Volontà - anno XVIII - n.2 - febbraio 1965

rene che sconcertano; se dio è onnipotente. esso di'+ sicureizza, tranquillizza contro il demonio e solo questo si desidera e si spera fermamente nella inre– licità terrena, ma il platonico e il religioso saranno disperati se la idea viene meno e dio «muore»; si crede perchè è rassicurante credere, ma non è tanto vero l'oggetto della fede quanto sono veri il dolore e le contrarietà della vita, contro i quali ci schermiamo - asylum impotentiae - alle spalle delle idee o di una sola idea o con Cristo-gallina che apre le ali e noi sotto ci accovaccia· mo, eas cxpandit ut noi;; assumerei (8). Qualsiasi conoscenza è «colorata», un pensiero parte dal cuore, un'idea è anche un sentimento, si dice quello che si vuole, e, in particolare, per l'argo– mento di cui sopra, « Indice della falsità di una credenza: che essa ci sodisfi. Indice della sua verità: che essa ci addolori'. Come non esiste una logica rerum et ldearum, così non esiste una logica concreta dei sentimenti: lo scienziato si serve del metodo induttivo, sfrutta il passato per sfruttare pure il presente e l'avvenire, interpreta l'ignoto con ciò che è nolo, supponendo che il corso della natura sia uniforme, che il sole è sempre sono e sempre ,;;orgcrà. La speranza è un'induzione ex-contrario: da ciò che non è mai staio, l'al di là, essa inferisce che ciò invece sa1·à; l'uniformità della natura è almeno app~•rente, possibile sia pure non al cento per cento, mentre la speranza si fonda su una « cc.rtisisma disformità >,, se per essa ciò che non è mai entrato neil'csp,·rienza, l'al di là, si ded1..1ceproprio dalla man. canza di esperienza: « Così non può sempre anelare; dunque così non andrà sem– pre, non andrà pii1 domani. Questo è il sillogismo induttivo della speranza ... Perchè il mondo, l'unico mondo che si conosce, ci presenta il dominio dell'as– surdo e del male, così ci dC\'e essere il Bene Sommo, il Logos supremo, Dio. Dalla constatazione del male e dell'irra,donalità si ricava l'esistenza della ra– zionalità e del bene. E' il ragionamento della pazzia», Se un uomo ootesse vivere la sua vita sulla terra <;enza conoscere altri uomini, tutto pre~ 1 cdcrebbe eccello la morte, e si crederebbe immortale: non vedendo morti, non si vedrebbe morituro. E invece la morte, sempre prcsenlc, sempre sperimeniata scompare per far posto all'immortalità sperata; tutte le contraddizioni vengono appianate e in ciò consiste « lo sforzo o la prestidigitai-– zione,, della filosofia che finisce come un capitolo della patologia umana: non è vero, ma ci credo. Osserviamo lo strazio che prende tutti davanti allo spettacolo della mone, che è strazio per il nulla di ciò che era qualcosa: ebbene, l'istinto fabulatore riesce a superare ogni ostacolo e a creare, sempre dal nulla, perfino una ri– surrezione dei morti: « Credat Judaeus Apella, non ego». Lo scettico infelice non si sente inferiore a chi vede roseo e rose mistiche se lui non sente proprio il bisogno di bugie pietose e l'altro sì e le sa enziandio raccontare e darle a bere, nel calice e nell'urna. (continua) LEONARDO EBOL! (8)) MUELLER. 11 Bealo Fidati da Cascia, Bilychnis, 1921, n. 2 pag. 44-45. 79

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