È questa dunque la soluzione che il Cattaneo dà al problema dell'organizzazione statale: una continua simbiosi tra centro e periferia, una teorica permanente della liber tà, una organizzazione sociale in cui tutti siano legislatori: « Chiesa è popolo in atto d i pregare, come Repubblica è popolo in atto di far leggi >>. E la novità, veramente rivoluzionaria nella vita politica italiana, di questa concezione è sottol ineata ancora di più dagli scarsissimi addentellati che essa trova tra teorici politici con temporanei o del secolo passato. Di federalismo per la verità aveva discusso a lungo l'intero moderatismo neoguelfo, ma si trattava, rispetto al federalismo cattaneano, di una semplice omonimia: ché l ' uno era rivoluzionario, l'altro dinastico, e dove il secondo era stato teorizzato come trasferimento generale di poteri da un chiuso vertice oligarchico a larghe masse popolari, e pertanto come teorica e pratica della democrazia diretta, il primo tendeva esclusivamente a proteggere e conservare lo statu quo. Per il resto c'erano state le intuizioni del Cuoco e del G ioia sul valore delle tradizioni etniche, culturali e amministrative dei popoli; il Balbo, con uno di quei lampi di acutezza che a volte solcano il suo pensiero politico, aveva accennato nella Monarchia rappresentativa alla necessità che il continuo accrescimento di potere caratteristico degli Stati moderni, fosse controbilanciato da un analogo accrescimento di libertà per i cittadini, ma niente di più. Lo stesso Mazzini che affermò essere << il vero problema del XX secolo l'armonizzazione dei due termini di umanità e patria nel sistema europeo, come quello di individuali tà e associazione in seno ad ogni Stato », era disposto ad applicare soluzioni federaliste in campo europeo ma le respingeva poi, sia pure con qualche oscillazione, in ambito nazionale. 25
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==