Volontà - anno XVII - n.10 - ottobre 1964
Proudhon, i cui libri inutili ci disorien· tana, giacchè quando crediamo di imbat• terci in uno strano P. J. Proudhon, ci ac– corgiamo dopo che si travva di un F. V. senza alcun interesse. F. V. era amabile con la famiglia dei rione plebeo di Be– sançon, la quale però non voleva avere relazioni col ramo borghese. Quegli agri– coltori si sentivano molto orgogliosi del– la loro condizione. Essi avevan anche una espressione locale che li caratterizzava: cudots; e con riguardo al gergo, al « pa– tois ,. puro, a} « bousse-bot », Proudhon diceva: « Bisogna ascoltarlo nel nostro rio– ne». Poichè le cose non andavano bene per la famiglia, il padre si mise a fabbricare birra, che vendeva quasi a prezzo di co– sto, dicendo: « Tanto per le spese, tanto per il lavoro e it totale è il prezzo!. .. • « TI buon uomo si serviva dei suoi mezzi e del[QJproprietà ... e it buon uomo per– dette tutto ... Nel 1818, mio padre finiva di rovinarsi fabbricando birra ». A dieci anni Proudhon serviva il padre come gar– zone di bottega. « Capisco perfettamente - scrive - ciò che c'era di leale e di regolare nel metodo paterno benchè ve– dessi anche if rischio che essa comporta– va. La mia coscienza approvava quel me• todo: il sentimento della nostra sicurez• za però mi spingeva ·a pensare al perico– lo... Ciò fu per me un enigma ». Il siste– ma di cambio eouitativo precede di dicci anni il sistema time-stare di Josiah War– ren. l'individualista che negli Stati Uniti vendeva la mercanzia aggiungendo al co– sto il solo valore del tempo impiegato nel. la sna manipolazione. In generale Proudhon fu sempre a con– t:lfto con la campagna: «Fin.o a dodici an. ni, fa miQIvita trascorse quasi completa– mente in èampagna, occupato a votte nei lavori r11stid ed altre volte net pascolare le vacc11e.Fui pastore per cinque anni,._ Egli ne fa una bella descrizione nella sua opera De la Justice da.ns de la Révolution et dans l'Engfise: « Quanti acquazzoni cad. dero su di me! Quante volte, inzuppato 'fino alle ossa, asciugai gli abiti sul mio corpo, alla fresca aria ed al sole! Quanti b'(lgni presi ad ogni ora, in estate, nel fiume, in inverno alte sorgenti! Mi arram– picavo sugli alberi; scivolavo nelle caver– ne; acchiappavo, correndo le rane; affer– ravo i gamberi nelle loro tane, col peri– colo di trovarvi qualche salamandra; quindi senza riposo, dirigevo fa mia cac– cia sui cumoli di carbone ... • Allora Proudhon era credente, come lo erano tutti coloro che viveano nei din– torni. Non conosceva tendenze contrarie, le ignorava interamente, ma questa sua ignoranza però non escludeva l'indipen– denza verso i preti. Il nonno Tournési or e– ra 11n ragionatore e un mediocre devoto», che, da buon contadino, diceva nel dialet– to locale: « Lou bon Dieu c'est lou chaud,. - (il buon Dio è il sole) e ammucchiava concime di bestiame per ingrassare le vi– gne, mentre gli altri agricoltori andavano a messa. Il meraviglioso sembrava na• turale a Proudhon: or Ormai ero cresciuto e tuttavia credevo ancora nelle ninfe e nel– le fate». Leggeva a tre anni e scriveva a sette Nel 1820, per le insistenze della madre che faceva tanti sacrifici. Proudhon ru iscritto al Liceo della città. Era l'uni;:" che arrivava con gli zoccoli ai piedi e con la testa scoperta. Si applicò molto allo studio, raggiungendo presto i primi posti. e apprese con più profitto il Iali– no anzithè le matematiche. A quattordici anni gli dettero come premio 1a Dimo– strazione dett'esistenza di Dio di Fénelon. Certamente l'opera lo disingannò perchè, « in un libro scritto per provare l'esiste~ za della divitlità, trovai soltanto una me– ta-fisica Wlci1lante, le cui deduzioni ave- 605 -
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