Emidio Zoli - Sul commercio de' grani nello Stato pontificio

- (.,l 2~ SUL COJniERCIO DE' GRANI STATO PONTIFICIO DIALOGIII POPOLAni 1)\ E tUIDIO ZOU St~n\~t\o ~mu~\t \1\\n\no \)Tt\'0 \(> Lt~~''O\\t n\ 'Fot\\ FORLI, Pll!:SSO Lt:JGI IIOJD.AND!Jil f8~8 .

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DIALOGO I. Parroco c Popolano Pop. Per quanto Ella mi abbia detto Signor P arroco, le confesso apertamente che io non so comprendere come noi dobbiamo pagare il grano un sol bajocco di più percllè altri ce lo vengono a portar via: noi che fatichiamo tanto per lavorare i terreni el1e lo producono, e che ne abbiamo cosi abbondante quantità. Parr. La ragione è semplicissima fi gliuol mio. Figuratevi i magazzini dei nostri ricchi pieni di frumento, e grano turco : figuratevi che non ne dessimo agli altri po~ poli fuori del nostro Stato che ce lo richiedono. - E certo che il prezzo diminuirebbe sensibilmente perchè quelli che hanno il grano vorrebbero venderlo tollo, e d' altra parte soddisfatti i Hisogni del mangiare, nessuno saprebbe el1e farsi di una materia che non trova consumatori. Gli è come se voi esibiste la vostra opera e nessuno avesse lavoro da dare: in questo caso o ••oi stareste senza Ia,•oro, oppure dovreste la••orare ad assai basso prezzo. Nè solo ciò: è certo ancora che ,·estercbbe nei magazzeni una grande quantità di cercali che, 11on trovando compratori, rimarrebbe per l'anno che viene. Ogni anno si farebbero grandi a•·anzi , e così proseguendo, questa preziosa denata non sarebbe più una ricchezza per noi, ma un inutile ingombro che bisognerebbe cacciare in mare per pasto dei pesci. P op. Jo non veggo che ciò sia un male : ,·eggo an•i che

4 sarebbe un bene, pcrchc il popolo lo prenderebbe ~gli invece dci pesci, e mangucbhc gratis, c a llora si che sarebbe proprio il nostro il pal'SC della cuccagna. Venisse pure quel lo'mpo Sig. l'Hrroco, ~ ' 'eni&stl pres to per la nos tra lclicitit! _ Parr. l\Ia non n· •·r.\ ma i, mio caro. l o non ho fallo che un' ipotesi; , aie a dire vi lw d iu•osl ra lo la consl·gucnza che discende fil filo da una produzione sempre • uperiorc alla cous tunazionc. ~l a vi ripe to, il tempo cui l Oi aspirate , e cl1c tanto vi lu ~i uga, non \7Crrà mai . Pop. E•pcrclui Signor Parroco non r c•· •·à mai ? l o cr~ùo che verrebbe ucccssariamcutc, c in pochi anui. Cosa vorrebbero l:n·scne i r icchi di tanto grano? Essi non sarebbero tanto iuumani da bn H·ia rio, piuttosto che da rlo a noi che siamo crea ture di Dio uguali a loro. Parr. No certo cl iC non s11rchhcro tant o inumaui ; q ulsto lo credo anch' io. ~la il chiodo non ba lle qui. Il punto sta che il grnno 110n nasccrchhe più. P(Jp. Come non nascerebbe più ? Non la comprendo Signor Parroco: mi filccia mò il piac~rc di spiegarsi più chiaro ? Parr. Vi appago d i lutto cuor e, c \ Orrci auzi che t utti i vos tri pari loss1·ro dcsidt·rosi ui co nost·erc come \ Oi la ' 'era r agione delle cose, e stessero pazienti ad ascolta r - la; cosi la con•prcndcrcbbcro, perchè Dio ha dato a tu tti l'intelletto per comprendere , la memoria pe r ritenere le cose una \ Olia impa rate, e la \'Oiouta di mantenersi forli in una \ Crita una \ Olia impa ra la e compresa. Pop. Dica pure S igno•· Parroco, che io l' ascol to assai voJontieri. Parr. Vi ho detto cl 1e il grano non nasce•·ebbc più ; c sapete il perché ? pc•· una ca u,a naturalissima : perché non s i seminerebbe. - Non 'i agi tate figliolo: no non si seminerebbe. - Che mes tiere è il \ OSiro di grazio?

5 p ,,p. Io fo il calzolajo, c se mi guardn ~ Il e onani..... Parr. Vi credo. Dunque 10i fate il ca lwlajo: >a benissimo. Supponete ora che <lui in P aese ci fossero ~enti eia battini in cambio di dicci che ve ne sono, e cl1e la gen te che porta c fa ralloppare le scarpe fosse sempre la stessa. Vedete subi to di pc•· voi che dicci ciabatti u.j r esterebbero senza Ja,OI·o, o veramente il lavoro di dieci si dividerebbe iu ,·enti , c nessuno per conscguenu potrebbe vivere col prezzo di esso. Ora dunque cosa fare ste 'oi in questo caso? Pop. nli fa quasi ··idere Signor Parroco.... discine! è rosa <Juesta che viene di suo piede: non potendo piu ~ ive ­ rc o fare il ciabattino farei subito un altro mestiere che mi desse da mangiare. Farei magari il facchino , andcrei a servire, a fare il soldato; insomma farei qua - lunque altra cosa per vi1•ere purché fosse onesta e permessa dalle Leggi. Dia che c' entra questo di;corso col grano? Parr. Abbiatc un istante di pa1ienza c vedrete che c' entra henis; imo. Dunque voi cambiereste mestiere? Pop. Sicuramente. Parr. Or bene; ciò che fareste I'Oi lo farebbero altri nol'C ciabattini, c tanti altri fi••cl•è quelli che proseguissero oPI mestiere avessero òcl lavoro per vi1•crc; 1•a le a di,·c finché la ricerca fosse pari all' offerta: in altri termini; Gnchè i lavoranti fossero uguali al lavoro, e non piu. Pop. Questo lo comprendo, e dcv' essere cosi. Parr. Alla buon ora. Se comprendete questo, comprenderete ancora che il ricco non seminerebbe il grano pcrchè nessuno lo comprerebbe quando fosse nato c •·accollo. Il ricco esercita un'industria come 1·oi. \'oi quella del fare le scarpe, egl i quella dell'agricoltura. Voi aYcte per istrumcnlo le 1ostrc braccia, i c01·ami, e le armi del mestiere ; egli i suoi campi , le braccia dci

6 contadini, l'aratro, e la zappa. Voi non trovando più utile ad esercitare i ' 'ostri istrumcnti facendo scarpe, che sono la vostra produzione, cambiate esercit.io , c , ·oltate gl' istrumenti ad alt•·o uso; egli che non trova più utile a seminare del g rano perchè neS!>uno lo compra, cangia in altro uso i suoi istrumenti, cioè i campi, c l'opera de' suoi coloni, cd invece di seminal'C grano, c grano turco, scmi uc•·à erba per allevare bestiame, canape da far cordami c vele da bastimenti ; ingombrerà il terreno di mori gelsi, pianterà dei boselli per raccogliere combustibili, c legno da lavoro: in somma cangerà industria fincllè avrà da' suoi capitali e dalla sua industria ricavato il maggior prodotto pos - sibile. Sappiate che cinquant'anni fa molti dei nostri terreni erano boschivi e prativi, percl1è appunto una coltivazione estesa del grano non avrebbe pagate l e spese. Il grano crebbe di prezzo pc r le ricerche che se ne fecero c per la facilità c la libertà dci trasporti, cd ccco subito che furono atterrati i boscl•i per ridurre quei terreni a coltivazione d'aratro, cd ora la legna è cara per questa ragione, e noi non abbiamo ormai più una quercia da lavoro. Se oggi mancasse la ricerca del grano, si tornerebbe a coltivare i terreni a bosco come prima o a qualche altra produzione, talchè diminuirebbe la raccolta del cereale fino ad eqnilibrarsi alla ricerca; nel modo medesimo che diminuirebbero i ciabattini de' quali vi ho parlato qui sop•·a. Pe1· la diminuzione dei ciabauini chi vorrà le scarpe dovrà pagarle come prima, per la diminuzione della raccolta chi vorrà il grano dovrà pagarlo come prima. Pop. Questo ragionamento che Ella mi ha fatto mi pare chiarissimo, e le dico il vero Signor P.1rroco, mi stupisco di non averci pensato prima io medesimo. Così è $Cnz' altro. Solo farei una dimanda se non temessi d' infastidirla.

7 Pal'l'. Tutt'altro. Io sono qui per illumiuaryj io tutto; è questo il primo ullicio del Sacro Mini.tero che Dio mi ha affidato, e in me non ha altro desiderio che di pot erlo utilmente escrcitat·c. Pop. P oichè dunque è tanto buono, mi dica un poco Signor Parroco. - Se anche gli altri prodotti costassero poco come il grano, cosa guadagnerebbe il ricco da questo cambiamento di coltivazione? P arr. Se veramente fosse così non guadagner8bbe nulla. llla \'oi supponete un caso molto remoto. Primamente pcrchè i bisogni, c i capr icci degli uomini sono tanti, c tanto varj, c l' indust ria è così ingegnosa che difficilmente mancherebbe un uso più proficuo del terreno di quello di mandarlo ad una coltinzione passiva come quella del grano se il grano non trovasse consumatori; secondariamente pcrchc i prodotti di altra natura a· vrcbbero per consumatot·i non già uno popolazione r i· stretta come quella del nostro Stato, ma l'intero po· polo della terra, mentre a nessuno di voi cadrebbe in pensiero di proibire l'estrazione delle canape, dei lini, del legname, del bestiame , delle lane, dei formaggi , delle sete, e di tutti gli altri prodotti che non sono di prima necessità. Al contrario, io so beni.-simo quan· lo sia dispiaciuto quest'anno ai contadini di 3\'er venduta la seta al prezzo di dodici bajocchi, C[uando solevauo venderla \enticioque, e avrebbero desidemto perciò cho la ricerca dell'estero fosse stata maggiore. Pop. Ella mi mette scmpt·e d'innanzi agli occhi coso comunissime e verissime, ed io sempre più m' indispettisco di non averle ideate prima. Ma ad ogn i modo dato il caso, quasi impossibile, che di tutti i prodotti ,,i avesse la stessa abbondanza del grano, anzi lo stesso eccesso , ripeto io, che farebbe dunque il ricco delle sue terre, che Ella chiama isti'Umeoto della sua indus tria?

8 Parr. Farebbe quel cl> e 1 fareste voi se ayeste un magazzino di scarpe e non poteste venderle. Voi non ne fabbrichereste più a costo di stare in ozio finchè non aveste vendute quelle che avete. Qual vantaggio avreste dalla vos tra fabbricazione? nessuno. Anzi avreste danno. Vi consumereste la 1·ita in lavoro, e impieghereste capitali per tcncrli mo1'ti chi sa quanto , e forse per non mai rea lizzarli. Vendute le scarpe, allora col 1·icavato ne f.1reste altre, c procu rercste di limitare la vos tra produzione alla vendita senza strapazzarvi in un lavoro improdutti1•o, cd impiegare capitali colla certena di pcrderli. Cosi il proprie ta rio di terra. E gli lasce•·ebbc per un anno o due le sue terre incolte fin. chi! fossero cou;umati i prodotti esistenti , am.icchè sostenere le spese di coltivazione; spese che non verrcbJ,cro rimborsate dalla produzione. La terra 1·iposando acquisterebbe vigore, c nell' ai1no che si coltivasse pi'O· duiTt•hbe lo s tesso frumento senza concimi, e con ruino1• la1•oro; vale a d ire darebbe la stessa rendita con minore spesa di coltivazione. Ecco un guadagno. - In breve, quando non c'è interesse a far la tela, tacciono i telai; quando non c'è interesse a coltivare i terreni riposano gli aratri. Pup. Scmp•·e cosi. Ella ha acl ogni mia dimancla la sua r isposta convincente. 1\li piace pe•·clu) vedo p•·op• io che d ice bene quello che dice. Ma come sta che tante alt•·e pr·rsonc ben vestite, che sono state a scuola , c •·auuo aneloc in palazzo con fasci t! i c arto sotto il brac· cio le ho udite a parlare in una maniera diversa? Eppu •·e cit'l cloe Ella mi ha d ello deve essere cosa faci le J le l' chi ~ eli lettere, se ora pare facile a me pure che suno un •g:not•anle ! Pa•r. Voi siete un ignorante, e potreste non esseri<", ! 11 breve spero l' i sa~anno scuole anche per voi povera gentil st'liZa che dobbwte perdere la giom ata cl1c vi serve a l

Il lavoro. Uua ora della notte e i giorni di festa suppliranno, e vi sara nno maestri a posta per voi. - llla l' essere ignorante non vuoi già dire essere di poco intelletto; ccsicchè voi colla ' 'ostra mente, che è dono di D io, potete comprendere quello che indarno tenterebbero coloro, che come ,·oi dite, vanno in palazzo. Quelle che io vi l1o dette sono verità nude c semplici, ma appunto perchè sono così semplici e nude non ,,i si guarda sopra da quei tali che voi a••ete uJito a parlare. l o non dico però che non dobbiate piu ascoltare le loro pa· role; anzi falene tesoro nella ••ostra memor ia, e se avete fede in me venite a ripe tcnuele che io poi vi dirò se sono vere o false , utili o dannose, buone , o catti,-r . Pop. Si S ig nore. La memoria mi serve abbastanza; e poi io metto una granJe passione in queste cose. Da che dunque mc lo concedP, diuwui a sera sa rò da Lei un' altra volta chè certo non mancherà materia da discort·ere; tante sono le co~e che si \'anno dicendo qua e cola su questo proposito dci grani. Parr. Venite pme a ,-ustro bell'agio galantuomo. Buona no tte. Pop. Felice nulle.

40 DI·ALOGO II. Parroco ePopolanG Parr. Oh bravo, mi avete mante nuta la parola c vi ringrazio. Come vanno i ' 'ostri lavori? Pop. Grazie Dio s i va dando qualche punto, c se c'è <1ualche cosa da fare in paese casca da mc; pm·- chè, non fo mica per dire Signor Parroco, ma babbo mio mi ha sempre avviai{) bene e il mestiere non mi sta male alle mani; e poi l•o piutlos to buona maniera cogli avventori e una volta capitati n on mi fuggono. Parr. Bravo figliuolo, sono contentissimo di voi: segui tate sempre cosi, c Dio vi aiuterà. A'•ete figli? Pop. Ne ho uno bello e grasso: h a un anno set te me•i e poch i giorni. Nacque il di di Natale del Mille otloccntoquarantasei; e perciò si ch iama Natale; e con qual' altro nome s i dovrebbe chiama re subito ch e è n ato iu quel giorno benedetto? Ah quell'anno che nacque mc lo ricorderò sempre per la carestia che a' evamo: ma tanto c tanto non mi mancò il lavoro e si tirò innanzi ~ Ila meglio, sebbene le spese fossero maggiori del sohto. Parr. Ve~e te; Dio non abbandona mai . A juta ti che t' ajut o. Vo1 badaste ad ajutarvi cd egli ,,i ajutò. - ìUa a proposito di ca restia, che D io tenga lontana, avete più udi to a dir nulla di questi grani? ave te parlato con qualcuno?

H Pop. E come Signor Parroco: anzi parlando lì dalla spezieria doye capito qualche volta, perchè quantunque cosi mal vestito lutti mi ,.ogliono bene, ho detto anche le ragioni che imparai jeri scrà da Lei.... ma già a dir vero non le imparai totalmente da Lei. Pensandoci sopra dopo mi sono accorto che le sapeva anche prima; è solo che non ci avcva pensato. Parr. A.I'Vezzalevi dunque a pensare c ne troverete molte altre in tutte le cose. Ebbene le mie ragioni .... cioè nostre ragioni, che le sono di lutti due,... come quadra• rono allo speziale, e a quella genie lì intorno? Pop. Da prima sembrava uon le volessero intendere, ma io poi le spiegai bene cosi come se parlassi di un pajo di scarpe, c le capirono; ma come fummo alle strelle sa quel che disse qm·l gio,ane del caffettiere accanto alla spczic1·ia? di »Se che erano lulle fandonie; che c'è buon principe e buoni carabinieri, c che i Signori sarebbero stati da una Legge costretti a seminare a grano i loro terreni; che altrimenti starebbe nei Signori ad affamarci tulli; che ciò non può essere, e che assolulamcnlc bisogna finirla e presto. Parr. E a voi cbc parve di questi discorsi? Pop. In verità mi parve che non dicesse male; e pensandm·i sopra mi capacitai che il Governo avrebbe con una Legge, giusta come questa, finito l'imbroglio e i ricchi sarebbero obbligati a starei, se no ce li faremmo star noi; chè quando c' è la Legge caspita! bisogna slarci; la Legge è sempre Legge, e come la c'i: per noi cosi la ci doiTà essere anco per essi; cd oggi specialmente col Governo che abbiamo che non vuole parzialità per nessuno! Parr. Avete 1·agionc: la Legge è sempre Legge. D ite benissimo! 11 Go1•erno non vuole parzialità pc1· nessuno. - 1\ipeletc sempre a voi stesso c1ueste parole, c sarete

1'2 <'erto di tcneo·e il di r itto sentiero. - Sapete ora quale sia la Legge che riguao·da il commercio dci grani? Pup. Certo che sì: la L(•gge dice che lulli possono comprarne e Hndernc liberamente, c possono po rlarlo do- '\1C \1orrliono. Parr. O; bene. Se è 1ero come voi dite (e dite benissimo) cloe alla Lcf!ge bisogna starei, dunque comprcn · dt·rcte r hc ch iunque si oppone allo smercio libero, c al libero andare dci gl'a ni n on istà alla Legge. E chi non ' 'uolc stare alla Legge e un 111al 1i1•cnte; c cio i è mal vi1 cute deve essere punito in forza della Legge medesima. - Vog lio concedervi per un istante che la Lrggc passa 1·enire cambiata, ma lìncloè la c'è, c doHroso che sia ri spettata. Una 1•olta c'era una Legge che un capitano di eserciti non do1cssc , sotto pcn;1 di morte, 'mancare mai agli ordini di quelli cloe comandal·ano. Un capitano fra gli altri mancò ad uno di <1uesti oodini , non già pel solo capriccio di mancarvi , ma perclu: 'ide che seguendo gl i ordini avrebbe perduto il suo esercito e ruinala la patria. c uon scguendoli a1 rchbc salva to l' uoa, c l'altro. Riuscl i11la' lli la cosa come egl i l'aveva pensata, ma coo tutto que; to il capitano I'Colllc condannalo alla morte. Fu un poco dura la senteona, c parve uu ' ingo·atituJine, ma la Lo·ggc c' el'3, e fiochè c'era bisognava cl•e aYcs~c il suo effetto. -Questo vi deve ammaeslraoc che quando anche la Legge, che ••uolc la libertà di rospor laz io11e nei grani, !'o;,se sustelli •a di 111odificazioni, nondimeno de- 'e essu e, lìncloè esiste, eseguita; altrimenti il G overno non sarebbe piu giusto, perchè userebbe quella pa o·- zialità che uon può usare, c non , uole usare come voi dite. Pop. Fin qui è ''ero quello che Ella dice; ma credo bene cioc Ella non potrà nega o·mi Siguor P arroco, che se 1cuosse fuori la Legge che ha dello il garzone del caf-

13 félti ere, la sarebbe buona per ogn i conto, c taglierebbe come dicono la testa al toro. Nè è mica da badar o che l'abbia de tto colui, il quale è un povero ignor ante pa r·i mio, ma bisor;na considerare che egl i c corne un bambino; c sa E lla ciò che di ce il prorcrhio? = Quando i piccoli parlano i grandi hanno parlato = Il cafi'etticre dunq ue non è che un ripetitore di <(ucllo che ode per la bottega dol'c capi la i l fi ore de l paese. E <1uando lu tti dicono una cosa ci sarà la sua gran ragione; e poi ho udi to a di re p iu volte dalla buon an ima del babbo e dal Parroco ei re c'era un mese f(r pri ma di Lei, che tuili tenevano pct' un buono <' hra- \'O Sacerdote che Dio l 'abbia in ~;lor · ia, ho udito d ire che vox popolo vox deo che in 'ulgarc ' uul dire cioe è una cosa che non isbagl ia. Parr. l/ox Pop, /i vox Dei : s ta bene. È pl'O<crh io an tico, \'Cri ssimo; ma non hisognn inlcnJcrlo come co.rrt che non isbaglia, a ltrimen t i il po·o•·crh io pcnlcrchlw il credito. - La voce del popolo si dice che è l 'Occ di Dio, non perché sia vera e giusta sempre, come è semp re giusta c • era <(Uella del Signore, ma pr·rdoi• qu ando un Pupolo iu ticro ha abbraccialo uu' idea, un opin ione <lu :o lunqm·, e lut t i lutti d icono 11 (, co>l c cosi, \'ogliamo che ,.aJa cos ì c cosi, bisognn n<'ccssar iumt•l l l c cloe le cose picgloino n quel verso che tutti lult i le ••ogliono ; non al trimenti che p iegherebbero se f ossc la • olontà espressa d i Dio. La voce del popolo può dun- <luc somigliarsi a 9uclla di Dio dal Ialo d ella potcnza, non mai da qu'ello della g iusti1.ia c (h•lla •·crita. - Nel caso nost ro per alt ro io posso d ini che q uella del cafTctlicrc, c dc' suoi ancntori non è ucppu re \ 'Occ di Dio rispe tto alla po tenza, men tre per esser tale bi,ogncrcbbe veramente che fosse ..-occ di un popolo iutcro o almeno d i d ue terze parli d i esso E per nn popolo intero non dc•c prendcr,i una d<•ciu.t d i pét'-

sone che capitano in una bottega da ca[è e nè lampo-- co l'opinione dominante in un piccolo paese, ma sì quella che fosse distesa in molle e molte città, e in uno Stato, in una Na1,ione. - Intendete voi che voglia di,·si Sfato, Nozione? Pr>p. 01, Signor sì, l'intendo benissimo, e so che uno Stato comprende tutte le ci llà che vivono solto lo stesso Gm'erno e le stcsse Leggi, come sarebbe per esempio lo Slalo del Papa che va da Roma a Bologna. Una Nazione poi è tutlo quel Paese dove si parla la stessa linr,'lla, come per esempio l'Ital ia in cui si tro- ' 'ano più Stati o Governi, i primi dei quali sono il Regno di Napoli, quello di Piemonte dove è Carlo Alberto, il Ducato di Toscana, il Dominio del Papa, Venezia che sola. poverella, resiste gloriosamente ai Croati, c quella parte dm'e comandano i Tedeschi e non dovrebbero comandare perché non sono italiani. Ho imparate tutte queste cose adesso di corto, perchè se ne parla da per tutto, ed io mi godo ad ascoltarle quando altri le dicono. Parr. Voi ne sapete già quanto basla in questa materia. Si potrebbe forse meglio definire d i quel che a' 'ete fallo ciò che sia nazione, ma ciò non ci riguarda più che lanlo: torniamo a noi. Dunque voi credete sempre cl~e la Legge proposta dal ca[ett iere, o meglio dai su?i a'' ' 'en lori, sarebbe utile e giusta? Pop. E casì. Parr. Sie te in errore. Ora ' 'oglio dirvi della giustizia, vi dirò poi dell' utilità.- Voi gia sapete che i terreni sono istrumenti pei coltivatori del grano, come i corami per fare le scarpe, Ora se venisse uno che vi dicesse, Masi ro Cecco tu hai una buona quantità di corame, fanne .'"~te scarpe per conladifli. - l'Ila io non posso, ' 'o.• ~··sp~ndereste, percllè facendo delle scarpe per conladm• 1111 resterebbero tulte, o c1uasi tutte lì , c

i !l dovroi alla fine darle ' ' ia a perdit~, tante sono le scarpe da contadini che si veggono ogni giorno in piazza; e poi quando viene la state i contadini consumano poche scarpe ed io perderei il ranno e il sapotw. - Non importa; tanto e tanto le dc,·i fare, e voglio che tu le faccia. - 1\Ia io non posso. - Ecl io lo \' oglio. La Legge è scritta che tu debba farle, c in caso di tuo rifiuto la forza farà il dover suo. - Oh Legge iniqua, volere che io perda per forza mentre del mio corame e delle mie broccia potrei sel'l'irmi a fare scarpe di lusso pci signori della citlà che le comprerebbero; e quando nò, l'enderei il corame per quel che l' iene, c farci delle mie braccia un altro uso; ripeto che è una Legge iniqua, cloe non può stare, e che non può essere stata falla dal Go,•crno di Pio IX. Pop. E forse dentro il mio cuore Signor Parroco? Ella ha dello a puntino ciò che avrei detto, c che direi io medesimo se fossi nel caso. Parr. Tanto meglio: vedete che io penso sempre quello che pensate voi. - La Legge che ,·orrehbero farvi sarebbe adunque iniqua? Pop. Diacine! chi non lo vede? Il coramc è roba mia, le braccia più che più; qual L egge se non iniqua potrà fare che io mi valga della roba mia a piaci n:ento altrul? Parr. Qui vi volevo. l'Ila il tert·eno, il go·an o da seminare, il bestiame per arare, e le braccia dei coltivatori sono una proprietà come il vostro corame, c le vostre braccia; e quale Legge se non iniqua potrebbe obbligare i proprietari di tutti questi istrumenti d ' industt·ia a servirsene in una maniera più che in un'altra? Vorr&ste , ·oi che nna Legge fosse iniqua quando allocca una vostra proprietà, e fosse poi gi usta, ed eqna quand o allacca le altrui? Voi comprendete che ciù non pnù

Ili es."' l'c. O ,lun<ll•e la Lel(gc che ' i obbligasse a Ja,·orarc ed usare il corame a piacimcnto a ltrui è buona e giusta. 0 veramente iniqua e<~ ingiusta. Se buon~ c giusta allora doHctc non solo l'lspcttal'la ed cscgu1rla, ma ez i ~ ndio desiderarla; se iniqua cd i ngiusta non potete pretendere ,che. una Lr.g~e sim~le si fac~ia a danno dei proprietari dc1 ter rcm, 1 quah hanno 1! sacrosanto dirillo di valersi a proprio piacimento delle loro proprietà, come voi a' •e tc quello d i valervi delle vos!l·e. P op. l\1 i ha un poco confusa la testa Signor Parroco. Parr. Vi spiegherò meglio ciò che !10 detto. Pop. Non s'incomodi S ignor P arroco. Non nasce già la mia confusione dal non aver compreso ciò che Ella mi ha dello del d iritto di proprietà, ma sibbcne da un' afll·a idea che mi stà litta in capo , e cLe non posso metterla insieme col d iritto d'e' propr ietario delle terre. Parr. Dite, di te. P~p. Se tutti i Signori padroni delle terre si mettessero in capo di farci mor ire di fame, dipcndcrchbe dunquo da loro subito che possono semina re erba im·ece d i grano. Noi d unque non potremmo far nulla e ci toccherebbe stare alla loro di screzione? - Oh per bacco questa la non mi enll·a. Parr. nli fate ridere huon uomo...... Pup. No: la non mi entra e non mi e ntrerà mai. D io ci ha messi al mondo per farci mor ire, quando ' ' uole E - gli , non pereh è i Signori ci facciano morire a grado loro. Sarebbe bella! l Signori potrebbero piu di Dio. O Signor Parroco mi scusi; dico forse delle cose che un par mio non dovrebbe dire, ma Ella questa volta non ha parla to da quell' uomo cb~ è. Parr. Quietatevi buon uomo ; d ite pure liberamente (1uello che pensate; basta solo che non vi riscaldiate la fan-

t7 tasia, altrimenti non sarete più alto a comprendere il mio discorso, e dovremo rimetterlo a dimani sera. Pop. Che! non mi riscaldo la fantasia per cosi poco! basta che le dica che dentro la giornata non ho bevuto un bicchier di vino. Parr. l\larta, portate da bere a questo mio parrocchiano. Pop. La ringrazio tanto. Anche quell'altro Parroco non mi vedeva una volta che non mi volesse invitare a bere. Finisca pure il ~uo discorso, che dopo accetterò le sue grazie. Parr. Avete detto che sarebbe in balìa dei Signori farci morir di fame, e che in questo caso potrebbero più di Dio che ci l1a messo al mondo per làrci morire quando a Lui pare.... ma voi con la più buona intenzione del mondo avete detta la più grande delle bestemmie. Pop. Io...... Parr. Si: voi avete orribilmente bestemmialo senza volerlo e saperlo. - Ma non sapete cl1e non si move foglia cLe Dio non voglia! - Come vorreste dunque che fosse in balia dei ricchi far morire di fame il ponro esercitando una potenza superiore alla potenza Di- •ina? Se anche accadesse il male cl1e temete (il quale non accadrà ) credete voi che accadesse a dispetto della volontà di Dio? All' incontro 6glio mio: acca· drebbe solo perchè Dio lo vorrebbe in castigo de' nostri peccati.- Non vi l1a detto tante vol(ft il P arroco che avevate prima di me, cl1e Dio si serve!' ; pesso della mano dell' uomo per punire gli altri uomini , e che bisogna sempre rispettare i suoi decreti? Non avete imparalo fin da fanciullo che mettere in dubbio la giustizia, la misericordia, e l' onnipotenza Divina è il più onibile dei peccati? Ed ora voi rinegando questa giustizia, que- •la misericordia, e questa onnipotenza, vorreste che Di(.) 2

fS facesse morir eli fame un popolo intero dove sono tanti innocenti e vorreste che gli uomini che sono sua fattur• aves~cro più potere di lui? Riflellete, rifletlo• te fì .,liol mio all'errore in cui s iete, e guardatevi per ben: dell 'anima ,·ost ra di mantenervi in esso. Pop. Oh Dio mi perdoni!! },o faLLo dunque un grnn peccato in ques to momcuto ! Parr. No: non a'•cte peccato : non è colpa, dove non è scienza di colpa. Il peccato lo fareste se persever aste nella stessa idea, oggi che il vostro Parroco vi ha illuminato. Pop. Quand' è rosi mi consolo, cd avrò sempre, e poi sempre nelle orecchie le sue parole. Ci vorrebbe qu i il garzone del calfettiere: vorre sentirlo un poco quello che saprebbe dire! Parr. Adesso che vi ho parlato le parole del Sacerdote; adesso che ho fallo l'ufficio del pastore richiamando all'ovile quella pecoreIla che sla,•a pe•· fuorviare: adesso mo vi parlerò il linguaggio dell'uomo, il linguaggio che deriva dalla conoscenza degl' interessi c nego1.i di questo mondo. Avete visto cl1c grande iniquità sarebbe una Legge che obbligasse i prop•·ietarj dci terreni a farne un uso di,•crso dalla loro volontà; ora vi farò toccare con mano che questa Legge ol tr ' essere iniqua sarebbe anche inutile, ed inefficace. E qui vi permct - lo di dire tutto quello che volete, chè sono certo che non potrete dire eresie. Pop. Per quant i permessi mi possa dare Signor Parroco, nondimeno padcrò poco, pcrchè io vedo che quando ha parlato Ella io •eslo colla bocca aper ta, e qualche volta, come adesso poco fa, n1i si gonfiano gli occhi per la ,·oglia di piangere. P al'r. Buon segno mio caro, buon segno. Cosi fossero Lutti. - l'Ila andiamo avan ti. La Legge che voi vorres te,..... cioè cliC l'oncbbe il garzone del Caffettio-

u re perchè ~oi adesso non la ~orrcsle più; non è 'l'ero? P op. Oh! no Signore , non la vorrei p1U. Parr. Lo sapeva. La Legge adunque che vorrebbe il garzone del Caffettiere sarebbe inutile, C(l inefficace. Sat'ebbe inutile perchè, o si vonebbe che i ricchi seminassero a grano tullo il terreno che scn•inano oggi, ~ veramente solo quella parte che potesse rendere tanto grano quanto abbisognasse per ' ' ivere. Se si ' 'olesse la prima cosa la L egge non tornerebbe in utilità di nessuno, percl1è i ricchi , i quali saprcLbero di non potere esitare il grano quando l' avessero raccolto, non ispenderebbero nei concimi per raccoglicrne in maggiore copia dalla stessa quantità di terreno: invece di tenere quallro bestie da lavoro ne terrebbero solamente due ; invece di spandere nello stesso terreno uno slajo di semina, ne spanderebbero soli tre quar ti di s lajo; poi non sarebbero tanto diligenti a mondarlo dalle erbe parassile ; poi non Io ter rebbero ben guardalo dal bestiame , dal pollame cc. cc. All'atto del raccoglierlo non se ne farebbe caso come di cosa pre - ziosa; e perciò mollo se ne spetderebbe, e cosi t ra per una cosa e per l' al tra quel campo che oggi suoi rendere sei sementi ne r enderebbe tre : cd ceco che non avremmo più la quantità di grano che abbiamo , ma la metà meno : ed ecco ~he essendovene poco del raccolto tornerebbe lo s tesso pel povero come se ne andasse fuori la metà essendovene il doppio. È vero che il r icco non guadagnerebbe quel lanlo come so avesse il doppio del grano per mandarlo fuori, ma quando fosse costrello ad impiegare il suo l~rreno per una dert'ala che poi non potesse tulla csitat·e, gli tornerebbe . s~mpre meglio raccoglierne poco anzicchè molto. Prima, percltè il di più non solo gli resterebbe i1wenduto ma farebbe diminuire il prezzo di quello che si. ' en-

20 desse; io secondo luogo risparmierebbe le spese di conci - me di la•oreziooe, di custodi~, di maga:r.zioaggio ec. - Se 1 poi la Legge obbligasse i p.-oprietarj dei terreni a seminare a grano solo quel tanto che può abbisognare allo sfamo della popolazione dello Stato, anche allora sarebbe inutile, rercloi: senza Legge luUi Io farebbero per proprio loro inl~resse. Come oggi l'interesse consiglia a seminar molto go·ano. pcrcloè molta è la vr ndi ta, cosi consiglierà sempre ad 3\'Crne una prod uzione proporzionato alla consumazione, percloè essendo un genere di poimissima necessita vi è certezza che non andrebbe soggetto agli alti e bass i del commercio che awengono ne lle canape e nelle sete; vi è certezza che non si farebbero avvanzi, e che dd un bisogno si lro- \crebbe sempre ~hi lo comprasse. E dove parla l'intere ssc privato la Legge è per lo meno inutile. Aneste \'Oi bisogno che In Legge vi obbligasse a fabbricare scarpe grosse, quando ques te si vendessero meglio delle fine? No certo: voi stesso Io fareste pel vost.-o interesse, e ridereste di colui che fece una L egge tanto sciocca cd inutile. Vedete dunque che i ricchi consigliati dal loro interesse medesimo non cesserebbero rnai di seminar grano nelle loro lcrr~, mentre l' interesse è il migliore consiglicro del mondo; ed ecco per un cor - so natuo·ale di cose spao·ita la po ssibili là che essi \ '0g' iano affamao·e il popolo. Ni uno fa il male per sola vo - lontà ,!i farlo; ma siblwnc quando làcendolo, ancloe scientemente, se ne spera un bene. Dottrina falsa ed infernale e questa di allenùcrc un bene da un' azio · n_e mah·agia, ma dottrina che puo'lroppo si melle in pral~c~ qu.alcloe ' '.olta da uomini privi d ' ogni buon po·iucopoo d o moo·alotà. Pup. Oh quanto ~ice bene ! quanto dice bene!. Questa Si . gnor Parroco oo non l' avr~i mai ideata, sebbene adesso la pare una cosa facile.

21 Parr. Facilissima figliol mio. Ma qui non è t otto. lo "fOglio dimostrarvi che la Legge oltre essere iniqua t!d inutile sarebbe anche dannosa al povero per c11i si farebbe. - lUa ora è lardi ed io debbo recitare ancora l'Ufficio. - Bevete mio caro; o andate in paoo. Pop. Alla sua salute Signor Parroco. - lllille gruie. - Jllarta buona sera. DIALOGO III. Parroco Popolano e lar!a Mat. Venite Mastro Cecce, il padrone non è ancora tornato dalla sua solita passeggiata; mi fa specie anzi la sua tardanza, ma può star poco a venire. Accomodatevi mastro Cecco: mettetevi a sedere. Pop. Grazie buona 1\lat'ta. Voi siete molto garbata. Ma r. Scherzate 1\Iastro Cecco !... ~la seppure sapessi un poco le creanze lo dovrei al mio nuo1•o padrone, che è di quelli che il Signore manda in capo a un cento. Che uomo ~!astro Cecco, che uomo! Sa di tutto. PaJ'e cl•e egli sia nel cuore delle persone. Jcri 1ìgurate1•i; 11oi al tre serve qualche volta.... sapete bene quello che accade quando si va fuori ..... insomma cosi...... mi era f ermata se 1•olete un poco a fa vellare per la 1•ia con quella persona che sapete.... è uua deboleu.a di dodici anni .... e quando il male si è invecchiato non se ne guarisce più.... ma poi sono contenta percl.è non faccio

~~ per dire ma è un giovane d'oro.... in dodici anni non mi ha toccato un dito.... Basta ! se le cose andassero un po' mrglio per tutti, il poverctto farebbe il suo dove1·c.... c se non potrà farlo ci vorrà pazienza , ma gli vorrò sempre bene•.. J et·i clun(lue, per essermi fermata con lui, veuni a casa un pò tardi dalla spesa. Voleva prendere una qualche scusa conoc facciamo noi donne; che giil non sono neppure bugie da eonfessarsenc: si sa, certe debolezze si \ ogliono sempre coprire. Insomma egli mi conobbe subito, ed entrato nel discot·- so mi disse cosi bel bello tutto quello che io sperava, quello che temeva, le parole cbe faceva mo insieme, c a poco a poco mi tirò giì•, giù, fino a dm•crgli confessare tutto tutto; perfino, se mi capite, certe cose che.•. basta.•.. \'Oi s iete uomo eli mondo e con ' 'Oi si può parlare...• In questi tempi cosi indemoniati i poveri artigiani la fanno magra, e anche il mio qualche volta non ha i quattrini d'andare a bere coi comp~­ gni, cd io.... sapete bene come si fa in {jUesti casi ...• io sono piuttosto di buon cuore e gli allungo qualche paolo; gli do qualche punto; gli fo qualche solctta ; ucll' invemata gli compro le scarpe; c per dirvela tutta, mi cava dalle mani sempre quel poco di salario. E come non glielo darci! l ' ho da vedere a pena •·e? io non ho coo·c.•.. E poi è cosi buono che sarebhe peccato. - Ebbene il padrone mi anda,•a av~nti nel discorso, e pareva che sapesse ogni co>a; poi n?' fece una predica che mi cayò le lacrime, c me la n conlerò 6ocloò ho vita. Pop. Eh sono faHi cosi questi uomini sapicnti ; oc sanno una carta d' ogni giuoco. Ma il meglio del Signor Parroco è di pa.-Jarc con noi povera gente come se parlasse col Priore della Compagnia, col Sindaco, col Dottore, e co~ i altri Signori del paese. Questa è una degna-

23 zioue che l' hanno pochi .l\larta mia.- O!t! hanno busialo. 11farl. È il padrone, lo conosco al colpo... scu.ate se pren - do il lume per far presto c vi lascio al buio... Ehi! di quella cosa.... si lenzio. Pop. Servite,•i... non teme te, Parr. Oh mastro Cecco siete qui! se lo sapc•a avr~i studiato il passo... ma essendo il sabbato vi credeva al la,•oro. P op. Ci fosse pure da star su la sera Signor Parroco! ma ce n'è troppo se si l a~·m·a il ,:; iomo... Ho azwrdato alle volte a f.1re qualche pezzo di l"'•oro per conto mio; ma chi l' ha comprato? nessuno. Parr. Ebbene, quel momento che non aYete da fare, lavorate un paio di scarpe per me - saranno b uone per l' imerno cl• e viene. Non bisogna perdersi di coraggio. Bisogna sperare nella provvidenza. Pop. Non c'è dubbio. Eh se ci fosso chi le comprasse ne ferei di quelle poche! Ecco il male: la mancanza dei compratori! Come "''ere coraggio quando il lavoro rimane li? Parr. Secondo voi dunque il più g •·ande degl ' incoraggiamenti sarebbe l 'abbondanza dci compratori cioè a dire dei consumatori? Pop. Senz' altro. Parr. Cosi s i potrà dire, che la quantitil dci consumatori , ossia dei compratori, incoraggiando i produttor i è causa della produzione. Pop. Sicuramente. Parr. All' incontro: restt·ingen lo il numrw ùi quelli che consumano, si scorraggis:ono quelli cl !C producono, e la produzione viene meno. Pop. Va ad incanto. Parr. Questa regola , che voi avete benissimo comprcsa , pare che non si conosca da quelli che pad auo del gra-

26 no, i quali vorrebbero proibirne l' estrazio~e. Proibire che il grano nda via è lo stesso che res tnngere grandemente il numero di quelli che lo consumano; restrin· geru il numero di quelli che consumano, ~ lo stesso che scoraggiare quelli che lo producono; scoraggiare quelli che producono è lo stesso che far venir meno la produzione. A. li' opposto, lasciare che il grano vada via nle quanto allargare !a slèra dci consumatori; allargare la sfera dei consumatori vale quanto incoraggiare i produttori ; incoraggiare i produttori vale quanto fnorire ed aumentare la produzion - Una L egge dunque che proibisca la libera estrazione non solo è iniqua ed inutile come l'altra che obbligasse i proprietari a seminare a grano i loro terreni, ma è anche improvvida, dannosa. l'up. J\la sarà sempre vero Signor Parroco che se non va via noi lo pagheremo sempre meno. Parr. Non vi ricordate di ciò che abbiamo detto nella sera scorsa? Che cioè si pagherebbe lo stesso pcrchè ne nascerebbe meno; e che ne nascerebbe meno per mancanza d i chi lo consumasse? Non è questo lo sLcsso argomento di poco fa parlando dell'incoraggiamento? Voi cadete sempre nello stesso errore. Pop. È verissimo; ma ci sono cosi abituato, e l' odo cosl spesso a dire da tutti, che lo 1·ipcto anch'io senza addarmene. Parr. A poco a poco vincerete l'abitudine. Ora poi vi dirò che proibire l'estrazione è cosa dannosa, non solo pcrchè diminuisce necessariamente la produzione rcsll:ingendo il numero de' consumatori , ma perchè di- ·~·~uendo la produzione può esser causa di quel ter• nbde flagello della fame che appunto colla proibi1ione si •orrebbe evitare. Pop. Dica, dica Signor Parroco, che più che andiamo avanti in questi disconi più •i prendo piace1·e.

25 Parr. Si: può essere causa di fame; anzi dico che una fame da noi non potrebbe avere altra causa. Voi vi siete persuaso che per qualunque Legge mettesse il Governo ai proprietari dei terreni tanto e tanto sarebbe inutile, mentre proibendo l'estrazione non nascerebbe più tutto il grano che nasce ~de~s:> ma quello soltanto che si consumasse ogni anno. Pop. Questo l ' ho ~i sto chiaro come il ~ole. Parr. Or bene. Quest' anno per esempio è un raccolto scarso; ma siccome pe1· quan!o la produzione sia regolata dalla cousumoz:one noa di meno •i produce ordinariamen : te più di quello che si con:uma, cosl per vivere fino al nuovo raccolto si ander<. spa:o;zando i magazzini degli a7vanzi degli anni pre:edent i. Di~gra~iatamente però anche il seconòo annc una staP. ione cont rrria ci ruina il gran:> in erba, e la r aocolt; ' è metà del sol ito.- Nei magazzini non ce n' c piu; come s i fa ? Potremo ajutarci richiamandone dali" es:ero; potremo invece del grano mangiare patate ed altre :osc; ma chi vorrà il grano bisognera che lo paghi a s~ai caro. l l1 tanto si stenta a più non posso, e se non ostante gli stenti ci mancassero i vivei' i solo per cinq-.:e giorni noi morremmo tutti di fame. E chi ne avrebbe la colpa?.. quella Legge che impedendo l' es trazione ha impedita la produzione: così q,;.ella legge medesima che si era fatta per impedire la fame sarebbe causa della fame. Pop. 1\li scusi Signor Parroco, ma la colpa non sa rcbbl! della L egge ; bisognerebbe dire piuttosto che sarebbe un flagello voluto da Dio che ci avrebbe per due anni consecutivi fatto mancare il raccol:o. Parr. Certamente che se llio noi volesse il flagello non accadrebbe ; ma non ' 'uol già dire per questo che gli uomini non debbano fare dal canto loro per evitare il fl~gello. Bisogna prima che noi uomini ptl5siamo d ire a noi stessi = uoi abbiamo fouo quello che il dovere

:!6 e la cosciem.a ci suggeriva = c poi rasscgnarci ~Ila , 0lonlà di Dio. nla in questo caso noi dovremmo dare avendo la fame. - Dio ci laa mandato il flagello perclaè cc lo siamo meritato: cc lo siamo meritato perché non abbiamo fatto il dover nostro, e quello che ci dellava la nostra coscienza; perché non abbiamo voluto rispellarc le Leggi; perclaè abbiamo violato il diril!o di proprietà; perché non abbiamo ascoltato la sul voce cl ae ci parla per la bocca dc' suoi Sacerdoti; perché infine. .. •• Pop. Basta Sig. Parroco, sento che mi batte il cuore pio forte del solito a queste sue parole, c ciò mi prova il mio torto, e rui ' 'ergogno di me stesso per essermi ol - posto a quello che Ella mi dice va. Ycdo proprio sempre pio che noi po,•era gente siamo troppo ignoranti, c che ci vorrebbero molt e e molte persone come L ei a farci capire a tutti la verità delle cose. Parr. Confortatevi figliolo. La verità non manca di Apostoli. Vedete; Gesù Cristo ne eboo dodici, e bastarono ad illuminare il mondo che vi1•ea fra le tenebre dell' errore. Jlla ci vuole il suo tempo in tutte le cose: lasciate fare. Anzi, siccome l' errore si mostra sempre sotto diversi aspelli per oscurare il vero, mentre il vero ha un lato solo, e non cerca maschea·a a·si solto molt" forane, co>l a di ssipare tolti i vostri dubbj amo che mi fa cciale francamente tutte le difficoltà che vi cadono in mente, o che avete per avven tura udite dagli ullri. Parlate, parlate con tut ta liberia. Pop. Giacchè dunque me lo permette, llli pare poter dire colla mia testa da poco (mi scusi Sig. Parroco se d ico UHO sproposito) mi pare poter dire clac se gli altri possono liberamente portarci via il grano noi potremmo egualmente morirei di fame come se non fosse nato. Clae imporla a noi di averne il doppio o il triplo del nostro hiioguo, quando ce lo portassero via tutto? Non si puù

'1. 7 far nascere il grano due o tre volte l' auno per contentare tutti quelli rhc ne vogliono. Delle scarpe se ne possono far sempre qual1llo si so11o vendute le prime, ma il grano chi lo può rifare? nessuno. Bisogna neccs- •ariamenle aspettare l'anno cJ, e 1i cne, c in q uesto frattempo ripeto possiamo lutti morire. Parr. Voi mi a1•Ne fa tta una d iffico lià che mi fa insuperbire. Si; mi fa insuperbire, pcrocchc mi nppalesa che avete già schiarita assai b mente sopra la materia di che si parla. D ite beni ssimo : gli ell'clli sarebbero gli stessi, tanto se il gr:mo non nascesse, quanto se lo portassero 1•ia lulto lullo. Con questa differenza però: che ad una carestia che avesse orig ine da una raccolta inferiore alla nostra consumazione noi non potremmo porre rimed io senza ricorrere ad altri popoli che cc ne dessero, per la ragione appunto che a1•ete detto che non istà in noi a far nascere il grano due volte all' anno : mentre una carestia per so1·erchia estrazione sta in noi l' impedi rla , e senza metterei studio veruno noi la impediremmo per ragioni naturalissin1c. i\li spiego. Voi siete un Padre di fami glia ; avete per esempio cento staja di grano, cinquanla delle quali vi abbisognano indispensabilmen te pcl vo>tro consumo. Quelle cinquanta che vi restano per vendere vi vengono ch ieste in una ma ttina da dieci compratori: uno ,.i esibisce venti paoli, l' altro vcntuno, c cosi via discorrendo giungono tir.o ai trenta - Finalmente vi pare hen pagato, e lo deliberale al miglior offerente. - Dimani tornano gli stessi compratori a chiederv i altro g-rano: 1·oi r ispondele subito non ne ho - i\lastro Cecco, essi d icono, vi daremo un paolo di più. - !Il a non ne ho 1·oi replicate . - ' 'c ne daremo due; sappiamo che ne avete ancora cinquanta staja . - Ma in somma l' i di co che 11011 JlC ho, non percile non ne ahbia assolutanJCn te, ma pcr - chè (jUello che ho mi abhisogn" per la u1ia famiglia,

28 . . e 8ti è lo stesso cl1c non ne abbw, mcn.tre 10. non .sono tanto pauo a ,cudcre il grano pc~ po1 ~onre d1 famc. - Mastro Cccco non ne parhamo pm - E con queste parole finiscono d' insistere. Che vi pare di questo discorso ? Pùp. ]\Ii pare sicuramente che se ÌQ avessi cento staja di grano, c cinquanta mi lOiesscro pel mio consumo, non venderei mai altJ"o che le cinquanta che avessi di più. Parr. Or bene: quello ch e fareste ' 'oi, capo della ' 'ostra fami glia, lo fa la nazione intera, la quale a'•endo grano più dd bi sogno manderà ben via il superfluo ma tcrrù sempre in casa quello che le occorre per giungere fino olia nuon raccolta. Pop. Si, se tutti a'•csscro il grano io casa: ma quanti sono <(DCIIi che non l' hanno! Noi altri poveretti compriaruo tutti i giorni il pane per ,;,•ere; e se venisse il giorno che il pauc non ci fosse ? Parr. Per voi altri pensano i fornaj, i quali esercitando il mestiere di fare il pane hanno interesse di aver sempre grano; ché altrimenti dovrebbero lasciar andare il mestie~·e, locchè non piace a nessuno. E i fornaj sarebbero essi pronti a comprare per esempio quelle cinquanta staja che voi aveste da vendere, prima che altri le comprassero; solo COIH'CJ'I'ebbc che le p3gassero quel tanto che venisse esibito dagli es teri, e in questo caso il grano crescerebbe di prezw ma non mancherebbe. E quando gli esteri andassero dai fornaj per comprarlo, questi risponderebbero quello che rispondereste voi, ,•aie a di re, non ne abbiamo da vendere perchè quello che abbiamo ci occorre per mantenere j:;li avventori alla nostra bottega. Alle corte, ri peto, quel che avviene in una famiglia a' llene in una Nazione, la <rualc in sostanza non è che . una grande fami glia. Le cose necessarie per sé non i l danno agli altri. Pop. 1\la sempre però ci con,•crrcbhe pagario caro il grano!

'29 Pan·. Siam sempre li. Certamente che ci converrebbe pagarlo caro; ma da questo caro non si sfuggirebbe se anche il grano fosse proibito di uscire dallo Stato, mentre come vi ho pro,•alo non ne nascerebbe più del bisogno. Ed è solo il di più che fa ribassare i prezzi. l\Ia il cal'O non è mancanza assoluta e non fa morire di fame; laddove se non ne nascesse ordinariamente più del bisogno, due anni di disgrazia nelle raccolte ci condurrebbero alla mancanza assoluta e quindi all'estrema ruina, se gli altri popoli lo negassero a noi, come si vorrebbe che noi lo negassimo ad essi. Ora cosa è che ne fa nascere di più? E la libertà di manclarlo all' Estero; dunque la libertà di mandarlo all'Estero ci salva dall' estrema ruina. Pup. Comprendo Sig. Parroco, che per ner mollo grano è necessario, come Ella ha dello, allargare la sfera dei consumatori cioè di quelli che lo comprano. l\Ia se la consumazione superasse la produzione tomerebbe sempre lo stesso per noi tanto se ne avessimo raccollo poco per non mandarlo via, quanto raccogliendone molto c mandario via. Vero è che in ques lo secondo caso si eviterebbe il grande flagello di doverci tutti morire di fame mentre noi che abbiamo il grano in casa non ce lo lasceremmo fuggire a qualunque prezzo; ma è vero ancora che potrebbe darsi il caso di un caro tanto elevalo da equivalere per la povel'3 gente ad una mancanza assoluta. Supponga che andasse il grano a t O. scudi lo stajo ( :1 ), come avremmo da far noi a comprarlo? A questo preuo tanto è che ci sia, quanto che non ci sia, e noi morremmo sempre lo stesso. ( t ) La misura dello stajo corrisponde a un quarto di n•bbio, OH'C· ro ~ 160. llbre.

~ o Parr. Scmprcpiu mi com ineo che Dio 1i è ~fato b~g.o d i molto intelletto. Cosi vi avesse fat to nascere 111 cond•z•one da colti va r io. Si, 1oi a1•e tc de tlo sa1•iamcnte: anche un caro elevato può equivalere ad una mancanza assoluta per la po1·era :;entt•. ~l a sapete quello che taluni r isponder eb - bero a queste 1•ostrc d :llicolta? r isponderebbero ch e quando 1•enissc qncsto COl o eleva to tutti i p roprie tari a r riccl•irebhcro; che il la,·oro per con~e,;uenza non mancherchbc nwi; cJ,c lo paghe~·ebbcro di più. La nazione intera , i ho detto che può equipnrarsi ad una grande fan• i ~l i a . Qu~ndo questa grande fùmiglia è ricca, che fa che il ~;•-ano còsti ? Q uando l' oper ajo lavora tutti i giorni dcll a scll imana, c tutte le ore del giorno; quando i lavori son pagat i più dell' usato che impor ta se invece d i un ba jocco d i pane bisogna comprarne due? All' incont ro, se la grande f;u11i!; l ia è povera che le giova il buon prcz'o del grano se ta nto c tanto non arri,•a a comprarlo ? Che fa all ' operajo avere il pane grosso se non ha modo d i provveder! o per mancanza di lavoro ? Tutto questo vi scnti •·cstc rispondere: ma io per veri tà non attacco grande valore a q uesto argomento. So che a compon·e l' equilibr io che si pretende ci vuoi tempo; c so ct.c la fame non pa ti sce d ilazione. P erò io sono el i coloro che pensano che per allontanare una crisi momentanea sia lecito al Govemo stabili re dci limiti all' estra1.ione. In làu i, che cosa in sos tanza deve essere la li ber tà commerciale ? L a libertà commerciale a pa rer mio deve essere un me7,zo per raggiungere il benessere social e : ma quando l' esercizio assoluto d i ques to mezzo allontana lo scopo, anzi quando sia causa di qnel llauello medesi mo che si vorrebbe evitare, percl1è esercitarlo in una maniera assolula? perché non muclificarlo ? perchè incrudel ire per un sovercl1io a ttaccamento alla dot.trina? Chiunque vuole assolutamente in tulli i luoghi, in tul-

l! l ti i tempi, e in tutti i prodotti la libertà commerciale, panni che ' 'oglia fare della libertà non un mezzo alla felicità del popolo ma sibbenc un fine; locchè è assurdo. 1\la di questo favelleremo un altra volla. Tenete,•i in nJCntc le cose delle, c quando ci abboccheremo di nuovo rammenlatemi quelle che ho accennate 1 e che mi sono riserbato di sviluppare. Cosi arriveremo al punto di finire il nostro argomento. Dio vi benedica. DIALOGO IV. Parroco e Popolano. Pop. sig. Parroco se si contenta vorrei darle la buona sera. Parr. Vi ringrazio amico mio ; cd una volta per sempre vi dico che potete venire da me ogni volta che \' i piace senza dirnandare il permesso. Pop. Troppo buono Sig. Parroco. Tutti non sono come Lei. Questa mattina sono andato dal Sig. Sindaco perchè voleva dirgli il mio sentimento intorno a tutto questo rumore che si fa dalla gente pei grani che \•anno via : mi ha fatto aspettare due ore, e quando sono stato al suo cospetto sempre diritto in piedi e col mio cap - pello in mano, ho incominciato cosi tutto rispettoso, co-

3~ mc si 1(1 (1uando si è davanti al Sindaco, a fa~cllargli d'clla coSll c il meglio che sapeva a ripetere le parole clte Ella mi aveva dettr, e che mi sono rimaste fisse nella mente come se ci fossero incltiodatc. Quell'uomo benedetto mi ha riso in fàccia ; mi ha det!.o che andassi a far le scarpe, che e~li sapcya ci6 che doTe7a fare, e che non temesse il popolo, cltè il grano rton sarebbe and::to pi:! via. - Ed io : Sig. Sindaco, ma se faremo cosi, il gra:to n:>:t na;;cerà pia. Ed egli: !:docca. -Ed io : Sig. Sindaco se il gra:to non anderà via può venir un giorno che mo!iremo di ia~:~e. - Ed egli : sentite che bestiali tà. - Ed io : si accerti che mi ha detto una persona rispe ttabile, che h libertà del comprare, e del tendere d&ve si vuole e a chi si •uole • • • - Ignorante ! che volete :;aper v ci di queste cose : tacete. - Ma chi lo ha detto a me non è un ignorante. - Dunque sat1\ un nemico ùel popolo.- Al contrario : egli è•.. • - Chi ? •. - È . . - Ebbe:te citi è questo mascal- ~one ? .• - È il Sig Parroco. - Non dico già che il nome di Lei Sig. Panoco non l'abbia un p6 scosso, chè alla fine anche il Sindaco è un Cr istiano, e il ParnJCo hisogna bene rispettario noi cristiani ; ma nondimeno è rimasto fermo nel suo pensiero. Gli ho dett() che venisse a p~rlare con Lei; me l' ha negato: gli !t() detto che era un alTare da pcnsarci sopra ; ed ba tornato a rider mi i 11 fauia : volen dire ancora; ed eglr beffeggiandomi mi ha licenziato, e mandato bra~amentc al rniu banchetto. - l'Ila che vale adunque Sig. P arroco &\ere ra;:ionc, quaado tutti pensano cl1e abbia~c torto, c perfino il Sindaco che può mettere la gent e m carccr~ ? .Che vale il dire questa cosa è b ianca, CJttando tutto dtcono: D()1 è nera ? Che vale dire una ve- •·itit, quando tutti la credono un errore? La si assicu:- ri che è un crepare dalla h ile. Parr. Ante ragione: ma che volete farc i? bisogna eserci-

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