Volontà - anno XVI - n.10 - ottobre 1963

La decoloni11a1ione: l'esempio del Congo Necessità d una demistificazi Nol VIVIAMO DI PRINClPI, dei quali il primo di tutti è la libertà: ci si compiace di dire che siamo appunto libertari. TI lato positivo del nostro pensiero è: definire la libertà e conqtùstarla nella definizione che ad essa diamo. Sulla prima parte di questo progrnmma siamo abbastanza ferrati, giaccJ-:iè il m~ccanismo del nostro pensiero vale largamente quello dei nostri avversari. Quelli che non appaiono invece univoci sono i nostri meccanismi per conqui– stare quesla libertà. Ciò che, in questo scritto, affrontiamo è appunto il problema dell'azione: come farla diventare uso e costume, cioè come dare all'azione il primo posto di cittadinanza, dal momento che questo posto è occupato precisamente dal suo contrario: dal principio d'autorità, dalla gerarchia delle autorità. li corolhffio, dunque, del principio di libertà consiste nella necessità di distruggere il suo contrario. E' appunto una negazione che traduce, alla me– glio, il qualificativo anarchico che ci diamo per combattere contro l'autorità: mettere a punto questo meccanismo in ciò che c'è di negativo, come in quello che c'è di positivo, ci porterebbe non lonlano dalla soluzione del problema anche se ciò è difficile. A torto od a ragione, a me pare che Proudhon sia colui che, mr.:glio, abbia fatto suo questa via. Non c'è ordini.! senza libertà - diceva, in buona sostan– za -. L'ordine è la libertà. Eliseo Reclus, scendendo sul piano dell'azione, pre– cisò felicemente il suo pensiero con questo postulato: L'anarchia è la più alta espressione dell'ordine. Proudhon aveva affermato che « il problema della vita sociale consiste interamente nella conclllazlone dell'ordine e della libertà» ed aveva definito un ordine sociale a base di contratto fra gli uomini, prima, e, poi, fra gruppi di uomini. Nel suo « Principio Federativo» sostiene appunto la possibilità di un'umanità come una grande cooperativa. Kropotkin riprese suc– cessivamente l'idea ne « L'entre-aide ». Noi siamo rimasti là ... Tuttavia, la vita ha continuato e il nostro paradosso è questo: mentre tutto evolve e muta intorno a noi, siamo giunti ad un punto in cui c'è, fra la società dei nostri giorni e quella dei tempi di Proudhon e di Kropotkin, tanta diffe– renza quanta ce n'era tra quella di questi ultimi e la società degli uomini delle caverne e tutti gli sforzi delle nostre pubblicazioni sembrano limitarsi .:i volga- 1·izzare Proudhon, Bakunin, Kropotkin, etc., negli stessi termini con cui si espressero essi alla loro epoca. Ciò vuol dire che i loro pensieri hanno bisogno di essere riveduti? Per nulla al mondo! Ciò vuol dire soltanto che i principi, in nome dei quali quei pensatori hanno parlato e scritlo, debbono essere illustrati non più a mezzo 558

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