Andrea Caffi - Socialismo libertario

in questo equilibrio sempre instabile dei «pluralistici» rapporti quali li comporta la nostra civiltà. Nessuno negherà che durante gli ultimi trent'anni, in Europa ed in Italia particolarmente, sia i principi di reciproca tolleranza, sia la reale libertà di scelta fra i vincoli sociali abbiano avuto una quasi catastrofica degradazione. Per questo non è inutile insistere su questo problema dei rapporti sociali in una collettività degna d'essere qualificata « libera» e quindi veramente « democrati• ca» (nel senso che un « demos » composto di uomini liberi e non «masse» o «plebi» allucinate, irregimentate, « messe al passo », determina tanto il funzionamento delle istituzioni quanto i «costumi» della vita sociale quotidiana). Creare non solo l'atmosfera morale, ma anche le condizioni materiali - con i nuclei di cooperazione, federazione etc. cui sopra è stato accennato - per un risorgimento delle abitudini e delle norme d'una vera libertà, è la meta di pazientissimi e perspicaci sforzi che si propone ai socialisti. Compito da esplicarsi nell'immediato ambiente ed in evidente coesione con la diffusione della « coltura. popolare ». Il rischio di essere fraintesi consiglia di enunciare qui certe premesse, non di carattere dottrinale, ma riassuntive di un'esperienza della storia recente. Fino al 1914 né la partecipazione di socialisti al governo dello Stato «borghese» o cc capitalista ,. (conservante quind-i la sua attuale struttura economica, amministrativa, militare) né la presa del potere per instaurare il socialismo, erano problemi d'urgente attualità. Ed è cc in sede» di dibattiti dottrinali, senza il controllo di pratiche esperienze che hanno preso consistenza diverse formulazioni più o meno « programmatiche», dalla benigna previsione d'un graduale e pacifico progresso parallelo delle istituzioni democratiche e dell'organizzazione della classe operaia (sicché questa formante la maggioranza del popolo sovrano e animata da una cc volontà generale » nettamente espressa un giorno avrebbe_ potuto assumere « tutti i poteri» quasi senza incontrare resistenza), fino alle nostalgie d'insurrezioni barricadiere o alla speranza in un colpo di forza come il partito di Lenin doveva effettuarlo nel 1917. Ammettiamo francamente che il concetto di cc dittatura del proletariato» è sempre rimasto avvolto in oscurità; ed in particolare è stato appena adombrato (in certe polemiche di Plechanov, Trotzky, Rosa Luxemburg contro Lenin subito dopo la scissione del 1903), il problema (che tanto greve di conseguenze delusive doveva manifestarsi alla prova degli eventi) dei rap34 Biblioteca Gino Bianco

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