Giacomo Debenedetti - Otto ebrei

sola: che i loro morti di violenza e di fame, i piccini che non hanno resistito al primo sorso di latte finalmente somministrato, dopo mesi :di ina 0 nizione, nei paesi di asilo, le donne prese a calci e mitragliate, i poppanti lanciati in aria e impallinati come uccelletti, siano messi in fila coq tutti gli altri morti, con tutte le' altre vittime di questa guerra. Soldati, anche loro, con gli altri soldati. Per uniforme avevano il loro vestito di tutti i giorni, ma sbranato dai tormenti, vano sui corpi scheletriti. E alcuni, anche, àvevano armi: i bambini, che si stringevano sul petto le bambole di pezza e gli schioppi di latta, ritenuti indegni di divertire i figlioli dei tedeschi. Così hanno marciato verso i loro fronti, che erano i luoghi di pe• na e di tortura. Hanno fatto anch'essi i loro sbarchi, ma sulle rive dell'aldilà. Caduti bocconi, i loro volti - quelle facce che i redattori delle varie « difese della razza » fotografavano per inchiodarle sulle copertine di immonde gazzette - non i hanno mirato, con gli occhi che nessuna mano ha chiusi, il cielo alto e lontano. Questi soldati chiedono soltanto che i loro carnai siano ricordati tra i campi di battaglia di questa guerra. Chiedono che, se si farà l'appello dei morti, i loro nomi siano letti tr,a quelli degli altri soldati, caduti per questa guerra. Senza un più di gloria che, facendo . un torto ai commilitoni, offenderebbe quella giustizia per cui sono morti, la fraternità della morte, e parrebbe. un torto fatto a loro. Senza un supple34 Biblioteca Gino Bianco

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