Volontà - anno XX - n.6 - giugno 1967

media cli costume dai vasti interessi che invita alla riflessione oltre che di– vertire, ccc., ccc. In realtà « il tigre» è un film esausto (gli concediamo qual– che momento felice) e che, ira l'altro, scivola spesso nel piagnucoloso, Dino Risi, inoltre, ha voluto inserirsi in piena attualità ed ecco immessi nclb storia un figlio aspirante-capellone cd una caterva di «flash hack» e flask wward », ma non - notate bene l'a– vanguardismo formale! - dello stesso colo1·c della restante pellicola, ma a 1re soli colori come in «Un uomo e una donna » cli Lelouch e in « Alle I 0,30 cli una sera d'estate» di .Juks Dassin. Dopo queste meraviglie formali, ere- dcvamo che, ollrc il rilorno a casa del protagonista tra le bi-accia della con· sorte, il film non ci serbasse. più alcu– na sorpresa e invece - inestinguibile vena inventiva del regista! - ecco un balletto finale (nella rantasia ciel tigre) del protagonista con l'amante e la mo– glie entrambe Felici E così, finalmente, abbiamo capito a chi si ispiravano già tanti anni fa i ,·egisti hollywoodiani · con i loro balletti e le loro canzoni inseriti a sangue freddo nel bel mcz;,.o dell'azione. Come. dicevamo, il film è int!!rpretato da Gassman. Qualche precauzione il produttore l'aveva dunque presa ... LUCIANO FEHHAHESI Il premio della virtù e la pena del vizio « Nessun male resta essen1.ialmente impunito, come nessun bene essenzial– mente non ricompensato. Bisogna però sapere che il premio e !a µena hanno due caratteri: uno essenziale e inscparahile, l'altro accidentale e separabile. 11 premio essenziale della vinì.1 è la virtù stessa, -~·hc rende l'uomo felice. In– fatti la natur:1 um::tna non può conseguire nulla di più r,randc ddla Yi1·tUstessa, percht'- essa sola puo rendere. l'uomo sicuro e lontano da ogni turbam:!nto. In– ratti nell'uomo giusto tutto è arn1oni,~o: nulla teme, nulla spera, ma nelle dcende felici e infelici semb1·a rirnane1·c lo stesso, come è detto alla fine del I libro dell'Elica. E Platone dice nel Critonc: « All'uomo buono non può toccare alcun male, nè da vivo nè da morto». Mentre il contr.'.\rio avviene per il vizio: infatti la pena del vizioso è lo stesso vizio m..1lla è pit, misero d'esso, nulla più infelice. E quanto sia perversa la Yita del vizioso e da fuggirsi in ogni mcdo, lo chiaritce Ar-istotelc nel VJI I. dell'Etica, dove mostra che per 11 vizio<;oO1.micosa è di.:;co1·de: di nessun,) si fida, neppure di ,:,estesso, non riposa nè di giorno nè di notte, è angustiato da 1onncnti dell'ani1"?1Oe del corpo: una vita d:.vvero infelice. A. tal punto che nessun saggio, pc1· quanto povero, infermo di cOqlO, abbandonato dalla fortuna, preferisce la vita del tiranno o di un qtmlsiasi pot.::ntc vizioso, e preferirebbe 1 imanere nell:l su~ condizione di sa– piente. E così ogni virtuoso è premiat0 dalla sua virtu e felicità. Per cui Aristo– tele, al problema IO del XXX I. dei Problemi, dove indaga pe1·chè nelle gare si fissano dei premi, mentre non se ne fissano per le vir1l1 e per le scienze, dice che questo avviPnc pcrchè la virtù è premio a se stessa. Mentr~ il contrario avviene per il vizioso. Perciò nessun vizioso rimane impunito, dato L'.heil vizio stesw rappresenta la pena per il vizioso t-. (Pomponazzi, L'immortalità dell'ai1ima, p. 203, Bologna, 1954). 376

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