zione aell'ultimo decennio), sarebbe strano ignorare il contributo delle « classi anziane» che naturalmente - se il movimento riprende vita davvero - dovranno rassegnarsi a che l'eredità da loro custodita non venga accolta se non con « beneficio d'inventario ». Nessuno, credo, vorrà un semplice « ritorno» alle « buone tradizioni» di prima de~ 1914; il passato rivive solo in trasfigurazioni... che lo rendono irriconoscibile. Più che sui superstiti dell'epoca veramente preistorica in cui Lenin, Vandervelde e Prampolini si consideravano vicendevolmente «compagni», bisognerebbe poter contare su quelli - e sono numerosissimi - che sono passati per l'inferno stalinista e magari per il purgatorio trotzkista (usciti beninteso anche da quest'ultimo). Perché l'avere conosciuto dal «didentro» il serraglio bolscevico - mi sembra una garanzia (direi quasi una vaccinazione) più di tutte effettiva contro certe illusioni e certe ambiguità. Senza spingersi ad esagerazioni di analogie (che applicate a momenti della storia sono sempre fallaci) - si può dire che oggi - come alla vigilia del « Manifesto Comunista», come prima della costituzione della Seconda Internazionale - vi è in Europa un numero impressionante di sparuti cenacoli e di « isolati », nei quali nonostante tutto vive la convinzione che « qualcosa bisogna fare» per combattere l'assurdità dell'attuale « condizione umana», per muovere le menti e le « volontà di vivere» verso la redenzione (che si desidera totale, anche se la si sa irraggiungibile). Vi è pure questo fatto a mio avviso abbastanza inquietante: che fra tutti coloro che si assumono il compito di governare le genti o di erudire la pubblica opinione non se ne trova uno che non voglia essere « anche lui socialista fino ad un certo punto » o « in un certo senso ». Dal Papa al magnate di Wall Street, dal graziato gerarca dell'OVRA all'emerito agente del MVB (o NKVD o Ghepeù che dir si voglia) tutti caldeggiano una « organizzazione della società», collettivistiche coercizioni in nome della « maggior giustizia» ... e della minor libertà possibile. Il fenomeno non è assolutamente nuovo: una parte del « Manifesto » di Marx ed Engels è destinata all'esame delle già allora numerose correnti socialiste, fra le quali certune qualificate come « reazionarie»; non ricordo più se sia stato Gladstone o un membro del suo gabinetto che verso il 1832 asseriva: « siamo tutti più o meno socialisti». _Ma non regge il paragone quando si misurino le proporzioni gigantesche, mostruose che oggi presenta questa orgia di « ideologie anticapitalistiche », al pari di tante altre manifestazioni della nostra presunta « civiltà» piane26 Biblioteca Gino Bianco
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