Denis De Rougemont - Le libertà che potremmo perdere

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/ Pubblicato sotto gli auspici de/ CONGRESSO IHTERHA~IOHALE PER LA LIBERIA' DELLA CULTURA BibliotecaGinoBìa·rico

PROBLEMI DEL NOSTRO TEMPO L~LIBIRTA' CDIPOTR~MMO PIUDIR di DENIS DE ROUGEMONT COMITATO ITALIANO PER LA LIBERTA' DELLA CULTURA Fondazione Alfred Lewin 1 8 Biblioteca Gino Bianco Fondo Gino Bianco

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• L'ODIERNO DRAMMA DELLA LIBERTÀ I Quando si passano in rassegna gli argomenti che da sec?li sono stati fatti valere in favore del concetto di libertà del- ' l'uomo, o contro di esso, si finisce abbastanza rapidamente per dubitare della sua esistenza e per chiedersi se, come ideale o come realtà, essa sia o meno legittima. Ma colui il quale si trovi in prigione, sia intellettuale o contadino, sa benissimo che cosa ha perduto. Non ne chiede la definizione, ma ne esige bensì il godimento immediato ed ~ qualsiasi prezzo. In questa metà del ventesimo secolo quel che ci preme è meno il problema della libertà che il suo dramma. Dal modo di conclusione di questo dramma dipendono le nostre vite. Poiché se oggi noi viviamo nell'angoscia di una nuova guer~a ciò è determinato dal fatto che il mondo è suddiviso in due partiti chiaramente definibili solo in rapporto alla libertà. Da una parte sono i popoli che si definiscono liberi e che intendono restarlo; dall'altra, coloro che vivono in regime totalitario e son privati delle nostre libertà da ess1 chiamate fallaci. 3 1b otecaGinoBtanco

Tutti gli altri motivi di conflitto che si potrebbero enumerare sono discutibili e poco chiari. Ad esempio, gli interessi economici sono opinabili, sovente mal de.finiti: sarebbe . . forse possibile raggiungere un accordo su quel piano. Le passioni nazionalistiche non sono ormai altro che sopravvivenze e del resto sono riscontrabili, equamente ripartite, in ambo i campi. Le concezioni della giustizia sociale stessa non sono più sufficienti a distinguere nettamtnte i due avversari: voglio dire che sarebbe possibile discutere a lungo per riuscire a sapere da quale parte del sipario di ferro regni una maggiore giustizia sociale, teorica o pratica, promessa o realizzata. Ciò che invece sarebbe assolutamente impossibile dis.cutere, ciò che agli occhi di tutti è evidente, da ambo le parti, è il fatto che noi vogliamo la libertà e che gli altri vogliono la dittatura. Essi la preferiscono - dicono: provvisoriamente - alla nòstra libertà che de.finiscono « puramente formale», affermando che la loro dittatura prepara invece una libertà reale. Se quindi è evidente che si tratta della libertà, non è forse più che urgente prender coscienza in modo netto e deciso delle libertà concrete di cui godiamo? Se vogliamo vincere a priori - prima cioè di una guerra che per tutti sarebbe una guerra perduta - questa lotta nella quale tutti senza eccezione siamo impegnati, dobbiamo renderci conto che la prima condizione di successo consiste, per noi, nel sapere che cosa effettivamente stiamo difendendo. Quali sono le nostre libertà ? Sono esse veramente solo formali ? È vero che teniamo ad esse ? E siamo pronti a qualsiasi sacrificio per difenderle ? 4 1bliotecaGin0B1anco

Siamo sinceri: molti di noi non sanno più bene che risposta dare a simili domande. E in questo consiste appunto la forza principale dell'altro campo. Quando ci si dice: « Che cosa avete voi da contrapporre all'ideologia staliniana ? A questa grande speranza del proletariato, a questa nuova religione? », sovente esitiamo prima di rispondere. Quando ci si dice : « Solo opponendo ai suoi nemici una ideologia più potente della loro potrete difendere l'Europa; ma, ahimè, non avete a disposizione che un passato ! ». Ebbene, quando siamo ridotti a cercare disperatamente una replica a domande come queste, a tentare di improvvisare un nuovo misticismo, possiamo già considerarci battuti. Per vincere - ma in questo caso nel modo più assoluto - è indispensabile saper rispondere ad esse immediatamente e con un assoluto convincimen_to. La nostra risposta deve essere questa: « Non abbiamo bisogno, come voi, di una ideologia, perché le nostre libertà noi le abbiamo. E non è affatto il nostro passato che difendiamo, bensì le libertà da esso conquistate e che costituiscono la realtà odierna delle nostre vite, non solo: ma anche il pegno di un avvenire migliore ! ». Solamente questo linguaggio può salvarci. Esso deve essere il nostro senza equivoci, in piena conoscenza di causa. Purtroppo è un fatto che molti di noi esitano. È per coloro che esitano, insieme con loro, che vorrei esaminare due grandi domande: 1) perché gli uomini odierni hanno paura della libertà e sono tentati di rinunciarvi ? 5 caGinoBianco

2) quali sono le libertà effettive che possediamo e che domani potremmo perdere ? L'ANSIETÀ DELL'UOMO MODERNO La nostra prima domanda: « Perché l'uomo odierno ha paura della libertà ? » richiederebbe che si sottoponesse la nostra civiltà ad un lungo esame di coscienza, ad un'analisi che risalisse il corso della nostra storia attraverso parecchi secoli, e forse ad una psicoanalisi. Per il momento, accontentiamoci di considerare semplicemente l'europeo della metà del ventesimo secolo nella sua situazione pratica. Consideriamo il giovane eh~ entra nella vita. Egli si ritrova in un mondo nd quale si sente smarrito. Tutto vi è troppo vasto: troppo complicato e troppo variabile. In teoria ogni cosa sarebbe possibile; ma nulla indica ciò che bisogna fare, e le indicazioni esistenti sono contradditorie. Per esempio: che mestiere scegliere ? In altri tempi il figlio d'un mercante di stoffe diventava mercante. di stoffe; il figlio d'un nobile, ufficiale; il figlio d'un contadino, contadino. Oggi, con un po' di fortuna, il_giovane può diventare qualsiasi cosa; quel che è certo, è che tutto lo sping~ a fare qualcosa di diverso dal padre: ed egli definisce ciò « liberarsi dai pregiudizi di famiglia, d'ambiente >>. Dunque, si libera. Ma per cosa? Il problema sta annidato qui : il giovane è dominato da un senso di arbitrarietà. La morale borghese non costituisce più un aiuto, non sa più fornire alcuna direttiva chiara. Contraddetta dalle pratiche correnti 6 BìbliotecaGinoBianco

tinte di prudente cinismo; dalla psicoanalisi negli ·ambienti benestanti; dal marxismo nelle classi proletarie; e infine dal materialismo generale che traduce ogni cosa in termini di denaro - ma il denaro stesso cambia costantemente valore - la morale ha perduto sia la forza normativa che il prestigio. La maggior parte dei nostri contemporanei non è più guidata né dal costume, né dai 'Principi, né dalla fede religiosa. Eppure mai la nec;essità di orientamenti precisi ed indiscutibili è stata urgente come ora, nella vertiginosa complessità della vita moderna. Ecco dunque il nostro giovane abbandonato in preda all'an~ietà, alla mancanza di sicurezza materiale e morale. Dove potrà trovare il gruppo umano che gli offra una protezione e difenda i suoi interessi? La famiglia si sta sciogliendo, o vegeta in provincia. Come orientarsi nella scelta della carriera ? E come sopportare di vivere senza uno scopo, senza una '.:ispirazione,di qualsiasi genere essa sia ? E perché scegliere questa cosa piuttosto che quell'altra, qato che tutto, in linea di principio, è possibile? LA RISPOSTA DELLE DITTATURE A questa precisa ansietà dell'uomo, sradicato, isolato e disorientato hanno appunto risposto le pressioni collettive cd 1 sistemi totalitari. Sostituirono dapprima il patriottismo locale ed istintivo con il nazionalismo; le convinzioni tradizionali con le passioni politiche. Ma né il nazionalismo né lo spirito di parte avrebbero potuto essere sufficienti a dare all'uomo della massa 7 1bfiotecaGinoBianco

una regola di vita, una disciplina di azione e di pensiero salvo che in tempi di guerra e di rivoluzione - se ad essi non fosse venuto ad aggiungersi l'elemento sociale dopo la prima guerra. Ciò che Mussolini e poi Hitler, ambedue fortemente influenzati dall'esempio di Lenin, hanno avuto la oscura genialità di comprendere per primi, è che l'uomo della massa vive nell'angoscia della mancanza di sicurezza, dell'arbitrarietà, e che ciò lo riduce a desiderare che lo si liberi di una libertà _priva di contenuto. Essi hanno compreso che l'uomo moderno cerca una guida (Duce, Fuehrer, Caudillo, Padre del Popolo) che gli detti la condotta da seguire e che la giustifichi, senza possibilità di discussione, senza che sussista il timore di incorrere in errore, liberandolo così dall'angoscia di scegliere, di arrischiare, di pentirsi della scelta. Non è per cattiveria o per perversità che numerosi uomini in Europa diventarono fascisti o diventano oggi comunisti. È perché questi uomini con tutto il loro essere hanno sentito oscuramente il bisogno di un principio di unità, di obbligo, di sicurezza, principio che unicamente le dittature sono disposte e si dichiarano pronte a fornire. Fino a quando le potenze occidentali non avranno misurato la loro fondamentale carenza a proposito di quanto abbiamo esposto sopra, non sapranno comprendere la vera natura della tentazione che ne deriva, cioè della tentazione totalitaria. La loro polemica contro le dittature e la loro retorica libertaria rimarranno vane o non agiranno che per determinare l'effetto contrario se non offriranno all'uomo un ordine rassicurante. 8 liotecaGjnoBianco

DUE ANEDDOTI , Arthur Koestler racconta che in seguito alla pubblicazione in Francia del suo libro « Lo Zero e l'Infinito», ricevette tre lettere di studenti che dicevano, in sostanza, così : « Signore, credo che la vostra descrizione dello stalinismo sia esatta. Di conseguenza mi iscrivo al partito comunista. Perché quel che cercavo era appunto una disciplina, una efficacia di questo genere ». Ecco perché al giorno d'oggi tanti uomini, rifuggendo da una libertà che li lascia indifesi e li angoscia, scelgono la tirannide, vi si buttano fanaticamente e· si immaginano che rappresenti l'ordine, o perlomeno una « messa in ordine». Con questo tocchiamo il segreto della vera forza, della sola forza· di persuasione intima di cui dispongono i regimi totalitari. Illustriamo questo punto con un altro esempio dal vero, fornitoci da un diplomatico francese: « Quando giunsi a Mosca per ricoprire la mia carica, una delle prime domande che mi rivolgevano i russi di mia conoscenza era la seguente: « Come ha fatto per venire qui? ». Un po' stupito rispondevo: « È semplice, ho preso il treno». « No, si diceva allora, non vogliamo sapere questo; ma bensì come ha fatto per ottenere le licenze, i permessi per uscire dal paese, i buoni per l'acquisto del biglietto, i certificati politici ecc. ecc. che sono, come ognuno sa, indispensabili per potersi mettere in viaggio? ».· Non fu facile per il francese convihcere i suoi interlocutori che s'era semplicemente recato ad una delle stazioni parigine e aveva allo sportello acqm9 aGìnoBianco

stato il, biglietto per Mosca senza altre formalità. Quando si decisero infine a prestargli fede, tirarono una conclusione semplice quanto inattesa: « In che terribile disordine deve essere ridotto un paese come il vostro ! ». Questo diplomatico aggiungeva che i pochi russi di sua conoscenza che avevano avuto occasionç di venire in Occidente, lungi dal sentirsi più a loro agio nel nostro clima di libertà, vi soffrivano di una specie di perenne inquetudine. A casa loro, tutto era « dettato », ogni gesto ed ogni istanza spiegati « scientificamente » o prescritti dal partito o dalla sua dottrina. Invece nell'Occidente ci si trova costantemente nella posizione di dover «scegliere», di decidere personalmente. Non si sa mai esattamente che cosa si deve fare. Una vera e propria vertigine ! Una cosa estenuante ! LA PSICOSI DELL'UOMO MODERNO Avremmo torto se volessimo ridere di un atteggiamento simile. Esso trae i propri profondi motivi dalla psicosi stessa dell'uomo moderno al di qua e al di là del sipario di ferro. Sarebbe un errore affermare che il cosidetto uomo moderno abbia il gusto della schiavitù. Egli cerca semplicemente una disciplina che lo rassicuri. Non perché ami la disciplina in sé, ma perché ne ha bisogno nella misura appunto in cui questa è suscettibile di sbarazzarlo della libertà. Perché libertà significa: obbligo costante di procedere ad una scelta individuale. la disciplina gli toglie quest'obbligo. Gli roglie pure il rischio dell'errore sempre implicito nella scelta ed 10 1blrotecaG1noBianco

ampliato oltre misura dall'instabilità della vita moderna; lo libera, infine, dal senso di colpevolezza individuale costituita dalla sopravvivenza in lui di una morale la quale non sa più fornirgli alcuna ragione positiva per vivere. L'uomo il quale si senta vagamente colpevole, senza ben sapere di che cosa e perché e senza confessarselo, retrocede con un moto naturale dinanzi ai rischi della libertà. Va a nascondersi dietro alle norme di un partito, dietro la norma collettiva e la disciplina rigida e l'infallibilità di un capo. Il capo assumerà ormai tutti i suoi errori, tutti i suoi peccati e li trasformerà in altrettante verità e virtù - fintanto che il suo partito avrà il potere. Esistono nell'uomo moderno delle tendenze inconscie che lo spingono a gran forza nella direzione contraria a quella delle sue· rivendicazioni di libertà e di progresso, divenute puramente verbali e abitudinarie. Non si riesce a convincerlo molto a fondo quando si vanta davanti a lui la libertà in generale e la si oppone con indignazione alla tirannide totalitaria. Così facendo non si tocca che una parte del suo intelletto, mentre le forze che lo guidano sono e rimangono ben altre. In lui c'è qualcosa che si rivolta contro l'evidenza àei fatti che gli si possono _proporre e perfino additare. Egli è raramente disposto a confessare che così in verità stiano . le cose con lui - non lo confessa nemmeno a se stesso. Dà invece ogni specie di ragioni, non molto plausibili, per spie- . garci la superiorità delle Dittature. Anzitutto nega che siano dittature. Poi afferma che, se lo sono, lo saranno solo per un breve periodo di tempo, un periodo transitorio e un po' duro ma indispensabile. E infine ha la convinzione che que- · 11 tecaGinoBianco

ste dittature preparino delle libertà ben più complete di quelle che godiamo nell'occidente. È inutile dimostrargli che è vero proprio il contrario - dato che il motivo profondo della sua conversione alle dittature, quel motivo appunto che non può confessare, consiste nel fatto che egli si trova nel pieno della fuga davanti alla libertà e da essa cerca un rifugio, da sé medesimo forse, dall'arbitrarietà della vita; e che questo rifugio lo trova in quel surrogato del1' ordine offerto dalle dittature totalitarie. È impossibile modificare un simile atteggiamento a mezzo di argomentazioni. Ci troviamo in presenza di una psicosi che ha colpito milioni di uomini occidentali e dalla quale nessuno di noi può dirsi completamente immune. Non si confuta una psicosi con la logica e nemmeno con l'evidenza. Essa esige un altro trattamento, che mi sforzerò di abbozzare. PRIMO RIMEDIO: RIFORMA SOCIALE Benché la fuga dinanzi alla libertà consista in un atteggiamento essenzialmente mentale ed affettivo essa è però favorita da parecchie circostanze materiali. Prima di intraprendere qualsiasi forma di trattamento psichico sarebbe necessario modificare queste circostanze materiali. Per esse intendo : la mancanza di sicurezza sociale che regna ancora nelle nostre democrazie più o meno liberali, più o meno capitalistiche. Finché non sarà stato assicurato ad ogni individuo un 12 B1bliotecaGinoBianco

determinato m1mmo vitale, finché egli dovrà temere di perdere da un giorno all'altro abitazione, lavoro e stipendio - e dunque la facoltà di formarsi un giudizio -, finché insomma l'uomo moderno si troverà (o semplicemente avrà la sensazione di trovarsi) in una situazione del genere, avrà più paura che desiderio della libertà. È evidente che ogni serio trattamento del male totalitario deve accompagnarsi dunque con misure ~ociali le quali siano in grado di garantire ad ogni famiglia o individuo isolato un mm1mo di sicurezza materiale. Coloro che tali misure identificano col comunismo confondono il rimedio con la malattia. SECONDO RIMEDIO: EDUCAZIONE Nondimeno l'elemento essenziale del trattamento è l'educazione. Educare un giovane vuol dire - come la parola stessa, in tutte le nostre lingue europee, indica - « farlo uscire», condurlo fuori (e -ducere). Vuol dire insegnargli a superare successivamente lo stadio animale, interamente sottomesso alle determinanti fisiche; quello dell'anarchia, che corrisponde alla inefficacia degli sforzi contradditori e irresponsabili; e per· finire, lo stadio dell'imitazione, del conformismo puro, per metterlo in grado di accedere al senso della responsabilità persom1.le,vale a dire, alla possibilità di essere libero. Lo scopo di ogni educazione degna di questo nome è dunque di preparare l'uomo alla libertà. Sarebbe vano decretare ogni genere di libertà morali e legali per degli uomini 13 ecaG1n0Bianco

' che non ne conoscessero - cioè che non avessero imparato a conoscerne - l'uso. « Libertà » è una parola vuota di senso e priva di attrazione per chi non abbia il gusto del rischio, per chi non abbia scoperto la propria vocazione. Anche questo dipende in buona parte dall'educazione. CONDIZIONE NECESSARIA: SOPRAVVIVERE L'estensione della sicurezza materiale e l'educazione alla libertà - vale a dire: la rimessa in moto del progresso occidentale - non saranno realizzabili in un anno, e nemmeno in due o tre. Nondimeno gravano su di noi una minaccia interna e una minaccia ester"na. La minaccia interna sta in questo profondo disordine che ho descritto, nell'ansietà morale e nella mancanza di sicurezza le quali minano e lentamente distruggÒno il nostro gusto per la vera libertà. Dal1' esterno ci minaccia qualcosa che metterebbe fine d'un sol tratto a tutti i nostri mali. Siamo malati; il trattamento da iniziare sarà lungo. Inoltre, e per incominciare, dobbiamo evitare un infortunio mortale che potrebbe colpirci prima che il trattamento abbia fatto i suoi effetti. Perciò hanno indubbiamente ragione coloro i quali dicono: « Prima di tutto ritroviamo la nostra salute, sarà questa la migliore difesa! ». Ma spesso hanno il torto di dimenticare che l'avvenire della nostra salute presuppone com~ condizione prima la salvezza della nostra vita presente. Parliamo ora in termini pratici. Ci si viene a dire: « Provvedete a riformare la vostra Europa e sarà questo il mezzo 14 1bhotecaGin0B1anco

più sicuro per sopprimervi la tentazione totalitaria :i.>. Ahimè, si trattasse solamente di eliminare una « tentazione » ! La nostra Europa potrebbe addirittura sparire inghiottita dalla realtà totalitaria ben prima che si sia riusciti a procedere alla sua riforma ! È quindi necessario anzitutto difender!~ così com'è. Altrimenti, domani, non sarà migliore ma morta. Si tratta di premunirsi contro il pericolo esterno e di prendere contemporaneamente in cura le cause profonde del suo male interno. Bisogna educare la gioventù, offrire al proletariato condizioni migliori di vita; ma bisogna nel medesimo terwpo prendere anche delle misure più rapide. Si tratta di federarci e di assicurare la nostra difesa. Qui sorge il circolo vizioso. Ciò che trattiene molti europei dal federarsi e dall'organizzarsi per la difesa del continente è appunto la psicosi o nevrosi di cui abbiamo parlato sopra, la quale fa dire alle sue vittime· che « la nostra Europa non vale più niente ». IL DISFATTISMO EUROPEO Quando qualcuno ha deciso di annegare il proprio cane dice che ha la rabbia. Quando non si ama più la libertà si dice che quella che si possiede non vale più niente, che è malata. Questo è il linguaggio dei disfattisti europei. la verità è invece che non la nostra libertà, bensì il nostro senso e il nostro gusto della libertà sono malati - o più· precisamente, il senso ed il gusto dei disfattisti di cui sopra. Costoro hanno paura della libertà, ne sono stanchi e se15 1otecaGìn0Bianco

gretamente desiderano vederla sostituita da discipline massicce e da una cieca fede. Siccome però non possono confessare la verità, dato che il disgusto è provocato dalla nevrosi, mentono. Si tratta di un meccanismo generalmente noto, addirittura classico per un psi~hiatra. 1:utti i_nevrotici m_entono nel senso che affermano il contrario non solamente della verità di fatto ma anche del proprio effettivo desiderio. È facile constatare come la menzogna più riuscita che il disfattismo europeo abbia inventato consiste nel dire : cc La nostra Europa è finita, non è fatta che d'un passato e non è possibile difenderla così com'è. Visto e considerato che non è in grado di fornire alcuna nuova mistica, l'avvenire e la speranza si trovano dunque dall'altra parte ». Ci si chiede ora come sia possibile che molta gente, giovani e anziani, nient' affatto staliniana o fascista, creda sinceramente a questa menzogna. Come spiegare l'esistenza di un'illusione pur così radicalmente contraddetta dai fatti? Risposta: coloro i quali ritengono l'Europa attuale immeritevole di una difesa sono coloro i quali hanno perduto ogni nozione della libertà reale di cui godono, o coloro che la tirannide attira nel segreto del loro cuore. LIBERTÀ FORMALI E LIBERTÀ REALI In Occidente abbiamo conosciuto fin da sempre, noi di questa generazione perlomeno, quelle libertà reali e quotidiane di cui godiamo. Sono diventate per noi così naturali 16 blìotecaG1noBianco ...

che dimentichiamo perfino che esistano. Sono l'aria stessa che respiriamo. Se riuscissimo a renderci conto che quasi tutte le nostre libertà potrebbero venirci a mancare, sentiremmo che esse valgono tutti i misticismi del mondo e che meritano perfettamente d'essere difese. Proviamo ad immaginare che cosa sarebbe la nostra vita quotidiana nella vecchia Europa definita decadente qualora domani si procedesse a « ringiovanirla » a I mezzo di regolamenti dittatoriali. Ci si dice che le nostre libertà europee non sono più se non parole, grandi parole; che sono diventate puramente formali, mentre quelle confezionate dalle dittature sarebbero infine reali. Guardiamo oggettivamente in che cosa consista una simile differenziazione. Supponiamo anzitutto che quel che si intende per « libertà reale », in contrapposizione alla « libertà formale », sia una libertà che si traduce in risultati concreti, materiali e non sia quindi puramente sentimentale o illusoria. Consulto dunque il quadro dei livelli della vita materiale elaborato dalle Nazioni Unite. Vi leggo: « Il reddito annuo medio per abitante è attualmente di 1.453 dollari negli Stati Uniti; di 840 in Svizzera; di 428 in Francia, di 308 nell'Unione sovietica, di 300 in Polonia ». Logicamente bisognerebbe dedurne che le cosiddette libertà « formali » permettono un livello di vita molto superiore a quello raggiunto dai popoli che godono delle cosiqette libertà « reali ». Preferisco, per conto mio, dedurne semplicemente che gli aggettivi sono stati scelti male, che siano anzi stati presi uno per l'altro. Supponiamo poi che «formale» significhi « puramente 17 aGino81anco

legale ma non vissuto » o vissuto solamente in seno ad una ' minoranza; mentre « reale » voglia dire: vissuto nella vita quotidiana e dalla maggioranza. Si tratta ora di illustrare con esempi concreti questa distinzione che in teoria è affatto corretta. Consideriamo dunque alcune delle libertà che contano fra le più banali nell'Occidente. Proviamo a vedere i limiti di· queste . libertà e di ciò che ci viene offerto in cambio esaminando qualche caso ben preciso. LE NOSTRE - E LE LORO LIBERTÀ Da noi esiste la libertà di circolare. II suo contrario è essere in prigione. :È quindi un simbolo concreto della libertà. A che punto è questo diritto in Occidente? Ne disponiamo ampiamente non solo all'interno del paese ma anche da un paese all'altro, a piedi, in bicicletta, in automobile, in treno, in aereo. Non è limitato che dal prezzo dei trasporti e dal sistema dei visti - ma non mi risulta che le ferrovie siano gratuite nemmeno nell'URSS. Mi risulta invece· che in quel paese si esige un passaporto interno - da una città ali'altra -, che non vi si dispone del diritto di attraversare la frontiera se non per ragioni politiche. La libertà di circolare, benché imperfetta, mi sembra dunque una cosa che da noi valga la pena di difendere. Dopo cento anni di lotta sostenuta dai movimenti sindacali, disponiamo del diritto di sciopero. Non si tratta di un diritto solamente legale: esso viene usato in tutto il nostro 18 ,otecaGinoBlanco

Occidente - in Europa come negli Stati Uniti - con risultati concreti e positivi. Tutti i paesi totalitari l'hanno soppresso; basterebbe questa soppressione del diritto di sciopero a far riconoscere all'operaio senza rischio alcuno di incorrere in errore, che il regime che gli promette la lum, prepara in realtà la forma moderna del servaggio. Tutte le dittature latine, slave e germaniche si incontrano su questo punto. Tutte prendono il potere in nome d'un socialismo « bene interpretato », non retorico ma effettivamente realizzato. E tutte in seguito dicono all'operaio: « Ora che sei al potere, non vorrai metterti in sciopero contro te stesso ! Tu sei ora ufficialmente contento e soddisfatto ... ». Esse dimenticano, le dittature, che l'uomo non sarà mai contento se non avrà il diritto di proclamarsi malcontento. Noi, questo diritto, ce lo siamo conquistato. Esso è valso a tutta una classe proletaria una costante e 1:1isurabile ascesa. Ebbene, potremmo perderlo domani; e ci vorrebbe un misticismo molto potente e mistific~tore per convincerci che questa perdita equivalga ad un progresso, costituisca una nuova speranza - per farci credere insomma che una libertà sia « formale » quando la si possiede e « reale » quando si sia perduta. Quando l'impiegato, l'operaio, da noi, non sono soddisfatti della propria professione, del salario, del datore di lavoro, hanno il diritto di dare le dimissioni e di andare a cercar lavoro altrove. Nel regime che offrono le dittature all'impiegato ed all'operaio questo diritto sarebbe loro tolto. L'idea di abbandonare la propria officina per andare a cercar lavoro altrove è un'idea semplicemente inconcepibile nelle « repub19 ec-aGinoBianco

bliche sovietic~e ». Se cerco dove si trova il progresso, è di nuovo da noi che lo riscontro. Altro esempio: la libertà d'espressione. Non dirò che nell'Occidente sia perfetta, tutt'altro. Tutti conosciamo i limiti che le sono imposti in pratica dalle censure segrete di stampa e di stato e dai.conformismi locali e nazionali. Avvertiamo I soprattutto la restrizione imposta oggigiorno all'individuo dalla vita moderna nella cui smisurata ampiezza non gli riesce di far intendere la propria voce mentre gli Stati, i partiti al potere ed i grandi del giprno dispongono della radio, della stampa, del cinema. Comunque disponiamo pur sempre del diritto di protestare contro tutto ciò. Mi si dirà che non è un diritto efficace; eppure il solo progresso nei suoi confronti che mi potrebbe offrire un regime totalitario consisterebbe nel togliermi per.fino quest'ultimò diritto, dato che per il resto le condizioni vi sono uguali se non peggiori. In via di fatto la soppressione del diritto di protestare elimina tutta quanta la libertà del!'espressione. E l'uomo che perda la libertà dell'espressione è un uomo moralmente imprigionato. È un prigioniero in seno alla propria famiglia colui che non osa più parlare davanti ai propri figli nel timore di vedersi svegliato due giorni più tardì alle cinque del mattino dalla polizia. È imprigionato nel proprio pensiero colui il quale non osa più comunicare le proprie reazioni ai suoi simili. Così segregato e disarmato gli viene a mancare in breve ogni mezzo di difesa contro la propaganda di massa. Diciamolo dunque francamente: la propaganda è una vera e propria tirannide, una costrizione reale, una violenza non meno grave dei colpi di frusta impartiti dal pa20 hotecaGinoBianco

drone allo schiavo. Non esistendo contro questo flagello mezzi di difesa legali, è necessario incoraggiare al massimo i mezzi individuali. Ci rendiamo noi occidentali conto a sufficienza dell'efficace difesa dell'uomo e della sua dignità intima che risiede in realtà nel diritto di protestare (fosse pur solo soletto in un cantuccio), nel diritto all'opposizione nella vita politica, nel diritto d'avere troppi giornali, troppi partiti e perfino nel diritto di lamentarsene e beffarsene ? Se domani perdessimo questi diritti che possono sembrare secondari, ci renderemmo conto che essi costituivano la protezione della nostra integrità individuale dinanzi alla peggiore minaccia del secolo. Con ciò arrivo a parlare della più grande, della più tipicamente umana libertà che potremmo perdere: LA LIBERTÀ DI PENSIERO Confesso di aver sovente ridicolizzato quest'espressione nei miei folli anni giovanili. Dicevo: nulla al mondo può privarcene. Perfino in prigione l'uomo conserva la libertà di pensare quel che vuole e tanto quanto gli piace. Perché garantirgli un diritto che in verità è impossibile gli venga mai tolto quando invece si tratterebbe molto concretamente di procurargli alimento e alloggio? E parlavo ài « pallide libertà» riferendomi alle definizioni contenute nella Carta Atlantica, di libertà inutili ed astratte di cui ci si fa scudo per evitare di fronteggiare i problemi scabrosi. Avevo profondamente torto. Il fatto è che non credevo al diavolo. Non avevo ancora compreso, visto e sentito che tutte le libertà di cui 21 o ecaG noBianco

i migliori di noi sono assetati possono venire eliminate d'un sol tratto quando abbiamo cessato di essere padroni ed autori dei nostri pensieri. Se perdiamo il diritto e la facoltà di pensare ciò che ci piace e come ci piace - sia poi giusto o sbagliato il nostro pensiero - tutti gli altri diritti che ci sono concessi saranno senza valore. Né li considereremmo ancora come diritti. E questa libertà, la possiamo perdere - ecco che cosa non sapevo ancora dieci anni fa e che nessuno al giorno d'oggi può né deve ignorare. Esistono al giorno d'oggi delle tecniche (la propaganda), dei procedimenti intellettuali (la dialettica) e dei prodotti chimici (il Penthotal) che riescono a farci pensare nel senso voluto dallo Stato. Coloro che hanno letto il capolavoro di George Orwell cc1984 », o ccLo Zero e l'Infinito » di Koestler, o la ccVenticinquesima Ora » di Cheorghin, o semplicemente gli studi dei psicologi nei quali è provato che basta pizzicare nel punto giusto il cervello di un neonato per fargli pensare o non pensare ciò che si vuole, sanno benissimo di che cosa parlo. Non si tratta di anticipazioni. L'inferno degli uomini spos- ·sessati del proprio pensiero esiste qui, accanto a noi; la sua propaganda, beninteso, lo chiama un paradiso. Grazie ai campi di concentramento ed ai forni crematori il ventesimo secolo ha riscoperto il valore primordiale dell'habeascorpus. Non solo; .ha dovuto scoprire anche, come recentemente ha detto Ignazio Silone, che la libertà per eccellenza è il diritto di ogni uomo alla propria anima - habeas animam I - e che è un diritto che potremmo perdere. 22 BibliotecaGinoBianco

CONTROFFENSIVA DELLA LIBERTÀ Abbiamo fin qui formulato due tesi principali. La prima è che nel nostro mondo complesso e privo di misura, la libertà è sentita da molti come « mancanza di sicurezza>).La seconda, che disponiamo di un vero capitale di libertà reali delle quali non abbiamo nemmeno più coscienza. Ne consegue un nostro indebolimento di fronte alla propaganda totalitaria. Angosciati dalle possibilità teoriche che superano le loro effettive possibilità, molti uomini sono spinti oscuramente a cercare discipline cieche che li liberino dai loro problemi individuali: la guerra, le dittature, i « guastatori» militari e politici, o anche più semplicemente l'anonimato collettivista. Altri, abituati al punto d'averne perso la coscienza alle libertà conquistate dalla nostra religione, dalle nostre rivoluzioni e dalle nostre scienze, decorano con il nome di « potenti misticismi» quelle propagande che ci promettono paradiso e grandezza, giustizia e vera libertà: e vanno dicendo che nulla abbiamo da contrapporre a questi misticismi - che non sono, in verità, che mistificazioni. È venuto il momento di passare alla controffensiva. Lasciamo i « misticismi scientifici» a quei popoli che ne hanno gran bisogno perché sono privati delle nostre realtà ed i loro capi sono costretti a mascher:ue quest'assenza con degli slogans. Non abbiamo per nulla bisogno di un misticismo « altrettanto potente » o « più potente » dei loro. A noi bastano pienamente i fatti. Quanto alle libertà, ne possediamo più di quante meritiamo. Quando avremo compreso che potremmo perderle, come 23 ecaGinoBianco

le hanno perdute altri accanto a noi, allora incominceremo a renderci conto di quanto valgano. E quando avremo com- . preso che cosa valgano, incominceremo a saper misurare l'entità della nostra forza. Quando l'avremo misurata, vedremo che sia l'avvenire che· il progresso sono dalla nostra parte. E allora, avremo la volontà di salvare la nostra realtà presente. LE NOSTRE FORZE REALI SONO IMMENSE La prima è costituita dal tesoro vivente dei diritti di ogni natura conquistati dalla nostra storia, da tutte le nostre storie nazionali. Tutti i popoli del mo11do senza eccezione alcuna possono invitlarci a questo proposito. Sembra che in tutti i tempi lo spirito umano non abbia immaginato una sola libertà che gli europei non abbiano voluto vivere. Con un'intensità diversa, qualche volta fino all'eccesso, godiamo di tutti i diritti menzionati più sopra e di dozzine d'altri in più: del diritto di circolare, di lavorare, di scioperare, di creare coopf'rative sindacati e società"mutue; del diritto di spostarci, di cambiare condizione sociale e professione; del diritto di esprimere tutte le saggezze e tutte le ·follie concepibili; del diritto alla religione di nostra scelta e di quello a non sceglierne alcuna; del diritto di eleggere chi vogliamo e di tacciarlo in seguito di scellerato; del diritto di protestare, di scrivere al « Times » o alla gazzetta locale, di promuovere una campagna in favore di chiunque o in suo sfavore; del diritto di esigere che i doganieri per rovistare nelle nostre valige infilino i guanti bianchi; del diritto di entrare in qualsiasi 24 hotecaGinoBianco

negozio caffè o ristorante e di farvi una scelta di nostro gusto; del diritto di educare i nostri ragazzi secondo i nostri principi - e di tutti gli altri diritti non codificati, non for-· mulati e non formulabili che sono indubbiamente più preziosi benché inconsci, come il diritto di applaudire o di fischiare secondo la nostra intima convinzione, di captare alla radio la stazione che si preferisce e .di spegnerla se ci annoia senza minimamente rischiarè di essere denunciati dai vicini; del diritto di amare, di odiare, del diritto di sposare chi vogliamo... Fra tutti questi molteplici di,ritti non ve n'è uno solo che le dittature non abbiano attaccato o soppresso, non abbiano definito anti-sociale o criminale. Non ve n'è uno solo che la immensa maggioranza dei popoli liberi viventi all'ovest del sipario di ferro non abbiano conquistato: questi popoli si compongono di circa 300 milioni di europei, entit?i superiore a quella russa e uguale a due volte quella americana. ~utti questi diritti reali e viventi non corrispondono ad un passato, ma ad un presente; non solo lo costituiscono, ma rappresentano il pegno di un grande avvenire. Ecco la speranza degli uomini. È da noi che la troviamo. SPIRITO CRITICO La seconda forza di cui disponiamo e che cost1tu1sceuna delle caratteristiche dell'Occidente non è altro che lo spi,rito critico. Ci si afferma che vada perdendosi adducendo a prova il successo conseguito dalle pubblicazioni, propagande e mistiche politiche. A me sembra, al contrario, che stia 25 1b 0tecaGìnoBianco

rinascendo proprio in seno alle giovani generazioni. Ci si lamenta a proposito delle condizioni in cui si trova la gioventù europea, deplorando ciò che si definisce come il suo « nihilismo ». Se con ciò si vuole significare la sua mancanza di fede nelle grandi parole, l'assurdità della vita che denuncia e la sua refrattarietà ai reclutamenti promossi da un'ideologia, sarei ben al contrario tentato di congratularmi con lei. Se questa gioventù di cui si parla, la quale ha veduto quale risultato delle ideologie il sorgere dei campi di concentramento ed ha assistito alla traduzione delle mistiche libertarie nelle peggiori tirannidi, se questa gioventù, dico, non avesse deciso di non prestar più fede a nulla se non alle realtà più immediate, ebbene, proprio •e solo allora sarei disposto a giudicarla malata. Mi sembra, al contrario, che reagisca con un realismo spietato e sano. La stessa fede cristiana d0vrebbe rallegrarsi oggi di un tale scetticismo e vedere in esso il proprio migliore alleato contro le mistificazioni totalitarie e contro la religione degli idoli. Un lettore mi scriveva recentemente: « Quale risposta l'Occidente pretende di saper dare all'inquietudine del mondo moderno? ». Sarei tentato di rispondergli: « Lo spirito critico ». Perché sa ricondurci molto solidamente e semplicemente alle nostre inquietudini personali che non è possibile soddisfare con risposte collettive. L'Occidente non è una chiesa, non è una dottrina votata alla salvezza - cosa che mvece vorrebbero assurgere a personificare, con poca spesa, i partiti totalitari. L'Occidente è una immensa somma di realtà, di risposte, di domande, di contraddizioni. Prodigiosa diver- • sità, suscettibile senz'altro di provocare un'angoscia; ma questo 26 BibHotecaGinoBianco

è il presupposto delle nostre libertà e del nostro spirito creativo. È per merito suo che l'Occidente continua ad essere la speranza dell'uomo che pensa, che giudica e che sente liberamente. E questo uomo costituisce per l'appunto il fine del progresso, il fine di ogni comunità degna di questo nome. LA PERSONA Siamo così arrivati alla nostra terza forza: la persona. ·Essa è la maggiore creazione dell'Occidente. Indubbiamente l'idea- della persona è l'idea più geniale e più profonda che la nostra Europa abbia elaborato. La persona è l'individuo investito di una vocazione la quale lo distingua dalla massa ma lo ricolleghi praticamente alla collettività. È l'uomo che si vuole integrale, padrone di se stesso e del proprio pensiero, appunto per ciò cosciente di quanto deve al suo prossimo. Quest'uomo totale lo contrappongo all'uomo puramente privato e all'uomo puramente sociale, i quali ambedue non sono che dei « mutilati », degli uomini parziali che non hanno trovato in se stessi ragioni efficaci per resistere alla irreggimentazione da parte dello Stato. Con l'idea della persona l'Europa è nata; e insieme a quella morirebbe. Rileviamo subito che il male specifico della persona è l'individualismo il quale da un secolo o due ha fatto strage fra i nostri intellettuali. Ma di quanto è più vicina perfino questa malattia all'ideale umano che non il collettivismo « culturale », dettato dai burocrati russi o la « stupidità a rendimento otecaGin6Bianco

sicuro » di Hollywood ! Ogni libertà concreta, creatrice e voluta ha le sue radici nell'idea di persona; mentre, al contrario, tutte le tirannidi moderne nascono dalla massa· omogenea, uniforme. t impossibile costringere qualcuno ad essere libero, ma è possibile costringere le masse ad essere masse. Ecco perché «persona» corrisponde a «libertà» e «massa» invece a cc coercizione». Non potrà mai esistere la libertà cc in massa ». Non potrà mai esistere la libertà reale se non nel bisogno e nel diritto e nella passione di differire dal proprio vicino, di vivere la propria avventura, di creare con la propria Yita qualcosa di inedito e di compiere così - e non di rado segretamente -una vocazione che non ha conti da rendere agli uomini e tanto meno allo Stato perché è immanente a Dio. t questa effettivamente la passione dell'uomo europeo ed è essa che lo mette all'avanguardia del genere umano. In questa passione di differire gli uni dagli altri noi europei troviamo la nostra comune dignità e il nostro rischio più caro. L'UOMO TOTALE CONTRO LO STATO TOTALITARIO Tali sono le nostre malattie. Tali sono le nostre forze. Non ho fatto che cercar di vederle con chiarezza. Se c'è al mondo una cosa per la quale sia impossibile fare propaganda nel senso moderno della parola è proprio la libertà, perché cesserebbe di essere tale qualora si tentasse di imporla. Ma si può e si deve prendere coscienza delle sue condizioni e dei suoi rischi. Io credo nella virtù della presa di ç:oscienza: in essa 28· ecaGinoBjanc6

risiede già un princ1p10 di guarigione qualora il male sia di ordine psichico; d'altra parte, constatare che i fatti oggettivi sono migliori di quanto avesse pensato la nostra stanchezza costituisce una nuova sorgente di fiducia in se stessi. Quando avremo preso coscienza delle vere forze dell'Europa e dell'Occidente saremo immediatamente in grado di rovesciare la situazione assurda che i misticismi avversari hanno volutamente creata. Alla sfida della propaganda rispondiamo tranquillamente con dei fatti. Se potremmo perdere tutte le libertà, abbiamo anche la possibilità di salvarle decidendo di diffonderle. Automaticamente ci troveremo ad avere ripreso l'iniziativa quando noi stessi ci renderemo conto dei fatti e sapremo farli vedere. L'altro campo sarà aìlora costretto a mettersi sulla difensiva contro l'evidenza delle nostre vere libertà. Il mezzo migliore per metterle in evidenza è di permettere loro di passare dal piano abitudinario dei fatti a quello lucido della nostra presa di coscienza e della nostra volontà, è di federare tutte le nostre forze sparse - non di « unificarle », bensì di federarle rispettando così tutte le loro differenziazioni essenziali. Se domani la nostra federazione si stabilisse a Strasburgo o altrove provvista di strumenti moderni e potenti (politici, scientifici, economici, sociali) al servizio della vocazione comut?-e a tutti i popoli, il mondo potrà vedere che l'Europa rappresenta la speranza e che ha preso sugli altri il distacco consentitole dal suo passato più vasto. Se chiedete: « Quali sono le nostre chances ? » risponderò che dipendono da ognuno di noi ben più che da un generale americano. Ogni persona è un ostacolo alla fatalità. Le29 ecaGìnoBianco

viathan non diventerà fatale che nella misura in cui abbandoneremo la lotta, perché Leviathan non è altro che la somma delle nostre piccole dimissioni personali. È per questo che una volta di più concluderò con la « delenda Carthago » che quindici anni fa opponevo ad un altro misticismo millenario ma già morto: « Là dove l'uomo vuole essere totale, lo Stato non sarà mai totalitario ». 30 bftotecaGìnoBianco

Denis de Rougemont è nato a Neuchatel, in Svizzera, nel 1906. E' stato successivamente direttore letterario delle edizioni <1 J e sers ) di Parigi, co-fondatore delle riviste personaliste <1 Esprit :1> e « Ordre Nouveau , , direttore della rivista « Hic et N une i>, redattore capo della rivista <1 Les Nouveaux Cahiers '>, Parigi. Ha insegnato letteratura francese all'Università di Francoforte sul Meno prima della guerra, ed alla Scuola libera di Alti Studi di New York nel 1924, dove organizzava pure le emissioni radiofoniche della <1 Voce dell' America l> per la Francia. Di ritorno in Europa nel I 947, si è impegnato attivamente nel Movimento Federalista Europeo come membro del Comitato Centrale dell'Unione Europea dei Federalisti e membro dell'Esecutivo del Movimento Federalista Europeo. E' il fondatore e direttore del Centro Europeo della Cultura, a Ginevra, e presidente del Comitato Esecutivo del Congresso Internazionale per la Libertà della Cultura. Collabora alle principali riviste culturali e letterarie d'Europa e d' America ed è stato insignito di tre premi letterari della Fondazione Schiller, del premio Gottfried Keller e del premio Rambert. Traduzioni delle sue opere sono aparse in Germania, in Austria, in Svizzera, in Danimarca, in Olanda, in Inghilterra, in Italia, in Yuioslavia, nel Giappone, negli Stati Uniti, nel Messico ed in Argentina. Biblio~rafia: e Le Paysan du Danube l> (Payot, Losanna) « Politique de la Personne l> (Je sers, Parigi) « Penser avec !es mains » (Albin Miche!, Parigi) « Journal d'un intellectud en chòmage » (Albin Miche!, Parigi) e J ourna! d' Allemagne l> (Gallimard, Parigi) « L' Amour et l'Occident '> (Plon, Parigi) « N icolas de Flue, Légende dramatique l> (Neuchatel) . « Mission ou Démission de la Suisse '> (La Baconnière, Neuchatel) 4'. The Heart of Europe '> (Duell, Sloan and Pierce, New York) « La Part du Diable i> (Brentano's, New York) « Les Personnes du Drame :1> (Pantheon Books, New York) « Lettres sur la Bombe Atomique '> (Brentano's, New York) « Vivre en Amérique l> (Stock, Paris) « J ournal des Deux Mondes » (Gallimard, Paris) e Doctrine fabuleuse i> (ldes et Calendes, Neuchatel) e Suites Neuchateloises i> (ldes et Calendcs, Neucllatel) « L'Europe en Jeu i> (Colonne Vendòme, Paris) e Lettres aux Députés Européens >> (Jdes et Calendes, Neud1atel) h 1otecaG1noBianco 31

Tipografia Giuntina S. A. - Firenze - Via del Sole, 10 r. B1bllote1.;aGin ianco Fondazione Alfred LeW1rt Biblioteca Gino Bianco

Altri opuscoIi pubblicati : Serie "FATTI E DOCUMENTI,, 2. CHI SONO I PARTIGIANI DELLA PACE Serie "TESTIMONIANZE,, 3. U S C I T A D · I S I C U R E Z Z A di IGNAZIO SllONE B1bliotecaGino8ianc. · •

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