Volontà - anno XVI- n.12 - dicembre 1963

sentimentale e la percentuale di violenti e non-violenti fra di loro è pressappoco la stessa che fra i bianchi: ciò che può mutarla è l'ambiente, la propaganda dei fatti, il comportamento controllato e respbnsabile di chi ha - o è ritenuto ave– re - prestigio e potere; pochissime le parole e tanto meno la stampa, già di scarsa utilità negli stati cosiddetti evoluti, del tutto inutile in paesi d'analfabeti. Alcuni stati europei hanno ufficialmente ammesso un periodo di servizio educativo o tecnico in un paese sottosviluppato, come alternativa al servizio mi– litare in patria; ma quasi sempre anche qucs1i volontari - per ragioni di pre– stigio - restano al livello delle autorità centrali o periferiche; mentre bastereb– bero a volte due volontari, per due anni, in un villaggio, perchè il livello di vita ne fosse tanto migliorato, da far perdere a una rivolta gran parte della sua giu– stificazione economica. ASIA ED EUROPA Le posizioni ccQnomichc del pacifismo non-violento a(ricano contengono - come s'è visto - clementi di autarchia, di chiusura locale, di riduzione della produzione e degli scambi, da fare un poco paura alla mentalità di un europeo civilizzato secondo gli schemi tradizionali; ma vanno intese e valutate nel loro contesti;, soprattutto politico: desiderio di rivalsa contro le predazioni passate e presenti; naturale reazione alla via di sviluppo industriale, presentata da eu– ropei e nordamericani come unica santissima soluzione dei problemi dei paesi sotto e (anche se non detto) soprasviluppati. Stupiscono invece e impauriscono davvero, anche sul piano ideale, le posi– zioni estreme del movimento di Vinova Bh:we, espresse alla conferenza di Char– bonnières dai due marciatori della pace: riduzione al minimo del commercio interno, annullamento del commercio internazionale; il villaggio coltiva, racco– glie o estrae, lavora, consuma i prodotti del suolo e del sottosuolo, per soddi– sfa.re in loco tutti i bisogni fondamentali, per non djpcnderc (quindi non essere sfruttato) dal commerciante, dal capitalista, dal politico, dall'operaio; tra il vil– laggio e il mondo pochissimi enti intermedi, possibilmente nulla. Tuttavia in questo solipsismo economico-produttivo e antimercantilc, stan– tivamcnte spirituale - è implicita una critica non ingiustificata al sistema at– tuale dei trasporti: oggi si scambiano soprauu110 merci. spesso antieconomica– mente, per il gusto di alcuni. il profitto di pochi, la soddisfazione di bisogni in– ventati; e in tale movimento, disordinato e fantasioso, in realtà poco o nulla si muove, pochissimo si cambia: pcrchè le cose, anche se hanno un loro linguag– gio, quello dell'esistenza e dell'evidenza, non raccontano mai le ragioni; invece gli uomini che si spostano sulla terra sono pochi e lo fanno trQppo velocemente per capire ciò che vedono. Cosi che la società appartenente immobile sognata dai pacifisti indiani potrebbe invece - soddi5facendo alla base e per tutti i bi– sQgni umani fondamentali - permettere agli uomini, finalmente - non solo alle cose - di muoversi, di andare dove vogliono e quando vogliono, portando con sè il proprio paese, riportando a casa quelli degli altri. [In tale contesto le marce della pace sarebbero un inizio di una nuova, possibile civiltà dei tra– sporti]. 691

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