Miscellanea del giorno - 1847

( 346) Dopo aver grandemente giovato alla diocesi , dopo aver fatto dimenticare d'esser egli austriaco, meritO!tasi la gratitudine di tutta la Lombardia, moriva lasciando non si sperdessero nelle funerali sue pompe che 10,000 franchi, - indizio d'animo semplice e schivo d'inutlli vanità : chè dee ciascuno non lasciare dopo sè fasto d'esequie, ma integra fama, esempli di belle azioni e durevoli affetti. Non si rallegrarono del suo mancare che il conte di Mellerio e compagni, i quali s'ebbero in lui un acerrimo oppositore. Si racconta che un certo Vitadini, o.Veladini, non bene rammento il nome, sacerdote milanese addetto. all'istruzione pubblica, andasse a Roma da qualche tempo e s'arrolas~e nell'esercito Joiolese. E scrisse di Roma al Mellerio una lettera piena di gesuitica unzione, tutta spirante arzigogolata letizia per la nera sottana vestita, tutta esortazioni perchè lo imitassero. quanti sono i cristiani. Il nobile conte , a edificazione de'fedeli , volle stampar- · la; la censura ecclesiastica concesse J'admiltitursacra parola, la cui conquista a Milano è difficile ; - però nell'ufficio della censura civile , un censore sospettando ignoto all'arcivescovo quel capolavoro, glielo fece conoscere. E il buon prelato, nell'impeto della coiJera rovesciando il calamaio sulla gesuitica lettera, ru inteso gridare : « Questo è J'admittitur! questo' questo!» La storia di consimili ·scaramucce sarebbe Jungh!ssima ; più lunga sarebbe la leggenda delle sante fat•che sotferte dal degnissimo conte per gl'incliti padri. E per dire alcun che dell'intrepido eroe a quauti non ne avessero piena <;ontezza , anertirò come il

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