( 211 ) Pie.ro. Direi in tal caso, che al Vicario di Cristo altro non resterebbe che ungere e coronare in Campidoglio il nuovo Augusto. Enrico. Altro non resterebbe ai nostri principi, allora, che piegare il ginocchio avanti al successore di Tito, di Marco Aurelio , e di Traiano. Carlo. Risorta sarebbe allora , in tutta la sua maestà, la repubblica; poichè gl'imperatori altro non furono che primi magistrati di quella . l\Ia tutto ciò terrebbe del prodigio. Marco. Or bene, questo prodigio, la casa d'Austria ha forza ed interesse per compirlo. Piero . Ma Ferdinando non è nè Marco nè Trajano. Enrico. Ma i Tedeschi non sono Italiani. Carlo. Ma l'Austria fuognora la gran nemica d'ogni progresso, d'ogni libertà. Marco. Ascoltatemi. Non mi sgomenta , o Piero , la tua obiezione. Poco monta in un governo rappresentativo che cuopra il trono un grand'uomo o sivvero un ebete o un fanciullo : ma, a parte ciò, non ha che un Ferdinando la stirpe Austriaca? Non vi sono arciduchi, e di !or più d'uno notabile per senno , tutti per cuore? E li estensi? E la prosapia del grande, dell'immortale Leopoldo l. Granduca di Toscana , che fondava il commercio libero fra di noi , 70 anni prima che Cobden lo sospettasse possibile in Inghilterra, e che di per se stesso tracciava per la sua Etruria una eostituzione più solidamente liberale di quella, ove dopo 70 anni di vicissitudini e di stragi , si è rifugiata la FranCia? E tu, Enrico, dimmi; qual casa può chiamarsi più italiana.della casa Austro-Lorenese ? Non vi-
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