Volontà - anno XVII - n.10 - ottobre 1964
folli e vizi che l'individuo, il cittadino, sarà obbligato a tollerare e ad ap– provare e, quindi, ad esallare per patriottismo ... • Non si obietti che lo Stato non può rinunciare all'Impiego della ingiustizia, pcrchè si troverebbe allora in situazione sfavorevole. Anche per l'individuo, sottomellersi completamente alle norme comuni, rinunciare all'esercizio brutale della forza è, generalmente, una sllu.izione mollo sfa\ 1 orevole, e lo Stato, d'altra parte, rare volte è in condizioni di indennizzare l'individuo 1>er il sacrificio che gli chiede. Per questo, nessuno 1mò soq>rendersi del fallo che Il rilassamento di lutte le rel,wJoni morali in seno alle grandi individualità della umanità (ossia, fra collcttivilà, popoli, Stati) abbia avuto la stessa inrluenza dissolvente anche sugll lndividlù_ Perchè la noslr.1 coscienza non è quel giudice Implacabile, come. lo prci-cnt,mo I moralisti; In origine, questa coscienza è ciò che si chiama • ti– more sociale ,. e nulla più. Quando una collettività si riserva il diritto di re– pressione. cessa pure il freno dei catlivl impulsi, e gli uomini commettono atti di crudellà e di perfidia, tradimenti e barbarie la cui possibilità era considerata come Incompatibile col loro livello culturale ... Chi legge con attenzione queste frasi, redatte in tono moderato, qua"1 freddo, ohbicttivo, come delle enunciazioni scientifiche, può convincersi che - attraverso il suo metodo analitico o la sua « dialettica psicologica» - Frcu:I ha espressa un'aspra critica contro la doppia morale pra1icata dallo Stato (particolarmente dallo Stato rascista, totalitario) in tempo di pace o dì guerra. Le rcla;,ionì fra l'individuo e lo Stato sono caratterizzate eia poche parole, pcrr) 111maniera tanta precisa, che qualsiasi fautore della libertà. individuale e d~; diritti della personalità umana le approva, per lo meno nella sua coscienza - nel profondo della sua coscienza libera, e non della coscienza limitata, la quale è espressione del • timore sociale• al quale Freud allude. Con la sua critica sociale, nella pagina citata, Freud strappa la maschera dello Stato tirannico cd assolu1ista. Questa critica è una maniera di reagire contro il fe1icismo sta– tale; è l'affermazione dell'individualismo creatore, contro l'« autorità», ma anchl! contro lo • spirito gregario», contro questo servilismo abbietto che, sotto il pretesto di alcuni « interessi superiori», accetta tutte le oppressioni e tutti i crimini, gli orrori e le negazioni della barbarie organizzata militarmente. L\:· sprcssionc popola,·e e •patriottica,. cli questa barbarie è: guerra, la quale però si nasconde molto spesso sollo il nome enfatico e- idealizzato della rivoluzione. (Per caso non siamo stati testimoni cli tante false rivoluzioni, fasciste. nazional • socialiste, pscudo-comunislc le quali non esprimevano altro che la scie di J)Otere di alcuni dirigenti fanatici, di alcuni capi, duci, caudillos •geniali• o «provvidenziali"· ossessionati dalla loro personale grandezza?). Non è strettamente necessario essere antistatista dottrinario per accettare questa critica. Basta essere sinceri con se stessi, amare realmente la pace e la cultura, anelando verso una umanità migliore, per inorridire - come scrive Freud - al pensiero che l'individuo, sia « monopolizzato» dallo Stato durante la guerra (noi aggiungiamo: e in tempo cli pace) per gli interessi esclusivi dei suoi dirigenti e di alcune minoranze privilegiate, nello stesso modo in cui lo S1ato, monopolizza l'alcool, il tabacco ccl altri veleni e vizi rcttitizi. 590
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