Volontà - anno XVII - n.6 - giugno 1964

questi dclilli - salvo, forse, l'ultimo - può essere stato determinato da un momentaneo impulso oppure da uno Jcgli infiniti gradi e sfumature della premeditazione. Stabilireste voi un'unica ed identica punizione per queste dette distinte azioni criminose? Pretenderesle voi misurare esattamente la quantità di danno cagionato in seguito ad ogni singolo delitto e stabilire una punizione equivalente alla quantità del danno? A voler essere aderenti alla realtà, si deve concludere che non vi sono due. delitti eguali tra di loro. Malgrado ciò, ecco che interviene la legge, col suo letto di Procuste, a livellare tutte le moda– lità ed a calpestare tutte le differenze. Inoltre, la pena non è precisamente il metodo più appropriato per correg– gere gli errori degli uomini, anche se comunemente viene sostenuto che l'unico scopo della pena è appunto quello di emendare il colpevole. Di questo problema mi occuperò più avanti, giacchè ora mi preme sottolineare il caso di chi abbia commesso un'azione di per sè cattiva, ma considerata dall'autore giusta; o il caso di chi abbia commesso un'azione considerata dallo sksso autore ripro– vevole ma che è stata commessa, nella giusta e ferma convinzione di resistere al pericolo di un danno ingiusto. E' evidente che il miglior modo di far pene– trare nella coscienza di un uomo la verità che esso ignora, o di convincerlo più profondamente su quanto esso già conosce, consiste appunto nell'appellarsi alla sua ragione. Un'esortazione aggressiva e r>iena di rimproveri sarebbe ina. deguata e, lungi dal placare la sua passione, contribuirà maggiormente ad eccitarla; invece d'illuminare la sua mente, l'offuscherà. Certamente c'è un modo per esprimere la verità, cioè con tanta benevolenza che s'imponga alla attenzione degli altri, e con tanta franchezza che facilmente giunga alla con– vinzione. La punizione suscita, inevitabilmente, in chi la subisce una sensazione d'ingiustizia. Essa non può convincermi della verità di una proposizione che io considero falsa, giacchè, se è vero ~ come è vero - che la punizione non incide sulla natura della verità, non potrà mai generare e produrre la convinziona Il termine "punizione» è quanto mai specioso, giacchè in concreto essa è niente altro che una forza la quale viene imposta o.d una persona più debole. Ora, la forza non è certamente l'equivalente della giustizia, nè deve avere la prevalenza sul diritto, così come viene affermato da un noto proverbio. Per convincersi di quanto affermato, basti pensare al caso di due persone le quali divergano d'opinione cd uno di essi pretenda d'avere la ragione dalla sua parte per il semplice fatto che possiede più forw muscolare dell'altro o lo superi nel ma– neggio delle armi! Supponete ora che io sia convinto del mio errore, che la mia convinzione però sia superficiale e che voi la vogliate mutare in convinzione profonda e permanente. A tal proposito esistono argomenti adeguati. Forse che, essendo le vostre argomentazioni di dubbio valore, voi pretendete sostituire alla deficienza della vostra dialettica le percosse? Se è così, la vostra posizione è sommamente ingiustificata, giacchè l'uso della forza costituisce implicitamente una confes– sione di stoltezza. Chi ricorre alla violenza, riconosce di fatto che non si trova 368

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