( 297 ) In sulla fine. Per ogni verso si tenda l'orecchio , da mezzodì a settentrione, dall'orto all'occaso, mille fraterne voci s'innalzano, s'intrecciano, si confondono in una , cbe invita i popoli a unione. l quali vi si preparano gagliardamente, qui appianando le vie de'commerci, qui facendo il lavoro nobiltà e ricchezza. I popoli, come l'ombra di Farinata, dalla cintola in su levaronsi fuori della tomba per considerare dispettosi l'inferno, nel quale visser tant'anni i e narransi gli uni agli altri gli atti commessi durante il loro letargo i raccontano , al cospetto del mondo congregato per udire le accuse e per giudicarle, le lagrime divorate, le patite sciagure. E nel ravvisarsi tutti egualmente infelici, in nome de'loro mali si perdonano in reciproco modo e si giurano fede; già sanno che gli odi, insegnati loro l'un contro l'altro, non erano cbe un inganno meditato e feroce. Essi combatterono sempre contro gli eserciti o contro la miseria; morirono sempre con fedele costanza in sull'aratro o nell' a_rmi i non vinsero quasi mai, giaccbè la vittoria non incoronava cbe i principi. Le rovioe dell'ultime rivoluzioni risentono vita, e si ricompongono in nuovi edifici, dentro cui alberghi di giustizia più cbe l'ignudo nome i ora non si vuole solamente distruggere, ma riedificare; non solamente diffondere l'abbominio del male, ma l'amore 'del bene i non solamente conquistare la libertà, ma con essa l'ordine. Gli avanzi secolari de'troni, ingombranti tanto terreno, intorno ai quali sgorgarono tanto sangue, percbè
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