Volontà - anno XIX- n.6 - giugno 1966

Religione politica in Leopardi L A PERFEZl~NE_ d~l cristianesimo mclle in pregio la solitudine e il tenersi lontano dagh affan del mondo per fuggire le tentazioni. Vale a dire per non far male a' suoi simili. Bel mezzo di non far male, quello di non fare alcun bene. Che utile può seguire da ciò? Ma non si tralta solo di evitare il danno dei suoi simili. Il cristiano fugge il mondo per non peccare in se stesso, cioè contro Dio. Ecco quello ch'io dico, che il cristianesimo, surrogando un allro mondo al pre– sente, ed ai nostri simili cd a noi stessi un terzo ente, cioè Dio, viene nella sua perfezione, cioè nel suo vero spirito, a distruggere il mondo, la vila stessa indi– viduale (giacchè neppur l'individuo è lo scopo di se stesso) e soprattuLto la so– cietà, di cui a prima vista egli sembra il maggior legame e garante. Che vantaggio può venire alla società, e come può ella sussistere, se l'individuo perfetto non deve far altro che fuggir le cose per non peccare? Impiegar la vita in preservarsi dalla vita? Altrettanto varrebbe il non vivere. La vita viene ad essere come un male, come una colpa, come una cosa dan. nosa, di cui bisogna usare il meno che si possa, compiangendo la necessità di usarne e desiderando esserne presto sgravato. Non è questa una specie di egoi• smo? simile a quello di quei filosofi (e son molti) che, disperando di pater far bene al mondo, si contentano del ritiro e di praticare la virtù verso se stessi. Da che la perfezione del cristiano è relativa a se stesso (e tale ella è nel vero ed intiero spirito ciel cristianesimo), da che l'esser perfetto include la fuga delle tentazioni, vale a dire del mondo, da che per conseguenza il ritiro è il più per• fotto stato dell'uomo, il cristianesimo è distruttivo della società. Non può difatti essere relativa al bene della società la perfezione di una religione che loda il celibato, il che dimostra ch'ella ripone la perfezione dell'uomo in una cosa affat• to indipendente dalla società (anche dei più cari) e fuori al tutto di essa: in un tipo astratto che non ha niente a fare col dirigere le mire dell'individuo al van– taggio comune. Una tal religione doveva anche necessariamente lodare la soli• tudine; e l'uomo, secondo essa, doveva, com'è infatti, esser tanto più perfetto quanto meno partecipasse delle cose umane e colle opere e co' pensieri, giacchè il perfetto cristiano non è perfetto che in se stesso. Si vede da ciò che il cristia– nesimo non ha trovato altro mezzo di correggere la vita che distruggerla, facen• dola riguardar come un nulla, anzi un male, e indirizzando la mira dell'uomo perfetto fuori di essa, ad un tipo di perfezione indipendente da lei, a cose di natura affatto diversa da quella delle cose nostre e dell'uomo (ZIBALDONE, vol. 3, pag. 309, Le Monnier, Firenze, 1921). Quello che uccideva il mondo era la mancanza delle illusioni; il cristianesi• ~molo salvò non come una verità, ma come una nuova illusione (voi. I, pag. 335). Se guarderemo più sottilmente, troveremo che i progressi dello spirito uma– no, e di ciascuno individuo in particolare, consistono la pili parte nell'avvedersi de' suoi errori passati. E le grandi scoperte per lo più non sono a!Lro che sco,. 371

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