Volontà - anno XIX- n.2 - febbraio 1966

negare che un certo numero di uomi– ni sia motivato prevalentemente, nel suo atteggiamento sessuofobico, da questo complesso della omosessualità passiva rimossa. In questo senso, mi sembra anzi che le osservazioni di Demma siano acute e valide. Ciò che voglio dire è solo che il numero di questi uomini, date le incrostazioni culturali assai complesse e la natura spesso inconscia delle motivazioni psi– cologiche personali che concorrono a formare l'atteggiamento sessuofobico finale dei singoli, è assai difficilmente determinabile ma che, comunque, la sua incidenza statistica non è proba– bilmente molto diversa dalla modesta percentuale di « omosessualità natura– le » che lo studio delle scimmie an– tropoidi e delle società matrilineari e sessualmente permissive consente di calcolare (sì e no l'l per cento). Quanto alla maggiore incidenza che l'omosessualità ha nella nostra socie– tà, e quanto alla maggiore paura che indubbiamente esiste nella società ri– spetto all'omosessualità, non mi sem– bra davvero che possano essere invo– ca ti da Demma a « prova » delle sue teorie. Al contrario, come ho più vol– te scritto, i dati dell'antropologia e del.la stessa sociologia contemporanea dimostrano che l'importanza del pro– blema omosessuale (con tutte le pau– re relative) è stata ed è artificiosa– mente dilatata nella nostra società proprio dalla 1·epressionc dello ~vilup– po e dell'attività eterosessuale. Che gli oll)osessuali siano pochissimi nelle so– cietà più sessualmente permissive e rispetto.c;e della donna dimostra che l'omosessuaJità è in larghissima misu– ra un prodotto della repressione del– l'attività eterosessuale. E anche la maggiore pa11ra dell'omosessualità che non della libertà eterosessuale, ne!la nostra società, si spiega perfettamen– te non con le nevrosi che sarebbero suscitate nella maggioranza dei ma– schi dalla rimozione di loro presunte tendenze omosessuali naturali ma pro– r,riu con la rrpre~sione degli impulsi. eterosessuali naturali e il loro conse– guente pervertimento in senso omo– sessuale: un processo confermato da diecine di migliaia di analisi psicote– rapiche. E del resto questa conclusio– ne di carattere antroplogico e psico– analitico, trova quotidiana ulteriore conferma nella dilatazione dell'omo– sessualità ne11e comunità sessualmen– te segregate (collegi, prigioni, navi, ca– serme ecc.) e nella sua regolare scom– parsa, o riduzione al minimo, appena sia restituita la possibilità di rapporti eterosessuali. Se la tt vocazione profon– da » deUa maggioranza dei giovani fos– se l'omosessualità, una volta superata la barriera dell'inibizione e godute le « ~ioie incon:pa:·abil, » di quel rappor– to, non si vede perchè quasi tutti i giovani dovrebbero tornare al rappor– to eterosessuale, socialmente tanto più difficile ad annodarsi in una società sessualmente segregata come la nostra. Del resto, anche altre osservazioni storiche ed altri confronti sociologici internazionali non confortano davvero le tesi di Dcmma. Egli ritiene di poter liquidare i tipi indiscriminatamente sessuofobici. che condannano cioè allo stesso modo la sessualità maschile e quella femminile, definendoli come « pochi mistici chiesaioli ». Ma dimen– tica che questa tradjzione mistica e chiesaiola è una tradizione ideologica fondamentale della sessuofobia cristia– na: quella che col monachesimo "me- 113

RkJQdWJsaXNoZXIy