Guglielmo Petroni - Rivolta e comunione

L'ASSOCIAZIONE PER LA LIBERTA' ITALIANA DELLA CULTURA si è costituita per diffondere in Italia i principi definiti in un Manifesto agli intellettuali itali:;mi pubblicato in Roma il 1° dicembre 1951. Questi princip~ sono stati così formulati : « Noi riteniamo che il mondo moderno può proseguire nel suo avanzamento solamente in virtù di quel principio di libertà deUa coscienza, .del pensiero, dell'espressione, che si è faticosamente conquistato nei passati secoli. Noi riteniamo che, in quanto uomm1 e cittadini, anche coloro che professano le arti e le scienze, siano tenuti ad impegnarsi nella vita politica e civile, ma che al di fuori delle tendenze e degli ideali politici e delle preferenze per l'una o per l'altra forma di ordinamento sociale e di struttura economica, sia loro dovere custodire e difendere la propria indipendenza e che gravissima e senza perdono sia la loro responsabilità ove rinuncino a questa difesa. E riteniamo, infine, che, nell'attuale . periodo storico che ha visto e vede tanti sistematici attentati alla vita dell'arte, e del pensiero da pa:rte dei potenti del giorno, i liberi artisti e scienziati siano tenuti a prestarsi reciproca solidarietà e a confortarsi nel pericolo ». bibliotecagmob1anco

I, . Considerazioni sul tema Rivo I ta e e ò m u n i on e di Guglielm6 Petroni b1blioecaginob1anco \

b'bliotecagmobianco Con/erenz(f tenuta in lingua francese il 23 maggio I952, a Parigi, nel corso dei dibattiti letterari svoltisi nel- • l'ambito del festiva~ « L' Opera del XX Secolo» organizzato dal Congres- - so .Internazionale per la Libertà della Cultura. Il testo italiano qui pubblicato è stato riveduto dall'autore. Copyright A. I. L. C.

Non mi par davvero che si debba aver timore di sbagliare dicendo subito che mai, come oggi, si è sentita •la necessità d'una precisazione dello stato d'animò che domina lo spirito moderno. Forse questa necessità non fu mai così impellente perchè •mai, prima di questo dopoguerra, l'incertezza era assurta a condizione di vita e di pensiero, ad -alternativa accettata come punto d'arrivo, come soluzione, od almeno •come insolubile condanna. A me sembra di poter dire, non senza semplice bonomia, che quando ci si può rendere -conto, come. oggi ci si rende conto, che si è · arrivati ad un punto •insormontabile ed ambiguo, nulla è più necessario quanto l'affret- . tarsi a ritrovare un piano comune di dialogo, ' in un atteggiamento che abbia il coraggio di abbandonare, almeno per un momento, ogni 3 bibliotecagmobianèo

rpvello intellettuale per rifarsi a, quel complesso di sentimenti nativi, spontanei, banali magari, ma a tutti accessibili perchè privi •di · tutte le sovrastrutture che ci perseguitano e ci tolgono il fiato. , Il no od il si totale che le ideologie mo-· ~erne più precisate vorrebbero imporre allo uomo dtoggi ed a cui non si sottrae nemmeno quella élite che rappresenta r intellighenzia mo- • derna, benchè segnino r angosciosa alternativa nella qu~le vediamo dibattersi r i_ndividuo · • e la società del nostro tempo, rappresenta· il ' più irritante e oscuro dilemma della nostra esistenza, perchè non può essere risolto nè con un sì ,totale, nè con un totale no, ma può forse esser risolto con r accettazione della alternativa postaci, non come stato definitivo del nostro essere, ma come punto dtattesa per una soluzione di -equilibrio che dobbiamo af-· fidare alle risorse più semplici e native della vita· stessa. La possibilità di negare o di af-. fermare volta a volta, secondò una intuizione razionale che abbia come punto fisso il senso naturale delia libertà che r uomo ha in sè stesso inequivocabilmente, rappresenta· molto semplicemente la base che dobbiamo ritro4 bibllo ecag,nob1a0.co

vare., in noi e nei nostri rapporti umani., per tornare ad intenderci ed a incontrarci nuova- • mente. Lo stato dtanimo che ci fa tutti simili nel mondo occidentale odierno., è uno stato di animo ·che ci accomuna e ci divide nello stesso tempò .. Bisogna avere il coraggio di affermarlo, che lo si voglia o I).O, è uno stato , dtanimo che . non ci è suggerito dal sentimento preciso della propria soggettiva .libertà., <ma è invece riflesso in noi dalle imposizioni del conflitto ideologico a cui stiamo in mezzo e che sconvolge r agognato equilibrio., forse senza· che ce·ne rendiamo perfettamente conto. La tensione spirituale che d fa simili è la stessa p·er tutti., ma non la st.essa è la costanza di un pensiero comune : tra desiderio di rivolta e necessità di comunione., tra lo stato di solitudine interiore ed il bisogno di alta e compiuta socialità., è un altèrnarsi di speranza e di pessimismo., è la costànza di un· dubbio instabile. che., obbligati ad accet- .tarlo così comt è., tutti sentiamo il bisogno di rivolgerl0 verso una ricerca comune., logica nelle aspirazioni. •Afferm~re che. gli uomini i quali hanno sa5 biblio ecaginob1anco

puto meglio precisare questo nostro stato di animo, in generale, piuttosto che orientarsi verso la ricerca dtuna soluzione accettano la alternaÙva che esalta o abbatte, che afferma la solitudine delr uomo o la sola legittimità delle masse, e r accettano con quella ambigua compiacenza che caratterizza lo spirito della intelligenza di· oggi, mi' pare cosa assai giusta. È troppo comodo accettarsi così come ci siamo ritrovati uscendo dagli orrori di ieri, ciò per~ mette di non impegnarsi o impegnarsi nella negazione totale e imprecisata di tutto ; più giusto, dobbiamo riconoscerlo, è cercare .di ammettere che tra rivolta e comunione, tra solitudine ·e socialità, esiste una zona in cui, pur essendo liberi di_pensare e agire ·secondo la propria coscienza, si è anche uniti nel valu~ tare il mondo e sè stessi ad un modo che ri'" mane fuori dei •conflitti che generano odio o indifferenza. Lt ambiguità come condizione umana, co~ me accettazione -di una esistenza senza soluzioni è, infatti, ,un diffuso modo di essere che trova un poco da per tutto la -sua sterile teo:.. retica; ma se ognuno di noi si soffermassè un poco a riflettere, con semplicità rion ambigua, I - 6 bibllotecagmob1anco

su il significato reale di questa filosofi.ca·am.:: biguità, ,bèn si accorgereb~e come essa sia sopr,attutto e soltanto uri comodo atteggia-' . mento per rifiutare la comune collaborazione, per rifiutare la ricerca di una _soluzione o delle -soluzioni. D_icendo soluzioni, però, di fronte ad un .mondo configurato in modo_ che le soluzioni , sembrano due sole, l'una a destra e l'altra a· sinistra, si rischia di essere mal compresi, di essere intesi come se indicassimo la scelta ,di una delle due parti; ciò rappresenterebbe •però una interpretazione assai grossolana che • qui possiamo scartare a priori. La vera soluzione umana, fatt~ sulla misura dell'uomo e della sua· capacità di comprendere, no.n è la accettazione di un presupposto stabilito, ma il ritorno al coraggio di- affrontare giorno per •giorno la vita secondo ciò che ci impone la situazione storica, ed adattarci .a ciò che ci troviamo diç.nanzi senza mai subire le tirann_ied'_unfacile egoismo e le imposizioni della Jorza indiscriminata .. La vita stessa è un .di~ venire à cui non dobbiamo chiedere l'assoluta certezza del domani, ma dobbiamo considerarla in tutte le sue probabilità di ritorni, di 7 b1bl1otecagrnob1anc

superamenti, di prev1s1oni. e di imprevisti; il nostro modo di essere, quando si liberi delle accettazioni passive, in molta pàrte può influire sulle nostre azioni e su quelle altrui. Credere nella vita, acquistare in essa là fiducia che sembra sonne~chiare nella maggior parte delle coscienze, credere. nelle proprie azioni _in quanto vengono · liberamente espresse, significa saper acquistar.e quella semplice e primordiale possibilità di giudizio che di per sè è la migliore soluzione; ed è, in definitiva,. progresso . . Dunque, non a tutto si, non a tutto no; ma si a noi stessi per quel tanto di dignità umana che è tale solo nella misura in cui ritroviamo la fiducia in noi stessi. C'è invece quasi una vergogna, nell'intellettuale modèrno, abituato .e compiaciuto alle complesse strutture intellettuali del mondo occidentale, a sottrarsi dall'intellettualismo ambiguo che domina; cerchiamo però di allen:.. tare quella tensione spirituale in cui ·siamo tutti presi, e non sarà forse difficile ritrovare. qualche cosa come un semplice buonsenso nativo controllato dalla ragione, ma non dalla . ragione costretto che è, in definitiva, la m1s bibliotecagtnob1anco

glior guida, lo stato dtanimo che rende r uomo cosciente della propria forza morale; è la guida che l'uomo più cosciente può scegliersi; anche a -fiancodel più povero di spirito, senza che nessuno dei due debba rimetterci di persona. È a questo punto salutare di rilassamento, quasi distensione nervosa, che non vi è più · rivolta come negazione, nè comunione come· utopia, ma ritrovamento dei rapporti semplici i quali, se non sono soluzione, sono pertanto la base dalla quale si può partire senza ti- -.more alla ricerca delle soluzioni. Ed oggi, diciamolo pure, piuttosto che di volere e di potere trovare una soluzione definitiva alla nostra vita spirituale e social~, è doveroso avere il coraggio di affermare che siamo al punto in cui è necessario ritrovare fo stato dtanimo adatto a muoversi verso le soluzioni comuni senza prevenzione o animosità, al disopra e al di fuori di quella linea .oltre la quale le soluzioni si affidano soltanto e ~rreparabilmente alla violenza. 9 b1bliotec ginob1anco_

IL DIBATTITO , Il dibattito sul tema << Rivolta e comunione >> ha avuto luogo al Centre des relations internationales, a Parigi, il 23 maggio 1952, con la presidenza di Raymond Aron, filosofo e saggista francese, e la partecipazione di Glenway Wescott, romanziere americano, R. P. Danielou, scrittore e conferenziere francese, P. Y. Deshpande, romanziere di punta della giovane generazione indiana, W. H. Auden, poeta americano di origine inglese, Czes;.. law Milosz, poeta polacco, Roger Caillois, scrittOre e saggista francese. _e Guglielmo Petroni del cui intervento abbiamo pubblicato il testo integrale. . Nella sua allocuzione d'apertura Raymond Aron ha espre~so la preoccupazione che ·il- tema in discussion~, data la grande varietà· delle interpretazioni di cui sono susc·ettibHii due termini rivolta e comunione, possa provocare fra gli oratori malintesi che superino in portata laJoro effettiva origine semantica, -e h;;itentato di drco-. scrivere il significato più generalmente valido delle parole con cui il tema è stato formulato. Se la parola rivolta, egli ha fatto notare, suggerisce l'idea di una critica a , priori la quale provochi un rifiuto - equivalendo quindi ·alla non accettazione, - essa designa pur sempre uno stadio transitorio, il cui scopo e la cui intenzione sono IO b1bliotecagmob1anco

la creazione di uno stadio nuovo che può essere sia la rivoluzione che la negazione della rivoluzione. D'altra parte, l'organizzazione che ha promosso il dibattito, nell'ambito delle discussioni letterarie dell' Opera del XX Secolo, ha certamente attribuito alla parola rivolta non solo un significato astratto e filosofico, ma l'ha considerata relativamente a quella opposizione fra le società chiamate ·libere - in cui la rivolta è all'ordine del giorno come moda ed è atteggiamento corrente e accettato, -- e la società in cui invece la rivolta è divenuta impossibile perchè l'accettazione totale dei valori e delle regole della società vi è irnp(_)stadallo Stato. • Queste pre~esse di Raymond Aron hanno infatti aperto uno fra i più vivaci e complessi dibattiti che si siano svolti nel corso delle sedute letterarie. Se, come lo stesso Raymond Aron ha fatto notare. alla fine, tutti gli interventi degli oratori hanno rivelato un fondamentale, accordo i:nprofondità, attribuendo cioè alla rivolta un carattere di normalità e considerandola un legittimo • e inevitabile sentimento umano che, assunto seriamente, ~onduce direttamente alla comunione, questo accordo palesa· però una propria natura di evidenza, essendo in definitiva soprattutto il riflesso della tipica situazione dell'intellettuale occidentale e delle sue esperienze storiche più immediate e presenti. Il solo intervento che esulasse necessariamente da quest'accordo a priori, quello del poeta polacco Czeslaw Milosz, profugo dalle democrazie popolari, e basato quindi su esperienze del tutto diverse, ha infatti rivelato la necessità che una discussione fruttuosa sull'argomento qui preposto alratten- . II bibllotec~ginob1anco

zione degli intellettuali si estenda ad una comprensione che superi i limiti di un'impostazione unilaterale del problema, anche se in partenza una siffatta impostazione sia inevitabile. Gli interventi dei vari oratori si possono raggruppare secondo due modi seguiti nel <<situare>>il probìema, in cui prevale, nell'uno, la relazione fra la rivolta nel senso metafisico della parola contro la condizione umana o _contro la condizione sociale; nell'altro, l'aspetto specifico· della rivolta nel XX secolo, quando si tenga conto sia delle condizioni di colui che si rivolta in una società • libera, sia delle condizioni di colui che si rivolta in una società di tipO cominformista. Secondo il primo oratore, Glenway Wescott, una trattazione fruttuosa del tema dovrebbe attribuire la massima importanza all'aspetto moderno che la comunione ha assunto da quando viene organizzata su basi meccaniche che la rendono in realtà priva d'interesse per lo spirito creatore. Egli ha esemplificato· come, negli Stati Uniti, questo sotto-genere di comunione sia •appoggiato dalla meccanizzazione dei mezzi di contatto con le masse : la radio, i giornali, la televisione etc., . allo stesso modo come nei paesi totalitari è incrementato dalla diffusione di opere create secondo la sedicente richiesta delle masse, e subordinate quindi a un gusto non formato e non competente in materia di arte e di cultura. L'oratore ha espresso l'opinione che si possa e si debba senz'altro rifiutare una siffatt'a forma di comunione. Sulla rivolta, che personalmente considera un atteggiamento umano odioso, Wescott ha osservato che proprio l'imIZ biblrotecaginobianco

piezza delle-'possibilità di interpretazione a cui si presta ne hanno fatto sempre e troppo spesso la causa di ristrettezza mentale nel campo estetico, la scusante della incapacità di comprensione e di amore nel campo umano, e l' hanno ridotta a rappresentare nel nostro secolo quello che senz'altro si può chiamare il male. Espresso il proprio pensiero in questi termini, Wescott ha anticipato alcune osservazioni sul dibattito esprimendo il timore che, in una discussione astratta, la parola rivolta, a cui è inerente una qualità metafisica, debba necessariamente ridursi a dissimulare la parola rivoluzione la quale, invece, non solo non ha nulla di metafisico, ma rappresenta bensì qualcosa di inquietante e di mortale. Egli ha fatto notare come negli Stati Uniti per esempio la parola rivoluzione abbia il solo significato di secessione, mentre in Francia e in Russia essa significa tragedia e fatti di sangue. Perciò, la forse inevitabile mancanza di una corrispondenza universale dei termini fra oratori di lingue diverse e di diversi paesi potrebbe non solo rendere ardua la discussione, ma facilitare controversie basate su puri mali~tesi di carattere semantico. Quindi Wescott ha espresso l'opinione che il risultato fo:se più positivo della discussione in corso avrebbe po- , tuto essere il ritrovamento di una definizione universalmente valida déi termini di formulazione del tema, dato che~tali termini sono fondamentali del pensiero dei nostri tempi e stanno all'origine di molti e profondi problemi. Il secondo· oratore, il rev. padre Danielou, si è soffermato sul significato metafisico della rivolta. Il suo intervento ha inteso dimostrare la possibilità di un pas13 bibl1otecagi11obianco

saggio dalla rivolta alla comunione mediante la fede nella trascendenza. L'oratore .infatti ha situato il problema n~ll'alternativa fra l'assurdo da una parte e la speranza dall'altra. Egli ha iniziato constatando che nella accezione moderna del termine, rivolta significa soprattutto rifiuto della .rassegnazione, prestandosi così a un incontro di mentalità tutt'altro ché simili tra di loro - da Byron .a Rimbaud, a Nietzsche, da Kirkegaard a Dostowiesky e a Léon Bloy - e favorendo l'apparente comunione di tutti coloro .i quali, secondo la parola di Péguy nella sua <<J eamie d.'Are>>,possono definirsi << coloro che non parteggiano per nulla>>.L'ambiguità di cui è oggi contaminata non solo la parola, ma la rivolta . stessa, è stata provocata, secondo l'oratore, proprio da queste comunioni apparenti. Egli ha espresso l'opinione che le rivolte si distinguano, in realtà, in rivolte buone e in rivolte deieterie, così come si dividono in buone e in deleterie le rivoluzioni.· Cercando di fare una discriminazione fra le molte varietà di accezioni a cui il termine rivolta si presta, l'oratore è giunto alla sommaria distinzione fra una rivolta situata sul piano sociologico e corrispondente al rifiuto delle ingiustizie d;una società che non permette a tutti gli esseri umani di realizzarsi pienamente, e una rivolta situata sul piano metafisico la quale, pur basandosi anch'essa sull'opposi- . zione all'ingiustizia, non è però ancorata nel campo sociologico e si rivolge contro le ingiustizie intangibili1 ineren.ti alla condizione ·umana _stessa. A proposito della prima rivolta, l' òratore ha fatto notare che, benchè appaia giusta e legittima a chiunbibllotecagmobianco

que e a tutte le ideqlogie o dottrine, essa abbia una portata trasformistica delle condizioni dell'uomo così limitata da f~vorire le mistificazioni - dove egli ha però osservato che tali mistificazioni sono facilmente smascherabili proprio dall'eccessività di quelle ideologie le quali pretendono di saperla realizzare con 1 soli mezzi sociologici. 'A pr~posito della seconda rivolta, l' oratore ha fatto risiedere ciò che la caratterizza nella mancanza di presa che essa offre all'uomo lucido. <<Nessuna rivoluzione, nessun progresso scientifico sopprimeranno lo scandalo della morte, della guerra, di quest'ingiustizia e di questa ineguaglianza fondamentali di cui ci dà una testimonianza viva il inondo nel quale viviamo >>.È su questo scandalo metafisico che ha inizio la rivolta metafisica. Essa costituisce un problema del quale, secondo l'oratore, non _si può fare astrazione quando si affronti una discussione sul. tema<<rivolta e comunione>>, non tanto per _esaminare la riyolta metafisica in sè, ma perchè un rifiuto esplicito· o implicito della condizione umana in quanto ·tale. è sempre inerente o sta addirittura all'origine di qualsiasi altra forma di rivolta. <<Il cuore della rivolta 'è sempre da cercare nell'ambito dello scandalo metafisico>>. Citando il saggio di Albert Camus, <<L'homme révolté >>, l'oratore ha specificato che la denuncia dell'ingiustizia la quale cita in nome dell'uomo lo stesso dio in tribunale, condannandolo, ha caratt,erizzato tutti i grandi rivoltati di tutti i tèmpi, cristiani e non cristiani. Ammettendo quindi che il senso metafisico dellà parola rivolta sia di comune accezione, l'oratore vi fa centrare il problema. rs bibliotecagrnobianco

<< Infatti, il rifiuto di accettare il mondo o di mas'cherare le ingiustizre rende possibili due atteggiamenti : quello che rifiuta in blocco ogni spiegazione e accetta l'assurdo con una specie di rassegnazione e di si,ncerità, e quello di un Kirkegaard, di un Dostowiesky e di un Pascal, che afferma - malgrado l'assurdità del mondo e la sua ingiustizia, e dal punto di vista della giustizia degli uomini - che, in questo mondo, si va compiendo. una intenzione inerente a un'altra giustizia, à un'altra saggezza : questo è il salto eroico della f~de >>. Ne deriva, per l'oratore, un secondo senso della parola rivolta -:- il primo essendo quello della rivolta contro l'ingiustizia - consistente nella non-accettazione della dipendenza; il rivoltato allo stato puro ,non accetta che la salvezza gli venga da altri che da se stesso : la rivolta quindi non è per lui più rivolta contro il male e l'ingiustizia, ma essenzialmente una rivolta luciferiana. << Se nella rivolta che è un rifiuto del male e dell'ingiustizia v'è il segno della grandezza umana, nella rivolta dell'uomo contro l'a-ccettazione delJa propria condizione di creatura v'è invece l'espressione di ben altro>>. Concludendo, il rev. padre Danielou ha: osservato che, nel saggio di semantica che la discussione in corso non poteva a meno di essere, fosse indispensabile che, prima di parlare delle cose, si precisasse nel.limite del possibile il senso delle parole. In altri termini, che si giungesse anzitutto a situare la rivolta. Egli ha inoltre espresso l'opinione che -la vera e grande e ammirevole rivolta sia quella che contiene l'espressione della vocazione dell'uomo a superare se stesso e non si risolva nella r6 bibliotecaginobtanco

disperazione e nella negazione, ma costituisca· di per se .stessa il supremo atto di speranza dell'uomo. Partendo da ccmsiderazioni del tutto diverse, l'intervento di P. Y. Deshpande si è orientato verso quella che potrebbe essere una via oltre le due alternative in cui l'oratore che lo ha preceduto ha fatto risiedere il - problema. Deshpande ha anzittutfo precisato di non accettare una impostazione del tema che accosti negativamente i termini rivolta e comunione facendo risiedere il problema in un conflitto fra i due valori. Secondo lui, non esiste alcuna contraddizione fra i valori della rivolta e quelli della comunione, bensì esiste una fondamçntale differenza fra le modificazioni che lo spirito di rivolta; di_ origine relativamente recente, ha portato· nel mondo, e le dottrine totalitarie. Per illustrare questa sua tesi, egli ha spostato il •problema dal campo metafisièo al campo storico, definendo in primo luogo l'essenza e l'azione dello spirito di rivolta propriamente detto, il quale è carauerizzato da tre momenti successivi: conflitto della coscienza individuale cOn determinate credenze della coscienza tradizionale; rovesciamento dello equilibrio sociale in seguito aflo scatenarsi di una opposizione; ristabilimento dell'equilibrio sociale · a un livello superiore raggiunto in virtù dell'integrazione, nella coscienza collettiva, dell'elemento di verità contenuto nelle idee nuove. L'origine recente dello spirito di rivolta è provato fra l'altro dallo' storico J. I. Ro b, citato dall'oratore, in un articolo della quattordicesima edi~ zione dell'enciclopedia britannica. << Se nel corso degli ultimi tre seéo1i la scienza, la tecnica, l'arte, la lettera- _bibllofecagrno ianco

tura, la filosofia non avessero assunto l'importanza che hanno assunto, l'umanità avrebbe mantenuta la menta- . lità conservatrice o rivoluzionaria che la caratterizza· fin dai, primi balbettii della sua storia. Ciò .che fa una fondamentale opposizione al conservatorismo dei secoli scorsi e all'innata ostilità a ogni cambiamento e a ogni evoluzione, è la mentalità di uomini c:he nel corso di questi ultimi tre secoli si sono ispirati a uno spirito nuovo, è l'idea di rivolta e l'appassionata ricerca di verità prima sconosciute >>. Secondo l'oratore, una siffatta idea e una siffatta ricerca non hanno nè impedito nè ostacolato lo sviluppo della comunione e della fratellanza umane, perchè, se si esclude la guerra - rivolta dell'uomo contro l'uomo i cui motivi sono lungi dall'essere meta-· fisici - l'idea della comunione risulta iscritta nella stor~a degli ultimi tre secoli con un· molto maggiore sviluppo dei secoli precedenti. Il nuovo spirito, caratterizzato dalla rivolta, ha dato prova e dà prova tutt'ora della idea di libera ricerca contro le credenze e le superstizioni tradizionali, rivelando non solo l'inalterabile sete ·-dell'uomo d'abbattere per sè e i propri simili il muro_ dell'ignoranza e della schiavitù, ma esprimendosi anche nel campo dell'arte, della :5cienza e della filosofia come attività creativa di alcuni individui dotati. << Questa rivolta ha assunto in ogni campo dell'attività umana lo aspetto di lotta della coscienza individuale alla r~cerca di nuove verità, contro la forma tradizionale della coscienza collettiva >>. Illustrando indi le propriè affermazioni con esempi delle scienze e delle arti, l'oratore ha dimostrato che le scoperte individuali, dapprima avver18 b1bliòtecag1nob1anco

sate dalla collettività, sono sempre in seguito passate a far parte integrante delle concezioni comuni, e che - non furono mai esse a scatenare guerre ideologiche o a rendere l'uomo ~vversario dell'uomo. << Non sono i propagatori della •nuova rivolta, bensì i difensori delle credenze tradizionali e i loro innumerevoli seguaci, ipno- , tiz;zati dai princìpi stabiliti dalla coscienza collettiva, che rabbiosamente perseguitano gli spiriti creatori i quali abbiano l'audacia di cercare nuove verità e di proclamarle >>. Accostando quindi i due termini che secondo lui costituiscono il problema : il nuovo spirito di rivolta e le dottrine totalitarie, l'oratore vede nelle dottrine totalitarie la vera e propria sfida alla comunione. Queste dottrine, che traggono le loro origini principalmente dalle teorie di Marx e di Engels, hanno bensì assunto l'aspetto di una violenta reazione contro i mali di cui -soffre ùna grandissima parte dell'umanità, ma sono la perfetta antitesi dèllo spirito di rivolta in quanto eliminano completamente l'uomo-individuo per sostituirgli l'uomo-massa. << La realtà dell'uomo in quanto individuo fu categoricamente respinta e gli uomini in quanto membri anonimi di una classe dotata d' esiste~z;a puramente metafisica finirono per costituire l'ultima e suprema realtà. I rapporti fra gli individui in quanto indiviq,ui distinti - . rapporti che costituiscono la sola vera base della comunione - furono sostituiti dal con~ cetto di· solidarietà di classe, sotto l'autorità assoluta di un partito politico di carattere dittatoriale >>. Secondo , le definizi9ni date dall'oratore dello spirito di rivolta propriam~nte detto e delle dottrine totalitarie,· il torto r9 bibliotecaginob1anco

di queste ultime sta nel loro carattere totale. << La rivolta non ha mai voluto essere e non è mai stata rivolta , totale>>. Infattit l'individuo in rivolta è una coscienza individuale alla ricerca di una verità; si limita a offrire alla collettività una soluzione che quest'ultima è libera di accettare o di rifiutare - entrando semmai in un conflitto temporaneo con essat come è , dimostrato dalla storia delfa cultura e del progresso umani. Lo spirito di rivolta non ha mai voluto imporre un dogma ai terzi sotto pena di crudeli sanzionit come invece fanno le dottrine totalitarie. Ma negando la libertà di coscienzat di sceltat di diritto alla libera ricerca e quindi negando la veritàt queste dottrine non possono assolutamente rivendicare il diritto di proclamare la comunione e. la. fratellanza umane. Ne consegue~ secondo l'oratoret un obbligo di rivolta per gli artistit gli scienziatit e gli scrittorit per tutti coloro che ricerchino nuove veritàt contro le dottrine totalitariet continuando in tal modo quello spirito di rivolta che ha fatto il progresso umano e ha servito la comuniòne fra gli uomini sempre ~ in maniera effettiva e reale. Il poeta polacco Czeslaw Milosz • (1) ha messo lo accento sul fatto chet in un mondo divisot come il nostrot in due blocchit la rivolta sia diventata per forza di cose tragicamente .impurat poichè quando si manifesta in uno dei due blocchit costituisce automaticamente l'apologia dell'altro. Profugo egli stesso dalla Polonia stalinizzatat (1) Autore, fra l'altro, di un saggio sulla situazione degli intellettuali nelle democrazie popolari, pubblicato sotto il titolo «La ,grande tentazione» nella presente collana di opuscoli. 20 biblioteèaginobianco

egli ha dichiarato che un siffatto tragico malinteso è responsabile del .silenzio o della evasione in cui gli scrittori delle· democrazie popolari si sono rifugiati. Esaminando d'altra parte in maniera generale la funzione· •dello scrittore, Milosz ha constatato che il ruolo del poeta, cantore della rivolta, è diventato ambiguo in tutta Europa Centrale e Orientale ai tempi del nazismo. << Mai prima di allora la poesia era stata subordinata a tal punto alle leggi dell'azione e di conseguenza della propaganda>>. • Milosz ha ricordato che fin da allora fu solamente il poeta comunista, per il quale la poesia è subordinàta a quelle stesse regole che informano l'azione, colui che si trovava ad essere preparato per i compiti del momènto. << La rivolta· dei poeti comunisti di oggi si oppone nella maniera più netta alfa rivolta dei poeti del XIX Secolo. •Quest'ultima era effettivamente anch'essa un'azione, ma un'azione autonoma, non subordinata alle regole della azione politi-ca>>. Tornando quindi alla propria specifica conoscenza della situazione èome si p_resenta nelle democrazie -popolari, l'oratore ha spiegato che una rivolta dei poeti contro la filosofia totalitaria russa riesce particolarmente difficile, perchè • coloro i quali questa filosofia conoscono, subendola, non hannò la possibilità di intervenire contro di essa; mentre coloro che avrebbero una possibilità di intervenire, mancano di conoscenze pratiche nei suoi confronti. Secondo il parere delForatore, solo un esiguo numero di uomini hanno raggiunto. il grado di conoscenza necessario per affrontare e superare validamente la dottrina totalitaria russa. << L'immensa maggioranza 2I bibliotécag1nobianco

di· coloro eh.e rispondono all' appellativ? di anti-comunisti . non ha in realtà raggiunto nemmeno quel minimo grado di coscienza che possa permettere loro di comprendere di che cosa effettivamente si tratti. L' atteggiamento dei nostri -contemporanei nei confronti della ortodossia stalinista è definibile secondo tre gradi ç!i .coscienza: l'incomprensione, l'accettazione e il superamento >>.Per questi motivi e in_seguito a quella che egli ha definito << l'impurità della rivolta>>, provocata dalle circostanze e del tutto indipendentemente dall'onestà di colui che la prende sul proprio tonto, la rivolta contro lo stalinismo ~ diventata, secondo Milosz, nelle democrazie popolari, l'appannaggio di colorò solo i quali non comprendono; mentre a tutti gli altri, paralizzati dall'isolamento, la possibilità della rivolta è tolta proprio. ' nella misura della loro consapevolezza e della loro esigenza di purezza. A costoro non rimane aperta altra via di quella d' uri' interiorizzazione degl1 effetti della loro rivolta, interiorizzazione che si manifesta del resto in linea generale, nell'isolamento e nell'ermetismo dello stile della poesia moderna, in ambedue i blocchi in cui l'oratore considera diviso il mondo. L'oratore. ha concluso dicendo : << Voglio dire alcune parole sui mezzi ai - , quali mi sembra sia opportuno si ricorra per eliminare l'impurità della rivolta. Sono convinto che la divisione del mondo in due blocchi non si verifichi realmente su quel piano sul quale vivono i deside;i e le vere aspirazioni degli uomini e sul quale è rimastò possibile di giungere a toceare il loro cuore. Nonostante tutte le obbiezioni che s1 potrebbero farmi, sussiste nell' evolu22 bibliotecag,~obianco

zione del mondo odierno una unità che è bensì difficile a definirsi, ma che si afferma nonostante le polizie ideologiche. Le aspirazioni insoddisfatte, sia nel mondo orientale che in •quello occidentale, tanto fortemente visibili in tutti i campi, ci permettono di salvaguardare 1a visione che malgrado tutto abbiamo, di una polis umanà _nuova e migliore, alla quale fossero restituite le prospettive del possibile. Se non riuscissimo a mantenere viva questa visione, ci troveremmo imprigionati per un tempo di cui prevedere la fine è difficile, nel carcere di un assoluto confoi:mismo. Quanto alla sottomissione dell'arte alle regole dell'azione politica, ritengo che l'arte disponga di un solo rimedio: rifiutare la fuga, rifiutare di sottrarsi ' ai problemi ·del mondo odierno. Per bastare a un compito siffatto è necessaria l'autonomia della poesia - ma di una poesia concepita come azione. In altre parole : quando "il poeta è costretto a scegliere fra una semplificazione dei conflitti a fini strategici e tattici, fra una evasfone dai ·conflitti, e fra un.a descrizione dei conflitti così come si presentano - li ritenesse pure insolubili - è suo obbligo optare per quest'ultimo atteggiamento. Ciò che .importa non è tanto che egli riesca a trov~re •un~ soluzione : bensì che •la sua .opera manifesti chiaramente l'essenza dei conflitti. Non è difficile capire che sono un partigiano risoluto del vero realismo, il quale è in netta opposizione con il realismo socialista>>. Secondo Roger Caillois, la rivolta è diventata oggi ·un atteggiamento sistematicamente adottato e che comprende due correnti, imperniate l'una sul conformismo 23 • b1bliotecaginobianco

e l'altra sull'obbedienza, escludendo per propria natura quella che è la condizione stessa della rivolta: l'indipendenza. Il solo genere di rivolta che possa rivendicare il proprio nome e rivelarsi utile e positiva; è secondo Caillois. quella che rifugge dalla sistematicità del conformismo e dell'obbedienza, nasce nell'indipendenza e suscita finalmente uno spirito di rivolta contro la rivolta. ,L'oratore ha esemplificato il proprio punto di vi.sta passando in esame i due generi di rivolta in uso attualmente e che egli definisce sistematici. Ambedue , sono, anzittutto, identificabili con il più ovvio principio della facilità e dell'opportunismo,.. Come già altri oratori_avevano fatto, anche Caillois ha denunciato lo sviluppo crescente nel tempo moderno di una generalizzazione della rivolta e dello spirito di negazione; Caillois fa datare questa generalizzazione d~l romanticismo e consistere, per quanto concerne il campo letterario, nella rivolta contro Dio, contro la società - giudicata incompatibile di punto in -bianco con la poesia - con-· tro la logica e la ragione - considerate forme della ipocrisia - e infine contro le regole dell'estetica. L' arte cosidetta moderna porta secondo Caillois i segni di questa generalizzazione della rivolta; la sua sistematicità ha portato a quella che attualmente può definirsi • una rivolta totale: cioè, rivolta contro tutto. Chiedendosi a questo punto che cosa possa significare una rivolta contro tutto; l'oratore ha detto: << Una rivolta totale che viene, essendo tale, a mancare di punti d'appoggio per una riconquista, si riduce obbligatoriamente a esbibliotecag,nobianco

sere una rivolta verbale, vuota e insignificante. È una rivolta di parata, capace solamente di provocare gli applausi di un pubblico credulo >>. Caillois ha fatto osservare che tutti i grandi rivoltati della letteratura, da Rimbaud, B;mdelaire a Verlaine, non solo hanno oggi la propria effige riprodotta sui francobolli postali, ·onore che non è mai spettato agli scrittori più << ligi >>, m~ hanno fatto scuola al punto che oggi la letteratura, la poesia, il teatro, per godere· di un prestigio, devono mostrarsi rivoluzionari: e gli sembra che se oggi tanto si scrive come scrissero Rimbaud, o Lautréamont, ciò non avvenga per via di una tragica e inesplicabile maledizione, bensì per effetto di una necessità conformista. << Si definisce rivolta, oggi, ciò che è la condizione del successo. Abbiamo raggiunto un tale eccesso nell'of .... ferta da far diventare la rivolta un atteggiamento vantaggioso. In una società priva di resistenzà, molle come la nostra, disperazione e rivolta fanno un· buon effetto: impressionano e non impegnano a nulla >>. Açcanto a questa rivolta conformista e corrispondente a una moda, ••Caillois è passato quindi a esaminare l'altra forma del1' atteggiamento sistematico, quella della rivolta per obbedienza. Secondo lui, quest'ultima. è sorta da una protesta contro la prima. << Credo sia per questo che alcuni · scrittori hanno preferito impeg1!_arsi,spinti spesso indubbiamente da nobili motivi, anche se meno nobili sono state le conseguenze. Lo scrittore che si è impegnato non ha possibilità di appello e deve continuare incessantemente .a fornire i pegni della propria· obbedienza, --poichè deve pagare quell'idea ste?sa che sta 25 biblìotecagin0b1anco

all'origine deila decisione presa. Infatti, la rivolta che v:uole essere seria non solo non deve' essere totale, ma neanche vuota: .per essere valida, essa richiede discipli.., ne più severe e più coercitive & quelle che esigerebbe l'ordine che essa appunto intende modificare >>. Oltre le due sistematiche della rivolta di cui ha dimostrato la mancanza di validità, Caillois ha indicato; concludendo, quella che egli ritiene sia la terza possibilità: l'indipendenza; la quale. non usufruisce nè della facilità dell'obbedienza, nè di quella del rifiuto. << Lo spirito. d'indipendenza è uno spirito· di rispetto che non è asservimento; è uno spirito di rivolta che non è nè ~mpostura, nè presunzione, nè opportunismo, bensì l'atteggiamento cosciente di un uomo' che conosca i propri doveri e che, quando sia scrittore, abbia anzitutto la persuasione dell'irrimediabile derisione inerente alla mancanza di misura e di. limite>>. • W.H. Auden ha basato il proprio intervento su di una distinzione necessaria a· farsi fra rivolta e ribellione, considerando la rivolta suscettibile· di creare ,nuovi Vplori universali, la ribellione invece cosa sterile e distrut"' tiva. Egli ha_fatto anzittutto notare che gli intellettuali di cinquant'anni or sono sarebbero stati assai sorpresi se l'invito a dibattere sull'eresia o l'ortodossia di valòri che fossero da inculca e ai propri figli, fosse loro stato rivoho così come, implicitamente, è stato rivolto agli intellettuali odierni con la formulazione del tema · in discussione. Secondo l'oratore, l'attuale discussione verte pure sul conce~to stesso della libertà - considerata un fatto -· e il libero arbitrio - dato della coscienza in26 b1bl1otecag1nobianco

dividuale - con il quale ultimo la libertà equivoca assai facilmente. << Conseguentemente la h.bertà non è cosa alla quale abbiamo diritto, bensì cosa che possediamo: ,ma· è nostro dovere di considerare gli altri uomini portatori di un- libero arbitrio alla·. stessa stregua C(?medobbiamo· ammettere la legge di gravità: i diritti sono la conseguenza dei doveri, -mentre non è esatto l'inverso. È q~indi indispensabile che facciamo una distinzione fra due movimenti di rivolta che per comodità chiamerò riforma e ribellione>>. Adducendo in esempio il personaggio di un dramma di Ibsen, Auden ha dimostrato come ciò che costituisce la ribellione non sia di volere ciò che è giusto, ma semplicemente di volere agire secondo la propria testa. << Vi sono due maniere di essere eretici: è possibile afferrarsi a un dato falso 'perçhè fa comodo afferrarvisi, e è possibile accettare una,_verità e assumerla perchè risulta facile farlo: è la via più diretta per diventare, da ortodossi, eretici. Una riforma reale esige invece che si abbia nel valore della giu~tida una convinzione la quale renda sublime l' accettazione della rivolta 'da parte del popolo in favore del quale la rivolta stessa ha luogo. La storia invece, disgraziatamente, ci insegna che nessuna rivolta è mai stata pura. Sono gli oppressi colorò che per primi concepiscono ciò_ che sarebbe giusto, mai, •purtroppo, gli oppressori: la -storia delle rivoluzioni sta a dimostrarci come ognuna di esse abbia sempre creduto di essere la prima. D'altra parte, se-una rivoluzione segnasse una fine, non sarebbe seguita da altre.>>L'oratore ne ha de- - dotto che l'uomo, ogni qualvolta affermi urta verità, 27 b1bliotec ginobianco r

non faccia in realtà altro che affermare una sua verità personale: una verità personale non può però essere da nessuno imposta con la forza, perchè qualsiasi altro uomo ha il diritto di metterla irt dubbio. << La storia del pensiero liberale presenta, secondo me, due tappe: la - scuola classica liberale che credeva nella ragione, faceva appello a leggi universali e trascendentali le quali, secondo lei, di null'altro avevano bisogno per imporsi che d'essere conosciute. Si potrebbe 'quindi dire che gli assertori di tale scuola avevano una teoria del bene; ,ma non una teoria del dovere. Vennero in seguitò i psicologhi/fgli antropologhi e i sociologhi· per studiare il modo che seguiamo per giungere a giudicare i doveri· morali e le verità: un simile giudizio, ne risulta, può avere valore a condizione che ci sia possibile modifì- .· carlo per correggere i nostri pregiudizi e pensare in termini extra-personali. Se invece siamo portati a dire che uria cosa valga un'altra, apriamo la via, sul piano storico, alla tirannia politica. Ciò fecero appunto i classici apostoli del progresso, non ammettendo se non le leggi della ragione: è indubbio per noi oggi che fossero insensati e che meritassero di essere ridotti al silenzio>>. L'oratore ha fatto quindi un confronto fra quella tirannia, storicamente superata, e la nostra epoca, circoscrivendone il problema più difficile. << Per la sua natura, la rivoluzione che attraversiamo - e che noti ha, credo, un valore reale dal punto di vista storico -. • . porta a divisioni ideologiche in quanto considera. il nostro prossimo non solo una creatura storica, ma anche un essere sociale >>.Secondo l'oratore, questo suo ca- ' 28 b1b_liotecag1nobianco

rattere sociale, che ne fa il valore, viene travisato da una rivoh+zione basata unicamente sul principio del~ l'uomo-essere-sociale, la quale si compiace attualmente di simboleggiare l'umanità in maniera del tutto inadeguata alle proprie intenzioni prime e a veri scopi umanitari, sulla cui base solo potrebbe edificarsi una vita realmente sana e giusta, e ha denunciato un particolare il quale gli sembra grave di senso. <<MentreNapo leone non avrebbe mai voluto farsi ritrarre con un bambino in braccio, ogni dittatore comunista e ogni candidato alla presidenza degli Stati Uniti ha una specie di obbligo morale di abbracciare pubblicamente e con giubilo un anonimo bambino della folla: il bambino simboleggia la rivoluzione della nostra epoca. Secondo me, si tratta di un simbolo pericoloso, perchè il bambino altro non è che -un essere umano in potenza, il quale chiede di seguire una dottrina e i cui bisogni vanno valutati quantitativamente. Dobbiamo combattere questo simbolo, • perchè la rivoluzione che si basa su di esso è concentrata sopra un solo aspetto della questione e ne neglige ••tutti gli altri: i quali sono gfi aspetti dell'uomo adulto e i suoi bisogni che, contrariamente a quelli del bambino, non si posso'no valutare quantitativame~te ». Concludendo, Auden ha osservato che ogni rivoluzione esige una contro-rivoluzione la quale non va però confusa con la reazione: se per il reazionario la rivoluzione è una ribellione suscettibile di repressione affinchè possa ristaurarsi l'ordine precedente, la contro rivoluzione invece comprende l'essenza della rivoluzione •e difende la rivoluzione stessa dagli eccessi. 29 biblioteçaginob1anco

. << Agli oèchi. di coloro che la scatenarono, ogni rivoluzione finisce presto o tardi per sembrare tradita - se così non fosse, ogni rivoluzione distruggerebbe il mondo. Ritengo che sia nostro specifico dovere essere rivoluzionari, rispettando l'uomo in quanto creatura e difendendolo in quanto essere-storico. E ritengo che sia altrettanto; nostro dovere essere contro-rivoluzionari quando la rivoluzione conduce ai campi di concentramento>>. 30 1 1bliotcag1nobianco

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A.Itriopuscoli pubblicati: Serie " PROBLEMI DEL NOSTRO TEMPO ,, 1. LE ·LIBERTÀ CHE POTREMMO PERDERE di DENIS DE ROUGEMONT 5. I L MESSAGGIO DI PI ERO GOBETTI di UMBERTO MORRA 6. LO SCRITTORE TRA LA TIRANNIA E LA LIBERTÀ di GUIDO PIOVENE 7. LA SOLITUDINE DELL'ARTISTA di EUGENIO MONTALE 9. PER LA LIBERTÀ DELLA FANTASIA CREATRICE di LIONELLO VENTURI 10. L E D U E DlTTATU RE di VITALIANO BRANCATI 11. L' A V V E N IRE DE L LA CULTURA di A N D_R É MA LRA U X 12. I L T E M P O D E L L A M A L A F E D E di NICOLA CHIAROMONTE Serie "FATTI E DOCUMENTI,, 2. c H I so No I PARTIGIANI DELLA P A c E Serie " TESTIMONIANZE ,, 3. U S C I T A D I 4 L A G R A N D E b1bliotecaginobianco SICUREZZA di IGNAZIO SI l ON E T E N T A Z I O N E d i C Z ES LA W, M I LO SZ

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