Quaderni di cultura repubblicana

di quello Ottomano, Colajanni fu fervente « interventista >> senza essere mai stato ir redentista con venature sciovinisti- . che od ombrosità nazionalistiche, come del resto furono tutti i repubblicani irredentisti, fra i quali primeggiò la cavalleresca figura di M. R. Imbriani. Egli pensò saggiamente sempre al << dopo », e nella augurata disintegrazione dell'Impero austroungarico vide il naturale incontro, e la necessaria collaborazione fra i due popoli confinanti , l'italiano e il jugoslavo, ad economia complementare, saggezza di un idealista pratico purtroppo guastata da alcuni errori iniziali da parte italiana, errori in prevalenza di psicologia, purtroppo imitati ed esasperati da parte jugoslava. Ma il problema resta sempre lo stesso. «Siamo tra coloro». scriveva Colajanni sulla sua sempre rimpianta Rivista popolare, << non d' adesso, ma da moltissimi anni che hanno riconosciuto la giustizia delle rivendicazioni jugoslave, del r ispetto alle loro aspirazioni per il posto che loro è dovuto nell'Adriatico, dove la natura e la storia li hanno collocati, perché siamo convinti che il principio di nazionalità come è sacro per l'Ita lia, deve esserlo per gli altri popoli, e che l'imperialismo a base di conquista violenta è iniquo e dannoso generatore di future guerre disastrose e scellerate» (Italiani e Jugoslavi, 15 febb raio 1918). Due anni dopo fu firmato il Trattato di Rapallo che concluse una fase, laboriosa s ì ma senza asprezze, delle trattative fra i due Governi, animati da leale spirito conciliativo, e soprattutto da sinceri propositi di collaborazione per l'avvenire. Il T rattato che portava la firma di Giovanni Giolitti, di Carlo Sforza e di Ivanoe Bonomi per l'Italia, e di Vesnich, Trumbic e Stojanovic per la Jugoslavia, fu un capolavoro di saggezza politica, sulla quale si gettò successivamente devastatore il fascismo, a nnullandone ogni possibilità di sviluppo fecondo e costruttivo per a llora, e ponendo per dopo il germe malefico della nuova guerra. Da essa doveva fatalmente scaturire il sacrificio della italianissima Fiume, la cui indipendenza in Corpus separatum era garantita da un trattato internazionale, la grave compromissione della autosufficienza economica di Trieste, la perdita del Monte Nevoso, baluardo terrestre, e di Pola, baluardo marittimo. Non è stato ancora calcolato abbastanza forse il danno materiale, morale e polit ico, recato all'Italia dalla Monarchia fascista, con la di29

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