Thomas Mann - L'artista e la società

L'ARTISTA E LA SOCIETÀ

L'ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA LIBERTA' DELLA CULTURA si e costituita in Italia, sotto gli auspici del Congresso internazionale per la Libertà della Cultura, per diffondere i princìpi definiti in un Manifesto agli intellettuali italiani pubblicato a Roma il 1° dicembre 1951. Questi princìpi sono stati così formulati: « Noi riteniamo che il mondo moderno po'Ssa proseguire nel suo avanzamento solamente in virtù di quel principio cli libertà della coscienza, del pensiero, dell'espressione, che si è faticosamente conquistato nei passati secoli. « Riteniamo che, in quanto uomini e cittadini, anche coloro che professano le arti e le scienze siano tenuti ad impegnarsi nella vita politica e civile, ma che al cli fuori delle tendenze e degli ideali politici e delle preferenze per l'una o per l'altra forma cli ordinamento sociale e cli struttura economica, sia loro dovere custodire e clifenderé la propria indipendenza, e che gravissima e senza perdono sia la loro responsabilità ove rinuncino a questa difesa. « E riteniamo infine che, nell'attuale periodo storico che ha visto e vede tanti sistematici attentati alla vita dell'arte e del pensiero da parte dei -Po.tenti del giorno, i liberi artisti e scienziati siano tenuti a prestarsi reciproca solidarietà e a confortarsi riel pericolo )l. bibliotecagmobianco

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THOMAS MANN L'ARTISTAE LA SOCIETÀ ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA LIBERTÀDELLA.CULTURA b1bliotecaginobianco

Testo di una conferenza tenuta alla British Bròad· casting Company di Londra: rielaborato e ampliato dall'autore per TAssociazione Italiana per la Libertà della Cultura. Titolo originale « Der Kiinstler und die Gesellschaft ». Trad. dal tedesco di Vittorio Libera. Copyright THOMAS MANN Pubblicato sotto gli auspici del Congresso internazionale per la Libertà della Cultura a cura della Associazione italiana per la Libertà della Cultura Roma • Piazza Accademia di S. Luca, 75 bibliotecaginobianco

« L'artista e la società >>: mi domando se ci si renda conto chiaramente di quanto scabroso sia il tema davanti al quale sono stato posto. Ci se ne rende· conto, io credo, fin .troppo bene e ci si dà soltanto l'aria dell'innocenza. Perché non dire subito « l' a1~tista e la politica », dato che .dietro la parola « società » si nasconde la politica? E si nasconde molto male, poiché l'artista come critico. della società è già l'artista politicizzato, l'artista che fa della politica, che fa - per dirla tutta - della morale. Formulato in tutte lettere, il tema dovrebbe suonare « l'artista e la morale»: una maniera assai malig~a di porre il problema! . Si sa infatti benissimo che l'artista non è in sé un essere morale ma un essere estetico, che il suo movente non è la virtù ma il giuoco, che egli si permette con tutta naturalezza di giuocare, sia pure dialetticamente, con le questioni e le antinomie della morale ... 5 bibliotecaginobianco

Io non intendo sminuirlo, l'artista, se stabilisco nei veri termini il suo rapporto con la morale, e cioè con la politica, e cioè ·con il problema sociale. In nessun caso biasimerei l'artista il quale affermasse che il miglioramento del mondo in senso sociale non è aff a:r suo. L'artista « migliora » il mondo in tutt'altro modo che con l'insegnamento morale, e precisamente f '<_rmando la propria vita - e in un modo rappresentativo la vita in generale - nella parola, nell'immagine, nel pensiero, dando ad essa senso e forma e rendendo trasparente la ~- sione .di ciò che Goethe chiamava « la vita della vita » : lo spirito. In nessun modo potrei contraddire l'artista quando afferma che_ il còmpito dell'arte è vivificazione 'in ogni senso, e null'altro. In Goethe -_- che io cito tanto volentieri perché su gran parte delle cose del mondo ha detto il giusto nel_ più gradevole dei modi - si legge chiaro e tondo: « ·È ben possibile che un'opera d'arte abbia conseguenze morali, ma pretendere intenzioni e finalità morali dall'artis.ta vuol dire rovinargli il mestiere». La parola «mestiere» ha un suono • straordinar_iamente modesto; e che la modestia dell'artista entri in gmoco quando si tratta di fare 6 bibliotecag•nobianco

della morale, è un fatto che risulta ancora più chia- _ramente da un'altra parola di Goethe. Egli disse infatti nella ·sua vecchiaia: « Non fu mai nel mio genere di infervorarmi contro le istituzioni: mi parve sempre una presunzione; può darsi che ìo sia diventato troppo presto arrendevole, comunque non fu mai nel mio genere e perciò mi sono sempre ~mitato a sfiorare l'argomento». Con ciò il criticismo morale, politico, sociale· dell'artista viene indicato ahhastanza chiaramente come un oltrepassare i propri .confini, come un offendere la modestia. E non dovrehhe questa essere naturale all'artista? La modestia gli è in fondo naturale, non soltanto in rapporto con la realtà e le sue « istiiuzioni », ma anche in rapporto con la sua stessa arte, dinanzi alla quale il singolo at.tista si sente per lo più assai piccolo, piccolo fino al punto di -non poter credere di aver qualcosa a che fare con essa e di partecipare in qualche modo della sua dignità. Immaginarsi! L'arte è una cosa della più seria importanza, una· istanza solenne della cultura umana, alla quale perfino gli Stati e i Governi dimostrano 7 1 bibliotecaginobianco

una reverenza ufficiale. Nella coscienza dell'umanità essa ha lo stesso rango della scienza, anzi della religione, insomma è messa sullo stesso piano degli interessi più alti e più spirituali. La filosofia è arrivata, a volte, fino a dichiarare che la condizione estetica, sia la produttiva che la ricettiva, è addirittura la più alta condizione umana, in _quanto essa significa la pura contemplazione dell'idea nePl'apparizione e la liberazione della volontà attraverso la contemplazione spirituale, cosicché dunque l'artista sarebbe il· più grande benefattore dell'umanità e la sua più eccezionale e più propriamente geniale creazione! Tutto questo po.trebhe riempire colui nel quale l'arte si manifesta - il portatore di essa, l'artista - della più alta e smisurata coscienza di se stesso, togliergli ogni modestia in rapporto con se stesso, fargli provare la più inebriante superbia. Ma la verità è completamente diversa. La verità è che l'arte nelle sue realizzazioni e forme iµclividuali · comincia ogni volta egualmente da capo e, vestita di ingenuità, inconsapevole di se •stessa, senza conoscersi o, per clir meglio, senza 8 bibliotecaginob1anco I I (

riconoscersi, viene alla vita in una maniera casuale sempre completamente nuova e irripetibilmente unica. Ogni suo caso di apparizione è un caso straordinario, determinato personalmente in maniera specialissima. 'È molto difficile, per l'artista, collegare questo caso alla grande e generale idea del1' arte; anzi, provvisoriamente, non gli viene neanche in mente di farlo. Voglio, ad illustrazione, raccontarvi un piccolo episodio. Nell'inverno del 1929, a Stoccolma, sedevo a pranzo in casa dell'editore Bonnier accanto a Selma Lagerloef, la grande scrittrice insignita del Premio Nobel pe:i;_la Letteratura e membro dell'Accademia di Svezia: una donna· semplice, d'umore , piuttosto serio a causa del suo lavoro, ma di natura socievole e senza nessuna delle stigmate fisionomiche del genio, senza grandiosità di profilo né alcuna pretesa di allure. Venimmo a parlare della sua opera più popolare - la « Saga di Goesta Berling » famosa in tutto il mondo - e della sua prodigiosa· carriera attraverso tutte le lingue e oltre tutti i confini. « Dio mio, sì, - mi disse - è andata CO'sì; ma lei non deve credere che me l'a9 bibliotecaginobianco

spetta~si quando la scrivevo. La sc1·1ss1per 1 miei nipoti e nipotine. Era un divertimento come un altro. Pensavamo che fosse quaìcosa da ·ridere)>. Fui incantato da queste parole, perché. esattamente la stessa cosa (e lo dissi alla mia vicina) era capi tata a me con il libro che nella mia vita di scrittore aveva avuto press'a poco lo stesso ruolo della <e Saga di Goesta Berling » nella sua: i << Buddenbrook ». Anch'essi dapp1:ima furono un affare di famiglia, un divertimento in famiglia: roba scritta quasi per giuoco da mi raga~zo ventenne un po' inegolare; io la leggevo ai mieì e ci ridevamo so- _pra fìnp alle lacrime. Che poi il mondo avrebbe . saputo cav~!lle qualche cosa, che quel romanzo - -o quel che era - 'sarebbe stato di lì a poco il mo- , tivo per cui mi trovavo seduto a Stoècolma a fianco dell'autric.e di «-Goesta Berling », e1·a una pos- . sibilità. che nessuno di noi allora nemmeno per . scherzo avrebbe. preso in considerazione. Lo dissi a Selma Lagerloef in •coritraccambio del suo racconto, ed espongo ora a voi questi due casi per dimostrare come la famosa arte non si riconosca a:tfatto nelle sue apparizioni individuali, bibliotecaginobianco

ma si consideri invece più o meno come uno spasso di nuova invenzione, privato· e stramb,..,, che non va posto minimamente in relazione con la somma causa dell'umanità e per il quale non c'è affatto da aspettarsi la partecipazione e la venerazione del mondo. L'autore di quegli scherzi non ha assolutamente la sensazione di attendere a un'occupazione degna di uno speciale rispetto. Secondo il suo modo di pensare (e per un certo tempo non sarà il solo a pensarla così), egli si diverte, mette completamente da parte la serietà della vita e giuoca dei tiri proibiti; e la sua coscienza, i cui diritti vengono messi a repentaglio da inclinazioni così poco serie, non è certo dellè più tranquille. Parlo qui dell'umore bohémien dell'artista, giacché Ìa bohéme da un punto di vista psicologico non è altro che disordine sociale, cattiva coscÌenza (dir fronte alla società borghese e alle sue esigenze j che si scioglie in leggerezza, umorismo e autoironia. La condizione bohémienne, che l'artista non abhand~- na mai completamente, non sarebbe però còmpleta se no~ vi si aggiunges_se un certo senso di superiorità spirituale e anche morale rispetto •alla adirata· società borghé~e: è questo seriso •che porta 11 bibliotecagmobianco

. l'artista a uno stadio di transizione tra la primitiva inconsapevolezza personale dell'arte e il formarsi in lui della coscienza di una dignità ultrapersonale, di cui l'individuo osa rendersi partecipe; di modo che l'ironia bohémienne viene ad assumere un carattere per lo meno duplice: di ironia applicata a se stesso e di ironia rivolta contro la societa , borghese. La prima è però preponderante e a,vrà per lungo tempo, forse per sempre, il sopravvento. E ciò per buoni motivi. C'è infatti nell'artista, il quale grazie a realizzazioni involontarie comincia a partecipare personalmente alla dignità ultrapersonale dell'arte, una difesa istintiva e beffarda contro ciò che si chiama successo, contro gli onori mondani e i vantaggi del successo: una difesa che deriva e dipende dalla condizione primitiva dell'arte, di quando essa è ancora completamente individuale, pienamente inutile .e di libero diver:timento, •di quando essa •non sa ~ncora di essere « arte » e ride di se stessa. In fondo l'artista vorrebbe tenerla ferma, pensa che essa non dovrebbe mai cessare di ridere di sé, ed egli stesso vorrebbe continuare a divertirsi anziché an12 bibliotecaginobianco

dare incontro con viso solenne agli onori e alle dignità, rendendosi infedele verso la sua selvatica, solitaria giovinezza. Egli conserva u:Òa profonda ' timidezza di fronte all'apprezzamento ed elevazione del proprio essere, una timidezza pudibonda in quanto è in sé ed anzitutto il pudore_ dell'arti- . sta al cospetto dell'arte. È un sentimento fin troppo comprensibile. L'artista infatti è una cosa ben diversa dall'arte. C'è una grande differenza tra l'arte e lo stravagante, unico, quasi inconoscibile fenomeno dell'apparizio-. ne di èssa nell'artista; e io vorrei vedere quell' artista che non conosce l'improvviso rossore di fronte all'opera d'arte che sta presso di lui e dinanzi a lui: è un rossore che deriva dal fatto che ogni esercizio di arte comporta un nuovo e già di per sé artistico adattamento all'arte di ciò che personalmente e individualmente si possiede. Il singolo, . anche dopo la riuscita e, il riconoscimento delle sue realizzazioni, può domandarsi, paragonandole con le opere d'arte altrui: « Come è stato possibile il mio adattame.nto personale, anche per un istante solo, con tali cose? ». « Come è stato possibile? ». 13 bibliotecagmob1anco

Questa è la domanda che sçaturisce dalla schietta modestia dell'artista davanti all'arte. E come potrebbe venir i::i.ieno,questa naturale modestia, quando si tratta non già del proprio particolare campo - l'arte, ma della realtà, della comunità umana, della società civile? E necessario qui dedicare due parole all'esame del sit1golare legame che esiste tra arte e critica. Si osserva che II1oltissimi artisti sono •con tempora- .• neamente anche giudici, critici d'arte: essi si ribellano - si potrebbe quasi dire - alla contraddizione che sembra esservi nel fatto che uno, il quale si sente piccolo dinanzi all'arte, non esita tuttavia a comportarsi come giudice di essa. In realtà, in ogni arte è congenito un elemento critico, che è indispensabile ad ogni produttività disciplinata ed è inoltre un fattore di autocontrollo, ma che ha anche assai spesso la tendenza a rivolgersi vei'so •l'esterno e a giudicare in sede di cri-' tica estetica, ad esaminare e v'a~utare esteticamente. Caso strano, nella ·sfera del poetico, dell'arte letteraria, q3Jesta tendenza si .trova più. di frequente e più forte nella sua forma apparentemente più' te14 bibliotecag1nobianco·

nera e timida, la lirica. D'~ltra parte, questo legame della lirica con la critica può essere messo in relazione con la soggettività e la immediatezza del1'espressione con · cui n~lla lirica la parola viene impegnata per il sentimento, lo stato d'animo, la visione della vita. La parola: non è essa forse critica 1n se stessa una freccia scoccata dall'arco di Apollo, che sibila e colpisce e ristà fremente nel segno? E ancora come canto, anzi appunto co~e canto, essa :è critica: critica della vita, e come tale non°mai molto bene accetta al mondo. Mi si compre~derà ~e· io,'· ' • ' parlando del rappor.to tra l'artista ela società, penso in primo luogo aH'artista della parola, all'artista nella figura del poeta, dello scrittore; e qui hisogna anclie stabilire che una certa opposizione contro la realtà, la vita, la società, è inseparabile dall'esistenza dell'artista - poeta, appunto perché questi è indis~olubilmente legato, «congiurato>> con la parola. È la posizione dell'uomo spirituale contro un'ostinata, stupidamente cattiva indole umana, che ha sempre fissato la: sua sorte di poetascrittore e determinato il tono della sua vita. « Dal15 bibliotecaginobianco

. l'alto d~lla ragionevolezza - si può leggere m Goethe - tutta la vita appare come una brutta malattia e il mondo come un manicomio ». Questa è l'espressione di un vero J,Crittore, una parola di soffer:ta impazienza n~i riguardi del mondo umano; ed è un'espressione tipica dello specifico stato di eccitabilità e della tendenza all'isolamento, che io qui intendo descrivere. Quali sono infatti i princìpi che definiscono l'esistenza del poeta, dello scrittore? Sono la conoscenza e la forma, ambedue nella stessa misura e nello stesso tempo. Lo straordinario è che questi due elementi costituiscono per l'artista una unità organica, nella quale un elemento condiziona l'altro, lo favorisce, lo produce. Questa unità è per lui spirito, bellezza, libertà: tutto. Dove essa manca, là _è la stupidità, la quotidiana stupidità umana che si -manifesta co- • me mancanza di forma e di conoscenza allo stesso tempo; e l'artista non sa che cosa più gli dia sui nervi,· se l'una o l'altra. Da qui, dunque, l'artista deriva quel sentimento di superiorità spirituale e - come ho detto - anche morale di fronte alla società borghese che 16 bibliotecagmobianco

. . si sviluppa precocemente dall'ironia che egli applica a se stesso. Che questo sentimento implichi, al di sopra del fatto estetico, anche pretese di carattere morale, può sembrare immodesto e offensivo. Eppure è indubitabile che all'innato criticismo dell'arte è inerente qualcosa di morale, che evidentemente deriva cl.all'idea del « bene » parimenti insita nel mondo dell'estetica e del costume. Il profano, che gode dell'opera d'arte e ~e è riconoscente all'artista, impiega per lodarla e apprezzarla la parola cc bello ». Ma l'artista, l'uomo che l'ha costruita, non dice << bello », dice « buono ». Preferisce· questa parola perché esprime meglio e più 'Schiettamente la capacità dello specialista, la bontà tecnica. Ma l'artista non .trova in ciò il suo appagamento. In realtà, tutta l'arte sta sospesa nella ~opp~ezza di questa parola cc buono», nella qua. le l'estetico e il morale si incontrano, si confondono, si fanno inestricabili, il cui senso oltrepassa il puro estetico per giungere al degno di approvazione e di là fino all'altissima, normativa idea della perfezione. 17 b1bliotecaginob1anco

Buono e malvagio, buono. e cattivo: Nietzsche ha costruito molti giuochi psicologici con •questa contrapposizione, ma c'è da chiedersi se il malvagio e il cattivo siano veramente due concetti così d1versi come egli voleva dimostrare. Nel mondo estetico, .è vero, il malvagio, il feroce e ·sogghignante nemico dell'umanità, non è necessariamente il cattivo. Purché abbia qualità, è « buono )). Nel mondò della vita e della società umana pero il cattivo, lo stupido· e falso è anche il malvagio,· cioè l'indegno dell'uomo e il deleterio; e non appena il criticismo dell'arte si rivolge verso l'esterno, non appena diventa sociale, diventd morale: l'artista diventa un moralista sociale. Da molto tempo noi lo conosciamo sotto questo aspetto. La specie e forma oggi dominante del1'arte letteraria è il romanzo, ed esso è, quasi per sua natura, quasi eo ipso, romanzo sociale, critica .. sociale. Lo fu e lo è dappertutto dove _giunse a fioritura, in Inghilterra, in Francia, in Russia, anche in Italia e anche ne,i paesi scandinavi. In Germania la situazione è un po' diversa. Il tedesco ha, per effetto di ciò che egli chiama la sua « interio13 bibliotecag1nobianco

rità >>, una certa avvers10ne verso il « sociale » ; pertanto, accanto al romanzo sociale europeo, la _ Germania ha dato - com'è noto - il genere più introspettivo del romanzo « di formazione e sviluppo». F;ino a quale grado però anche questo è desc1·izione •sociale, come sublimazione dell'ingenuo romanzo di avventure, lo si può imparare assai bene dal· .suo esempio, classico, il « Wilhelm Meister » • di Goethe: questa grande opera mostra appunto come facilmente e improvvisamente l'idea dell'autoformazione personale-avventurosa si trasformi nell'educativo e contemporaneamente sbocchi, di controvoglia, nel sociale,· anzi nel politico. Goethe non aveva nessun desiderjo di fare della politica e- metteva in conto all'artista come un difotto di presunzione il voler criticare le istituzioni sociali. Egìi represse questo desiderio anche là doye la· tfntazione era più forte, come nella selvaggia scena in prosa (non mai tradotta in versi) del «:Faust», nella quale egli in una disperazione che grida al .cielo flagella la crudeltà della società contro la ragazza caduta. Ma è piuttosto difficile negare a Goçthe istinto sociale, partecipazione sociale, anzi ·la più ptofonda conoscenza dei destini 19 bibiiotecag1nobianco

sociali, a lui che nei « _Wanderjahren >> ha anticipato con una visione acuta e· profetica l'intera evoluzione sociale-economica del XIX secolo: l'industrializzazione dei paesi di vecchia cultura e agrari, il predominìo della macchina, l'ascesa della classe lavoratrice organizzata, i conflitti di classe, la democrazia, il socialismo, perfino l'americanismo, con tutte le conseguenze derivanti . da tali mutamenti spirituali ed educativi. E, per ciò che riguarda la politica, era ancora Goethe che, quantÙnque mettesse in guardia l'artista dall'immischiarsene, non era in grado di tro- • vare una soluzion~ all'insolubile, di abolire il legame che innegabilmente esiste tra arte e politica, _ . r - tra spirito e politica. Agisce qui là totalità del1' essere umano, che in nessun modo può essere rinnegata. Che cos'era infatti, se non politica, la combattività di Goethe contro il romanticismo, contro il patriottardismo, i capricci cattolicheggianti, il culto del Medioevo, la tartuff eria poetica e il raffinato oscurantismo di ogni specie; che cos'era tutto questo se non politica, rivestita sì di parvenze estetico-letterarie, ma in fondo politica pur sang, già 20 bibliotecagmobidnco ..

per il solo fatto che l'oggetto della ·sua avversione, il romanticismo, era esso stesso politica, e precisamente. controrivoluzione? Si può cercare di cavarsi d'impaccio parlando di politica culturale, di politica dello spirito in preteso contrasto con la politica « propriamente detta», in senso «stretto». Ma con ciò non si fa altro che confermare l'indivisibilità del problema dell'uomo, che non ha mai e in nessun luogo un senso « più stretto», ma racchiude in sé tutte le sfere. In esso l'estetico, il morale, il politico-sociale sono una cosa sola. Orbene, proprio attraverso questa unitarietà noi / ci rendiamo conto di una 'Stupefacente disunione: della discordanza e contraddizione dello spirito e del suo comportamento di fronte al problema dell'uomo. Poiché lo spirito è molteplice e ogni comportamento gli è possibile di fronte al problema dell'uomo, anche . un comportamento inumano e antiumano. Lo spirito non è monolitico, non forma una forza chiu'Sa nella volontà di foggiare- à propria immagine il mondo, la vita, la società. Si è ben tentato di proclamare la solidarietà di tutti gli spiriti, ma è un'impresa assolutamente 21 bibliotecaginobianco

impossibile. Non esiste una pm profonda estra" neità, una avversione reciproca più spregiativa e più piena di odio cli quella che esiste trl;I i rappresentanti delle diverse forme dello spirito e volontà. spirituali. C'è qualcosa di arbitrario nella convinzione che lo spirito stia per sua natura « a sini;tra >> - per servirmi della terminologia politico-sociale -, e che esso sia perciò sostanzialmente legato alle idee di libertà, di progresso, di umanità. ·È un pregiudizio che è stato ripetutamen. te confutato. L'artista può stare egualmente « a destra >> e, per la verità, in maniera splendida. Del geniale reazionario J oseph de Maistre, autore del libro « Du pape )), Sainte Beuve ha detto che « dello scrittore aveva solo il talento >>: una frase assai garbata,· nella quale l'opinione preconcetta che. la letteratura e il progre'Ssismo siano identici, viene espressa. insieme con la ammissione che pure con il più grande talento e la maggiore acutezza dì spirito si può fare il panegirista della inumanità, della forca, del rogo, dell'inquisizione, insomma . . di tutto quanto agli occhi del progressismo e del liberalismo •è il regno delle tenebre. 22 b1bltotecaginobianco

Prendiamo come criterio un avvenimento politico-letterario come la rivoluzione francese: vedete quali differenze si ·spalancano tra il modo di comportarsi, di fronte a questo fenomeno, di un Michelet o di un Taine con le' sue azzeccatissime critiche al giacobinism,o, o anche di un Edmund Burke, l'autore di quelle « Reflections on the Revolution in France >> che vennero tradotte in tedesco dal politico romantico Friedrich von Gentz ed esercitarono un influsso tanto grande e per tanto tempo che io stesso, in un periodo di involuzione conservativo-nazionalistica e antidemocratica· della mia vita, al tempo della prima guerra mondiale, ne ho tratto con entusiasmo parecchie citazioni. Si tratta, per la verità, di un libro di prim'ordine; e se la dimostrazione della bontà di una causa è che in suo nome si scriva bene, allora la causa di Burke era assai buona. Non dimentichiamo, infine, che la critica sociale di un autore epico della forza di Balzac venne esercitata prevalente11;1ente « da d~sti-a >> e che, 111 effetti, un prodotto della socie.tà capitalisticoborghese come il barone· de. Nucingen può essere 23 bibliotecaginobianco .

criticato egualmente bene da destra come dall'estrema sinistra. Ai nostri stessi giorni, del resto, abbiamo un caso affascinante di critica sociale conservatrice o - se si vuole - reazionaria di :finissima qualità artistica nel recentemente scomparso Knut Hamsun, un apostata del liberalismo formatosi alla scuola di Dostojewski e Nietzsche, pieno di odio per la civiltà, per la vita cittadina, l'industrialismo, l'intellettualismo, ecc., ma anzitutto così appassionatamente antinglese e così accesamente filotedesco •che, all'avvento di Hitler, aderì con entusiasmo at~ivo al nazionalsocialismo e si fece traditore della patria. Nessuno tra coloro che conoscono veramente la sua opera - l'opera di un grande poeta ·- dovrebbe essere sorpreso da questo cammmo spirituale e destino personale : basta ricordare con quale divertente e mordace umorismo egli aveva già nei suoi primi libri schernito i tipi storici del ·liberalismo, come ad esempio Victor Hugo e Gladstone. Quello che però nel 1895 era statò un modo di comportarsi esteticamente interessante, ' stravaganza e belle lettere, divenne nel 1933 politica scottante e sommerse dolorosamente nell' ombra una celebrità poetica mondiale. 24 bibliotecaginobianco .

Affine a quella di Hanisun è la figura di Ezra Pound, un altro ·sorprendente esempio della profonda scissione dello spirito in. rapporto al problema sociale. Artista ardito e avanguardista lirico, si buttò anch'egli nelle braccia del fascismo, si fece di esso propagandista politico attivo durante la seconda guerra mondiale e perdette la sua partita con la vittoria militare della democrazia. A lui, condannato e imprigionato per tradimento, una giuria di distinti scrittori anglo-americani conferi una distinzione letteraria ai ·grande prestigio, il Premio Bollinger, rivelando- così un alto grado di indipendenza del giudizio estetico dalla politica. Oppure non era quella giuria tanto lontana dalla politica come sembrava? Certo non sono io il solo a desiderare di sapere se la distinta giuria avrebbe attribuito il Premio Bollinger ad Ezra Pound anche nel caso che egli non fosse ~tato fascista ma ... altro. Oggigiorno basta già un'osservazione come questa per gettare su colui che la pronunzia un sospetto di comunismo. A sospettare ·me, però, m1 si farebbe torto o ·_ 'Se si vuole - troppo onore. 25 bibl1otecag1nobianco

Per consegnarmi ai comunisti, infatti, io. sono molto male attrezzat.o: i miei scritti sono pieni· di tutti i vizi aborriti dal comunismo, come il formalismo, lo psicologismo, le tendenze decadentistiche e chi più ne ha più ne metta, senza dimenticare l'umorismo e un certo debole per la verità, poiché l'amore per la verità è una debolezza agli occhi della incondizionata partigianeria. Eppure qui bisogfia fare una distinzione. Il comunismo è un'idea le cui radici raggiungono una profondità maggiore . di quella raggiunta dal marxismo e dallo •stalìnismo e la cui attuazione si porrà 'sempre di nuovo al~ ' l'umanità c?me una richiesta e un còmpito. Il fa. scismo, invece, non è un'idea •ma una cattiveria, alla quale sperabilmente nessun popolo, né grande né piccolo, si abbandonerà di nuovo. Fu il fascismo che, per le sue vittorie e per il fatto che la sua sconfitta non _era abbastanza ardentemente desiderata, mi spinse via via sempre più a sinistra nel campo della filosofia sociale e mi trasformò a volte in una specie di predicatore ambulante della democrazia, un ruolo del quale non mi sfuggì mai il lato comico, neppure nei momenti in •cui desideravo più appassionatamente la caduta di Hitler. bibliotecaginobianco

Non v'è dubbio, infatti, che c'è qualcosa di comico in un artista che fa il moralizzatore politico: la prop~ganda degli ideali umanitari lo porta senza rimedio vicino, anzi più èhe vicino, alla banalità. Io ho fatto que,sta esperienza; e seppure ho definito or ora le tendenze sociali reazionarie di uno scrittore come un parados'So, in un certo senso come una contraddizione tra la sua professione e il suo modo di esercitarla, ciò non di meno io so - benissìmo che questi paradossi e questa contraddizione possono possedere un grande fascino spirituale, possono dare migliori frutti spirituali che non la bonarietà politica e servire assai meglio di essa per difendersi dalla banalità. Si può discutere,_ anzi è. quasi superfluo discutere, quale sia lo scrittore politico spiritualmente più interessante tra J oseph de Maistre e Victor Hugo. Ma se questa discussione è superata, ne resta però aperta un'altra: se sul terreno della politica, in relazione con i .bisogni dell'uomo, importì tanto l'essere interessanti e non importi invece molto di più l'essere buoni. 27 bibliotecaginobianco

« Almost too good to be true >> è stata definita da un critico inglese, Philip Toynbee, la condotta politica che io tengo da trent'anni a questa parte. La definizione è in un articolo dell'Observer, « The Isolated World Citizen », di non più di 700 parole, che sono però le più giuste che in Inghilterra e forse in qualsiasi altra •par.te del mondo - siano state scritte sulla mia vita. Il giovane Toynbee ha ragione: c'è un leggero equivoco intorno alla mia condotta e a quanto c'è in essa di ottimismo, democraticismo, umanitarismo, fede nell'umanità, ecc., e perfino intorno alla mia « World. Citizenship ». Infatti i miei libri sono disperatamente tedeschi, e se mai in essi può essermi capitato di intromettermi in questioni politico-sociali, ciò deve essere considerato sotto la visuale non soltanto della naturale modestia ma anche del pessimismo di uno spirito passato attraverso la scuola di Schopenhauer e poco portato, in fondo, a gesti di magnanimità umanitaria.' Francamente, io non ho molta fede e neanche credo molto nella fede, ma credo molto di più nella bontà, che può esistere senza fede e può essere anzi addirittura il prodotto del dubbio. 28 bibliotecaginobiànco

Lessing disse del suo dramma « Nathan il sag- • gio » : « Mi sta diventando niente di meno che un pezzo satirico, a furia di sforzarmi per far sì che il campo di battaglia possa essere abbondonato senza risa di scherno. Mi diventa un pezzo commovente sul tipo di quelli che io ho sempre e soltanto fatto». Se in luogo di «satirico>> Lessing avesse detto C< nichili;tico » (posto che la parola fosse già sfata disponibile) e se avesse potuto dire « bonano » anziché « commovente » per premunirsi contro l'opinione che egli, fosse uno -scettico, allora egli sarebbe un vile nichilista. Per quanto l'arte sia amara denunzia, per quanto profondo sia il suo . tormento per il corrompersi della creazione, per quanto innanzi essa si spinga nell'ironizzare la realtà e perfino se stessa, non è da lei l'« abbandonare il campo di battaglia senza risa di scherno ». Essa non stende con freddezza diabolica il pugno contro la vita, per la cui vivificazione spirituale essa è creata. Essa è legata al bene, ,e per questo motivo è .bontà imparentata ,con la saggezza, è assai vicina 1 all'amore. Se spinge volentieri gli uomini al riso, non è a un riso di scherno che li spinge, ma • a una serenità in cui l'odio e la stupidità si sciol29 bibliotecaginobianco

gono, che libera e affratella. Essa è l'ultima a farsi illusioni sulla· sua influenza sul destino dell'uomo. Spregiatrice del cattivo, essa non ha mai potuto evitare la vittoria del malvagio; attenta alla significazione delle cose, non ha mai impedito le più sanguinose insensatezze. Essa non è una potenza, è soltanto una consolazione. Eppure - .giuoco del~ la più profonda serietà, paradigma di ogni aspirazione alla perfezione - essa è data fin dal principio come accompagnatrice all'umanità, e questa non potrà mai distogliere del tutto dalla sua innocenza il proprio sguardo yelato di colpa. • 30 b1bl1otecaginobianco

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Opuscoli pubblicati dall'Associazione Italiana per la Libertà della Cultura: Serie « PROBLEMI DEL NOSTRO TEMPO )l: 1. LE LIBERTÀ CHE POTREMMO PERDERE di DENIS DE ROUGEMONT 5. IL MESSAGGIO DI PIERO GOBETTI di UMBERTO MORRA 6. LO SCRITTORE TRA LA TlRANNIA E LA LIBERTÀ di GUIDO PIOVENE 7. LA S O L I T U D I N E D E L L' A R T I S T A di EUGENIO MONTALE 8. R I V O L T A E C O M U N I O N E di GUGLIELMO PETRONI 9. PER LA LIBERTÀ DELLA FANTASIA CREATRICE di LIONELLO VENTURI 10. L E D U E DITTATURE di VITALIANO BRANCATl 12. IL TEMPO DELLA MALAFEDE di NICOLA CHIAROMONTE Serie « FATTI E DOCUMENTI ll: 2- CH I S ON O I PARTI GIAN I D ELLA P A CE Serie « TESTIMONIANZE )l: 3. U S C I T A D I 4. LA GRANDE SICUREZZA di IGNAZIO SILONE TENTAZIONE di CZESLAW MILOSZ Prezzo di vendita L. 60 a copia - Conto corr. postale n. 1/8363 brbliotecaginobranco

~SSOCL\ZIQ's'E IT,\LI.\~A PER LA LIBERTÀ DELL CULTURA Se<le centrale: ROM.-\ Piazza Accademia di San Luca, 75 Prezzo di wndita: Lini 60

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