Volontà - anno XVI- n.12 - dicembre 1963

biente, per trasportarle altrove a fabbricare prodotti utili a paesi lontani, ma inutili agli indigeni, o loro inaccessibili come prezzo, o di qualità peggiore di quella tradizionale. Col risultato di rendere più povere (e più arretrate: anche il maestro, dove c'è, se appena è bravo, lascia il villaggio per andare in città) le zone abbandonate; e di proletarizzare - cioè di rendere infelici - sia coloro che sono beneficati dal progresso di tipo europeo, sia quelli che accorrono alla esca, senza riuscire a prenderla. Ecco qualche esempio tipico di errori commessi in Africa, sia dai colonizza– tori che dalle autorità locali. Non lontano dal Cairo sbno stati costruiti dei quar– tieri di abitazione modello: strade diritte, case squadrate, ordine, pulizia come in un campo militare; ma la gente non si vede, sembra d'essere nel deserto; i bambini vanno a giocare nelle strade del villaggio vecchio, pieno di mosche, di cani randagi e di sudiciume. Hanno dato alla gente più spazio e più igiene, ma con troppa uniformità, senza fantasia, senza libertà. In molte parti del Kenia i bianchi - dopo aver distrutto la proprietà tri– bale - hanno distribuito la terra in parcelle ad alcune famiglie, costringendole a cQltivare prodotti per l'esportazione, e obbligato le altre ad urbanizzarsi. Con due risultati negativi, per gli africani: di aver rotto un equilibrio autosufficiente, poichè prima vi era armonia, cibo per tutti, sicurezza sociale; di aver creato un problema prima inesistente, la disoccupazione, senza saperlo risolvere, a dislanza di decenni. Ad Addis Abeba ha avuto luogo una esposizione di abitazioni tradizi()nali africime: belle per rantasia, ricchezza di soluzioni. adattamento all'ambiente: mo– delli da non abbandonare, ma da migliorare, arricchire, ingrandire. lnvece il corso della colonizzazione è stato doppiamente nocivo: in lalune zone gli indi– geni stessi non costruiscono più le proprie abitazioni come in passato, impediti dagli impegni della vita civile. Così è accaduto, per esempio, nella z<;macuprHera dell'Africa centrale, dove gli inglesi imposero una tassa personale tanto alta che per pagarla gli abitanti furono costrelti a lavorare in miniera; di conseguenza le case per le nuove coppie, che prima erano costruite dagli uomini di tutto il villaggio, vengQno ora fatte dalle donne e dai vecchi che restano a casa: e na– turalmente sono peggiori, meno belle, meno solide. Parallelamente, in molte cit– tà, i colonizzatori hanno trnpianlato senza alcun senso l'arida miseria a blocchi di tanta architettura europea: così che pare ci siano voluti quattromila anni, in Africa, soltanto per passare dalla piramide al cubo! Come la vita di villaggio. così la società tribale, per quel poco e dove ancora sussiste, non va semplicemente disgregata gettandone i componenti nel disordine capitalistico, com'è stato fatto sin'ora; e tanto meno devono essere impiegate, le tribù, quale strumento di guerra fra i diversi gruppi monopolistici delle po– tenze coloniali, com'è accaduto anche recentemente, nel Congo belga. Ne vanno invece esaltati i principi positivi, di cooperazione spontanea, di vita comunisti– ca, di tranquilla integrazione socale, in modo da migliorare il livello economico, sociale e culturale di tutti insieme i membri della comunità; non di alcuni a scapito degli altri, come ha avuto luogo nelle democrazie bianche. Chi vuole aiutare l'Africa, stia lontano dai governi e dalla borghesia, ma si 687

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