Vitaliano Brancati - Le due dittature

L'ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA LIBERTA' DELLA CULTURA si è costituita per diffondere in Italia i principi definiti in un Manifesto agli intellettuali italiani pubblicato in Roma il 1° dicembre 1951. Questi principi sono stati così formulati : « Noi riteniamo che il mondo moderno può proseguire ~el su'? avanzamento solamente in virtù di quel principio di libertà della coscienza, del pensiero, dell'espressione, che si è faticosamente conquistato nei passati secoli. Noi riteniamo che, in quanto uomm1 e cittadini, anche coloro che professano le arti e le scienze, siano tenuti ad impegnarsi nella vita politica e civile, ma che al di fuori delle tendenz~ e degli ideali politici e delle preferenze per l'una o per l'altra forma di ordinamento sociale e di struttura economica, sia loro dovere custodire e difendere la propria indipendenza e che gravissima e senza perdono sia la loro responsabilità ove rinuncino a questa difesa . . '. E riteniamo, infine, che, nell'attuale periodo storico che ha visto e vede tanti •sistematici at- . . tentati alla vita dell'arte e del pensiero da parte .dei potenti del giorno, i liberi artisti e scienziati siano tenuti a prestarsi reciproca solidarietà e a confortarsi nel pericolo ». bibliotecaginobianco

Il tema della contrapposizione fra universalità e individualità non è nuovo; come non è nuova la contrapposizione fra società e individuo. Sono anzi questi i problemi che han - no affaticato maggiormente il secolo scorso. Nel campo filosofico, queste due domande prof onde hanno avuto risposte profonde. Già • al principio del Novecento, Benedetto Croce dava una sistemazione concreta alla dimostrazione che l'universalità nelltarte si raggiunge attraverso l'individualità, e che si riesce tanto più universali quanto più si è individuali. Anche nella sfera delr azione morale, il conflitto tra r individuo e la storia si risolveva nella dialettica. << Guardo me stesso come in spettacolo >> scrive Croce in un suo capitolo sulla Grazia e il Libero arbitrio, << la mia vita passata, r opera mia. Che cosa mi appartiene · di quest'opera e di questa vita? che cosa posFondazione Alfred ~~: 3 Biblioteca Gino ~ian .bibliotecaginobia Fondo Gino Bianco -~·} '. ~~ -~"'. ·~·· ... ,

so, con piena coscienza, dir mio ? Se un pen - siero, sorto in me, è sembrato a me e agli altri un acquisto di verità, esso· mi è venuto nella mente per illuminazione; e, ora che ne intendo meglio il carattere e le attinenze e ne ripercorro la genesi, mi si dimostra conseguenza logica e necessaria del travaglio anteriore di altri spiriti nei secoli, dei dibattiti a cui hanno non meno efficacemente partecipato gli stessi oppositori, e mi appare come se mi si sia fatto in me di per se stesso e la mia mente ne sia stata sol~ ii luogo di manifestazione, il teatro. Se ripenso a una mia azione che mi soddisfa; sento che sarei fatuo se me· ne attribuissi il merito, perchè, quando la eseguii, una forza che si era accesa nel mio petto, mi vi esortò, senza contrasto o travolgendo ogni contrasto; e se in quel caso (come in altri casi mi è accaduto) quella forza, che m'indirizzò e sorresse, mi fosse mancata, da me non avrei saputo generarla. Anche, dunque, quell'azione si è fatta in' me e non l'ho fatta io; e doveva -così farsi, perchè la Realtà, o lo Spirito che si chiami, ne aveva bisogno nella logica del suo svolgimento ... D'altra parte, altri biasimerà i miei errori e le mie cattive 4 bibliotecaginob1anco

azioni, e 10 stesso riconoscerò erronee certe asserzioni e cattive certe mie azioni. Ma ... anche quegli errori, anche quel male furono necessari e perciò, in un certo senso, furono •bene, e appartengono non a me, ma all'autore stesso del male e del bene, allo Spirito che -così si svolge e cresce, alla Provvidenza che così dispone, e che altresì in ciò segue la sua logica, quella logica dei contrari che per l'appunto si chiama la dialettica. La Grazia è discesa in me in certi momenti, e in altri momenti la Provvidenza non ha voluto che quella scendesse, ma che io errassi e peccassi per preparare materia e condizione al mio (che è il suo) nuovo operare. E con la necessità e la dialettica e la Grazia e la Provvidenza, non solo il libero arbitrio e la responsabilità si dissolvono, ma si dissolve il concetto stesso dell'individuo come entità e realtà, prendendo il suo luogo il ben diverso concetto dell'individualità dell'opera, ossia la sua qualità inconfondibile con quella delle altre: una individualità che è poi la definizione stessa dell'universalità concreta e non astratta, della vera ed effettiva upiversalità... Così è; e nondimeno non è così e non pare che sia 5 bibliotecagmob1anco

così. Giacchè, non appena io cesso dal contemplarmi in spettacolo e rientro nella mia vita attiva e pratica, ecco che tutte quelle cose che si erano disciolte, colpite di nullità, si ricompongono e risorgono energiche e imponenti come per l'innanzi: e io mi ritrovo individuo e fornito di libero arbitrio, e responsabile, e capace di meriti, e condannabile per demeriti, e attaccato alla mia individualità e alla vita ... ». Questa è la soluzione della corrente idealistica. Ma esiste anche la soluzione della corrente materialistica la quale al posto della parola Spirito mette la parola Società, e asserisce che l'individuo è tanto più libero e autonomo quanto più coincide e s'identifica con la società. Non dirò per quale soluzione io propenda personalmente, prima di tutto perchè la cosa ha poca importanza, e in secondo luogo perchè la mia propensione è implicita in quello che dirò dopo. Ma il fatto è che l'una e l'altra soluzione servono ad arricchire la cultura e la civiltà finchè non avvenga quello scandaloso colpo di mano che taluni uomini di azione hanno compiuto sulle idee. Mi spiego meglio: finchè lo spirito universale è una forza che agisce dentro di me, finchè la .so6 bibliotecagmob1anco

cietà è il mio sentimento altruistico, la soluzione che io dò al conflitto tra me o lo spirito universale, tra me è la società, sarà sempre positiva e -umana. Ma quando in un regime totalitario di destra, un dittatore si affaccerà al balcone per dirmi col megafono che lo Spirito universale è lui, o in tin regime totalitario di sinistra, un altro dittatore, affacciandosi ad un altro balcone, mi griderà che la Società è lui, e tutti e due questi uominisimboli avranno, come testimoni della verità di ciò che asseriscono, eserciti di poliziotti armati, il conflitto fra individuo e universale as·sumerà un altro aspetto. Siamo tornati davanti ai mostri, perchè nulla è più mostruoso di una parte di me stesso, quale può essere il mio sentimento delruniversale o il mio senso delr umanità, la quale diventi un'altra persona, a me ostile, armata di tutto punto, non solo delle armi che porta addosso, ma di tutte quelle che impugnano i suoi accoliti. Mi si obietterà che anche il mio sentimento della Giustizia può alienarsi da me, diventando la Polizia e la Legge. Ma qui il conflitto si svolge in un campo molto ristretto: 7 b1bliotecagmobianco

è l'urto fra quello che vorrei fare e quello che mi è concesso di fare. La Legge ha su di me un'azione d'impedimento, è un correttivo: si limita a limitare la mia attività. Non vi è nulla di mostruoso dunque che essa sia rappresentata da una forza a me esterna o addirittura da uomini armati. Nei regimi totalitari, invece, la forza a me esterna, e spesso a me ostile, si assume il compitò, non di limitare la mia attività, ma di svilupparla. Il mostruoso consiste nel fatto che essa vuole rappresentare, più che i ,miei • doveri, i miei diritti. Il potere dello Stato si asside al centro della mia ispirazione, vuol diventare la mia stessa creatività, rimanendo però armato fino ai denti e pronto a buttarmi in prigione. Il mio sentimento dell'universale, il mio senso dell'umanità, per effetto di una dissociazione mentale, dovuta a una malattia della personalità inoculatami con la violenza, è diventata Lui, Lui in lettere maiuscole, l'uomo di cui enormi ritratti e statue ripetono l'immagine nel centro delle piazze, in testa alle parate~ sugli schermi dei cinema, sulle pareti degli edifici pubblici - dappertutto, come 1n un incubo. 8 b1bliotecag1nobianco

Perchè tutti gli uomini indistintamente non respingono subito con ripugnanza una simile assurdità ? - Secondo me la risposta la si trova nella scarsa vitalità di cui dispone la nostra epoca. La vitalità di un uomo può assumere una forma così poco indipendente e individuale da riuscire veramente a moltiplicarsi a contatto con la vitalità di altri uomini. Udire il proprio passo nel rumore generale di altre migliaia di passi esalta come se quel fragore venisse tutto dal nostro piede. Ci si sente elevati alla massima potenza proprio nel momento in cui non si conta più nulla ... Quella sottrazione, che si opera immediatamente quando a una persona che fa una cosa se ne aggiungono altre centomila che fanno meccanicamente la stessa cosa, viene chiamata sorp.ma. Chiamare somma una sottrazione è r equivoco di cui si fanno forti i deboli. Ogni persona stinebria dell'altra. Il numero di coloro che fanno lo stesso gesto che faccio io, che dicono il sì o il no che dico io, tanto più è alto e tanto più mi dà· alla testa. È il tentativo di raggiungere l'universale attraverso la via sbagliata, il tentativo degli stupidi e dei derelitti. Chi di noi non vorrebbe 9 bibtiotecaginobianco

parlare per l'umanità intera? << Pianse e cantò per tutti >> è quello che si dice dei genii. Chi di noi non vorrebbe dire una parola che fosse subito ripetuta dagli -altri? Ma l'Universale, come tutti sanno, o almeno sapevano prima di quesf epoca di attiva ignoranza (ignoranza che non solo vuole ignorare, ma anche dimenticare) sceglie sempre, per venire alla luce la via più stretta, quella del particolare. Attraverso il particolarissimo dolore del solitario Leopardi, forse nel momento in cui egli è più solo, e la sua sofferenza più minutamente determinata, arriva, con voce comprensibile da tutti, il dolore universale. Ma lo stupido, che è sempre un po' generico, e non ha mai nulla di veramente particolare, ed è sempre pronto a trovare dei sosia, come farà a provare quella ebbrezza, quella felicità che ci viene data da un valore universale quando penetra nella nostra mente? Una volta egli cercava di compiere qualcosa di estremamente arduo nel campo morale. La virtù è alla portata di tutti. Ma oggi la virtù è disprezzata e lo stupido è diventato orgoglioso in seguito alle piaggerie che ha ricevuto dai politici. Cosa farà dunque lo stupido per provare l'ebbrezza del genio? FaIO bibliotecc3gmob1anco • I

rà massa. Così, urlando lo stesso urlo insieme a centomila altri, crederà che l'umanità intera parli dalla sua bocca spalancata. Egli si sentirà non uno (per usare il linguaggio di certi letterati sofistici), ma tutti quelli che sono nella piazza, come il genio non si sentirà più lui, ma tutta l'umanità quando produce qualcosa di universale. Come il genio. Ma che triste scimmiottatura ! La somiglianza è meno che apparente. L'uomo-massa, come ormai è chiaro a tutti, non solo non è il genio, ma è quanto di più diverso e lontano si possa immaginare dal genio. •È il suo contrario. Dopo queste esaltazioni collettive, la personalità rimane infatti diminuita, come se, invece di un'esperienza, avesse avuto un'amnesia. Che cosa ha dimenticato completamente nell'orgia collettiva? Non si capisce bene. Ma quello che ha dimenticato per sempre serviva senza dubbio alla sua capacità creativa e alla formazione della sua dignità. *** Ho detto che tutto questo è dovuto alla mancanza di vitalità degli stupidi e dei dereII b1bliotecaginob1anco

litti. Chi è lo stupido? È l'uomo privo di vitalità mentale, dtimpulsi fantastici e di felicità creativa. Lo chiameremmo semplicemente uomo comune, se la sua volontà di cimentarsi a tutti i costi con l'universale, e di raggiungerlo attraverso la via sbagliata, non gli facesse piovere improvvisamente sul volto il colore della stupidità. Chi è invece il derelitto? È l'uomo privo di vitalità per mancanza di calorie. È il povero senza pane e senza tetto, è il lavoratore disoccupato o mal retribuito. Quest'ultimo non vuole raggiungere l'universale in un senso estetico, ma in quello assai più serio ed elementare che porta il nome di vita. Non vuole avere le gioie delltartista, ma le condizioni materiali delltuomo. Il calore che egli cerca facendo massa è quello assai semplice delle calorie che gli occorrono. Bisogna saper distinguere fra la categoria degli stupidi e quella dei derelitti. La seconda categoria rende seria e difficilmente condannabile l'aspirazione alla dittatura. ~ Io appartengo a un Paese latino, e ho fatto da giovane con partecipazione, da adulto con ripugnanza e ostilità, l'esperienza totalitaria di • IZ bibliotecagmobianco

destra. Vi posso dire che nella mia società le classi reazionarie tendono a imbrogliare le carte. Invece di risolvere i problemi dei derelitti nel senso di toglierli dalle condizioni disperate che li spingono a desiderare una dittatura di sinistra, aizzano i bisogni degli stupidi che vogliono sentirsi creatori, artisti e comandanti attraverso una dittatura· che non può essere che fascistica. Quando gli stupidi hanno creato la loro dittatura, ai derelitti non rimane che o sopportare tristemente o andare in prigione o innestare con tanta profondità i loro bisogni fisici in quelli mentali da sentir soddisfatto, per esempio, il loro appetito •di carne da una sfilata con bandiere e tamburi. Il loro stato di collera troverà uno sfogo nelle minacce che il dittatore rivolge continu·amente ai << nemici interni ed esterni >>. Secondo me, le società occidentali, per difendersi dai pericoli del totalitarismo, non devono ·mai avere, fra coloro che, mancando di vitalità, aspirano alle orgie e alle eccitazioni collettive, i derelitti. Questa è una categoria che rende difficile e impacciata la difesa della libertà di pensiero. 13 btbliotecaginobianco

Quanto agli stupidi, bisogna farli passare dallo stato di mezza cultura, che è peggiore dell'ignoranza, a quello di cultura vera e propria. Bisogna che gli uomini di pensiero si rivolgano agli stupidi, mentre i politici risol- , vono i problemi dei derelitti. Nelle società in cui è sempre latente il fascismo, accade invece che i politici vogliono risolvere i problemi degli stupidi, lasciando ai poveri la povertà • e agli uomini di pensiero la scelta fra il silenzio e la menzogna. 14 bibliotecaginobianco

IL DIBATTITO Il dibattito pubblico sul tema << Diversità e Universalità>>si è svolto il pomeriggio del 28 maggio r952 nel Centre des relations internationales con la partecipazione di Wladimir Weidlé, Mare Aldanov, \Mac Neice, Gaét;ii:· Picon, Karl Bjarnhof, G. B. Angioletti, Charles Estienne, Ylias Venezis e Vitaliano Brancati, del cui intervento abbiamo pubblicato il testo integrale. Lo scrittore francese dtorigine russa Wladimir Weidlé, che presiede, esordisce rilevando che il tema << Diversità e Universalità>>,è il problema 'per eccellenza di ogni ci~iltà che abbia allentato i suoi vincoli con la sua base religiosa. Sino a che il legame religioso è esistito, il contatto tra gli uomini è stato reale, libero, universale, e il problema non si poneva neppure. Oggi il problema si pone anche ai credenti, in quanto essi non potrebbero ritenersi soddisfatti di ,una soluzione valida soltanto per loro. Prima ancora di considerare se la soluzione è possibile, bisogna vedere come si pone il problema. L'Europa contemporanea, ridotta all'Occidente, accetta di porlo solamente dal punto di vista della persona umana. Il 15 bibliotecagmob1anco

punto di partenza non è la società, ma l'uomo. È in questo che l'Occidente resta ancora profondamente cristiano. Non è la società che rivendica l'uomo, è l'uomo che reclama la società. Il contrario avviene dall'altra parte della cortina di ferro : lo scrittore è lo schiavo della Polis, l'isolamento è interdetto, e così pure la rivolta e la diversità. In conclusione l'avvenire della cultura si confonde con quello di un partito o di un sistema politico. Quanto a noi, le cose noi:).sono così semplici. L'essenziale è che il problema sia posto. Non sappiamo ancora come sia possibile conciliare l'isolamento e la comunicazione, la rivolta e la comunione, la diversità e l'universalità; sappiamo soltanto che dobbiamo conciliarle perchè l'uomo, e ancor più l'artista, hanno bisogno dell'una e dell'altra. Neli'arte contemporanea il criterio più valido per giudicare un'opera è quello dell'originalità, ragione per 'la quale l'artista cerca sopratutto le differenze tra la sua opera e quelle degli altri. Allo stesso modo c'è una universalità, che potremmo definire innata in ogni essere umano, e una universalità ricercata. Quest'ultima contiene un pericolo, in quanto si presenta sotto la forma che si può chiamare il plebiscito immaginario. Se si organizzasse un plebiscito per sapere qual' è la pittura che piace al maggior numero di persone, quella di JeanPaul Domergue, quella di Braque o quella di Matisse, la risposta sarebbe già conosciuta, e corrisponderebbe a una universalità falsata. Nell'impero eurasiatico, dall'altra parte della cortina, il plebiscito immaginario ha già portato come risultato r6 bibl1otecaginobianco

la legge della banalità. Soltanto ciò che è banale è permesso, e ciò che non lo è, è proibito. In Occidente, questo plebiscito immaginario viene realizzato sovente, come per esempio quando si vuol sapere quale tipo di film darà il miglior rendimento o quale commedia avrà il maggior successo, e si procede a stabilire dei principi di pubblicità per venire in contatto col maggior numero di persone. Per concludere, la ricerca dell'universalità presuppone •non solo la libertà di cui noi, in una certa misura, go- , diamo; ma è necessario anche non saltare gli anelli intermedi della catena, i gruppi naturali, e non passare direttamente dall'individuo all'umanità. Ma, lo ripeto, il nostro primo dovere è di non presumere che il problema sia risolto, la nostra speranza è di risolverlo un giorno, e il nostro debito d'onore è di mantenerlo. Lo scrittore emigrato russo Mare Aldanov afferma che è oggi diventata un luogo comune l'affermazione che noi viviamo nell'incubo permanente di una nuova guerra mondiale e si domanda se gli scrittori, e più generalmente gli uomini di pensiero, hanno fatto tutto il possibile per allontanare questo incubo. Non ha intenzione di predicare la !Repubblica dei Saggi di Platone, ma crede che l'avvenire può appartenere a qualche cosa di simile a un trust dei cervelli, e che è ora che gli uomini di pensiero chiedano una maggiore partecipazione nella vita della Polis. Esistono già dei trusts dei cervelli, ma essi si occupano di problemi puramente nazionali. Sarebbe necessario creare un trust inr7 bibllotecag nobianco

ternazionale dei cervelli, per occuparsi degli interessi dell'umanità intera. Conclude dicendo che non ha la pretesa di dare una risposta definitiva, e che il suo scopo era semplicemente quello di porre il problema. Il poeta inglese Mac Neice comincia con l'osservare che, per loro natura i poeti sono pieni d'idee preconcette, ed è per questo che Platone li aveva banditi dalla sua famosa Repubblica, e aveva ragione di procedere così, perchè sapeva che il Poeta non è un uomo sociale, per lo meno nel significato convenzionale di questo termine. Ma la cosa, prosegue l'oratore, non mi preoccupa eccessivamente : le basi della società di Platone erano totalitarie, e io non vorrei per niente al mondo vivere in un' organizzazione sociale come quella di Platone : sarebbe troppo bene ordinata e troppo noiosa. Sia chiaro che non sono a favore nè della torre d'avorio, nè dell'anarchismo, ma di un individualismo che sta fra quelle due posizioni estreme. Il critico inglese Christopher Caudwell ha messo, secondo me, il dito sulla piaga ·dicendo: << Il poeta si rifugia nell'io il più istintivo, nella sua personalità più profonda, per scoprire un'altra volta la comunione coi suoi simili >>. L'opera dei poeti e degli artisti in generale consiste nell'imporre un ordine alla loro ispirazione. Ma dopo aver messo in evidenza la necessità dell'ordine nell'arte, vorrei considerare l'arte da un altro punto di vista, e assumere la difesa del disordine nella vita. In una società super-organizzata, e nella nostra epoca di sviluppo I8 b1blìotecay1nuo1anco

tecnologico, l'attività creatrice viene facilmente soffocata. Non viviamo più nel Medioevo : i mezzi di comunicazione sono troppo efficenti, e noi stiamo diventando troppo <<mondiali>>.Come uomo disordinato, non solo sono disposto a tollerare, ma anzi desidero che esistano molte persone ordinate. Ma il fatto è che gli uomini ordinati non sono così tolleranti, e tendono ad eliminare i disordinati. È un errore e un pericolo, un pericolo che esiste anche in tutte le conferenze, compresa la nostra, così umana ed intelligente. Quando la gente si riunisce in una conferenza, soffre rinevitabile tentazione di mettere l' ordine in ogni cosa. Ora, la creazione letteraria non ha la finalità di persuadere, nè di apportare un messaggio predeterminato e definito. Non dobbiamo lasciarci trascinare daff entusiasmo, sia pure in nome del liberalismo e dell'antitotalitarismo, fino ad immaginarci come soldati di un esercito regolare. Al massimo, possiamo considerarci dei franchi tiratori, il che è una cosa completamente diversa. Se non sbaglio, gli artisti e gli scrittori hanno oggi un falso orgoglio, e a volte una falsa umiltà. Alcuni scrittori hanno talmente dimenticato la loro dignità che si considerano dei semplici portavoce di una credenza. In questo modo, lo scrittore si vende, e si trasforma in un traditore. D'altra parte, trovate degli scrittori che montano su un piedistallo, al di sopra del mondo. Come scrittori, dovrebbero avere un po' più di umiltà. <<I poeti sono i legislatori ignorati dell'umanità>>, ha detto Shelley. Secondo me, è una sciocchezza; ma, anche se fosse vero, ringraziando Iddio, siamo ignorati. rg bibliotecaginobianco

Non dobbiamo imporre alla gente una falsa universalità. La settimana scorsa ho sentito qualcuno criticare James Joyce, per il fatto che egli, ha scritto in una maniera che non è comprensibile a tutti, e questo suo atteggiamento, se non sbaglio, è stato persino qualificato di <<criminale>>.Certo, sarebbe un disastro se ognuno si mettesse a scrivere libri come <<Finnigans Wake >>.Ma c'è da scommettere che questo non accadrà, e a me sembra che Joyce abbia fatto molto bene ad esplorare un mondo sconosciuto, e ad esplorarlo a fondo. In questo senso, la ricerca esclusiva dell'intelligibilità è pericolosa : c'è il pericolo di finire per scrivere una specie di <<linguaggio universale>>, un gergo, nel quale le parole perdono la loro plasticità, che è la qualità essenziale per la creazione artistica. A un simile gergo universale, io preferirei un dialetto, che per lo meno è concreto. La ricerca di una validità universale appartiene a due tipi di attività che stanno ai poli opposti : . la scienza e il misticismo. La poesia, come le altre arti, è come la vita di ogni giorno, vive in un mondo intermedio, dove le cose hanno un valore relativo. Per questo mi pare poco saggio da parte degli scrittori, a meno che essi siano filosofi, di andare in giro proclamando <<concezioni del mondo >> che costituiscono piuttosto un insulto al mondo, perchè sono ristrette, e perchè tolgono al mondo ogni colore. Si impara più per il fatto di innamorarsi di qualcuno che parlando dell'umanità. Dobbiamo guardarci dalle panacee che ci vengono imposte dal di fuori, da sfere di attività lontane dal mondo della poesia - come le panacee politiche o psicanalitiche. 20 bibliotecaginobianco

Una questione che ci è familiare oggi è quella della pianificazione - necessaria in un mondo così affollato. Ma i pianificatori non dovrebbero mai dimenticare che il loro compito è di pianificare le condizioni di vita e di attività, ma non i fini - vale a dire non la vita e le attività stesse. Anche se sino ad ora ho parlato in appoggio alla diversità, riconosco che esistono universali, come l'ordine, il ridere, il senso religioso. Ma è difficile definirli, e sarebbe certamente assurdo sforzarsi di compilarne una lista e una definizione. In sostanza, sono un empirista, ma non un materialista, e non credo che un poeta di qualche valore possa essere materialista, anche se egli si definisce così. Certamente, l'arte ha i suoi valori universali. Ma la conclusione che io voglio trarre oggi è la seguente : Occupati della Diversità, e l'Universalità verrà da sola. Il critico e scrittore francese Gaétan Picon ritiene che la nostra cultura è una cultura di diversità, che risulta innanzitutto dalla libera espressione delle differenze individuali e dalla diversità di luogo dei differenti geni nazionali. C'è la tendenza a opporre a questa cultura della diversità, che è la nostra, prosegue Picon, una •universalità che le farebbe difetto. Ma, che cosa è l'universale? Se noi intendiamo per universalità il fatto che una cultura, una civiltà qualunque si estendono all'universo intero, vale a dire se noi concepiamo l'universale come una estenZI b1biiotecag1nobianeo

sione spaziale, qualunque particolarità può diventare universale, col solo fatto di sopprimere ciò che si oppone ad essa. L'universalità che il comunismo ci propone oggi è l'egemonia di una particolarità, un imperialismo nazionale come lo è stato il nazismo, e ·non l'universale che diviene tale per superamento del particolare. Se il comunismo dovesse realizzare una cultura universale, il pro- , cesso si compirebbe a un livello assai basso : sarebbe l'universalità del vuoto, come conseguenza della rottura con tutto il passato culturale; l'universalità della menzogna, dato che tutte le verità del pensiero, deff arte e della scienza sono asservite a un mito politico nazionale; in arte sarebbe l'universalità del cattivo gusto. Purtroppo è vero che il realismo a cui si ispira l'arte sovietica piace a molte più persone che l'arte di Klee o di Rouault; ma piace a coloro che non capiscono nulla di pittura, borghesi o proletari. Gli ammiratori di Gerasimov' assomigliano molto a quelli di Carolus Duran. Solamente la cultura dell'Occidente può essere una cultura che sia qualche cosa di diverso della semplice estensione spaziale di una particolarità, che sia non solamente universale, ma universalista. Perchè l'universalismo è qtialche cosa di più dell'universalità: significa un desiderio, una curiosità e una comprensione dell'universale, vale a dire di tutto ciò che esiste nel mondo. Ma questo universalismo qualifica la nostra cultura solamente in forma negativa, come civiltà della tolleranza, della curiosità, della comprensione. Creare, natu22 b1bliotecagmob1anco

ralmente, è ben altra cosa. Tutti coloro che criticano la nostra cultura, che parlano della decadenza dell'Occidente e del declinare del capitalismo, che ci rimproverano di non essere altro che un museo e che affermano che la nostra è un'epoca alessandrina, oppongono un loro mondo di ordine e di comunione a un preteso mondo di diversità caotica e di singolarità senza comunicazione tra di loro.. Eppure, la nostra civiltà possiede il suo ordine, e quest'ordine reca in sè l'universale. Visto in prospettiva, questo caos di libertà assume lo andamento monumentale di uno stile. Da Cézanne agli astrattisti, passando per il cubismo, c'è uno sviluppo logico nella pittura, che si sforza di essere un linguaggio specifico e coerente. Da Baudelaire, la storia della poesia moderna consiste nella sostituzione di un linguaggio di creazione a un linguaggio di espressione, nello sviluppo di una poesia che, non riferendosi più a una cosa già preparata, diventa l'atto della creazione poetica del reale, e allo stesso tempo, l'atto della creazione poetica del linguaggio. Da Flaubert che sognava di scrivere un libro su nulla, a James che oppone la logica dell'arte a quella della vita, a Joyce attento solamente alle relazioni del linguaggio, dal simbolismo di Kafka ai monologhi interiori di Faulkner, c'è lo stile del romanzo moderno: un tentativo per fare del romanze;, qualcosa di diverso che l'immagine della realtà o il riflesso della visione interiore, un cosmos particolare che ci restituisce il reale appunto perchè se ne è . liberato, un'opera che, come la poesia, si scrive con delle parole assai più che con le cose. 23 b1bliotecagmob1anco

In Occidente è nato un pensiero, un'arte internazionale, e questo non per opera degli internazionalisti : nè la diversità nè la libertà sono capaci di definirne l'essenza. Non è una cultura di Folklores, e infatti essa ha messo al bando il provincialismo. Ma non è neanche una cultura di pure differenze individuali. Essa garantisce e suscita l'espressione personale, ma alfinterno di uno stile, comune. Che esistano dei conflitti, dei problemi, è inevitabile. La nostra cultura ha rotto i contatti col cosmos, e ha obbligato l'uomo a ripiegare sul suo genio creatore. Ma, assicurando la fecondità delle diverse tecniche, restituita ognuna all'ordine che le è proprio, essa ha anche accresciuto la loro complessità, impedendo alle tecniche di ritrovarsi in quella unità che una volta si chiamava la cultura. Le tecniche non nutrono più la nostra vita interiore. Esse restano davanti a noi come il grafico trionfale, ma astratto, del genio umano. Nessuno può dire quale sarà l'avvenire del mondo. Ma noi sappiamo tutti che lo spirito non ha altro avvenire di quello che il nostro passato gli ha preparato e gli ha fatto meritare, non tanto in quanto ha dato agli individui e alle nazioni la libertà della loro differenza, ma sopratutto per.chè ha immesso questa diversità nella scia di una grandezza veramente universale. Secondo lo scrittore danese Karl Bjarnhof, se ci poniamo il quesito di che cosa si intenda con la parola <<popolo>>,possiamo rispondere che esso è costituito 24 b1bl1otecag1nobianco

dalla grande massa anonìma, che si è succeduta di generazione in generazione senza avere storia. Era la massa informe, priva di caratteristiche, erano milioni e milioni di esseri che non sapevano nè leggere nè scrivere, ma che dovevano servire, lavorare e morire. L'analfabetismo costituiva il solco profondo che divideva il popolo dalle classi dirigenti. Durante un certo tempo coloro che si occupavano dello sviluppo dell'istruzione pubblica hanno creduto che se il popolo usciva dall'ignoranza, se tutti gli uomini imparavano a leggere e a scrivere, se si creavano delle biblioteche e si distribuivano dei libri, il popolo si sarebbe inevitabilmente incamminato sulla ,1 via del progresso, che avrebbe condotto le generazioni future verso la liberazione dallo sfruttamento, dalla lotta di classe, dagli odi razziali e dalle concezioni li1nitate del nazionalismo. Era questa all'incirca la visione dell'avvenire che avevano i promotori di una larga istruzione popolare. Dobbiamo oggi constatare che questi principi e questi programmi hanno condotto a dei risultati sensibilmente diversi da quelli previsti. E questo perchè si è trascurata l'importanza delle condizioni sociali. Lo avvenire di qualunque sistema sociale dipende dai modi di vita che esso può offrire all'uomo. È chiaro che è piuttosto superfluo dare all'uomo delle opere d'arte, dei libri, della musica, se non ha una casa, se non ha la sicurezza del pane quotidiano, e se non dispone di un po' di tempo libero. Se non avessimo altri indizi, potremmo riconoscere l'importanza delr arte e della cultura dalle cure che vi • 25 b1bliotecagmob1anco

dedicano i dittatori. Essi conoscono bene l'importanza del problema, e si preoccupano di mettere l'intellettuale al rimorchio e al servizio della politica. Il mondo libero deve invece comprendere il valore della libertà della scienza e dell'arte, ma le deve aiutare, e deve accordar loro delle condizioni normali di esistenza, in modo che esse possano stabilire il contatto col popolo. Quanti sono i lettori di libri oggi? La grande maggioranza legge dei giornali o delle riviste, in cui domina • un testo banale con una dose sempre crescente di immagini e di disegni in serie. Essi chiedono soltanto azione eccitante ed intensa, presentata in modo conciso per essere afferrata con un semplice colpo d'occhio. Un lettore di questo genere domanda degli eroi che siano bianchi e dei banditi che siano sempre neri. Ogni discussione gli è estranea, il dubbio non lo sfiora neppure e la verità si riduce per lui ad un sì o un no senza condizioni. Questo è l'uomo nuovo, l'uomo medio dei nostri tempi, che costituisce l'esercito sterminato del nuovo analfabetismo. E non è da credere che questa forma di analfabetismo si trovi solamente tra le persone di condizione modesta o nelle classi inferiori della società. Essa esiste anche tra gli studiosi, il che costituisce un fatto dei più inquietanti: 11tipo di analfabeta di università. Per concludere, gli specialisti, nonostante tutti i loro conoscimenti specializzati, dànno un contenuto negativo a questa cultura di tipo inferiore. Lo scrittore e critico italiano G. B. Angioletti osserva che ci fosse bisogno di una prova che senza diversità 26 bibliotecaginobianco

,non c'è universalità, questa prova ci verrebbe fornita dalla cultura europea. Perchè, allora, affannarsi a cercare altrove quello ,che abbiamo qui tra noi? Che necessità di tradire la nostra origine nella speranza di un qualche cosa di nuovo che nessuno potrebbe darci? Dopo tutto, questo qualcosa di nuovo è la liturgia troppo conosciuta dell'arte pianificata, del pensiero organizzato, deWimmaginazione incatenata. Questo qualche cosa di nuovo è l'anti-Europa, nel doppio significato della parola: prima dell'Europa e contro l'Europa. La storia della cultura europea è una storia di ininterrotto movimento. Il pensiero e la fantasia si muovono e si trasformano per adattarsi a1 continui mutamenti realtà. Se l'arte europea è anche un'arte realista, è perchè essa segue le variazioni della realtà naturale e umana. È un'arte che non si cristallizza mai in. una formula, che non pretende in nessun momento di essere arrivata alla conquista della verità, ma certa sempre un'altra verità. È un'arte che cambia non appena cambia il mondo, e persino prima che cambi il mondo. Nella cultura non europea sarebbe difficile immaginare una curva, una spirale di stili che urtano apparentemente l'uno contro l'altro, ma che in realtà dànno l'idea la più •completa della verità umana. Nel Gotico e nel Rinascimento, nel Razionalismo e nel Romanticismo, come nella grande e molteplice diversità dell'epoca liberale, tutto si allaccia, tutto si completa, perchè la cultura europea non ha mai servito un solo signore. Non si è mai ispirata unicamente al sentimento 27 01bliotecaginob1anco

popolare, o alla religione, o all'imitazione della natura, o alla celebrazione degli eroi, o all'invenzione pura, ma a tutte queste cose e a molte altre ancora. Questa cultura è stata per tutto il mondo e per una èlite, cultura dell'intelligenza e cultura del cuore, ha cercato Dio e ha cercato l'uomo, senza mai dimenticare che l'unica misura del soprannaturale è la coscienza e la libertà. Angioletti conclude affermando che limitare questa cultura, livellarla, organizzarla, pretendere un'arte speciale per le masse, un pensiero orientato verso l'obbedienza, secondo una realtà immutabile e non soggetta a critiche, I tutto questo equivale a sopprimere la diversità della cultura europea, vale a dire a sopprimere la cultura universale contemporanea. Il critico d'arte francese Charles Estienne formula alcune osservazioni derivate dalla sua esperienza pçrsonale di critico d'arte e di poeta, rilevando che nella diversità è nascosto il pericolo del pittoresco, della differenza intenzionale, e la trappola della <<letteratura>>. Non c'è soltanto il folklore contadino e regionale: si può ritrovare un folklore a Parigi e a New York. La riscoperta del fatto e delr atto poetico è la grande avventura moderna. La novità e l'assurdità della nostra epoca consiste appunto in questa specie di antinomia esplosiva di tutti i contrari, in cui si trova allo stesso tempo il timore della morte e della vita, l'annientamento e la continuazione, la cultura e la barbarie, la regola e la follia. Si diceva che l'originalità è il segno della nostra bibliotecaginobianco

epoca. Ma l'originalità, in fondo, è l'origine, e l'origine è l'universale. La nostra epoca, che può parere irrazionale e assurda, è ritornata però al terreno nudo delle origini. Non è necessario arrivare fino all'Amazonia per incontrare degli uomini che potrebbero appartenere alla età della pietra : ne incontriamo tutti i giorni a Parigi, nel métro e nell'autobus. Sono analfabeti nel senso che non sanno leggere che i giornali e i romanzi polizieschi, ma dal punto di vista mentale c'è una lacerazione che ci riconduce sull'oceano delle origini. Qualcuno pretende che la singolarità dell'artista moderno lo ha condotto a separarsi dal cosmos e dall'universale. In realtà, si può dire invece che la singolarità la più totale ha condotto l'artista a ritrovare l'universale nell'atto stesso della creazione poetica. Il poeta greco Ylias Venezis ritiene che a conclusione di questo dibattito, il problema principale è sempre lo stesso : qual' è il posto che spetta allo scrittore nella Polis? Qual' è il suo dovere verso la sua epoca e verso i suoi simili? Siamo ora in grado di precisare la nostra risposta : la libertà creatrice nell'arte resta e deve restare il diritto e il privilegio dello spirito occidentale. Il bisogno di cercare continuamente nuove forme .di espressione è un elemento essenziale e permanente della forza creatrice. Lo scrittore contemporaneo non deve avere nessuno scrupolo e nessuna esitazione a utilizzare le tecniche moderne di comunicazione. Non possiamo negare la nostra 29 bibliotecaginobianco

epoca e isolarci. Non crediamo a una letteratura << impegnata>>,ma noi daremo all'uomo la verità e la bellezza e gliele daremo attraverso la libera ricerca e la libera espressione. Wladimir Weidlé conclude il dibattito affermando che la caratteristica essenziale della nostra civiltà è la coscienza che essa ha di se stessa, e il suo titolo d'onore è che tale coscienza è una coscienza critica. .30 bibliotecaginobianco Fondazione Alfred Lewin Biblioteca Gino Bianco

Altri opuscoli pubblicati: Serie " PROBLEMI DEL NOSTRO TEMPO ., 1. LE LIBERTÀ CHE POTREMMO PERDERE di DENIS DE ROUGEMONT 5. I L MESSAGGI O DI PI ERO GOBETTI di UMBERTO MORRA 6. LO SCRITTORE TRA LA TIRANNIA E LA LIBERTÀ di GUIDO PIOVENE 7. LA SOLITUDINE DELL'ARTISTA di EUGENIO MONTALE 8. R I V O L T A E c O M U N I o N E di GUGLIELMO PETRONI 9. PER LA LIBERTÀ DELLA FANTASIA CREATRICE di LIONELLÒ V EN T U RI 11. L'AVVENIRE DELLA CULTURA di AN DR É MAL RA U X Serie " FATTI E DOCUMENTI ,, 2. c H I s ON O I PARTIGIANI DELLA P A e E Serie "TESTIMONIANZE,, 3. U S C I T A D I 4. LA G R A N D E In corso di stampa: SICUREZZA di I G N A Z I O S I LO N E T E N T A Z I O N E di CZESLAW MILOSZ Un opuscolo di NICOLA ClliAROMONTE sugli intellettuali e il comunismo, un opuscolo di JùLES KLANFER sul pensiero pianificato nei paesi totalitari e un opuscolo di ENZO PACI sulla letteratura e la situazione sociale. Pubblicqti sotto gli auspici del CONGRESSO .I.NTERNAZIONALE PER.LA LIBERTÀ DELLA CULTURA b1bliotecagmob1anco

ASSOCIAZIONE ITALIANA P E R LA LIBERTA' DELLA CULTURA Sede centrale: R (:) M A Piazza Accademia d San Luca, 7 5 Prezzo di vendita: Lire 60

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==