Volontà - anno XVI - n.5 - maggio 1963

isolate parlano il e siidwalserisch • ed anche il francese è in regresso. La Giunta della Regione Autonoma della Val d'Aosta ha reintrodotto nel 1949 l'insegnamento del tedesco nelle scuo– le di Gressoney ed Issime. Sul piano storico è utile aggiungere che, se l'immigrazione primitiva di queste pop0lazioni dev'essere vallesa– na (metà del XIII secolo), emigrazio– ne che fu tanto più facile dal momento che l'Abbazia di St. Maurice, il Vesco– vo di Sion ed altri nobili vaJJesani possedevano a quell'epoca degli alpeg– gi nella Val d'Aosta e nelle valli limi– trofe, essa ha però ricevuto attraverso i secoli un"apporto da altre regioni di lingua tedesca, in parte a causa della a11ività commerciale degli abitanti di Grcssoney ed in parte anche per via dello sfruttamento delle miniere per le quali si fece appello, come a Macu– gnaga, a dei minatori tirolesi. Attualmente, a parte la Val Lesa (re– gione di Aosta) con i villaggi cli Ga– bi, Grcssoney (sorto dalla fusione di Gressoney la Trinité e Gressoney Saint Jcan) e Issime, per un totale di circa 2.500 abitanti, il tedesco è altro,·e (Val– seria, in provincia di Biella, con Ala– gna, Rima San Giuseppe e Rimella ( 1.800 ab.); Valle Anzasca, con Macu– gnaga (900 ab.) e Val Formazza, con Condo e Formazza (circa 1.000 abitan– ti), entrambi, cosl come il comune te– desco di Omavasco (3.000 ab.), in pro, vincia di Novara) in decadenza demo– grafica quanto linguistica, quest'ultima graz.ie all'aboljzione dell'insegnamento bilingue avvenuta nel l910. E per1.an – to a quella data J'insieme degli abirnn- 304 ti di lingua tedesca raggiungeva, aelle quattro valli, le l0.000 unità, di cui 800 in almeno sette frazioni della sola Val Formazza. Conclusione. La morale di questa brutta favola è che che l'Italia o per meglio dire i suoi governanti, ha ammesso una libertà linguistica per certe minoranze solo quando vi è stata obbligata da precisi obblighi internazionali. Mai un gesto spontaneo e veramente disinteressato è stato compiuto dalle autorità roma– ne, ed a nulla sen•e lo scusarsi clic• tro una non migliore politica dei vari stati jtaliani prima dell'unità, per le minoranze linguistiche delle quali i trattati non hanno mai parlato; se non si può sempre parlare di vero e pro– prio soffocamento, si può però affer– mare che ovunque si è lasciato deperi– re un patrimonio culturale popolare con un disinteressamento incosciente in tutto degno di Ponzio Pilato. Nel quadro di una autentica riforma scolastica, non è davvero possibile ar– restare questa decadem.a, istituendo nelle isole linguistiche che consen•ano ancora un minimo di vitalità delle scuole bilingui cli base? E' sottinteso che una politica cultu– rale del genere, veramente nuova per l'Italia, potrebbe essere molto facili• tata da un decentramento nazionale che si basi su delle ragioni etnico-sto– riche e non solo su delle regioni fred– damente amministrative; con la rea– lizzazione insomma di una autonomia vera pcrchè umana. C'l,.AUDIO CAN1'1NI

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