i mezzi materiali di produzione sia gl'ingranaggi complicatissimi di un'amministrazione economica. Sentendosi « incapace», la massa subisce. Che fare? Accettare la rigidità spietata di una burocrazia onnipotente? Sottoporsi a quella tecnocrazia che sembra essere nella direzione dello « sviluppo storico»? Per un socialista, una volta rifiutata sia la tirannide tecnocratica nuda che quella ammantata di ideologia del comunismo sovietico, una strada, mi pare, rimane: quella che la « massa» riuscisse ad abolirsi in quanto massa; a sich autheben! per usare quel linguaggio della dialettica hegeliana che il giovane Marx maneggiava con tanto vigore nei suoi scritti del 1844-1848. E il senso sarebbe che dalla massa bisogna pure che gl'individui finiscano per uscire; bisogna pure che in seno alla massa si formino delle comunità autentiche, dei gruppi di «eguali» capaci di pensare e di agire con piena intelligenza dei fini e dei mezzi. Utopia o no, io non vedo altra strada verso un'emancipazione reale. Ma, d'altra parte, temo assai che i dirigenti dei partiti socialisti europei, anche i migliori, oggi questo problema non lo vedano affatto. Essi pensano ad altro: sono dei nostalgici di una « società borghese» (da essi considerata naturalmente «democratica») che non v'è la minima speranza di veder risuscitare dalle catastrofi che l'hanno scompaginata. La società feudale (quella dei secoli X-Xlii) è morta prima che una formazione che le equivalesse per la nettezza della sua struttura si fosse affermata; la sua erede, la « società borghese», non è uscita dal magma « pre-capitalistico » che fra il XVI I e il XVII I secolo. A sua volta, la società borghese è mo~ta senza che il suo posto fosse occupato da un successore valido. Noi ci troviamo nel disordine causato da questa ·assenza. 55 BibliotecaGino Bianco
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