Volontà - anno XV- n.1 - gennaio 1962

per andare a vivere in città; ma nonostante la meccanizzazione dei lavori agricoli, che allevia le conseguenze del (enomeno, da noi questo è reso più acuto dalla scarsità cli manodopera esterna, sia ebraica che araba, e dulia nosLra riluttanza ad impiegarla. Abbiamo cambiato l'organizzazione cli Alonei Abba da kibbutz in 1:noshav, oltre che per ragioni ideuli e per motivi di pratica convivenza, perchè abbiamo deciso di riprenderci i baro• bini, per educarli come vuole ognuno di noi, pur all'interno dello scopo fondamentale. Tra una ventina d'anni in Israele non ci saranno più kibbutz, se non quelli più grandi e più solidi, come Dcgauia, e quei 11ochi di strettissima ortodossia religiosa; lutti gli ahri saranno divenuti mosh.av siti.tufi o moshav ovdim. ( dove solo la vendita dei prodotti agricoli è fatta in comune) ... ma è a noi, oggi, che spetta il compito di provvedere pcr– chè questa secessione dall'agricoltura, non diventi un abbandono totale ». Certo l'affermazione riportata più sopra che gli ebrei si siano tramu– lllli in ug.ricohori da inte11cuua1i, è valida soltanto per alcuni cusi, com– preso quello di Shmuel; ma ciò che è davvero inlercssante e stupefacente, è il particolare aspetto umano della campagoa israeliana: i visi della genie non hanno nulla di comune con le facce dei contadini tradizionali, europei e non; così il loro vestire e portamento: son visi vivi e intelligenti; le donne portano indifferentemente gonne variopinte, calzoni corti da spiag– gia, o lunghi e modernamente attiHati; vanno a Cur le compere cou la sporta a due ruote, come nei quartieri borghesi delle città europee, o portano in giro i piccoli nelle carrozzine alte, secondo l'ultima moda; e non pochi, uomini e donne, hanno gli occhiali: segno irrefutabile cli deca– denza intellettuale. Anche l'abbondanza e la modernità dei servizi igienici sono una pia– cevole caratteristica d'ogni località israeliana, abitata da ebrei: ad Alonei Abba, moshav di pianura, come a Sasa, kibbutz di montagna non lontano tlal confine libanese; in un ristorante di Tiberiade, duecento metri sollo il livello del mare, o ancora più sotto, nell'albergo della gioventll di Sodo– ma, presso il mar .Morto, si trovaoo (oltre alle docce) le stesse comodità e la stessa nettezza di una cittadina centro-europea; più, talvolta, come ho felicemente constatato a Eilath, sul Mar Rosso, a Revivim, nel centro del Negev, o a Gerusalemme, lungo il breve pendio che porta al monte Sion, la fonte pubblica di acqua ghiacciata. Per chi viaggia in Israele, è come portarsi dietro, senza fatica, le conc1uiste pili solide - perchè attinenti al corpo, non alla psiche (le quali a dire il vero, non esistono) - deUa civiltà moderna; sicchè nell'animo si mescolano il piacere di panorami dolcissimi, come le rive ciel mar di Galilea, o leroci e cruasi lunari, come i crateri e gli erosi dirupi del Negev, con la tranquillità che discende da un educato soddisfacimento delle personali necessità quotidiane: cosa può desiderarsi di meglio? (co,iti,ma) V1RGIUO GALASSI 51

RkJQdWJsaXNoZXIy