che il loro compagno Matteotti, che era un oppositore della violenza, sia caduto vittima della violenza del fascismo ». Di lui quel messaggio - votato anche 15

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