Volontà - anno XVIII - n.11 - novembre 1965

mite della sua Ambasciata a Ginevra per sopprimere il giornale e vi riuscì. Paolo Schicchi non cedette di buona voglia e cambiò il titolo jn quello di « Croce di Savoia» di cui riuscì a fare uscire qual• che numero con articoli molto violeriti contro Casa Savoia, ma anch'esso venne soppresso con una montatura bella e buo. na da parte della polizia che accusando il direllore del giornale di mancato orni• cidio nella persona d'un cittadino svizze– ro, lo fece espellere. li nostro non aveva mai pace e veniva messo al bando da tutte le polizie e an• cara una volta sarà cost1·etto a passare da un paese all'altro e si recò in Spagna, a Barcellona, per fondarvi «- El Provenir Anarquista », giornale trilingue: italiano, francese e spngnuolo. Nella regione anda– lusa, l'atmosfera era gravida di conati ri– voluzionuri e i contadini di Xeres erano in piena rivolta per la conquista della terra. I governanti bestiali spagnuoli, per sedare quella rivolta, ricorsero ad un tri• ste stratagemma: vennero impartiti ordi– ni alla polizia, la quale fece esplodere u– na bomba durante una processione reli– giosa barcellonese. Vi furono molte ,,itti• mc e di quella azione inumana e delit– tuosa vennero accusati gli anarchici an• che perchè erano gli clementi più in ,,i– sta nella sollevazione dei ccntadini. La polizia procedette ad arresti in mas. sa e nella retata cadde pure lo Schicchi. Tutti gli arestati vennero sottoposti ad ogni specie di torture e sevizie e pure il nostro - che era stato messo nella Cap– pella dei condannati a morte - subì quel• la atroce sorte e vide pure che la povera compagna del Bernard venne violata e ba– stonata a tal punto che abortì e ne morì. Quando gli fu fatto capire dagli stessi cor– rolti carcerieri che poteva liberarsi dal carcere dietro versamento di una certa somma, lo Schicchi ne usciva con un SO· lo pensiero in testa, cioè vendicare se stCS· so i compagni e quella povera donna. Non ,·olle agire a Barcellona per non compromettere i compagni che rimane– vano in carcere, e pensava di far saltare qualche cor,solato spagnuolo in Italia. Con questo deliberato proposito lasciò la Spa– gna e andò a Marsiglia e da lì a Genova Anche questa volta il cuore vinse il ven– dicatore, e il suo allo dovette ridurlo ad uno spregio del consolato s1>agnuolo non \'Olendo coinvolgere famiglie innocenti che abitavano nelle adiacenze de!l'cdifìcio. « P.iolo $chicchi - dirà il suo difenso– rt: Gori - ha il coraggio del sacrificio, non il coraggio della ferocia». Dopo l'atlentato di Genova, scese a Pi– ·sa, venne fermato e portalo in questura, ove esibì il suo passaporto intestato a Giuseppe Di Ciclo. il delegato Tarantelli non si com•inse e chiese altri documenti sollo pena dell'arresto, e lo Schicchi e• sibì un altro documento molto più elo– quente del precedente: tirò fuori la pi– stola sparando per intimorire e non per uccidere. il dclcgalO allo scopo di liberar– sene. Poi egli subito prese la fuga con la pistola in pugno e nd piaaale della stazione che in quel momento era pieno di viaggiatori urtò contro uno di essi e cadde a terra e fu facile così essere pre– so e, mentre ammanettato, veniva condot– to dalle guardie in questura, gridava a quella folla indifferente « Po:Jolo, Popolo, Vh'a l'Anarchia!» .. IL PROCESSO DI VITERBO E LA CONDANNA Il processo a carico di Paolo Schicchi si celebrò alla Corte d'Assise di Viterbo il 18, 10 e 20 maggio 1893, cioè fuori del– la sua naturale giurisdizione che avrebbe dovuto aver luogo in una de!le Assise di 631

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