subordinano tutto al proseguimento di una passione delittuosa; era uno di quei dogmatici, rari e terribili, che · sarebbero capaci di distruggere nove decimi dell'umanità per la "felicità" dell'ultimo decimo>>. Ritratti morali di <<criminali» di quella s tatura se ne trovano quanti se ne vuole nella Sociologia criminale di Colajanni. Tuttavia anche un <<criminale che subordina tutto al proseguimento di una passione delittuosa » può diventare protagonista di storia, e Stalin lo è stato. Ma a che pro? P rosegue Gilas : << Certo non edificò una società ideale - che non esisterà mai, perché la perfezione non è nella natura delle società umane - ma trasformò una Russia arretrata in una società industriale e in un impero che aspira ancor più r isolutamente e implacabilmente all'egemonia mondiale» (Milovan Gilas, Conversazioni con Stalin, 1962, pag. 196). Lo scrittore jugoslavo non ripudia il comunismo, ma demolisce i suoi idoli. Non crediamo che egli abbia fatto di più di quello che aveva già fatto Colajanni quarant'anni prima di lui. Ma la critica di Gilas ha indubbiamente un valore maggiore, perché deriva da una testimonianza diretta, e non da una ideologia preconcetta. Le osservazioni critiche di Colajanni ci servono però per domandarci: se la Rivoluzione russa non ha costruito << la società ideale», e non poteva perché la società ideale << non esisterà mai >>, perché affannarsi tanto per costruirla, e ad un prezzo che gronda lacr ime e sangue? La democrazia, che è depositaria della coscienza umana, può processare, essa sola, Stalin che - dice Gilas - fu «un mostro» che mirava soltanto al successo <<perseguito attraverso la violenza, l'annientamento fisico e spirituale degli avversari». Ed è precisamente quello che Colajanni ha saputo rilevare in anticipo. Lo poteva fa re perché, mazzinianamente, non dissociava mai la morale dalla politica; al di là della classe vedeva sempre ed onorava l'umanità, e credeva che quello che si costruisce deve essere più alto, più nobile, più bello di quello che si distrugge. La stessa legge morale che regola i rapporti fra classi e individui, fra cittadini e Stato, deve anche regolare i rapporti fra i popoli, i quali, nella cornice della rispettiva civi ltà s torica, si chiamano nazioni. 27
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