Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

80 BEATRICE aNCI canzoni dei Trovatori, gemiti mentiti di cuore bugiardo; e se così fosse, io ti compiangerei perchè avresti tradito i posteri, e te. Beatrice stava seduto sopra un verone del palazzo Cènci, che guardava il giardino: in grembo ella teneva un fanciullo, che dagli occhi, dai capelli, da tutte le sembianze appariva esserle fratello: ella gli acCarezzava amorosa i capelli, e di tratto in tratto gli baciava la fronte. Il fanciullo riposa il suo capo sul seno della sorella, e affissa in lei le pupille immote, ma senza intenzione, a guisa di persona assorta net pensiero di qualche cosa fuori di questo mondo. La infermità aveva appassito il fiore della giovanezza: la sua pelle era tenue, e candida di 1,in bianco pallido e dilicato così, che i raggi del sole cadente gli tralucevano in vermiglio traverso le orecchia e le dita: talora sospirava, più spesso schiudeva la bocca con isbadiglio convulso: pareva un angiolo in pena. Beatrice sconsolata gli disse: — A che pensi, mio diletto Virgilio? — Penso, che sarebbe pure stata la grande carità non farci mai venire al mondo! — Ah! Virgilio. . . — E poichè a questo non trovo più rimedio, il meglio sarà uscirne presto. — Uscirne! E perchè? — E perchè restarci? Il mio cuore qui dentro è morto da tempo; e quando il cuore è morto, oh come pesa che gli sopravviva il corpo! — Tu, si può dire, ti affacci appena, fratello, alla vita, e già favelli parole disperate; ciò non istà bene: vivi e rallegrati, perchè non sai quali rose educhi per te la fortuna. — Rose! fortuna! Adesso la morte coglie i fiori per la ghirlanda della mia bara. La fortuna mi abbandonò quel giorno che perdemmo la madre. . . — Ma noi non ci possiamo considerare orfani affatto: forse l' ottima signora Lucrezia non ci mostra viscere di madre? — Sì, ma non è nostra madre.

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