Volontà - anno XVIII - n.12 - dicembre 1965
rin\'cniamo nella sua trasbordante sensua– lità il processo di un sottile sentimento di vendclla per quel mondo di pirati e dì ladri, di corrotti e di corruttori: incipria– ti e manierosi in satollo, smodati. sudici e imbelli nell'intimo dell'alcova. La uma– nità di Nanà è, riposta in questo senti– menlo di rabbiosa \'endella: senza di esso, essa risullercbbe troppo dura, troppo fla– g:cllatrice, essere incomprensibilmente ma• foto, determinato dalla logica illogica dei sensi. Tale sentimento, che è consentaneo col suo sviluppo di vita, non mai dimenti• ca dei guai del pass:no e delle sofferenze dei !>O\'cri (non è solo \'Oglia quella che spinge Nanà a portarsi in casa delle pro– stitute), è componente di una poesia, è ragione di un personaggio, non etichetta, ::ippicdcata e at1acca1iccia. Le parole di Emile Zola, quelle colle quali egli si awia a concludere il suo rornam,;o, racchiudono snlcnditamente il senso di una vita, sono romc l'espressione finale, riassunti\ 1 a, ilhL minante del suo s\·olgcrsi, è Nanà in una proposizione, alleggerita dalla colpa dei sensi. L'angolo polemico da cui abbiamo preso le mosse ci ha, forse, impedito di parlare il discorso critico compiutamente ed orga– nicamente sul romanzo come ddinitore di una società, bacata dalla ricchezza e dal privilegio, declinante ,crso la rovina eco– nomica e politica, a,•viata ,·crso la déb5- clc. Sarà bene richiamare alla mente que– sto suo intimo carnttcrc, nell'avviarci a concludere, perchè ancor oggi, e disgrazia– tamente ad opera di critici prov,·eduti e ramosi, Nanà resta come il romanzo nel quale si rispecchia fodelmcnte l'attrazione per il malato, per il morboso, per il tur– pe, che fu qualità peculiare del naturali– smo in genere e di Emilc Zola in partico– lare. Vero è il contrario. Nanà è la cartella clinica, è il quadro tabetico della società napoleonica, fai tasi nella spc-culazione e nel \ izio, immersa nei pettegolezzi e nelle le7iosawgini salollicre, mentre fuori urge la vita ed incalza coi suoi bisogni. Ed Emile Zola, che, senza orpelli e masche– rature, ha scritto di essa continua ad esse– re maestro del realismo, continua ad inse– gnare che la poesia si fa e si realizza in mc7.zo alle cose della storia e alla storia. cSe gli errori della concezione antropolo– gica di Zola e i limiti del suo genio si offrono patenti al nostro sguardo, non diminuiscono però l'importanza artistica, morale e soprattutto storica della sua o-– per.i, e io sono disposto a credere che la sua figura crescerà via via col passare del tempo e con la distan7.a dai problemi che forono suoi, tanto più che egli ru l'ultimo dei grandi realisti francesi, e già nell'ul– timo decennio della sua vita la reazione cantinaturalistica• era divenuta fortissi– ma; inoltre non csis1cva nessuno che si potesse misurare con lui per forza di la– voro, per dominio della vita del tempo, per respiro e coranio• (6): cosl scrive l'Auerbach, e le sue parole fanno strame di tanta impostura critica disseminata sulla opera dell'autore del J'accuse. PASQUINO CRUPI (6) E. AUERBACH MIMESIS, Il reall.tmo 1,ella le11era1ura occlde"tale (Einaudi, Torino, 1964, ,ol. II, p::ig. 293). 723
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