Volontà - anno XIX- n.12 - dicembre 1966

stessi? Che cosa approvano? O si lralla sohanlo di un fallo assolutamente al di fuori di ogni comprensione, di qualcosa che si chiamerà un «caso fortunato»? Un genio - io ritengo - è la più grande gioia dell'umanilà, un grande fratello che, con la sua fiamma creatrice, ci fa intravedere l'eternità, che ci dà anche la pit, viva testimonianza d'amore che possa darsi all'uomo. Con la creazione del genio, troviamo un legame tra il passato e l'avvenire; nel genio realizziamo le nostre più intime possibilità; il genio, infine, può anche giustifi– care il nostro senso della vita sociale, poichè esso rappresenta appunto il trion– fo dell'istinto sociale. In effelti, che cos'è un genio se non la sintesi di tutlo ciò che noi sentiamo confusamente, che cerchiamo e che non riusciamo a trQ– varc, e che esso invece perviene a percepire chiaramente? Il genio è una sintesi organica, originale, vivente, capace di abbracciare le molteplici facce della vita mentre gli altri non ne vedono che una particella isolata. E' da ciò che proven– gono quell'entusiasmo e quell'ammirazione che un genio riceve da parte di CQloro che riconoscono in lui quelle intuizioni misteriose e ritrovano il loro proprio slancio nella forma perfetta della sua opera. Di là anche l'odio e le persecuzioni di coloro che sentono istintivamente la possibilità, nel genio, di oltrepassare il livello medio e, trascurando ogni convenienza, di realizzare nella sua creazione l'elemento eterno, cioè che non soltanto parla al pi-esente ma che pure solleverà il sipario dell'avvenire. Mi pare che soltanto così l'anarchismo può comprendere il genio. Guyau (1954-1868), nella sua opern «L'art, du point de vue social» scrive: «il genio è forse la manifestazione più evidente dell'inesprimibile individuo e nello stesso tempo porta in lui qualcosa della 50cielà vivente ... La capacità di superamentQ della sua personalità, questo segno supremo di sen1imento socia– le (sociabilité) rappresentano la stessa base del genio creatore». Bakunin concepisce il genio in maniera simile, come il prodotto della vita sociale. «Il cervello del più grande genio sulla 1c1-ra è null'altro che il prodot– to della collettività, del lavoro intellettuale e tecnico di tutte le generaziQni passate e presenti ... L'uomo, anche il più dotato, riceve dalla natura alcune ca– pacità, ma queste muoiono se non vengono alimentate dalle potenti linfe della cultura che è il risultato del lavoro intellettuale e tecnico di tutta l'umanità». Per taluni, l'opera del genio si pone 31 di là dei limiti della vita sociale il cui destino è, per lui, completamente indifferente giacchè è una necessità uni– camente personale. Il genio non sperpera il suo dono, il suo ocfuoco» sacro per il «miserabile popolo degli imbecilli», per gli «adoratori del successo», per i «sacerdoti dell'immediato e del mediocre». Secondo Goethe, il genio deve co– stmire innanzitutto la pii-amide del mondo che è in lui e deve rinchiudersi quindi in un isolamento creatore e geniale. L'anarchismo rifiuta questo individualismo sognatore ed egoista. Colui, che vuole la libertà, che afferma nella sua opera questo ideale non può amare soltanto ciò che proviene da lui, ma deve amare tutto ciò che è umano. Come po– trebbe essere indifferente al de~tino degli 3liri uomini, alla loro liberazione, alla loro crc.:izio11e? Come potrebbe ,:gli rinchiudere il 5uo genio in un c.:en:hio 713

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