Volontà - anno XVI - n.3 - marzo 1963

travedevano le possibilità di \•ivcre della loro arte e di guadagnare un pubblico che li apprezzasse nel loro giusto valore. E invece di accontentarsi addebitando vagamente la responsabilità di questa situazione al cattivo gusto borghese, si dedicarono ad allaccare concretamente l'organizzazione sociale, denunciarono il sistema capitalista, fondando le loro speranze cli artisti e cli individui nella co– struzione di un mondo nuovo nel quale l'arte si fondesse con la giustizia. r loro sogni d'una giustizia nella vita sociale. convergevano con quelli degli anarchici, i quali, più d'ogni ::iltra scuola socialista, avevano fotto dcli.i libertà dell'uomo la finalità culminante cli ogni rivoluzione. Al contrario degli artisti progressisti dei precedenti anni ciel secolo (il XIX), « G_uemica • li celeberrimo quadro di Picasso fatto in seguilo al barbaro bombardamento franchista. i neoimpressionisti ebbero profonde preoccupazioni 1>erconciliare la loro arte con la loro idea anarchica. Senza dubbio molte delle produzioni che consegnava. no a Grave contenevano un senso soci.ile evidente, ciò che non nega che fossero di circostanza invece d'essere opere «maestre~ In politica erano partigiani fero– ci della lotta di classe; in arte temevano il dover sacrificare l'indipendenza sugli altari della didattica. Precisamente è questo conflit10 fra l'arte e la poliLica che stabilì la diffcren• za fra gli artisti di fine secolo e i loro predecessori e che restò ai primi per il secolo XX., p0ichè la difficoltà di unire le convinzioni politiche e i temi artisti– ci è un fenomeno specificamente moderno. Come, dopo l'abbandono del natura• lismo e dei mo1i\1i «facili• un artista può esprimere le sue convinzioni politi• che? Il caso di Signac, di Angrand, di Cross e di tutti gli altri è pieno di inse• gnamenti: nell'alba dell'arte astratta si delineò questo dilemma, adottandosi poi la soluzione che prevalse subito fra gli artisti: l'artista non deve essere fedele 165

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