Adolfo Rossi - Alla guerra greco-turca (aprile-maggio 1897)

Condusionr 2jl ~ l a i greci contemporanei, è doloroso il dirlo, hanno dimenticato le virtù dci loro avi, o bisogna ammettere che queste siano state esagerate dagli storici, che la ritirata descritta da Senofontc sia una gonfiatura, che il soprannome di fiè 111~/occ dato ad Achille si debba intendere in un senso umoristico. La guerra non era neppure f]uasi cominciata, che SI parlava già di armistizio, dc~iderandolo ardentemente; in luogo di scompigliare i piani del nemico, di cercare di tagliargli le retrovie, non si faceva che aspettarlo di piè fe rmo, e senza dargl i alcuna molest ia, in forti posizioni, per abbandonare poi f]Uestc appena venivano attaccate. Se Edhem pascià avesse potuto sospettare la defi cienza di piani, d'accorgimento e di forza di resistenza dei suoi avversari, in pochi giorni avrebbe potuto giungere in Atene dopo una passeggiata trionfale, c piantare la sua tenda all' ombra dell'Acropoli. Non può dirsi che soldati g reci non abbiano saputo battersi : essi solo non potevano essere guidati peggio. E ra dal comando supremo che r icevevano il cattivo esempio. Pu re ammettendo che la r itirata da Larissa fosse così urgente, essa non doveva mai essere ordinata all'improvviso, di notte, in modo tanto precipitoso. A Velestino le t ruppe di Smolenitz dovevano ricevere dci rinforzi. Prima di ri ti rarsi anche da Farsala, il g rosso delle truppe poteva affrontare i

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