tentativo di « alibi » nelle spiegazioni marxiste), ma tutte le sfere della società moderna, tino alle più alte, di esseri mostruosi, squilibrati, degeneri o disperati; il personale per le atrocità di «pogrom» antisemiti o di vari «squadrismi» per l'attività zelante di Ceke, Gestapo, Ovra, per l'organizzazione così diligente e insistente dell'agonia di milioni di esseri umani nei campi di concentramento, si recluta con estrema facilità e abbondanza. Credo che sia stato un « nobile errore» degli umanitari - pieni di fervore ottimistico - l'avere trascurato questo coefficiente di_efferatezza nei movimenti di « massa », e particolarmente nelle effervescenze «rivoluzionarie»; può darsi che il relativo successo di proselitismi che si possono dire reazionari in quanto diffondono la rassegnazione all'ordine esistente - come quello dei Wesleyani metodisti e anche quello dei cattolici «sociali» -, si spieghi appunto con le cautele ispirate dalla dottrina del « peccato originale » la quale trovava un istintivo consenso in molti fra i migliori degli « umili e semplici» edotti per pratica esperienza di tante « inclinazioni perverse» nell'ambiente stesso in cui vivevano. Vi è poi il numero preponderante di coloro che il depauperamento materiale e morale, il triste distacco dal « paese natio», cioè da un ambiente protettivo fornito di tradizioni, costumi, mitologie, « stile di esistenza », sia pure « primitiva »; la promiscuità dei tuguri e delle « vie senza gioia»; l'indifferenza se non l'odio per il genere di fatiche quotidiane con cui è ineluttabile necessità preservarsi dalla morte per fame - hanno ridotto al ristretto orizzonte mentale e soprattutto all'atonia morale che sono tipiche dell'« uomo della massa». Questa gente è stata «logorata>> da troppe delusioni (le guerre, i regimi d'oppressione, la lunga serie di disfatte sia del socialismo sia della «democrazia»; la serie altrettanto lunga e continua di successi - oltreché di impunità - ostentati dai « pescicani » del 1920 come del 1945 - e da tutte le forme di corruzione, d'egoismo spietato, di brutalità in genere), e d'altra parte ha trovato un certo equilibrio di esistenza materiale - acquistato al prezzo d'una sempre più ottusa indifferenza per i problemi di «verità», di «giustizia», di «dignità» e d'un adattamento agli « ersatz » sempre più volgari. Insomma un certo modo di mantenersi a galla non tanto differente dal « panem et circenses » di classica memoria. La cc coscienza di classe » - in quanto suppone un senso vivo di « dignità » ed uno sforzo di giudizio critico - è (nella stragrande maggioranza) ridotta a fievoli riflessi, a velleità soffocate ab31 Biblioteca Gino Bianco
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