Luciano di Samosata - Caronte

CARONTE DIALOGO DI LUCIANO 1'0LOAaiZZ.nO DAL talCO DA CESARE DALUONO. &r r· c..:,a,po t DAJ. I, A TI I'O C.RAF I A Uf: t . l .' OMN I IIUS I T & AO\ 1 . CRI\ I' A 1(. 0 4· 183>. Il

no fatto uso dell'edizione di F"cJl·rico Rciltio Amste rdam 1744 tre TOI. in•4. MAZ 0700 00038 MAZ 3678

AUt\. EGREGIA SIGNORA. MARIANNA GAETANI DE' MEDICI PRINCIPESSA DI OTTAIANO DIJCIJESS.I. DI ~llllAND.I. l .l SEG~O Dl OSSEQ010 OFFl\E QUESTO DIALOGO llt TJU.DUTTORK.

lUERCURIO E CARONTE MEII.CUil.IO CAnO:'I"TE , c pcrchè ridi ? c perd1è lasciata la barchclla sci venuto CJua sopra, tu d 1c fino a r·uc· sto momento non sci slalo niente solito di visit 1 arc le cose del mondo ? CÀII.Oi'\TE Vcnncmi 'oglia , o Mercurio , di vedere che mai sia nella 'ila, c in essa che facciano g li uomini, c pri,ali di CJUali beni piangano tuili quanti nel discendere giù da noi ; 1uaudo non cc n'è alcuno di loro che trapassi il iumc scma piangere. Oomamlato dunque a Plutone anror io, come fece CJucl gio, inello di Tcssa~lia , • liL'Cnl.a di lasciare la ba•·ca un ~iorno solo , sono useito alla luce, c ll·o,o che non poteva incontrarti mrglio opporlunan1cntc , pcrocchè non duhito che lu mi vorrai condur gi rando allorno, coruc forestiero che io sono , et\ essf'ndo lu pratico d' ogni cosa, lulle mc le mostrerai ad una ad una. 1\JEII.Ct;l\10 'o, barroiuolo mio , io non ho tempo, Jlerchè ,ado a scn ire il Giove di sopra in una facrcnduola di 1Jullggì1• ; cd essendo egli faci le ad an-

( 6 ) dare in bestia , ho paura, se sto molto a tornare, non mi dia lutto in poter· 10stro cacciandomi nelle tenebre: 01 1cro, come fece poco lernpo fa n Vulcauo , afferratomi J?Cr un piede, nou pr·ccipiti anche mc dal divino. lunita:c , p<;rchè zoppict~ndo c faccudola da copprcre drYenh 10 pure cagrouc di riso. CARONTE E sosterrai dunque di 1cdcrmi anelare inutilmente aggirando per la terra , c questo csS<'ndomi amico c compa"'no ucl navigare c nel condurre Il' ombre? Pure non sarebbe mal fatto, figliuolo di ~]aia, il ricordarli almeno che io non li lro comandato mai mai di ucttnr la sentina , nè <li furti a maneggiare il r·c::lo ; ami tu a1 endo spalle cosi robuste , disteso sul lr11 olaln ti stai a russare , o se trori qualthe mor·to cicalone , con esso te fa passi ciarlando per tutto il 1iaggio ; cd io iutanto, , cccllio <·ome sono , Yogo io solo a due remi. )Jcrcurit•l to mio dolcissimo , ti p('('"'O per tuo padre che tu non mi 1ogli abbandonare; mcnami attorno a 1edt•r tutte le co.;c che sono nella 1ila, acciocchè 1etlutclc io mc ne ritorni con qualche profitto. Chè se tu mi abbandoni non sarò punto di1crso dai ciechi ; perocchè siccome <Juelli essendo nelle tenebre I'UIIIlO 1ncillando c s<L:ucciolaudo , così parimentc i miei occhi abbagliano nella luce. Adunque, Ci!Jcnio , fammi pur questa grut in , io la terrò sempre in memoria. MEIICUJ\tO Questo mi sariÌ l'agion~ di bastouale , pcrchè già 1•etlo che il pn•mio del nostro gimre non può essere interamente senl!l pugni ; ma con tutto ciò

( 7 ) ~11 com.l('n S('tl irl! : che si polrebiX' f.1rt' quando Il solll'l'lll_l <' coslrmge un amico ? Dunr1uc eh<• tu 'cd~ ~ll>lll rosa ~na per. una c con diligcnt.ll è imp~ssthde., barca•~·~lo m10_. pcrdti· ci bisog-nerebbe J?H• ~nnt , e_ po• 10 s:m•1 e1la lo IX'r hanclo come l u~g1 10 da G10vr . c a le slc•sso impedirebbe colesto di <·ondurrc i tuoi mort i , c non I'Onduccndoli per mollo tempo, faresti danno nll"impc1·o di Plutone: ollrr a ciò <1ucl pubblicano di Eaco darcblx• lll'llc furie , non gumlagnando n<'ppun• un obolo. Ora i.• da considcra1·c in thc mndo llOs:;i tu wtk•re le <'OSC principali che si fanno dagl i nomini. CAROXTE Cerca lu slrsso Mercurio qul'l chr ~ia il mrglio: io <'SSl'ndo forrslirro nulla ennosco di rpu•llo th' è sulla terra. m:ncuuo ln una parola , Caronte, a noi farebbe bisogno d' un luogo allo donde tu , eJcssi ogni cosa. Se li fosse l<•eilo di salire in ci<•lo ncn mi <lami più da fare , c poln•sli H•dcr lullo a puntino come d.t una specola ; ma Jll'l'l"hi• non si COill't'd•• l' culrar ncffa l'l17{.!:'ia di Gwu~ a le che slai S<'lll(H'•• t'ui mori i . •lohhiam ora ,edere che si lr01 i ' lualdtt• montagna alla . C.\!\O;\ TI~ &11 In , \!t'l'l'urio, come soglio io dm• a wi alt ri cltwndo m\\ ighiamo? 1\ll'nlrc il \ Cnlo impcncr· ~mdo suoi JX'rcuolerc di lra,·erso la , eia <' le Oli· de lc, arsi in allo , allora \Oi c·omc ignoranti dw sicle t rsorlalc gridamlo thc ~i c;1li la_ \!'la t o d•c 'i allenti un poco la scolla , o d1e s• l<ttla a <c·

( 8 ) conda del l'cnto ; ma io ' i comando di slar cheli , pcrchè quello che com icnc lo so io. Fa ora anche In a qu('S[a guisa lutto <Juel che li parrà lx-ne . facendo om lu da timoniere ; cd io com'è dr bito dc" passaggicri , mi starò a scdPrc in silen· zio , obbedendo a lullo che mi comanderai. 1\IERCURIO Saviarncnte dici ; quindi io stesso ' 'cdrò quel che sia da fitrc, c rili"OYCJ"Ò una SJ>Ccola conrcnienlc. o,· non è rgli buono il Caucaso forse? o i· più allo il Parnasso? o t)'J<'II' Olimpo là di tuil i c due ? n la ceco che JllJ 'iene in menic riguardo ali" Olimpo una cosa che non mi pare da coniar poro ; pure bisognerà che tu mi aiuti alquanto dell' opem tua. CA I\Oi\TE Comanda : ti aiulcril con ogni mio polcrc. MEI\CUI\10 Omcm il poeta racconta che i figliuoli d' Aloeo ch'erano )J.1t·imcnlc due, • ancom lanciulli, I'OIIero una •olia, smdicalo l' Ossa sonapporlo all ' 0JimJ)() cd a questo il l'elio, I>Cnsando di farsi una scala bene acconcia a s.1li rc in ciclo; ma rptc'duc gi01 inclli furono ben pagat i tlclla loro pawa. Noi per conlmrio, quando non pensiamo cotesto pc1· far male ag li Dci , prrchì• non fabhricl tiamo allo stesso modo rotolando i ntont i J' uno suiJ;ttltro j anincltè da un luogo piìt alto ])()Ssiamo mere piìt csalla la spccola?

( 9 ) CAROi\"TE E potrcm noi , lllcrcurio , essendo soli noi due, sollc,ati il Pclio c l'Ossa portadi addosso all'Olimpo ? MERCURIO E pcrchè no, Caronte P O credi tu che noi altri siamo eia meno di quc' due ragazzacci ; quando alla fine siamo pur Dci. C.\ROi\"n~ No ; ma f)II<'Sia cosa mi pare che pizzichi un poco dell' incr·cdibilc c dell'ardito MERCURIO Certamente , pcrchè sci un ignorante , c non sai niente di poesia, Caronte. l\la il \alcntissimo Om!'ro in due ,·crsi ci fece subito accessibile il ciclo , tanto facilmente m endo accatastati i monti. E mi maravi~lio che queste sembrino cose da l m· secolare a te il quale sai certamente che Atlante essendo uno, soslirnc tullo il mondo c noi altri quanti siamo ; cd avrai forse udito anche di mio fratello Ercole che surccssc una volta ad Atlante, c lo soJic,·ò un poco dal peso , sollcntrando egli stesso. C.\ROi\"TE Sì : ancor queste cose le sento dire; ma se sicn ycrc tu o Mercurio c i poeti potreste sapcrlo voi. MERCURIO Verissime, Caronte. E per che ragione uomini ~

( IO ) sapient i Torrebbero dire di queste menzogne ? Sicchè sharbichiamo da prima l'Ossa , como c' in· sogna il verso c l' archilello Omero. > E poscr sovra l' Ossa J Il Pclio dalle foglie tremolanti . 3 Vedi come facilmente nello stesso tempo e poe· ticarncntc abbiamo bello c fatto. Lascia dunque ch' io salga a vedere so ciò basta , o ci bisogni mettere ancora sopra altre montagne - Capperi l siamo ancor giit alle falde del ciclo ; pcrchè dalla parte d' Oriente appena si discerne la Jonia c la J~ i dia , dall' Occidente non più che l' Italia c la Sicilia, dal Settentrione le sole terre di qua dal Danubio , e da quell' altra par te Creta non tanto bene; come pare dunque, barcaiuolo, sarebbe da sradicare anche l ' Oeta , c da porre Iinal· mente a cavallo a tullc il Parnaso. CARONTE Facciamo: bada solo che non avessimo a condurre un lavoro così diligente, che per l' a ltezza avanzasse og ni credere , e che poi, !allo un ca· pitombolo con tutt' i monti , non ci avvenisse di fare l' csperimcr~lo dell ' architettura di Omero con le leste fracassate. IIIERCURIO Sta di buon animo ; tu!lo questo sarà senza un pericolo. Trasporta l' Oeta ; rotoliamo sopra anche il Parnasso. Ecco io monto da capo - Duono ! io scorgo tullo , monta ora anche tu.

( II ) CMtONTE Dammi In mano , Mercurio , chè mi fni salire una macchina niente piccola. MERCURIO Se tu l1ai vogl ia di veder tutto non puoi es· sere sicuro ad un tempo. Ma ticnli bene alla mia man destra, c guarda di non porre il piede in luogo donde tu possa sdrucciolare. llra,·o l sci salito anche tu. Ed essendo doppio il J>arnnso, presa che avremo ciascuno una delle due cime, po· niamoci n sedere. E tu ora volgendo gli occhi in giro g uarda bene lutto. C.\1\0NTE Vedo molta. terra, c un g ran lago che la circonda ; c monti , c fiumi maggiori di Cocito e. di Flcgctonlc, ed uomini piccoli piccoli, cd alcu· ne loro tane. l!IERCURIO Cib cbc li sembrano tane sono ciUà. CARONTE Sai tu , l\lcrcurio, che niente non abbiam fatto, e_d imano abbiamo sconvolto il Parnnsso con tutto •l Castnlio c J'Octa c le altre montagne? MERCURIO La causa?

( I 2 ) CAROl\"fE Io non vedo nulla distintamente da così allo : pcrchè vorrei vedere non pure le città c i monti come in un quadro , ma g li stessi uomini ancora, c che fanno c che dicono. Cosi quando sul principio inconlrandomi mi hai lron\to ridendo c domandatomi il p<'rchè, era pcrchè mi arcva rallegrato senza modo una cosa udita. E quale? MERCUlUO CARONTE Un uomo invitato a cena , credo io da uno dc' suoi amiei , ci vct-rò domani senza fallo , rispose ; ma intanto che parlava si spicca una legola dal !ello , mos&"l non so lla chi , c lo ammazza ; per <JUCslo risi ch' egli dovè l'cnir meno alla promessa. l)are dunque che sia da scendere più a basso come prima, pcrclùo possa vedere c udir meglio. MEHCUR!O Slalli : anche a questo troverò rimedio , cd in meno che non dico li farò di vista acutissima, togliendo anche a ciò un incantesimo cll' è appresso Omero ; c come io pronuncierò i versi persuaditi non più di veder male, anzi di veder tutto c chiaramente. CARONTE Dì pure. MEI\CUII.IO ) E la caligin densa ecco dagli occhi 4 . 1 lo ti disgowbro, pcrchè tu discerna

( r3 ) J Dalle divine le scmbianzc umane. CAllONTE Oh che è questo? MERCURIO Vedi ora? CARONTE In modo marariglioso ; quel lalc Lincco sarebbe cieco a fronte mia. Or lu dammi qualche lume, c rispondimi a quello di che io li richiedo. !Ila ruoi lu l'h' io domandi all' Omcrica, aninchè tu conosca che di Omero non sono io pure in tuuo all' oscuro ? MERCURIO E donde puoi tu sapere niuna delle cose dì costui, essendo ruarinaro, c stando sempre col remo in mano? C.illO:\'TE Vedi, questa è un ingiuria che tu lhi all' arIe ; quand' io lraghclla1a Omcr·o ch' era morto , n,·cndolo udito cantar molli vcr'Si , di alcuni mc ne !'icordo nncoru. E ci sopra11pr'CSC una tempesta nieulc piccola. Pcrchù comincialo ch' egli ebbe a dire cantando una cosa di non mollo buon augurio a' na1iganli, cioè come Nclluno addensasse le nu,·ole c mcllcssc in garbuglio grande il mare, cacciatovi per 'entro il lriclcnte a modo di mestola, c avesse suscitato tutte le tempeste, c molle altre cose ; turbando il mare con que' 1crsi, si levò di bollo una tal tempesta c caligine , che la barchetta fu a pelo di

( 14 ) non andar sottosopra. Egli allora stomacato vomitò molti dc' suoi versi con la stessa Scilla, Cariddi, c 'l Ciclope. MERCURIO Onde certamente non era gran fallo difficile il conservare alcuna poca cosa di tutto questo vomito. CARONTE Dimmi adunque. » Chi sia colui gigante nell'aspetto. l Che con gli omeri c'l capo ogni altro avanza. !l MERCURIO Quegli è Milonc di Crotone l'atleta: a lui fanno plauso i Greci perchè lcvatosi in collu il toro lo porta per meu;o stadio, CARONT& E con quanta più ragione loderebbero i Greci mc, o Mercurio, che da qui a poco prcs.oti questo tuo J.Uilonc, me lo cacc,erò, nella barchetta, quando. egli verrà da noi , superato dal pii• invi ncibile dc' nemici, la morte, scnw, pm·o poter compren· derc com.e gli abbia potuto daec il gambetto. Ol~ allora sì ch' egli piangerà ricorda.ndosi di que· ste corone c di questi applar.si: ora intanto da tutti ammiralo va supcebo del portar questo toro indosso? Che dunque vogliamo noi credere: ch'e· gli pensi di aver a morire una volta ~

( r5 ) ~tERCUniO In che modo vuoi tu ch' egli pensi ora alla morte , essendo così robusto c fiorente 'l CARONTE Lasciamo costui il quale eli qui a poco ci farà ridere quando passerà il fiume, che non J)()lrà le,arc in a lto non dico un toro ma neppure una zanzara. 01· dimmi chi è quest'altr' uomo grave all'aspetto ; grcr.o no certo, per quel che sembra alla foggia del \'estire. MERCURIO È Ciro questi , o Caronte, figliuol di Cambisc che trasl)()rlò pur ora ne' Persiani l' impero anticamente dc' Mcdi , cd ha tcstè vinto g li Assi•j e soggio"'alo Babilooia , c che al presente pare che ab'hia in capo di andare in Lidia, percbè dalo lo sbalzo a Creso, rimanga egli Signore di tutto. CAROl'\TE !\la questo Creso dove sta egli mai 'l MEl\CURIO Guarda colà in quella g ran rocca che ha in~ torno tre cerchi di mura : •1nella è Sardi. E ,·cth lo stesso Creso adagialo sopra un letto d' oro che sta ragionando con Solone ateniese. Vuoi tu che •1oi udiamo anche quello ch' essi dicono? CARONTE Volcnlicrissimo.

( 16 ) CRESO Ospite Alenicsc, poichè tu hai veduto le mie ricchezze , i miei tesori , c quante gran masse abbia io di or·o non lavorato , c la magnificenza di ogni altra cosa mia , dimmi un poco , quale credi tu che sia l' uomo di luUi felicrssimo? CAROl\'TE Che risponderà ora Solone? MERCURIO Sta sicuro : nulla che non sia d'animo nobile, o Caronte. SOLONE Creso, i felici sono pochi, ma di quelli clrc io ho conosciuti , credo che sicno slal i pi1r d' ogni altro, Clcobi c llitonc i figliuoli della Saccrdotcssa. CARONTE I figliuoli di quella di Argo intende egli , i quali non ha gran tempo, sono morti tullc c due insieme , dopo che postisi al giogo , eblrcro con· dt•llo la madre ch' era nel cocchio , iusino al tempio. CRESO Sia pur così ; ahhiansi costoro il primo grado di felicità : chi avrà il secondo?

( 17 ) SOLONE Tcllo alcnicsc il quale c ben visse e morì per la palria sua. CRESO Ma io, schiuma di birbante, non li sembro felice io ? SOLONE Non posso sapcrlo ancora o Creso , se lu non sìi giunto al fa · ne dc' tuoi g iorni ; pcrc:hè di colesle cose la morlc è l'indizio più certo che sia, c l' m·crc insino al lcrm.ine comlolla fcliccmcnle la rila. C.\ROì\TE Bmvissimo Solonc , che non li sei dimenticato di noi , ma stimi che la stessa b:ll'chella nostra sia la giusta norma a ben giudicare di ciò. Ma chi sono coloro che Creso spedis~e , e che parlano sulle spalle? MERCURIO Consacm a l J>it.io malloni d'oro come mercede tlegli oracoli , per i quali dovrà poco dopo au.· darsene a garnlx! per aria ; ed egli è uomo che degli oracoli ya pauo. CARONTE Or è <Juello l' oro l' quel luccicante che r isplcnciC' d' un lmllido linlo 111 rosso l' pcrchè ne . ho sempre uc ilo parlare, ma ora lo vcggo la pmna 101Ja

( t8 ) MEUCURIO Quello è, o Caronlc, il tanto nominato , c pcl CJualc si fa tanta g uerra. CARONTE Ma io non so vedere che sia in esso di buono, se pure non è queslo ìl solo pregio, che di\ fatica a chi lo porta. !IlEI\CURIO Non sai tu quante sono le g nerre c!JC per quel· lo si fanno • <1uantc le insidie, g li assassinj c gli spergiuri , gli amrnazzamcnti , le prigionie, c che lungl•c navigazioni c ncgozj c servitù si sosten· gono? CARONTE Per questo , o Mercurio , il quale non è mollo differente dal rame ; perchè il rame io lo cono· seo come tu sai , riscuolcn<lo un obolo da eia· scuno de' passeggicri. IllEI\CUR!O Certamente; ma del mmc ce n 'ha molto c pe· rò essi non ne fanno g•·an conto ; <1ucsto per contrario è scarso, c lo scavano quei delle rninic· re da una gran profondità : non pertanto vien~ anch'esso dalla terra, come il piombo c gli alln metalli. CARONTE Tu narri un incredibile stoltizia degli uomini,

( I9 ) che ,·adano lanlo dietro ad una cosa come quc. sia , pallida c pesante. l'tiEncunto Ma certo che quel Solonc , o Caronte , come vedi, mostra non lasciarsi lrasport.lrc all 'amore di quella ; pcrocchè egli mette in burla Creso c la fumosa \anilà di quel barbaro. E come sembra gli vuoi domandare alcuna cosa : dunque stiamo in orecchi SOLONE Dimmi un poco, Creso, pensi lu che Apollo, abbia egli bisogno di !]U~ti mattoni? CRESO SI per Giore. Jon gli è st.ll"l mai consagralo n Dclfo dono come questo. SOLONE Pensi adunque che Apollo diventi beato s'egli fra le altre cose , possegga anche mattoni d'oro. CRESO Come no? SOLO~E Vuoi tu dirmi o Creso con questo c~e i~t ciclo ci è ~raode poycrlà, se fa bisogno aglt _Dct , _q~tan. do gliene vien voglia, di cercar l' oro m Ltdm.

( 20 ) CRESO E dove altro può egli essere tant' oro quanto fra noi? SOLOl'iE Or li domando io : nasce auchc il ferro m Lidia? CRESO Così così. SOLONE Dunque siete scarsi del mPglio. CRESO E in che cosa è meglio il ferro dell' oro ? SOLO l'i E Lo imparerai se vorrai rispondermi senza an· dare in collera. CRESO Domanda pure> Solone. SOLO NE Qual è migliore, chi guarda altrui, o chi è guardato? CRESO Chi guarda , cerlnmenle.

( 2 [ ) SOLONE Or dunque, se come è la ,.occ che corre, Ciro vcrr~ì ad ,assaltare i. Lidi , le s1>ndc ai soldati le fa rat tu t! oro ? o h parrà allora necessario il ferro? CRESO Il ferro SCIUII fallo. SOLO NE E se non ti pro\\cdcrai di questo , iÌ tuo oro am\rà in muno dc' Persiani . Cl\ESO Ehi , uomo , lascia sì tristi c catti1 i augt~~j . SOLO NE Cessi Dio che queste cose vadano rosi. Ma tu mostri di con fessare che il ferro si abbia a dir meglio che l' oro. CRESO Dunque mi comandi che al Dio io mandi ad o!ferirc mattoni di ferro , e riprenda l'oro nuova· menlel' SOLONE Ed egli neppure del ferro anà bisogno , ma se tu consacrerai oro o rame, tu verrai a consa· crare una possessione o preda ai Facesi, ai llc?t.i, ai Dciii , o n qualch~ tir~nno o .ladronc. li Ptz•o cerio si cura poco d1 tuot orcfìc1.

( 22 ) CI\ESO Tu sempre invidj c fai la guerra alle m1c ricchezze. IIIERCURIO Al Lidio scolla o Caronte , questa libertà di parlare , e verità cosi aperte , c r:;li par cosa stra· na che un uomo poYcro non abbra paura di nulla, c frrurramcntc dica altrui sul viso quello eire sente; ma non andrà molto eire g li verrà Solonc in mcmoria, quando sarà il tempo che preso per comando di Ciro avrà ad esser messo sul rogo. Percbè io lro udito testè leggere a Cloto i decreti di quel che sarebbe anenuto a ciascuno , ne' quali. erano fermate anche queste cose , eire Creso sarebbe fatto prig ione da Ciro, e che Ciro stesso sarebbe stato ammazzrllo da questa Messagetide. Vedi tu quella donna di Scizia montata sopra un cavai bianco ? CARONTE La vedo. MERCURIO Quella è Tomiri che tagliata la testa a Ciro, la metterà in un otre pieno di sangue. Vedi inoltre quel giovine figliuolo di Ciro ? egli è Carnbise il quale rc"ncrà dopo il padre, e P.?i avendo condotto m~e i fatti suoi mille c mrUe volte in Libia c in Etiopia , finalrncntc, uscito matto, dopo aver ucciso Api, morirà. CARONTE Oh le gran cose da ridere : ma ora chi sosterrà di guardare essi, che guardano gli altri cosi ù' alto in basso ? c chi vorrà pur credere ch" co·

( 23 ) slui sarà leslè imprigionalo c n colui avrà ad esser messa la lesta in otre di sangue ? Ma che uomo è quello o Mercurio che porta ambbiato il manto di poqlOra , c il diadema in capo ; al qu~le sta pr'Cscntando il cuoco l'anello dopo aver nt>el'!o un JlCSCC colà su ((UCII 'isola tulla circonda!a dal mare~ J Ch'esser ro nell' aspcllo egli dimostra. G , l\IERCURIO Tu sci mlente in far parodie , Caronte , ma quegli eire tu vedi è Policrate re di Samo il quale si crede in ogni cosa felice , pure egli DlCtk-sirno dalo in mano dal suo famigliare Meandro, eire gli o d'appresso, ad Oreta Satrapo sai".Ì messo iu cm· <Jc, cadendo miseramente in un punto solo tli tut· te le sue felicità ; pcrocchè anche questo l' ho U• dito da Cloto. CARONTE Benone Clolo , da brava , manda per ar·ia essi e le loro leste c appiccale ad un p<~lo : cosi imparino che sono uomini anch' essi. Frallanto sicno levati in grandezze , perchè la caduta loro abbia mi essere più dolorosa da cosi alto. Ed io ritlcr·ò ben io poi , r iconoscendoli tu!li quanti n~cl i Il(• Ila mia barchclla, scm~'\ la veste di porpora, scnt..:l la tiara , senza i lclli dorali. l\JEllCC!\10 E rosi andranno a finir le cose di costoro ; ma , cdi Caronte la gmn moltitudine? chi naviga , chi comballe, chi litiga, chi fa usura, chi duman· da la carità ?

( 24 ) MEI\CURIO Certo che io vedo una grande c varia turba di gente, c la vita piena dì sconvolg imenti, cd oltre a ques to le cillà simili agli alvear·i , ne' quali ha ciascuno un !<d suo proprio pungiglione c punp-c il vicino ; c alcuni pochi come vespe sacchcg""rano i /Jitt fiacchi. .llla quella schicm che invisi~ilc -vola oro attorno, che sono mai? MERCURIO Le speranze , Caronte mio, i timori le stoltizie, i piaceri, l'avarizia, le ire, gli odi , cd allt·c cose tali ; ma di tullc queste la stoltcna sta m.escolata infra loro come lor cittadina e con. essa altresìl'odio ' r im ' l' invidia, l' ignoranza ' l' inccdezza c l' avarizia. l\la il timore e le speranze vola ndo sopra di essi, quello col suo cadere sbalordisce ed alcuna volta mette spavento., è queste cioè le speranze che stanno sospese sul capo loro '· quando alt ri pensa di averle sictU·am.cntc ati afferrare, volando si dileguano come un soflìo , c lascianli a bocca apcrla ; la quale stessa cosa tu sai che interviene anche a Tantalo nell' inferno per l' acqua clJC gli fugge d'innanzi. E" se affiserai bene g li occhi, vedrai anche la Parche da sopra avvolgere al fuso il filo della vita di ciascun uomo , onde tocca ad ognuno pendere :per via di sottil issimi fili ; non vedi tu scender grit da fusi quei come rag oateli ? CARONTE Vedo ben io a!laccalo a ciascuno un tcnuissimo Glo ; cd impaccialo per lo pii• fJUcslo a quello c quello ad un altro.

( 25 ) 1\IEI\CURIO Ed n ragione , barcaiuolo , pcrocchè que"'li (! fermato che abbia ad essere ucciso da qucst'~tro, o questi da un altro , o che costui crediti la roba di colui che ha il filo più corto , o da capo quc- ~li crediti da quest'altro; ciò vuoi dire tanto imbroglio o confusione di fìli. Vedi pure come tutti stanno sospesi ad un picciol lìlo ? c costui ch' è tratto su, apparisce in alto; ma di qui n poco precipitando a basso, spczzatosi il filo , non potendo oltre regger al peso , farà un grande schiamazzo. Quest'altro che poco sta levato aa terra. se avvicn che cada, giacerà disteso senza ombra di romorc, o appena sarà udito il suo cadere anche dai vicini. CARO~TE Queste son tullc cose veramente da ridere o 1\Icrcurio. l\IERCURIO Eppure tu non sapresti dire , Caronte mio , 111 modo conveniente, quanto c quanto sicno da ridere ; specialmente le tro~pc sollecitudini degli ·uomini , c il partirscnc eh essi fanno nel mezzo delle loro speranze , acchiappali c portati via dalla graziosissima morte. E della morte $li ambasciatori c i ministri sono in gran quantJLà, come tu puoi vedere : i ribrezzi c gli ardori della febbre , le consunzioni , il mal di polmoni , i coltelli , i latmcinj , i veleni , i giudici, i tiranni . E di queste cose nessuna vico loro in mente fin che ha1mo il ,·cnto in poppa , c quando poi accade che v' abbiano a dar dentro , mandano 4-

( 26 ) fuori multi ahi ahi ohi . Chè se dal hel pr·incrp10 avessero pensato dr' essi sorro mor·tali, c eire stati fJUesto poco di tempo in pcllcgr·inaggio, dovevano 11artirsi da questa vita come tla un sogno, lascian· do ogni cosa sulla tcn·a, sarebbero \ ivuti con mag· gior senno, cri avrebbero senti to meno dolore nell' andarsene. 1\la ora S]JCrando. di ;wcrs~ a $odere in perpetuo delle cose presenlr, come ti mrnrslro della morte loro stando d'appresso, li chiamerà c se li '"orrù menar seco, legarrdoli con la fcbbr·c o con la consunzione, si sdegneranno dell'esser conllotti via , come coloro che mai non si aspclla· , ·ano di essere strappati dallo cose di qnaggiir. E che non fa rcbb' <'gli colui il quale si sta fabbricando con tanta cura quella casa c fa fretta agli operai , se arri,·assc a sapere che a lui sarà dalo il lìuirln, ma che poslm i appena il letto, egli do- ,,,.,\ morir subito c !asciarla all' crede, per·clrè goda in luogo suo di quella casa in cui egl i non potè çcnar·c pur una ,o)ta, po\Crcllol E quc'llo che sin lullo allegro pcrchè la sua donna gli ha stampnto w1 lìgliuol maschio , cd ha raccolto a lm·ola g li amici , c rncssog li il nome dell' avo ; s' e9li sapesse ehc il fanciu llo arr·irnto a selle anni chrudcrit gli oechi, credi lu ei re in questa nascita fa· rchhc cosi gran fcsla? 1\la la ragione di questo si è ch'egli suanla a colui fel ice per la sorte del suo lìgliuolo, cioè al padre di quell'atleta vincitore in Olimpia , ma non sunrda al vicino che fa i funerali al suo fanciullo , c uon conosce a che fi lo stia sospesa la \ila d<'l suo. Vedi poi quan lo sia i l numero di coloro che litigano dci confin i delle lor terre c di quelli che ammassano denari, c quindi innanzi che possano goderne, come son chiamati eia quei tnli nunzj c ministri che ycngon loro addosso , c che pur ora ti ho nominali.

( 27 ) C.\1\0\Tt: V('tlo full<• qucolc cose c 1ado IWIIS1. •ulu dt•nll'o mc stesso clll' cosa mai sia lo1· dolt·e nella 1ila , o che è quello che perduto da essi , li fa lanlo dare al dia1olo. MERCURIO g se alcuno pon mente ai re i quali si t<•n· gono sopra tutti fcl icissimi , (lascinu1o siare la loro mal ferma, c come tu dici , dubbiosa rortuoa) lro1erù sl.u loro intol'llo assai piì1 che 1 pial'cri, le amareac , i timori . i turbamcnh , gli odj , le insidie , le ire , le aclulationi ; pcrocchì! con tullc queste tali rose hanno essi che fare. Non dico i lutti , le infermilii, le passioni eh<' certamente han· no cd u•ano sOI'r' essi eg-ual ragione <'h<' soHa gl i alll·i. Da lun li lr:na~l i di c·oslo•·o puoi rie<narc quali sicno quelli degl i uomini l' na:i. e.\RO;'iTE o.· \oglio :\lcrrurio' dirli n chi mi scmbrin~ simili ~li uomini , C' la Jor Yila tullnquanla. Awn1 lu 1ctlulo qualche 1olta le bolle che sogliono lclnrsi llC'I' r1ualche IOI'I'CI\le , che prrcil1iti al basso: quelle bollt' intendo io che formano a spuma; dt queste alcune son pirrinc c in 1111 baleno so;.:liono andare in fumo ; altre durano magg-ior tempo cd aggiungendosi a loro molte altre, gonfiate, c1·cscono nella mas~ima grandezza , e poi an•·h' esse_ span_. scono linalmcnlc llC'rchè uon può andar <~ll_nmcnt~ la fac(·en<la. Questa Ì! la , ila dc!{li uom1~11 .• Tull! (OliO g-onliati ùn un cerio colai \Clllt> , cln (llll clu mt•no : qnt'l>l i hanno l' cnliatura llCI' poco tcml)() c che subito muore ; quegli altri man ·ano ap·

( 28 ) pena formati , nondimeno a lutti libile il morire. MERCURIO e destino infal· Non hai tu fallo un paragone, Caronte, cl1c sia nulla inferiore a quel di Omcro il quale rassomi· glia l'umana discendenza alla foglie deg li alberi. 7 CARONTE Ed essendo in silfa!!c condizioni, Mercurio, ' 'edi c!Jc cosa facciano , e con quale ambizione si con· traslino fra loro i principah, g li onori, le posscssio· ui , le quali cose lasciando tullc non può essere ch'essi nou ' 'Cll"ano g iù da noi con un obolo solo. Dunque poic~è noi stiamo in allo, vuoi tu cho con c1uanlo ne ho in corpo io gridi loro addosso, prcdicamlo di lasciare queste pazze fatiche c di vivere sempre con la morte innanzi agli occhi, dicendo: O matti , a che vi andate voi rompendo il capo intorno a queste cose ? lasciate di slancarvi ; voi non avete a vivere sempre, nissuna delle cose di questa terra, c delle più gmndi dura Ùl eterno , nè potrebbe alcuno morendo mena1· con sè una cosa sola , ma è necessario ch'egli se ne parla ignudo, clic la CIS<l poi, il podere, il dcna1·o, passino sempre in altre mani c mutin padrone. Se c1ucstc c simili cose io gridi , cd 111 luogo da essere udito , non pensi tu che la lor 1ila no ca1ercbbc g ran g iol'aJncnlo , c che essi ne llil errcbbcro molto più a1 veduti? ntERCURIO Buon Caronte l non s;1i <1uan!a bcstialiltl c che inganno li abbia disposti in modo, che le orecchie

( 29 ) non si potrebbero aprir loro nemmeno con un trivello : di lanla cera l'hanno lurate , non altrimenti che fece ùlissc ai compagni temendo non udisse1·o il canto delle Sirene ; come tluuquc po· lr<'bbt•ro essi udirli se tu anrhc scopl1iassi per gridare? l'crocchè c1ucllo che il Lrlc suo fi1rc appresso , oi allri , fa in questo mondo la IX'slialitù. l'ìondimrno sono alcuni pochi di costoro che 11on si lasciarono chiuder le orecchie con la cera, ri,olti nUa ' eri là, c guardando aculanJcnlc le cose. Grido adunque ad essi ? l\IERCURIO E SUJICI'fluo il dire quello c·hc snnno : Ycdi comc S<'parati dalla schiera 'olgare ridono di quello che a' \'iene , c in nessun luogo c per niente piacciono loro le cose che si fanno , nnLi ch iaralllcnlc mo;trnno che han Sià f.'lllO consiglio di laSt·iarc la 'ila , c di rifugg irsi a Hl i , llCrocchè L'SSi sono odiati , rinfacciando a coslol'O la lor pauia. C.\JIOl\ '1'1': lo , i saluto o ,alorosi; pure o ~ l crcu 1 ·io , essi souo u10llo pocl1i. MI':I\CLI\10 E 11ucsli IAblano. ~la disccmli:uuo orn. C.\ROl\TE rua cosa sola a\'I'CÌ desiderio di \Cllcrc, Mcr-:u-

( 3o ) rio, c moslrandomcla mi avrai in lutlo c per l utlo lenula la promessa ; voglio dire i serbatoi . dove rìpongouo 1 corpi morti. MERCURIO Questi o Caronte li chiamano monumenti, Iom-· be, sepolcri. Ma ' 'edi tu avanti al le città quei riaiIl , quelle colonne , quelle piramidi ? tullc quelle cose sono ricellacoli di morti, c scrbatoì dì cadaveri. CAI\ONTE Oh e perchè coloro coronano le pietre e le SJXIrgono di odoroso unguento? ect a lcuni, leva ta anche una p ira innanzi ai rialzi, e cav;;~ta una fossa, bru· cìano queste sontuose vivando, c J>Ct' quel che pa· re , rovesciano il mclicrato r1clla {ossa ? 111ERCURIO Non so barcaiuolo cltc faccia tutto questo a coloro che stanno aH' inferno ; pure essi ct·edono che le a nime da basso sbucate ftwri , vengano su a ccn& come meglio possono, volando intorno all' odore ed al fumo, c bevano dalla fossa il mclic(a to. CARONTB_ Oh che bevano ancora e mangino colot·o che. ltanno quei teschi asciullì e sporpati t ma ora ben ti fo ridere io, dicendo tutlc queste cose a te il quale li conduci tutt ' i giorni, c sai dunque se nndati cbe sono soUerra possono un'altra volta tn t·· narc sopra : cd io che son pieno di facccnfk.' si.

( 3l ) no alla gola , farci 'mollo ridere se non dor cssi solamente condurli giù, ma anche ricondurli a bere. O pazzi da catena , che non sapete per che sterminata dislnm.a sicno separate le faccende dc' morti da quelle dc' vivi , c quali sicno le cose nostre, e che Del pari è morto chi sepolcro ollcnnc E chi n' è pri'o, cd in <'gualc onore Esser l ro cd il Rcge Agamennone : Pari di Teti ben chiomata al lìglio Esser Tersite, c i teschi aridi tutt i Star là ne' campi d' Asfodelo insieme. 8 MEllCUl\10 Per Ercole ? tu attingi versi di Omero in ab· bontlanro ; ma poichè ora m'hai fatto venire in mente, ti \O~Iio mostrare il sepolcro d'Achille. Yedi tu quello ricino al mare l' esso è il Sigeo promontono trojano ; di fronte, nel promontorio llctco sta sepolto Aiace. CARONTE Non sono poi una gran cosa i sepolcri , Mcrcu· r io. Ora )(lscmmi \ edere quelle famose cillà di che udiamo far tanto •·umore Jag~iù , come dire Ninive di Sarclnnapalo , Babilonia , Miccnc , Clcona c lo stesso Ilio. l'erocchè io mi. ricordo che di questo ho traspo•·tato tanta gran gente, che pc•· dice• U1mi continui non ho a\Uto luoço da ti rar in secco, e da rinfrescare uu poco la barca.

( 32 ) MEI\CUI\10 Ninirc, barcaiuolo mio, g ià è distrulla, nè ptù rimane di essa alcun vcsli~o, nè pol rcsli dire ovc sia slata un 3iorno. Eccol i Babilonia Ot'nala di lorri che ha un g ran procinto di mura ; delle <pmli anche di <1ui a poco si andrà cercando c·omc di Nini,c. l\liccnc c Clcona ho rcrgogna di mostrartele , c Troja principalmcnlc ; pcrocchè io so bene che disceso lag~iit tu strangoleresti Omcro per la ma~nilo<Jucnza dc' suoi versi. Ma queste un tempo furono felici , cd ora son morlc. Dappoi· d1è anche le ciltà, o barcaiuolo, muoiono come gli uomini, c quel ch'è maggior maraviglia, i fiumi inlcri intci'Ì ; lanto che in Argo non rimane piit del fiume Inaco neppure il !ello. CARO~TE Capperi l quante lodi Omc,·o quanti nomi l » Hio sacra c dalle larghe vie, c la ben cosi rutta Clconc.! Ma mentre che noi parliamo, chi sono quei che combaltono colà, c per che ragioni si uccidono in li·a loro 'l MERCURIO Tu ,·cdi o Caronte Argivi o Laccdcmoni , c il lor c;lpilano Otriadc che moribondo scrive col sangue il suo nome sul trofeo. CARONTE Qual ragione, o Mercurio ha fallo nascere CJUC· sta guerra Ira costoro?

( 33 ) !IlEI\CURIO Essi contendono di quello stesso campo sul quale combatlono. CA I\ ONTE Oh pa11ia l non sanno che se ciascuno di loro fosse padrone anche di tutto il Pcloponncso a pc na otterrebbe da Eaco un piede di sp:llio. Que· sto rampo in altro tempo sarà cohi1nlo da altri che molle ' 'ohc sradicheranno coll'aratro il trofeo. Ques!c cose andranno certo n questo modo: uoi ora poi che saremo discesi , c assctlati che all'cmo nuoHimenle i monti al luogo loro, sgomlwiamo di qua, io a fare quello per cui sono stato mandato , tu nlln tua barchetta , c fra brc1c verrò g iit ancor io conducendoti i morti. CAI\01\'TE Gran bene m' hai tu fatto o Mercurio, c COillC bencfntto1·e io ti m rò sempre in memoria ; perocchè n dir vero 110 ricavato per le da <JUeslo girare non poco g iommento. Oh che sono mai le cose di questi uomini infelici l re, mattoni d'oro, ecatombi , battaglie , c di Caronte non ne fa conto nessuno. 5. )

NOTE r. Prolc.ilno. s . V. Omero Odiss. L. XI · 3. V. Omcro luogo ci i. 4. V. Omcro Il L. V. !S. V. Omcro Il L. 111. 6. V. Omcro Odiss. L. J. 7• V. Omcro Il L. a VI . 8. Versi rnccolli da ...; luoghi di (\mero. ---,..o=---

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