( 265 ) quelli che contrariati da quest'accordo mirabile fra popolo e sovrano, cercarono di rompere tant'armonia per farsi i soli necessarj consiglieri del principe. Quando mi dimostra le parti buone della legge io gli dirò che sono tutte distrutte dal No 4 del titolo 2° : quando mi dice che·Ja sua applicazione sarà quale il popolo la desidera, io gli risponderò che in parte accadrà così perchè Pio IX lo vuole, ma che gli scrittori anche moderatissimi dovranno subire una guerra lunga, nojosa, e tale da disgustarli di più occuparsi delle cose p·lbbliche, ma che tutta la buona volontà dei censori non distruggerà che la legge sia là preparata perchè ad un cenno superiore si chiuda ogni bocca, si estingua ogni giornale politico; quando infine egli rimprovera il popolo di esser uscito dalla legalità, io gli dirò che ne uscirebbe se non obbedisse alla legge, ma che niuno finora ha tacciato d'illegalità la critica d' un atto del governo, se si eccettuavano i difensori dell'obbedienza passiva, che davvero non son più dell'eta nostra. Quando si vuoi giudicàre d'un popolo bisogna mischiarsi a lui, studiarne l'indole, i costumi, il cuore e la intelligenza ; ritirandosi nelle regioni elevate della società si giudicamale del popolo : colà si sfigura tutto ciò che esso dice o pensa. Ecco como errò involontariamente il sig. D'Azeglio quando posto inun cattivo punto di vista criticò tanto quel fatto popolare ch'egli chiama una non del tutto temperata dimostrazione dalla parte dell'universale il giorno in cui S. S. si condusse alla Minerva. Il popolo in quel giorno non diede consigli al suo sovrano come asserisce il signor D'Azeglio; il suo grido era, abbiate fiducia nel popo-
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